La regola stabilita dall’art. 950, ultimo comma, c.c. trova applicazione anche nel caso in cui all’accertamento del confine si proceda in via incidentale, ai fini della verifica del rispetto delle distanze

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 9 agosto 2018, n. 20691.

La massima estrapolata:

La regola stabilita dall’art. 950, ultimo comma, c.c. trova applicazione anche nel caso in cui all’accertamento del confine si proceda in via incidentale, ai fini della verifica del rispetto delle distanze, fuori del tipico processo di regolamento di confini previsto nel citato articolo, sicchè il giudice deve rilevare la sussistenza di una eventuale difformità tra il confine catastale e quello risultante dallo stato dei luoghi, da privilegiarsi rispetto alle mere risultanze delle mappe catastali, anche in mancanza di una domanda di regolamento dei confini.

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Le azioni a difesa della proprietà. Rivendicazione – negatoria – regolamento di confini – apposizione dei termini

Ordinanza 9 agosto 2018, n. 20691

Data udienza 14 novembre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12836/2013 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.a.s. (OMISSIS), in persona del socio accomandatario (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio di quest’ultimo;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova n. 342 depositata 1’11 marzo 2013 e notificata il 27 marzo 2013;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 novembre 2017 dal Consigliere Milena Falaschi.

OSSERVA IN FATTO E IN DIRITTO

Ritenuto che:
– il Tribunale di Chiavari, con sentenza n. 197 del 19 giugno 2008, respingeva l’actio negatoria servitutis di veduta proposta da (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS) s.a.s. con riferimento alla apertura realizzata sul lato nord est del sottotetto e a quella posta sul lato nord ovest del fabbricato, in prossimita’ dell’angolo del piano secondo di proprieta’ della convenuta, oltre alla riduzione a lucernaio dell’allargamento effettuato dell’apertura sul tetto dello stabile;
– sul gravame proposto dalla (OMISSIS), la Corte d’appello di Genova, nella resistenza degli appellati, rigettava l’appello, precisando che quanto alla finestra posta sul lato nord-est del fabbricato, essendo l’apertura posta ad una quota piu’ bassa di circa 20 cm. rispetto al piano di calpestio del locale del sottotetto era raggiungibile solo “a carponi”, per cui non consentiva una comoda prospectio, a nulla rilevando che fosse dotata di serramento in alluminio a doppia anta a vetri, con dimensioni comparabili alle altre finestre. Relativamente all’apertura posta nell’angolo nord-ovest del piano secondo del fabbricato di (OMISSIS), lo stesso c.t.u. aveva escluso la violazione delle distanze con riferimento al confine catastale, pur rilevando una differenza fra detto confine e quello risultante dallo stato dei luoghi, spostato di circa 75 cm rispetto allo spigolo e costituito dalla struttura esterna di una antica cisterna interrata, in quanto non chiarito sulla base di quali elementi il vero confine doveva individuarsi nella struttura esterna della cisterna, oltre a non essere stata proposta alcuna domanda di accertamento dell’effettivo confine tra le rispettive proprieta’. Infine, quanto all’ampliamento del lucernaio l’appellante non invocava la normativa sulle distanze, ma lamentava che la sentenza di primo grado avesse escluso la violazione dell’articolo 1102 c.c., per essere l’apertura sul tetto comune, per cui premesso che l’allargamento non metteva in alcun collegamento il sottotetto con proprieta’ della (OMISSIS) non facente parte del condominio, osservava che le maggiori dimensioni dell’apertura non avevano affatto pregiudicato la funzione di copertura del tetto;
– per la cassazione del provvedimento della Corte d’appello di Genova ricorre la (OMISSIS) sulla base di quattro motivi;
– l’intimata (OMISSIS) resiste con controricorso;
– in prossimita’ della camera di consiglio, depositata memoria illustrativa dal sostituto procuratore generale, dott. Gianfranco Servello, nei giorni seguenti entrambe le parti hanno curato il depositato di memoria ex articolo 378 c.p.c..
Atteso che:
– il primo motivo di ricorso (con il quale e’ denunciata la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 905 c.c. in correlazione con gli articoli 900 e 901 c.c. per avere la corte di merito ritenuto che l’apertura posta nel lato nord-est del fabbricato non fosse una veduta, nonostante le sue caratteristiche, escludendo la giurisprudenza detta natura solo alle aperture dalle quali e’ impossibile l’affaccio) e’ infondato.
A tale proposito va rilevato che l’elemento caratterizzante la veduta e’ la possibilita’ di avere, attraverso di essa, una visuale agevole, cioe’ senza l’utilizzo di mezzi artificiali e affinche’ cio’ avvenga, a norma dell’articolo 900 c.c., e’ necessario, oltre al requisito della “inspectio”, anche quello della “prospectio” nel fondo del vicino, dovendo detta apertura non solo consentire di vedere e guardare frontalmente, ma anche di affacciarsi, vale a dire di guardare non solo di fronte, ma anche obliquamente e lateralmente, in modo che il fondo alieno risulti soggetto ad una visione mobile e globale (sulla base di tale principio la S. C. ha escluso che avesse carattere di veduta un’apertura munita di una struttura metallica, incorporata nel muro di confine: v. Cass. n. 22844 del 2006).
Per giurisprudenza consolidata l’accertamento di detti caratteri e’ rimesso all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito incensurabile in sede di legittimita’ se non per vizio di motivazione, il quale e’ tenuto a verificare in concreto se l’opera, in considerazione delle caratteristiche strutturali e della posizione degli immobili rispettivamente interessati, permetta a una persona di media altezza l’affaccio sul fondo del vicino o il semplice prospetto (v. Cass. n. 5421 del 2011), che deve consentire la possibilita’ di “affacciarsi e guardare di fronte, obliquamente o lateralmente”, in condizioni di sufficiente comodita’ e sicurezza (v. tra le altre, Cass. n. 5904 del 1981; Cass. n. 3265 del 1987; Cass. n. 7267 del 2003).
Nella fattispecie, con valutazione, adeguatamente motivata, la Corte di appello ha rilevato che la finestra in questione, essendo posta ad una quota piu’ bassa di circa 20 cm. rispetto al piano di calpestio del locale sottotetto, era raggiungibile solo a carponi, per cui non permetteva materialmente la possibilita’, data la sua posizione, di una comoda prospectio, trattandosi di azione da compiersi in modo inusuale, non riconducibile all’esercizio di una agevole servitu’ di veduta.
La corte territoriale si e’ quindi adeguata ai principi sopra esposti e nessuna critica le puo’ essere mossa;
– con il secondo mezzo la ricorrente denuncia la violazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 per omesso esame di un fatto decisivo della controversia, in particolare per non avere la corte territoriale nell’affermare la mancata proposizione di domanda di regolamento dei confini quanto alla individuazione della distanza rispetto all’affaccio creato nell’angolo nord-ovest del piano secondo del fabbricato – tenuto conto che la societa’ convenuta non aveva sollevato alcuna contestazione quanto alla esistenza della linea di confine con riferimento al reale stato dei luoghi, non essendo mai stato oggetto di contestazione la circostanza che il confine tra la veduta e il terreno dell’attrice fosse quello risultante dai luoghi ed anzi avanzando la convenuta la pretesa che la veduta vi fosse sempre stata, per essere stata solo ripristinata.
Con il quarto mezzo il ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 905 c.c. in correlazione all’articolo 950 c.c., ed insiste nella doglianza di avere la corte territoriale erroneamente ritenuto necessario per la definizione della linea di confine un’apposita domanda di regolamento dei confini.
E’ opportuna la trattazione congiunta delle due censure, che attengono alla medesima questione, seppure prospettata sotto diverso profilo. Esse sono fondate.
Secondo i principi costantemente affermati nella giurisprudenza di questa Corte, l‘azione di regolamento di confini si configura come una “l’indicatio duplex incertae partis” nel senso che, ai fini dell’incidenza probatoria, la posizione dell’attore e quella del convenuto sono sostanzialmente eguali, incombendo a ciascuno di essi di allegare e fornire qualsiasi mezzo di prova idoneo all’individuazione dell’esatta linea di confine, mentre il giudice svincolato dal principio “actore non probante reus absolvitur” – ha un amplissimo potere di scelta e valutazione dei mezzi probatori acquisiti al processo, salvo, nell’ipotesi di mancanza di prove o di inidoneita’ delle prove disponibili, il ricorso alle indicazioni delle mappe catastali. In ogni caso la prima indagine che il giudice e’ tenuto a compiere e’ quella volta ad accertare se sussista nei titoli l’univocita’ relativa al confine e se essi forniscano elementi, anche indiretti, atti a consentire l’eliminazione della denunciata situazione di incertezza.
In particolare occorre osservare che, in tema di regolamento di confini, il ricorso al sistema di accertamento configurato dalle mappe catastali e’ sussidiario ed e’ consentito nel caso di mancanza assoluta ed obiettiva di altri elementi, nonche’ nel caso che questi, per la loro consistenza o per ragioni relative alla loro attendibilita’, risultino comunque inidonei alla determinazione certa del confine (Cass. 30 dicembre 2009 n. 28103).
Occorre, altresi’, aggiungere – sempre quale principio generale che per questa Corte la regola stabilita dall’articolo 950 c.c., ultimo comma, trova applicazione anche nel caso in cui all’accertamento del confine si proceda in via incidentale, ai fini della verifica del rispetto delle distanze, fuori del tipico processo di regolamento di confini previsto nel citato articolo (Cass. 9 novembre 1978 n. 5132; Cass. 6 maggio 1988 n. 3379; piu’ di recente: Cass. 19 aprile 2013 n. 9652).
Nella specie la corte territoriale non ha operato un’applicazione dei principi premessi coerente alla fattispecie cosi’ come ricostruita e interpretata da essa stessa, li’ dove, nel procedere alla disamina di tutti gli elementi acquisiti al processo (documenti prodotti dalle parti e conclusioni del c.t.u.), pur rilevando la sussistenza di una differenza tra il confine catastale e quello risultante dallo stato dei luoghi, spostato di circa 75 cm rispetto allo spigolo, evidenziata peraltro la esistenza di una struttura esterna di una antica cisterna interrata, non ha tenuto conto della difformita’, argomentando tale statuizione nell’assenza di una domanda di regolamento dei confini, per cui ha tratto da cio’ l’erronea deduzione giuridica che per la individuazione pratica del confine fra i fondi – al fine della determinazione delle distanze per la veduta – doveva aversi riguardo solo alla delimitazione risultante dal (sussidiario) criterio delle mappe catastali.
Sequenziale l’ulteriore errore che ha determinato l’esito della lite in appello, consistito nel porre il principio per cui il confine e’ solo quello indicato nella mappa catastale e non anche quello relativo allo stato dei luoghi e quindi nel non determinare, nella sostanza, quale fosse il confine tra i rispettivi fondi di proprieta’ delle parti, nonostante la domanda principale dipendesse proprio e solo da cio’. Le censure sono dunque da ritenere fondate per la manifesta sussistenza delle violazioni denunciate;
il terzo mezzo (con il quale viene lamentata la violazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per essere la corte territoriale incorsa nella violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato ai sensi dell’articolo 112 c.p.c., oltre ad omessa pronuncia, giacche’ dalle prove testimoniali sarebbe risultato che le aperture de quibus erano state realizzate su vecchie tamponature, risalenti ad epoca precedente all’ultima guerra, per cui dovevano ritenersi come realizzate ex novo) e’ inammissibile quanto all’apertura posta al lato nord-est del fabbricato per due ordini di ragioni, di seguito illustrate, mentre e’ assorbito quanto a quella posta al lato nord-ovest.
In primo luogo, la censura deduce una questione nuova, quale la prescrizione estintiva dell’originario diritto di servitu’ di veduta, circostanza che non risulta avere formato oggetto di contraddittorio fra le parti. In secondo luogo, non tiene conto di quanto affermato dalla corte territoriale in ordine all’apertura de qua: il giudice di appello ha ampiamente chiarito i motivi per i quali – esaminate le caratteristiche fisiche della finestra – essa non poteva essere considerata una veduta. Dunque di alcuna omissione puo’ essere criticata la sentenza impugnata.
Infine per quanto riguarda la veduta posta al lato nord-ovest, nel ritenere la questione assorbita, va fatto richiamo al pregiudiziale accertamento di cui ai motivi due e quattro.
Conclusivamente, vanno accolti i motivi due e quattro del ricorso, respinti i restanti due, il terzo in parte assorbito, e la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Genova, che nel decidere il merito si atterra’ ai principi di diritto sopra espressi, provvedendo, altresi’, sulle spese di cassazione.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il secondo ed il quarto motivo di ricorso, rigettati il primo ed il terzo, quest’ultimo in parte assorbito;
cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti con rinvio a diversa Sezione della Corte di appello di Genova, che provvedera’ anche sulle spese del giudizio di cassazione.

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