La realizzazione di una tettoia

Consiglio di Stato, Sentenza 30 ottobre 2020, n. 6682.

Anche la realizzazione di una tettoia, in aderenza ad un muro preesistente, necessita del previo rilascio di permesso di costruire, trattandosi dell’aggiunta di un elemento strutturale dell’edificio, con modifica della sagoma dell’edificio.

Sentenza 30 ottobre 2020, n. 6682

Data udienza 29 settembre 2020

Tag – parola chiave: Interventi edilizi – Realizzazione di una tettoia – Aderenza ad un muro preesistente – Rilascio permesso di costruire – Necessità

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10326 del 2010, proposto dal
Comune di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati An. An., Gi. Pi., An. Pu., Gi. Ta., An. Ca., con domicilio eletto presso lo studio Gi. Ma. Gr. in Roma, corso (…);
contro
signor Ni. Br. non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania Sezione Quarta n. 8772/2009, resa tra le parti, concernente l’impugnativa del provvedimento del Comune di Napoli del 3 agosto 2005 di demolizione di opere abusive e ripristino dello stato dei luoghi
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 settembre 2020 il Cons. Cecilia Altavista e udito per le parti l’avvocato Ca. Bi. su delega dell’avv. Gi. Pi.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue

FATTO e DIRITTO

Con il presente atto di appello il Comune di Napoli ha impugnato la sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Campania, sede di Napoli, n. 8772 del 2009, che ha accolto in parte il ricorso proposto dal signor Ni. Br. per l’annullamento dell’ordinanza di demolizione del 3 agosto 2005, adottata, ai sensi dell’art. 27 del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, per la realizzazione senza permesso di costruire, in zona vincolata, di una tettoia di circa 66 metri quadri (metri 22 per 3) a “L” sul terrazzo di sua proprietà del piano terra dell’immobile sito in via (omissis), accertato a seguito di sopralluogo del 20 maggio 2005.
Con il ricorso di primo grado era stato dedotto in fatto che la tettoia era stata realizzata nel 2003 in sostituzione di una preesistente tettoia fatiscente; con la prima censura si sosteneva la illegittimità della demolizione, trattandosi di un intervento di manutenzione straordinaria della preesistente tettoia e comunque di intervento realizzabile con DIA, non soggetto a demolizione; con un secondo motivo di ricorso è stato poi lamentato il difetto di motivazione circa l’attualità dell’interesse alla demolizione, trattandosi di opera realizzata da più di dieci anni, in quanto la preesistente tettoia era stata realizzata nell’anno 1995.
Con ordinanza n. 2911 del 12 ottobre 2005 è stata disposta istruttoria presso gli uffici tecnici comunali al fine di verificare le dimensioni della tettoia, che, a seguito del sopralluogo del tecnico comunale, è risultata di circa di 50 metri quadri di superficie complessiva, sul lato più lungo di 17 metri quadri per 2,50 e sul lato più corto di metri 5 per 1,60 realizzata in epoca successiva al 1992.
Con ordinanza n. 787 del 22 marzo 1986 è stata respinta la domanda cautelare di sospensione del provvedimento impugnato, trattandosi di abuso realizzato senza titolo in zona vincolata.
Con la sentenza n. 8772 del 16 dicembre 2009 è stato accolto il ricorso limitatamente al primo motivo di ricorso e alla sola parte della tettoia – relativa al lato della “L” di lunghezza maggiore- realizzata in sostituzione della tettoia preesistente; il giudice di primo grado ha, infatti, ritenuto che solo per tale parte si dovesse qualificare l’intervento come manutenzione straordinaria e che quindi fosse illegittima la demolizione; ha escluso la rilevanza della mancanza della autorizzazione paesaggistica non essendo stato alterato (per questa sola parte) l’aspetto esteriore dell’edificio, in base all’art. 149 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42; ha ritenuto irrilevante, altresì, la circostanza dedotta dalla difesa comunale della necessità del titolo edilizio nel Comune di Napoli, già in base al Regolamento edilizio del 1935, non essendo tale riferimento indicato nel provvedimento impugnato; ha respinto il ricorso per la parte realizzata ex novo, (corrispondente al lato minore della tettoia) qualificando l’intervento in parte qua come ristrutturazione edilizia soggetta a permesso di costruire; ha respinto il secondo motivo di ricorso, escludendo un affidamento del privato in relazione al tempo trascorso dall’abuso.
Con l’atto di appello il Comune di Napoli sostiene l’erroneità delle argomentazioni del giudice di primo grado, in quanto la struttura realizzata avrebbe dovuto essere considerata nel suo complesso come del tutto nuova rispetto a quella preesistente, la quale, in ogni caso era stata realizzata senza alcun titolo abilitativo.
Nessuno si è costituito in giudizio per la parte appellata.
Il Comune ha presentato memoria difensiva per l’udienza pubblica insistendo nelle proprie argomentazioni difensive.
All’udienza pubblica del 29 settembre 2020 l’appello è stato trattenuto in decisione.
Ritiene il Collegio di precisare che l’oggetto del presente giudizio è costituito solo dalla parte del provvedimento di demolizione relativo al lato della tettoia realizzato in sostituzione di quella preesistente, in quanto la parte del provvedimento di demolizione del lato più corto della tettoia è stato oggetto dell’accertamento del giudice di primo grado passato in giudicato, non essendo stato proposto appello incidentale.
Sostiene il Comune, nell’atto di appello, la legittimità della demolizione anche del lato più lungo della tettoia, in quanto, anche a prescindere dalla preesistenza di una più piccola tettoia, in ogni caso l’opera realizzata nell’anno 2003 – secondo quanto affermato dalla stessa parte ricorrente in primo grado-costituiva una opera nuova e diversa dalla precedente che avrebbe dovuto essere valutata nel suo insieme; inoltre, comunque, la preesistente tettoia non era munita di alcun titolo edilizio.
L’appello del Comune è fondato.
La tettoia realizzata- secondo quanto affermato dalla parte ricorrente in primo grado-nel 2003 necessitava del permesso di costruire.
La giurisprudenza consolidata ritiene, infatti, che la tettoia, che non costituisca per la esiguità delle dimensioni, una mera pertinenza, sia soggetta al regime della nuova costruzione, alterando in modo rilevante l’assetto del territorio (Cons. Stato Sez. II, 19 marzo 2020, n. 1948; Cons. Stato Sez. VI, 6 febbraio 2019, n. 904).
Anche la realizzazione di una tettoia, in aderenza ad un muro preesistente, necessita del previo rilascio di permesso di costruire, trattandosi dell’aggiunta di un elemento strutturale dell’edificio, con modifica della sagoma dell’edificio (Consiglio di Stato, sez. VI, 7 ottobre 2019, n. 6760; id. 16 febbraio 2017, n. 694).
La nuova tettoia doveva essere considerata come un corpo unitario che, anche a ritenere in qualche modo rilevante l’elemento preesistente, ma considerato l’aumento delle dimensioni e la modifica della forma, avrebbe potuto al massimo essere inquadrata nella ristrutturazione edilizia avendo costituito “un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente”, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera d), del D.P.R. n. 380/01, qualificazione che, erroneamente, il giudice di primo grado ha riferito solo alla parte “nuova” della tettoia.
La circostanza che parte di tale tettoia fosse stata già realizzata, probabilmente nell’anno 1995 deve ritenersi irrilevante, in quanto, comunque, la preesistente tettoia non era munita di alcun titolo edilizio, neppure di carattere autorizzatorio ed al momento della sua realizzazione, anche considerato che sia stata eseguita nel 1995, era comunque sottoposta al regime della concessione edilizia, anche in base alla disciplina degli interventi allora prevista dalla legge 5 agosto 1978 n. 431.
Sotto tale profilo, diversamente da quanto ritenuto dal giudice di primo grado, deve essere considerata rilevante la circostanza che nel Comune di Napoli la necessità di un titolo edilizio sussistesse fin dall’approvazione del Regolamento edilizio del 1935, in quanto solo qualora la preesistenza fosse stata realizzata in un periodo anteriore al 1935, si sarebbe potuto considerare non necessario il titolo edilizio e quindi ritenere l’opera preesistente legittimamente realizzata.
Nel caso di specie, è infatti, indubbio che anche la tettoia preesistente avesse consistenti dimensioni, pari a circa 40 metri quadri, in base al sopralluogo effettuato a seguito dell’istruttoria disposta dal Tribunale amministrativo.
Peraltro, nel caso di specie, rileva, altresì, la realizzazione della intera opera in zona vincolata in mancanza della autorizzazione paesaggistica.
Infatti, il provvedimento demolitorio è stato adottato dal Comune, ai sensi dell’art. 27 del D.P.R. 380 del 2001, che attribuisce agli organi del Comune un generale potere di vigilanza in materia urbanistica ed edilizia, in particolare sulle aree vincolate, consentendo agli organi comunali di ordinare la demolizione in assenza di qualsiasi titolo abilitativo. Ai sensi del comma 2 dell’art. 27, infatti, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, quando accerti l’inizio di opere eseguite senza titolo su aree assoggettate alla tutela di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, “provvede alla demolizione ed al ripristino dello stato dei luoghi, previa comunicazione alle amministrazioni competenti le quali possono eventualmente intervenire, ai fini della demolizione, anche di propria iniziativa”.
La giurisprudenza della Sezione ha già affermato che “l’art. 27, comma 2 del D.P.R. n. 380 del 2001 riconosce all’Amministrazione comunale un generale potere di vigilanza e controllo su tutta l’attività urbanistica ed edilizia, imponendo l’adozione di provvedimenti di demolizione in presenza di opere realizzate in zone vincolate in assenza dei relativi titoli abilitativi, al fine di ripristinare la legalità violata dall’intervento edilizio non autorizzato. E ciò mediante l’esercizio di un potere dovere del tutto privo di margini di discrezionalità in quanto rivolto solo a reprimere gli abusi accertati, da esercitare anche in ipotesi di opere assentibili con DIA, prive di autorizzazione paesaggistica” (cfr. di recente Cons. Stato Sez. II, 24 luglio 2020, n. 4725).
Erroneamente, poi, il giudice di primo grado ha richiamato la disposizione dell’art. 149 comma 1 lettera a) del d.lgs. 42 del 2004, per cui non è richiesta l’autorizzazione paesaggistica per gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici”, essendo esclusa, nel caso di specie, la sussistenza di tali interventi edilizi minori ed essendo evidente, in ogni caso, l’alterazione dell’aspetto esteriore dell’edificio anche con la sola estensione della tettoia.
L’appello è quindi fondato e deve essere accolto, con riforma della sentenza impugnata con riferimento al capo appellato, a cui consegue la reiezione del ricorso di primo grado anche con riguardo al lato più lungo della tettoia.
Le spese di entrambi i gradi del presente giudizio, liquidate in euro 2.500,00 (duemilacinquecento,00) oltre accessori di legge in favore del Comune di Napoli, seguono la soccombenza e devono essere poste a carico della parte appellata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie secondo quanto indicato in motivazione.
Condanna la parte appellata al pagamento delle spese di entrambi i gradi del presente giudizio in favore del Comune di Napoli pari a euro 2.500,00 (duemilacinquecento,00) oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 settembre 2020 con l’intervento dei magistrati:
Giulio Castriota Scanderbeg – Presidente
Francesco Frigida – Consigliere
Cecilia Altavista – Consigliere, Estensore
Francesco Guarracino – Consigliere
Roberto Politi – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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