La prova nuova che consente la revoca della misura di prevenzione

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 24 settembre 2018, n. 41073.

La massima estrapolata:

La prova nuova che consente la revoca della misura di prevenzione deve tuttavia presentarsi, nel quadro di un ponderato scrutinio degli elementi a suo tempo acquisiti, come un fattore che determini una decisiva incrinatura del corredo fattuale sulla cui base era intervenuta la decisione, non essendo, quindi, sufficiente evocare un qualsiasi elemento favorevole che finirebbe per trasformare un istituto che ha il carattere di rimedio straordinario in una non consentita forma di impugnazione tardiva

Sentenza 24 settembre 2018, n. 41073

Data udienza 30 gennaio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAVALLO Aldo – Presidente

Dott. GALTERIO Donatello – rel. Consigliere

Dott. RAMACCI Luca – Consigliere

Dott. GENTILI Andrea – Consigliere

Dott. REYNAUD Gianni F. – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la ordinanza in data 28.7.2017 del Tribunale di Reggio Calabria;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Donatella Galterio;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MOLINO Pietro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Con ordinanza in data 28.7.2017 il GIP presso il Tribunale di Reggio Calabria ha rigettato la richiesta, inoltrata da (OMISSIS), di riduzione o di revoca del D.A.SPO disposto nei suoi confronti per la durata di quattro anni con decreto del Questore convalidato dall’autorita’ giudiziaria in data 1.6.2016.
Avverso il suddetto provvedimento il sottoposto ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione, articolando due motivi con i quali lamenta:
1) la mancanza di motivazione essendosi il giudice limitato a rilevare, con formula assolutamente laconica, che “alla luce del comportamento contestato non erano cessate le esigenze alla base della vigenza del disposto provvedimento”, senza cosi’ fornire alcuna risposta sul venir meno della pericolosita’ sociale del prevenuto – ampiamente esposta nell’istanza ove erano state evidenziate le condizioni di salute, costituite da una grave sindrome fobico-depressiva, il puntuale adempimento alle prescrizioni impartitegli con la misura e il tempo trascorso, pari ad oltre un anno, dall’adozione del provvedimento – ne’ aver provveduto alle indagini sulla sua condotta cui era stato sollecitato con la richiesta in esame;
2) la sproporzione della durata della stessa misura, pari a quattro anni, e dunque fissata quasi nel massimo, rispetto alla condizione di incensuratezza del sottoposto, della sua stabile attivita’ lavorativa e del suo status di pater familiae, con evidente violazione dei criteri di adeguatezza e proporzionalita’ della pena sanciti dalla Carta Costituzionale, la cui riconsiderazione si imponeva anche alla luce del fatto che, con riferimento ai reati presupposti, egli non aveva preso parte attiva ai disordini che avevano dato origine al provvedimento del Questore.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo non puo’ ritenersi fondato.
La L. n. 401 del 1989, articolo 6, comma 5, nello stabilire che il divieto di cui al comma 1 (avente ad oggetto l’accesso ai luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive, nonche’ altri luoghi “sensibili”) e l’ulteriore prescrizione di cui al comma 2 (obbligo di comparire personalmente nell’ufficio di polizia competente), disposti nei confronti delle persone denunciate o condannate ai sensi del comma 1, non possano avere durata inferiore a un anno e superiore a cinque anni, ne prevede altresi’ la possibilita’ di revoca o modifica “qualora, anche per effetto di provvedimenti dell’autorita’ giudiziaria, siano venute meno o siano mutate le condizioni che ne hanno giustificato l’emissione”.
Fermo restando, cosi’ come affermato da un recente arresto di questa Corte che questo Collegio ritiene di confermare, che l’esercizio di siffatto potere spetta, allorquando si tratti di misura impositiva dell’obbligo di comparire ad un ufficio o comando di polizia in concomitanza di manifestazioni sportive, al Giudice per le indagini preliminari, ovverosia alla medesima autorita’ giudiziaria gia’ investita della convalida del provvedimento (Sez. 3, n. 24819 del 08/04/2016 – dep. 15/06/2016, Di Santo, Rv. 267199), va rilevato che il procedimento di revoca o sostituzione non trova nella legge 401/1989 ulteriore regolamentazione. Cio’ nondimeno, la sostanziale annoverabilita’ del D.A.SPO fra le misure di prevenzione, attesa la medesima funzione specialpreventiva che ne consente l’applicazione in presenza di fattispecie indiziarie di sospette attivita’ criminose, indipendentemente dalla commissione di un precedente reato, e la natura formalmente amministrativa del procedimento, consente di fare riferimento, al fine di colmare le lacune normative della legge istitutiva, alla disciplina dettata per queste ultime, costituita dalla L. n. 1423 del 1956, pressoche’ integralmente sostituita dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, stante peraltro l’espresso riferimento, contenuto nell’articolo 4, lettera i) del suddetto decreto, fra i destinatari delle medesime disposizioni, alle “persone indiziate di avere agevolato gruppi o persone che hanno preso parte attiva, in piu’ occasioni, alle manifestazioni di violenza di cui alla L. 13 dicembre 1989, n. 401, articolo 6”.
Dispone l’articolo 11, comma 2 del citato decreto legislativo che “il provvedimento di applicazione delle misure di prevenzione, su istanza dell’interessato e sentita l’autorita’ di pubblica sicurezza che lo propose, puo’ essere revocato o modificato dall’organo dal quale fu emanato, quando sia cessata o mutata la causa che lo ha determinato”. Si evince pertanto dalla suddetta disposizione che il presupposto legittimante la revoca o la modifica e’ costituito, come avvalorato dalla relativa elaborazione giurisprudenziale, da fatti nuovi, in tale accezione ricomprendendosi sia gli elementi sopravvenuti, sia quelli preesistenti al giudicato ma non esaminati nell’ambito del quadro circostanziale sussistente al momento dell’emissione del provvedimento genetico, non potendo per contro costituirne oggetto la richiesta di una nuova valutazione di elementi gia’ apprezzati che finirebbe per travolgere la preclusione derivante dalla acquisita definitivita’, sia pure rebus sic stantibus, della misura a suo tempo disposta con la convalida (Sez. 1, n. 47233 del 15/07/2016 – dep. 09/11/2016, Di Gioia, Rv. 268175). La prova nuova che consente la revoca della misura di prevenzione deve tuttavia presentarsi, nel quadro di un ponderato scrutinio degli elementi a suo tempo acquisiti, come un fattore che determini una decisiva incrinatura del corredo fattuale sulla cui base era intervenuta la decisione, non essendo, quindi, sufficiente evocare un qualsiasi elemento favorevole che finirebbe per trasformare un istituto che ha il carattere di rimedio straordinario in una non consentita forma di impugnazione tardiva (Sez. 2, n. 41507 del 24/09/2013 – dep. 08/10/2013, Audinno, Rv. 257334).
Cio’ posto, la motivazione, seppur succinta, resa dal provvedimento impugnato deve ritenersi adeguata al diniego dell’accoglimento della richiesta avanzata dall’odierno ricorrente, venendo implicitamente sottintesa dalla permanenza delle esigenze di cautela menzionata dal GIP reggino la mancata evidenziazione di fatti sopravvenuti idonei a consentire la rivalutazione delle esigenze di pericolosita’ presupposte dalla misura impositiva a suo tempo convalidata. Tali non possono, infatti, essere ritenuti ne’ l’interiore resipiscenza, ne’ l’adempimento alle prescrizioni contenute nel decreto del Questore, trattandosi di elementi insuscettibili di incidere sul preesistente quadro circostanziale e comunque non sopravvenuti nei termini sopra indicati, ne’ tantomeno il decorso del tempo, costituendo la durata, nella specie fissata in quattro anni, parte integrante della stessa misura.
Pertanto, pur essendo prevista dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 11l’audizione dell’autorita’ di pubblica sicurezza, in nessuna violazione della procedura prescritta puo’ ritenersi essere incorso il giudice di merito il quale ha escluso, a monte, la prospettazione da parte del richiedente di elementi idonei a mutare le condizioni di pericolosita’ a suo tempo accertate con la convalida del provvedimento del Questore.
2. Il secondo motivo e’, invece, inammissibile.
Al riguardo e’ sufficiente osservare che, essendo stata la misura in esame sottoposta a rituale convalida, resa dal Tribunale calabrese in data 1.6.2016, le contestazioni in ordine ai profili di adeguatezza e proporzionalita’ della medesima devono ritenersi definitivamente precluse dalla irrevocabilita’ del provvedimento genetico a seguito del mancato esercizio ovvero dell’esaurimento dei mezzi di impugnazione.
Deve quindi concludersi per il rigetto del ricorso, cui fanno seguito le statuizioni consequenziali in ordine alle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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