Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|13 maggio 2021| n. 12718.
La riforma o la cassazione di una sentenza non definitiva, pur ponendo nel nulla le statuizioni successivamente pronunciate dipendenti dalla sentenza riformata o cassata, e ciò anche in presenza di un giudicato formale, non comporta che il giudice, nel pronunciare la sentenza definitiva, debba seguire il criterio di adeguamento al risultato finale dell’intero processo, indipendentemente dall’esito alterno delle sue varie fasi, ma solamente quello di adeguare la pronuncia sulle spese del giudizio al risultato dello stesso. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione proposto avverso una sentenza definitiva in cui era stato applicato il criterio della soccombenza sulla base degli esiti del giudizio e che era stata impugnata solo nella parte relativa alle spese, in quanto risultava pendente ancora in cassazione il giudizio sulla sentenza non definitiva).
Ordinanza|13 maggio 2021| n. 12718
Data udienza 15 gennaio 2021
Integrale
Tag/parola chiave: Successioni – Reintegrazione della quota di riserva sull’eredità – Atto di liberalità – Vitalizio – Inammissibilità ai sensi dell’art. 360 bis n. 1 c.p.c.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente
Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19417-2019 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 90/2019 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 16/01/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/01/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
(OMISSIS) e (OMISSIS) convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Palermo la sorella (OMISSIS) al fine di ottenere la reintegrazione delle proprie quote di riserva sull’eredita’ del comune genitore (OMISSIS).
Integrato il contraddittorio nei confronti del coniuge del defunto (OMISSIS), il Tribunale determinava, con sentenza non definitiva, la composizione della massa; in accoglimento della pretesa degli attori, accertava la natura di atto di liberalita’ di un vitalizio intercorso fra la convenuta e il de cuius.
Contro tale sentenza (OMISSIS) proponeva appello immediato, rigettato dalla Corte d’appello di Palermo, con decisione contro la quale e’ attualmente pendente ricorso per cassazione.
Nel frattempo, il Tribunale di Palermo, dinanzi al quale la causa e’ proseguita, definiva la lite, dichiarando rinunciata la domanda di divisione e ponendo le spese a carico della convenuta (OMISSIS).
Impugnata la decisione dinanzi alla Corte d’appello di Palermo, questa la confermava con la sentenza contro la quale si dirige il presente ricorso, proposto dalla medesima (OMISSIS) sulla base di un unico motivo, con il quale si denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli articoli 91, 278 e 279 c.p.c..
(OMISSIS) Liborio, gli eredi di (OMISSIS) ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)) e gli eredi di (OMISSIS) ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) restano intimati.
La causa e’ stata chiamata dinanzi alla sesta sezione civile della Suprema corte su conforme proposta del relatore di manifesta infondatezza. La ricorrente ha depositato memoria, con la quale il significato della censura e’ compendiato nei seguenti termini: “il Tribunale, nel definire la causa, aveva regolato le spese di lite, supponendo la soccombenza della convenuta attuale ricorrente. Si sostiene che “nel momento in cui e’ stata emanata la sentenza definitiva (…) era ancora pendente il giudizio avverso la sentenza non definitiva (…) e lo e’ tuttora innanzi a questa Corte Suprema; a cio’ si aggiunga che l’efficacia esecutiva di tale ultima pronuncia era stata sospesa dalla Corte d’appello di Palermo. In altri termini, quando il Tribunale di Palermo – con la sentenza definitiva – si pronuncia cio’ sulle spese di giudizio, non era ancora passata in giudicato l’antecedente logico/giuridico (la sentenza non definitiva) di tale pronuncia. In quel momento, quindi, il Tribunale avrebbe dovuto come richiesto sospendere il giudizio in attesa del passaggio in giudicato della sentenza non definitiva, ma se, come fatto, riteneva di doversi comunque pronunciare in via definitiva, non avrebbe potuto ritenere dichiarare la soccombenza signora (OMISSIS), perche’ quest’ultima ancora non lo era. E’ necessario precisare che la Corte d’appello di Palermo ha poi rigettato l’appello avverso la sentenza non definitiva, ma la sig.ra (OMISSIS) ha impugnato tale ultima pronuncia innanzi a questa Suprema Corte. E’ dunque evidente che l’accoglimento del ricorso in Cassazione (e, a quel tempo, dell’appello proposto contro la sentenza non definitiva comporta la soccombenza degli odierni resistenti e, per conseguenza, la Cassazione della sentenza che viene oggi impugnata con il presente atto. Pronuncia che, erroneamente, per effetto di un errata valutazione sulla soccombenza, ha confermato l’illegittima condanna alle spese del giudizio a carico della signora (OMISSIS). La sentenza oggi impugnata, dunque, su tale capo deve essere riformata in quanto viola la norma, articolo 91 c.p.c. – e le altre norme sopra richiamate – che pone a carico del soccombente l’onere delle spese di giudizio, in quanto al momento dell’emanazione della sentenza definitiva la signora (OMISSIS) non era soccombente, e tuttora non lo e'” (memoria ricorrente, pagg. 5 e 6).
Il ricorso e’ inammissibile ai sensi dell’articolo 360-bis c.p.c., n. 1.
Invero, non di dubita che la riforma o la cassazione di una sentenza non definitiva pone nel nulla le statuizioni successivamente pronunciate, le quali siano dipendenti dalla sentenza riformata o cassata, e cio’ anche in presenza di un giudicato formale (Cass. n. 15411/2019); cio’ non significa che, in vista di tale eventualita’, il giudice che pronuncia la sentenza definitiva non debba pronunciare sulle spese secondo le regole della soccombenza quali risultano dalla decisione da lui assunta, essendo irrilevante la possibilita’ che la sentenza non definitiva possa essere riformata o cassata. In altre parole, a questi fini, non puo’ essere seguito il criterio di adeguamento al risultato finale dell’intero processo indipendentemente dall’esito alterno delle sue varie fasi, ma va seguito il solo criterio di adeguare la pronunzia sulle spese del giudizio al risultato dello stesso giudizio (cfr. Cass. n. 4531/1976).
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
Nulla sulle spese.
Ci sono le condizioni per dare atto Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, ex articolo 13, comma 1-quater della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis se dovuto”.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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