La sospensione del processo presuppone che il rapporto di pregiudizialità tra due cause sia concreto e attuale

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|13 maggio 2021| n. 12883.

La sospensione del processo presuppone che il rapporto di pregiudizialità tra due cause sia concreto e attuale, nel senso che la causa ritenuta pregiudiziale deve essere tuttora pendente, non giustificandosi diversamente la sospensione, che si tradurrebbe in un inutile intralcio all’esercizio della giurisdizione, sicché, quando una sentenza sia impugnata in cassazione per non essere stato il giudizio di merito sospeso in presenza di altra causa pregiudiziale, è onere del ricorrente provare che la causa pregiudicante sia pendente e resti presumibilmente tale sino all’accoglimento del ricorso, mancando, in difetto, la prova dell’interesse concreto e attuale all’impugnazione, perché nessun giudice, di legittimità o di rinvio, può disporre la sospensione del giudizio in attesa della definizione di altra causa non più effettivamente in corso. (Nella specie, ha osservato la Suprema corte, in violazione dell’articolo 366, comma 1, n. 6, del codice di procedura civile non risulta specificamente indicato se la causa asseritamente pregiudicante sia pendente).

Sentenza|13 maggio 2021| n. 12883

Data udienza 21 gennaio 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Leasing immobiliare – Esclusione della mediaizone di cui al dlgs n. 28/2010 – Restituzione dei canoni per nullità del contratto per responsabilità del concedente – Domanda di restituzione ex art. 1526 cc proposta in via subordinata – Esclusione della litispendenza

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 19166/2018 proposto da:
(OMISSIS) SRL, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 701/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 18/04/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 21/01/2021 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto;
udito l’Avvocato.

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) s.p.a., premesso di avere concesso in locazione finanziaria alla societa’ convenuta un capannone ad uso officina meccanica, convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Bergamo, con ricorso ai sensi dell’articolo 702 c.p.c., depositato in data 30 ottobre 2015, (OMISSIS) s.r.l. chiedendo l’accertamento dell’avvenuta risoluzione di diritto, per avere l’attrice dichiarato di avvalersi della clausola risolutiva espressa, e la condanna al rilascio dell’immobile. Si costitui’ la parte convenuta, eccependo preliminarmente l’improcedibilita’ della domanda per mancato esperimento dell’obbligatorio procedimento di mediazione e chiedendo la sospensione della causa pendendo opposizione al decreto ingiuntivo, di condanna al pagamento dei canoni scaduti, notificato da (OMISSIS) s.p.a. in data 29 dicembre 2015; nel merito chiese il rigetto della domanda ed in subordine in via riconvenzionale la condanna alla restituzione delle somme corrisposte per la locazione finanziaria.
2. Il Tribunale adito accolse la domanda, condannando la convenuta al rilascio dell’immobile.
3. Avverso detta sentenza propose appello (OMISSIS) s.r.l.. Si costitui’ la parte appellata chiedendo il rigetto dell’appello.
4. Con sentenza di data 18 aprile 2018 la Corte d’appello di Brescia rigetto’ l’appello. Osservo’ la corte territoriale che il leasing non era ricompreso nell’elenco di cui al Decreto Legislativo n. 28 del 2010, articolo 5, norma di carattere eccezionale a causa dei limiti posti al diritto di agire in giudizio, e che con riferimento al procedimento di opposizione al decreto ingiuntivo, stante l’intervento della decisione di primo grado, la norma di riferimento era l’articolo 337 c.p.c., ma, dato il rigetto dell’opposizione, l’appellante non aveva interesse a far valere nel presente giudizio tale decisione. Aggiunse, quanto al motivo di appello relativo alla rilevata litispendenza con riferimento alla domanda di restituzione delle somme versate dall’utilizzatrice posta in via riconvenzionale con l’opposizione al decreto ingiuntivo, che la domanda di restituzione era stata proposta nel presente giudizio per il caso di accoglimento della domanda di risoluzione, mentre nel giudizio di opposizione era stata formulata dall’opponente in relazione alla domanda di nullita’, annullamento o risoluzione e che “non essendo stata contestata nei motivi di appello l’anteriorita’ dell’altro giudizio (su cui quindi si e’ formato il giudicato) deve quindi condividersi che nello specifico ricorre una fattispecie di litispendenza nei termini rilevati dal Tribunale”.
5. Ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) s.r.l. sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso la parte intimata. E’ stata depositata memoria di parte.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si denuncia violazione del Decreto Legislativo n. 28 del 2010, articolo 5, comma 1 bis, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva la parte ricorrente che i contratti di leasing sono riconducibili alla nozione di “contratti finanziari” di cui al Decreto Legislativo n. 28 del 2010, articolo 5, comma 1 bis, sia per la prevalente funzione di finanziamento del contratto, sia per la natura professionale della parte concedente (banche o intermediari finanziari), sicche’ deve considerarsi obbligatorio il tentativo di mediazione
1.1 Il motivo e’ infondato. Deve darsi continuita’ alla giurisprudenza di questa Corte per la quale e’ da escludere l’estensione al leasing immobiliare della condizione di procedibilita’ di cui al Decreto Legislativo n. 28 del 2010, articolo 5, comma 1 bis (Cass. 12 giugno 2018, n. 15200; 9 aprile 2019, n. 14904; 10 ottobre 2019, n. 30520). Sul punto e’ sufficiente richiamare la motivazione di Cass. n. 15200 del 2018: “Nella relazione illustrativa al Decreto Legislativo in parola si legge che la volonta’ del legislatore e’ quella di riferirsi ai “rapporti bancari” ovvero ai “contratti di servizi” quali quelli finanziari. Nella medesima prospettiva, nella stessa relazione, si menzionano le esperienze conciliative del Decreto Legislativo 8 settembre 2007, n. 179, e quella del procedimento istituito in attuazione dell’articolo 128 bis, del Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al Decreto Legislativo 1 settembre 1993, n. 385. E’ quindi sufficientemente chiaro il richiamo, non altrimenti alterabile, alla disciplina dei contratti bancari contenuta nel codice civile e nel TUB, nonche’ alla contrattualistica involgente gli strumenti finanziari di cui al TUF (Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e succ. mod., v. in specie all’articolo 1). In questa cornice normativa, come accenna anche il pubblico ministero nella sua requisitoria scritta, non e’ possibile estendere l’area della condizione di procedibilita’ alla diversa ipotesi di leasing immobiliare anche se, nelle varie forme, allo stesso sono coessenziali finalita’ di finanziamento specificatamente funzionali, pero’, all’acquisto ovvero all’utilizzazione di quello specifico bene coinvolto”.
2. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 295 e 337 c.p.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva la parte ricorrente che nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo e’ stata contestata la sussistenza dell’inadempimento in base al quale la societa’ di leasing aveva ritenuto risolto il contratto ed agito per il rilascio e che l’accertamento in ordine alla sussistenza di tale inadempimento e’ pregiudiziale rispetto all’accoglimento della domanda di rilascio. Aggiunge che se e’ pur vero che, ove accolta la domanda di nullita’ o annullamento proposta nell’opposizione all’ingiunzione, l’immobile deve essere rilasciato, ma cio’ sulla base di un titolo di rilascio diverso dall’inadempimento della conduttrice e che non e’ mai stata chiesta l’applicazione dell’articolo 337, non avendo il ricorrente interesse ad invocare l’autorita’ di una sentenza sfavorevole.
2.1. Il motivo e’ inammissibile. Assorbente e’ il rilievo che la sospensione del processo presuppone che il rapporto di pregiudizialita’ tra due cause sia concreto ed attuale, nel senso che la causa ritenuta pregiudiziale deve essere tuttora pendente, non giustificandosi diversamente la sospensione, che si tradurrebbe in un inutile intralcio all’esercizio della giurisdizione, sicche’, quando una sentenza sia impugnata in cassazione per non essere stato il giudizio di merito sospeso in presenza di altra causa pregiudiziale, e’ onere del ricorrente provare che la causa pregiudicante sia pendente e resti presumibilmente tale sino all’accoglimento del ricorso, mancando, in difetto, la prova dell’interesse concreto e attuale all’impugnazione, perche’ nessun giudice, di legittimita’ o di rinvio, puo’ disporre la sospensione del giudizio in attesa della definizione di altra causa non piu’ effettivamente in corso (Cass. 21 ottobre 2019, n. 26716). In violazione dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, non risulta specificatamente indicato se la causa asseritamente pregiudicante sia pendente.
Ad ogni buon conto va rammentato che, in presenza di decisione della causa asseritamente pregiudicante, la sospensione e’ quella facoltativa di cui all’articolo 337 c.p.c. e che quest’ultima rientra nel potere discrezionale del giudice di merito: il sindacato in sede di legittimita’ e’ limitato, oltre che alla verifica dei presupposti giuridici dell’esistenza del potere, al controllo dell’esistenza del requisito motivazionale (fra le tante da ultimo Cass. 8 luglio 2020, n. 14146). La censura non risulta formulata in tali termini.
3. Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 39 e 112 c.p.c., in relazione all’articolo 1526 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva la parte ricorrente che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo la domanda di restituzione dei canoni corrisposti e’ stata proposta con riferimento alla domanda di nullita’, annullamento o risoluzione del contratto per responsabilita’ del concedente, mentre nella presente causa la domanda riconvenzionale di restituzione e’ stata proposta ai sensi dell’articolo 1526 c.c., in via subordinata per l’ipotesi di accoglimento della domanda di accertamento dell’avvenuta risoluzione di diritto proposta dalla concedente, e che pertanto, stante la diversita’ di causa petendi (essendo comune solo il petitum), non puo’ esservi litispendenza. Aggiunge che risulta violato l’articolo 112.
Il motivo e’ fondato. Mentre nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo l’utilizzatore ha proposto l’istanza di ripetizione dei canoni corrisposti in relazione alla domanda di nullita’, annullabilita’ o risoluzione per inadempimento del concedente, nel presente giudizio la domanda di ripetizione e’ stata proposta quale effetto dell’accoglimento della domanda di accertamento della risoluzione di diritto ai sensi dell’articolo 1456 c.c., per l’inadempimento dell’utilizzatore medesimo. Il primo petitum ha come causa petendi l’invalidita’ del contratto o comunque la sua risoluzione per fatto imputabile al concedente, il secondo petitum ha invece come causa petendi il diritto dell’utilizzatore, riconosciuto dall’articolo 1526, per il caso di risoluzione del contratto per l’inadempimento del medesimo utilizzatore. Trattandosi di diritti di credito, essi sono eterodeterminati, possono cioe’ sussistere simultaneamente piu’ volte con lo stesso contenuto fra i medesimi soggetti e sono individuati non solo dal loro contenuto, ma anche dal fatto costitutivo. Che la causa petendi del diritto di restituzione contemplato dall’articolo 1526, sia diversa da quella della situazione soggettiva azionata nell’opposizione a decreto ingiuntivo, determinando cosi’ la diversita’ dei diritti, trova conferma nel temperamento che il diritto puo’ subire per effetto dell’equo compenso per l’uso della cosa eventualmente dovuto al concedente. Ricorre cosi’ un’ipotesi di diritti concorrenti, aventi ad oggetto la medesima prestazione e diretti al medesimo scopo economico, ma con un diverso fatto costitutivo.
I diritti concorrenti costituiscono situazioni soggettive autonome, la cui particolarita’ e’ che, stante l’identita’ dello scopo, l’estinzione per adempimento dell’una provoca il venir meno anche dell’altra. Per il resto i due diritti sono indipendenti e possono essere oggetto di disposizione separata ed avere anche distinti termini prescrizionali. Essendo diversi i rapporti giuridici, differenti sono anche le azioni attribuite al titolare: ciascun diritto puo’ essere fatto valere autonomamente rispetto all’altro. Ne consegue che l’esercizio di una azione in separato processo, quando sia stata gia’ proposta l’altra, non puo’ trovare ostacolo nell’eccezione di litispendenza.
Il giudice di merito, reputando sussistente una fattispecie di litispendenza, ha violato il suddetto principio di diritto, al quale dovra’ invece adeguarsi in sede di rinvio.

P.Q.M.

accoglie il terzo motivo, rigettando per il resto il ricorso; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte di appello di Brescia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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