Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 3 marzo 2020, n. 8538
Massima estrapolata:
La sospensione condizionale della pena non estende i propri effetti alla confisca per equivalente, posto che questa, oltre a non essere assimilabile ad una misura di sicurezza in quanto non riferita a cose pericolose in sé, pur avendo natura eminentemente sanzionatoria non può essere parificata né ad una pena accessoria, in assenza della funzione preventiva tipica di questa, né alla pena principale, in quanto non è definita in proporzione alla gravità della condotta ed alla colpevolezza del reo e, piuttosto che “affliggere”, mira a “ripristinare” la situazione patrimoniale preesistente alla consumazione del reato. (In motivazione la Corte ha qualificato la confisca per equivalente come presidio ripristinatorio autonomo, connotato da obbligatorietà ed assenza di discrezionalità nella determinazione del “quantum”, rispetto alle sanzioni principali ed accessorie).
Sentenza 3 marzo 2020, n. 8538
Data udienza 27 novembre 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CRESCIENZO Ugo – Presidente
Dott. MESSINI D’AGOSTINI Piero – Consigliere
Dott. DE SANTIS Anna – Consigliere
Dott. CIANFROCCA P. – Consigliere
Dott. RECCHIONE – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 02/04/2019 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di PALERMO;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. RECCHIONE SANDRA;
lette le conclusioni del PG che concludeva per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Palermo applicava al ricorrente la pena concordata di anni uno e mesi otto di reclusione con la concessione del beneficio della sospensione condizionale. Ordinava altresi’ la confisca della somma di Euro 121.585,94 ed, in subordine, la confisca per equivalente dei beni del ricorrente fino alla concorrenza di tale valore.
2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva violazione di legge: la confisca per equivalente avendo natura di sanzione accessoria e non rientrando nella categoria degli “effetti penali” non avrebbe potuto essere disposta tenuto conto che era stato concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena che, ai sensi dell’articolo 166 c.p.p. inibisce l’esecuzione delle pene accessorie.
3. Il Procuratore generale con requisitoria scritta concludeva per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ infondato.
1.1. In via preliminare il collegio rileva che il ricorso per cassazione avverso la confisca, ovvero una statuizione estranea all’accordo e’ ammissibile (Sez. un. del 26 settembre 2019). Si ribadisce inoltre che e’ condivisa la affermazione circa erma la “obbligatorieta’” della confisca anche nel caso di accesso al rito previsto dall’articolo 444 (Sez. 3, n. 6047 del 27/09/2016 – dep. 09/02/2017, Zaini, Rv. 268829; Sez. 3, n. 44445 del 09/10/2013 – dep. 04/11/2013, P.G. in proc. Cruciani, Rv. 257616) e che sono irrilevanti eventuali accordi delle parti sulla applicazione della misura, che non vincolano il giudice (Sez. 5, n. 1154 del 22/03/2013 – dep. 13/01/2014, Defina, Rv. 258819).
1.2. Il ricorrente deduce che la confisca per equivalente deve essere parificata ad una “sanzione accessoria” e, dunque, deve essere sospesa ai sensi dell’articolo 166 c.p. ogni volta che sia concesso il beneficio della sospensione condizionale.
Sulla definizione della natura della confisca per equivalente si e’ pronunciata la Corte costituzionale che ha affermato che si tratta di una misura che attinge beni non intrinsecamente pericolosi e che non sono in rapporto di diretta pertinenzialita’ con il reato per cui si procede, il che esclude la riconducibilita’ dell’istituto alla categoria delle misure di sicurezza e consente di assegnare alla misura ablatoria una connotazione prevalentemente afflittiva e una natura “eminentemente sanzionatoria” (Corte costituzionale n. 97 del 2009).
La Cassazione ha fatto propria tale indicazione ritenendo che la confisca per equivalente ha natura eminentemente sanzionatoria e, quindi, non essendo estensibile ad essa la regola dettata per le misure di sicurezza dall’articolo 200 c.p., non si applica ai reati commessi anteriormente all’entrata in vigore della legge citata (Sez. U, n. 18374 del 31/01/2013 – dep. 23/04/2013, Adami e altro, Rv. 255037 in materia di reati tributari); e’ stato inoltre affermato che il giudice, nel dichiarare la estinzione del reato per intervenuta prescrizione, non puo’ disporre, la confisca per equivalente delle cose che ne costituiscono il prezzo o il profitto atteso il suo carattere afflittivo e sanzionatorio (Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015 – dep. 21/07/2015, Lucci, Rv. 264435).
Il riconoscimento della natura “eminentemente sanzionatoria” della confisca per equivalente non si e’ comunque tradotto nella equiparazione alla “pena principale” dato che si e’ affermato che a differenza delle sanzioni ordinarie la stessa puo’ essere applicata anche in sede esecutiva (Sez. 1, n. 23716 del 15/12/2016 – dep. 12/05/2017, Soddu, Rv. 270112). Questo sebbene in altra pronuncia si sia affermato che la confisca per equivalente ha “natura “omologa” alle sanzioni penali principali”, sicche’ in caso di dichiarazione di incostituzionalita’ della norma incriminatrice deve essere revocata ai sensi dell’articolo 673 c.p.p. (Sez. 3, n. 38857 del 10/05/2016 – dep. 20/09/2016, Maffei, Rv. 267696) Del pari e’ stata esclusa la equiparazione della confisca per equivalente alle pene accessorie: si e’ affermato infatti che la confisca per equivalente differisce “dalle pene accessorie perche’ persegue lo scopo di ripristinare la situazione economica del reo, qual era prima della violazione della legge penale, privandolo delle utilita’ ricavate dal crimine commesso e sottraendogli beni di valore ad esse corrispondenti senza esplicare alcuna funzione preventiva, diversamente da quanto accade per le pene accessorie e le misure di sicurezza, compresa la stessa confisca diretta del prezzo o profitto del reato” si tratta dunque di uno “strumento ablatorio ripristinatorio dal carattere affittivo”, applicabile anche in sede esecutiva pur non essendo catalogabile tra le pene accessorie (Sez. 1, n. 23716 del 15/12/2016 – dep. 12/05/2017, Soddu, Rv. 270112, § 4.1.). Inoltre in un caso analogo a quello in esame la Cassazione ha poi espressamente stabilito che la sospensione condizionale della pena non estende i propri effetti alla confisca per equivalente, non potendosi essa parificare ad una “pena accessoria” rilevandone il diverso regime di operativita’ e la differente disciplina (Sez. 2, n. 45324 del 14/10/2015 – dep. 13/11/2015, Soddu, Rv. 264958).
1.3. Il collegio condivide quanto affermato dalla giurisprudenza secondo cui “la confisca di valore o per equivalente persegue la finalita’ di colpire il patrimonio del responsabile del reato quando non sia possibile sottoporre a confisca “diretta” il bene derivato dal reato stesso perche’ non piu’ nella sua disponibilita’; a fronte della commissione di determinate tipologie di illeciti penali ed alla “trasformazione, l’alienazione o (al)la dispersione di cio’ che rappresenti il prezzo o il profitto del reato” l’ordinamento reagisce con uno strumento che sottrae il vantaggio patrimoniale conseguitone, non piu’ materialmente rintracciabile, mediante la privazione del valore corrispondente (Sez. U., n. 31617 del 26/06/2015, Lucci, rv. 264437). A ragione degli effetti prodotti e della “ratio” dell’istituto, orientato a prevenire la commissione degli illeciti ed a disincentivarne la vantaggiosita’ patrimoniale, le Sezioni unite hanno quindi aderito alla tesi della natura punitiva della confisca per equivalente, disciplinata dall’articolo 322 ter c.p., che assume cosi’ i tratti distintivi di una vera e propria “sanzione”” sebbene – ed il punto e’ rilevante la stessa non sia parametrata “ne’ sulla colpevolezza dell’autore del reato, ne’ sulla gravita’ della condotta” (Sez. 1, n. 23716 del 15/12/2016 – dep. 12/05/2017, Soddu, Rv. 270112, § 4.1.; Cass. sez. 3, n. 18311 del 6/3/2014, Cialini, rv. 259103; sez. 3, n. 44445 del 9/10/2013, Cruciani, non massimata; sez. 3, n. 23649 del 27/2/2013, D’Addario, rv. 256164).
Sviluppando tali indicazioni ermeneutiche il collegio ritiene che la misura in questione (a) non sia assimilabile ad una misura di sicurezza in quanto non si riferisce a cose “pericolose” in se’, sicche’ non e’ retroattiva; (b) non sia assimilabile ad una sanzione accessoria, dato che e’ assente la funzione preventiva tipica di tali misure; (c) non sia assimilabile alla sanzione principale in quanto non e’ definita in proporzione alla gravita’ della condotta ed alla colpevolezza del reo, e piuttosto che “affliggere”, mira a “rispristinare” la situazione patrimoniale preesistente alla consumazione del reato.
Invero la rilevazione della natura parzialmente sanzionatoria della confisca per equivalente effettuato sia dalla Corte costituzionale (sent. n. 97 del 2006) che dalle Sezioni unite (Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015 – dep. 21/07/2015, Lucci, Rv. 264437; Sez. U, n. 18374 del 31/01/2013 – dep. 23/04/2013, Adami e altro, Rv. 2550379) risulta correlato alla ritenuta inapplicabilita’ a tale misura dell’articolo 200 c.p., dunque alla sua non riconducibilita’ al genus delle misure di sicurezza.
Tale condiviso approdo ermeneutico e’ stato sollecitato e giustificato dalla rilevazione “diversita’” della res colpita rispetto a quella direttamente riconducibile al profitto o al prezzo del reato ed alla conseguente dispersione dell’attributo della “pericolosita’”, che attiene ai beni in stretto rapporto di pertinenzialita’ con il reato per cui si procede e che giustifica la applicazione della “misura di sicurezza”, ovvero della confisca diretta, retroattiva.
Identificata la ragione della natura “eminentemente sanzionatoria” della confisca per equivalente nella assenza dell’attributo della pericolosita’ che caratterizza i beni oggetto di confisca diretta, deve pero’ ribadirsi che l’attribuzione di tale natura non consente la equiparazione della misura ne’ alla sanzione principale, in quanto e’ assente la funzione repressiva tipica della pena, ne’ alle sanzioni accessorie, non essendo riconoscibile la tipica funzione “preventiva” di tali sanzioni satellite. Si tratta infatti di misura (a) “rigida” in quanto il quantum da confiscare non e’ sottoposto a valutazioni discrezionali, ma dipende solo dall’accertamento del profitto e del prezzo del reato; (b) “obbligatoria” e non gestibile, come attraverso l’accordo delle parti (che ove vi sia puo’ anche essere disatteso).
A tale inquadramento della confisca per equivalente come presidio ripristinatorio autonomo rispetto alle sanzioni (principali ed accessorie) ed alla identificazione del relativo statuto, che ne prevede la obbligatorieta’ e la assenza di discrezionalita’ nella definizione del quantum, consegue la inapplicabilita’ della sospensione condizionale, che pacificamente investe solo le sanzioni stricto sensu intese.
1.4. Nel caso di specie il Tribunale, in coerenza con tali indicazioni ermeneutiche non sospendeva la operativita’ della confisca per equivalente disposta con la sentenza di patteggiamento, con decisione che si sottrae ad ogni censura.
2. Ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso la parte che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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