La società che gestisce per conto del Comune un parcheggio a pagamento è tenuta a versare la Tarsu

Corte di Cassazione, sezione tributaria, Ordinanza 16 maggio 2019, n. 13185.

La massima estrapolata:

La società che gestisce per conto del Comune un parcheggio a pagamento è tenuta a versare la Tarsu – la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, sostituita dalla legge di stabilità 2014 con la Tari, tassa sui rifiuti – in quanto il servizio svolto, ovvero la gestione delle soste degli autoveicoli tramite parcometro, implica l’occupazione di suolo pubblico.

Ordinanza 16 maggio 2019, n. 13185

Data udienza 18 aprile 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere

Dott. ZOSO Liliana Maria Teresa – rel. Consigliere

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere

Dott. D’OVIDIO Paola – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 1983-2017 proposto da:
(OMISSIS) SRL, domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
COMUNE DI TREVIGNANO ROMANO;
– intimato –
avverso la sentenza n. 3615/2016 della COMM.TRIB.REG. di ROMA, depositata il 08/06/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/04/2019 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO.

 

RILEVATO

Che:
1. (OMISSIS) s.r.l. impugnava l’avviso di accertamento con cui il Comune di Trevignano Romano aveva richiesto il pagamento della Tarsu riferita all’anno 2006 relativamente ad aree urbane adibite a sosta di veicoli sulle quali la societa’ gestiva il servizio di parcheggio a pagamento con delimitazione delle aree di sosta e la gestione i parcometri. Assumeva la ricorrente che il servizio svolto per conto del Comune non implicava occupazione di suolo pubblico ne’ produzione di rifiuti di talche’ la tassa non era dovuta.
La commissione tributaria provinciale di Roma rigettava il ricorso con sentenza che era confermata dalla CTR del Lazio, la quale compensava le spese processuali del giudizio di appello.
2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione la contribuente affidato a due motivi illustrati con memoria. Il Comune di Trevignano Romano non si e’ costituito in giudizio.

CONSIDERATO

Che:
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce nullita’ della sentenza, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver omesso la CTR di esplicitare le ragioni del rigetto del ricorso, avuto riguardo al fatto che la contribuente gestisce in regime di concessione il servizio di gestione delle soste a pagamento per conto del Comune con obbligo di gestione e manutenzione degli impianti e delle attrezzature nonche’ delimitazione degli spazi di sosta con segnaletica orizzontale, senza che da cio’ derivi la detenzione del suolo pubblico.
2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver la CTR pronunciato in ordine al motivo di appello afferente il fatto che la CTP aveva condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali benche’ il Comune non si fosse costituito in giudizio.
3. Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso e’ infondato. Deve premettersi che la sentenza impugnata risulta emessa in data successiva al 12 settembre 2012, sicche’ trova applicazione il nuovo dettato dell’articolo 360 c.p.c., n. 5. Proprio a seguito della riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., ed al fine di chiarire la corretta esegesi della novella, sono intervenute le Sezioni Unite della Corte che, con la sentenza del 7 aprile 2014 n. 8053, hanno ribadito che la riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’articolo 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimita’ sulla motivazione. Pertanto, e’ denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione, ed e’ solo in tali ristretti limiti che puo’ essere denunziata la violazione di legge, sotto il profilo della violazione dell’articolo 132, comma 2, n. 4. Nella fattispecie, atteso il tenore della sentenza impugnata, deve escludersi che ricorra un’ipotesi di anomalia motivazionale riconducibile ad una delle fattispecie che, come sopra esposto, in base alla novella consentono alla Corte di sindacare la motivazione. Invero la CTR ha osservato che il servizio svolto dalla societa’, consistente nella gestione dei parcometri, implica occupazione del suolo pubblico, con conseguente debenza della tassa a norma del Decreto Legislativo n. 507 del 1993, articolo 62, articolo 62, comma 2. Tale motivazione appare coerente con il dettato legislativo, posto che il Decreto Legislativo n. 507 del 1993, articolo 62, comma 1, stabilisce che la tassa e’ dovuta per l’occupazione o la detenzione di locali e aree scoperte, a qualsiasi uso adibite, ad esclusione delle aree scoperte pertinenziali o accessorie ad abitazioni. Tale previsione ha carattere generale e subisce solo le deroghe indicate nel comma 2, dello stesso articolo, le quali non operano automaticamente al verificarsi delle situazioni previste, ma devono essere di volta in volta dedotte ed accertate con un procedimento amministrativo, la cui conclusione deve essere basata su elementi obiettivi direttamente rilevabili o su idonea documentazione. Presupposto della Tarsu e’, dunque, la produzione di rifiuti che puo’ derivare anche dall’occupazione di suolo pubblico per effetto di convenzione con il Comune, produzione alla cui raccolta e smaltimento sono tenuti a contribuire tutti coloro che occupano aree scoperte, come appunto stabilisce il Decreto Legislativo n. 507 cit., articolo 62, comma 1 (Cass. n. 1847 del 12/07/2017; Cass. n. 7916 del 20/04/2016; Cass. n. 19152 del 15/12/2003).
4. Il secondo motivo e’ fondato, avendo la CTR omesso di pronunciarsi in ordine al motivo di appello concernente il fatto che la CTP illegittimamente aveva condannato la ricorrente alla rifusione delle spese processuali pur essendo il Comune rimasto contumace. Mette conto considerare che, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’articolo 111 Cost., comma 2, nonche’ di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale articolo 384 c.p.c., ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di cassazione puo’ omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (Cass. n. 2731 del 8/11/2016 dep. Il 2/2/2017Cass. n. 2313 del 01/02/2010). Ne consegue che la sentenza impugnata va cassata sul punto e, decidendo nel merito, va dichiarato che la ricorrente non era tenuta a rifondere le spese processuali relative al giudizio di primo grado a favore del Comune.
Le spese processuali dell’intero giudizio si compensano in ragione della reciproca soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara che la ricorrente non e’ tenuta a rifondere le spese processuali relative al giudizio di primo grado a favore del Comune.
Compensa le spese processuali dell’intero giudizio.

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