La presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|4 gennaio 2021| n. 91.

La presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., è prevalente, in quanto speciale, rispetto alla norma generale stabilita dall’art. 274 cod. proc. pen., sicché se il titolo cautelare riguarda i reati previsti dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. detta presunzione fa ritenere sussistente, salvo che emergano elementi di segno contrario, i caratteri di attualità e concretezza del pericolo.

Sentenza|4 gennaio 2021| n. 91

Data udienza 1 dicembre 2020

Integrale

Tag – parola chiave: Custodia cautelare in carcere – Partecipazione ad associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti – Gravità indiziaria – Rilevanza della costante disponibilità a fornire le sostanze – Adesione al programma criminoso – Presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della misura carceraria ai sensi dell’art. 275, co. 3 c.p.p. – Difetto di prova contraria – Inammissibilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MARZO Giuseppe – Presidente

Dott. ROMANO Michele – Consigliere

Dott. BRANCACCIO Matilde – Consigliere

Dott. RICCARDI Giusepp – rel. Consigliere

Dott. FRANCOLINI Giovanni – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a Lecce il 11/03/1995
avverso l’ordinanza del 07/04/2020 del Tribunale della liberta’ di Lecce;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE RICCARDI;
lette le richieste scritte ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8, del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Lori Perla, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso;
lette le richieste scritte del difensore, Avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso, ribadendo in particolare le doglianze concernenti le esigenze cautelari.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa il 07/04/2020 il Tribunale della liberta’ di Lecce ha rigettato l’appello proposto da (OMISSIS) avverso il rigetto della richiesta di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere disposta dal Gip del Tribunale di Lecce in relazione ai reati di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articoli 74 e 73, per la partecipazione all’associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico capeggiata da (OMISSIS) (capo C) e per sette episodi di acquisto di diverse tipologie di sostanze stupefacenti da destinare allo spaccio (capo C 28).
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di (OMISSIS), Avv. (OMISSIS), deducendo due motivi.
2.1. Con un primo motivo denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione ai gravi indizi di colpevolezza del reato di partecipazione all’associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico (capo C).
Deduce che la partecipazione sia stata desunta soltanto dai sette episodi” di acquisto delle sostanze, dalla serialita’, lamentando che nel primo, nel terzo e nel quarto non appare desumibile la presenza del (OMISSIS), che resta estraneo ai dialoghi tra gli interlocutori ( (OMISSIS), uomo di fiducia del (OMISSIS), e (OMISSIS)), ne’ viene menzionato; la partecipazione sarebbe desunta dalla sola serialita’ dei reati-fine, ma senza alcuna considerazione del dolo di partecipazione, inteso come consapevolezza di prender parte alla vita dell’associazione, tenuto conto che le condotte accertate sono circoscritte a circa due mesi.
2.2. Con un secondo motivo denuncia la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alle esigenze cautelari e alla adeguatezza della misura: sostiene che la presunzione relativa di adeguatezza della custodia in carcere avrebbe imposto di motivare in merito al superamento della presunzione sulla concretezza e attualita’ del pericolo di reiterazione, che sussiste quando vi e’ un’alta probabilita’ che all’indagato si presenti effettivamente un’occasione per compiere ulteriori delitti della stessa specie. Nel caso di specie, il pericolo non sarebbe concreto e attuale, riferendosi ad un lasso di tempo minimo (due mesi), ad un numero di episodi esiguo, e ad un tempo risalente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile.
2. Il primo motivo di ricorso, concernente la partecipazione all’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, e’ inammissibile, perche’ propone doglianze eminentemente di fatto, che sollecitano, in realta’, una rivalutazione di merito preclusa in sede di legittimita’, sulla base di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e’, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita’ la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu’ adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944); infatti, pur essendo formalmente riferite a vizi riconducibili alle categorie del vizio di motivazione e della violazione di legge, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., sono in realta’ dirette a richiedere a questa Corte un inammissibile sindacato sul merito delle valutazioni effettuate dal Tribunale (Sez. U, n. 2110 del 23/11/1995, Fachini, Rv. 203767; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794).
In particolare, con le censure proposte il ricorrente non lamenta una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica – unici vizi della motivazione proponibili ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera e), ma una decisione erronea, in quanto fondata su una valutazione asseritamente sbagliata in merito al ruolo di partecipe del sodalizio criminale, anziche’ di mero acquirente dello stupefacente, ed al contenuto delle conversazioni intercettate.
Il controllo di legittimita’, tuttavia, concerne il rapporto tra motivazione e decisione, non gia’ il rapporto tra prova e decisione; sicche’ il ricorso per cassazione che devolva il vizio di motivazione, per essere valutato ammissibile, deve rivolgere le censure nei confronti della motivazione posta a fondamento della decisione, non gia’ nei confronti della valutazione probatoria sottesa, che, in quanto riservata al giudice di merito, e’ estranea al perimetro cognitivo e valutativo della Corte di Cassazione.
Pertanto, nel rammentare che la Corte di Cassazione e’ giudice della motivazione, non gia’ della decisione, ed esclusa l’ammissibilita’ di una rivalutazione del compendio probatorio, va al contrario evidenziato che l’ordinanza impugnata ha fornito logica e coerente motivazione in ordine alla ricostruzione dei fatti, con argomentazioni prive di illogicita’ (tantomeno manifeste) e di contraddittorieta’.
2.1. Al riguardo, va evidenziato che l’ordinanza impugnata – motivando in relazione alle censure proposte con l’appello, che, nonostante una richiesta di sostituzione della misura carceraria, ha assunto un contenuto prossimo piu’ a un riesame che ad un appello cautelare – ha ripercorso gli elementi fondanti la gravita’ indiziaria in merito alla configurabilita’ della fattispecie associativa qualificata altresi’ da relazioni con la criminalita’ organizzata che si spartiva il territorio salentino – e alla partecipazione dell’indagato alla stessa, escludendo la sussistenza di elementi nuovi idonei a far ritenere scemate le esigenze cautelari valutate dal GIP nell’ordinanza applicativa della misura (non essendovi, peraltro, notizia della proposizione di richiesta ex articolo 309 c.p.p.).
La condotta partecipativa del (OMISSIS), infatti, e’ stata desunta, innanzitutto, dalla commissione dei delitti-scopo ascritti al capo C 28 – non oggetto di impugnazione -, nonche’ da una serie di elementi indiziari: oltre al rilievo che i sodali lo individuano, nel corso delle conversazioni intercettate, come “(OMISSIS)”, e’ stata accertata un’attivita’ di sistematico approvvigionamento di diversi tipi di sostanze stupefacenti (cocaina, marijuana, hashish), per quantita’ ingenti, come si desume anche dall’esposizione debitoria maturata, acquistati da uno dei vertici del sodalizio, (OMISSIS), braccio destro di (OMISSIS), e destinati allo spaccio nel territorio di Calimera, anch’esso controllato dal sodalizio.
Quanto al contenuto delle conversazioni intercettate, le doglianze del ricorrente sono ictu oculi inammissibili, in quanto calibrate su una censura di merito diretta a sostenere una errata interpretazione delle stesse ed una errata inferenza, dimenticando, altresi’, il principio secondo cui, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimita’ (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715).
2.2. Tanto premesso quanto alla ricostruzione dei fatti e del ruolo associativo del (OMISSIS), l’ordinanza impugnata risulta immune da censure, e conforme al consolidato insegnamento di questa Corte, secondo cui integra la condotta di partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti la costante disponibilita’ a fornire le sostanze di cui il sodalizio fa traffico, tale da determinare un durevole, ancorche’ non esclusivo rapporto tra fornitore e spacciatori al minuto (Sez. 6, n. 566 del 29/10/2015, dep. 2016, Nappello, Rv. 265764, in una fattispecie in cui e’ stata ritenuta immune da vizi l’ordinanza del tribunale del riesame che, ai fini della prova dell’inserimento organico nell’associazione in qualita’ di fornitore dell’indagato, aveva valorizzato la quantita’ e la periodicita’ dei rapporti, ancorche’ non esclusivi, e la regolare cadenza degli acquisti in conseguenza dei quali gli acquirenti potevano contare su una fonte di approvvigionamento ed i fornitori su una linea di smercio fondamentale per i propri guadagni).
Il reato associativo, specie con riferimento all’attivita’ di procacciamento e spaccio di sostanze stupefacenti, non richiede una struttura articolata o complessa o una esplicita reciproca manifestazione di intenti essendo sufficiente una struttura anche esile cui i compartecipi possano fare reciproco, anche tacito, affidamento. Non e’ ostativa alla configurabilita’ del reato associativo neppure la differenza dello scopo personale o dell’utile che i singoli partecipi si propongono, potendo essa sussistere nell’ipotesi in cui gli acquirenti che poi reimmettono le sostanze al consumo siano mossi dalla esclusiva finalita’ di assicurarsi una fonte di approvvigionamento stabile costante e abitudinaria e i venditori, mossi dall’intento di smerciare a fine di profitto la sostanza stupefacente, possano fare uno stabile affidamento sulla disponibilita’ all’acquisto da parte dei compratori con la costituzione di un rapporto che va oltre il significato negoziale della singola operazione per costituire elemento di una struttura che facilita lo svolgimento dell’intera attivita’ criminale, che poi reimmettono la sostanza al consumo (Sez. 5, n. 11899 del 05/11/1997, Saletta M, Rv. 209646); in tema di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, il mutamento del rapporto tra fornitore ed acquirente, da relazione di mero reciproco affidamento a vincolo stabile, puo’ ritenersi avvenuto solo qualora risulti che la volonta’ dei contraenti abbia superato la soglia del rapporto sinallagmatico contrattuale, trasformandosi nell’adesione dell’acquirente al programma criminoso desumibile dalle modalita’ dall’approvvigionamento continuativo della sostanza dal gruppo, dal contenuto economico delle transazioni, dalla rilevanza obiettiva che l’acquirente riveste per il sodalizio criminale (Sez. 6, n. 51500 del 11/10/2018, Bevilacqua, Rv. 275719).
Cio’ posto, la condotta partecipativa del (OMISSIS) risulta proprio dall’adesione dell’acquirente al programma criminoso, desumibile dalle modalita’ dall’approvvigionamento continuativo della sostanza dal gruppo, dal contenuto economico delle transazioni, dalla rilevanza obiettiva che l’acquirente riveste per il sodalizio criminale.
3. Il secondo motivo, concernente le esigenze cautelari, e’ inammissibile, perche’ generico, nella parte in cui omette qualsivoglia confronto argomentativo con la motivazione dell’ordinanza impugnata, e manifestamente infondato.
3.1. Invero, e’ assorbente rilevare che il titolo cautelare concerne il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, in ordine al quale e’ sancita la doppia presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza, prevista dall’articolo 275 c.p.p., comma 3.
In tale ipotesi, dunque, e’ la stessa presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia in carcere, salvo prova contraria, sancita dall’articolo 275 c.p.p., comma 3, a fondare un giudizio, formulato in astratto ed ex ante dal legislatore, di attualita’ e concretezza del pericolo; tale, cioe’, da fondare una valutazione di costante ed invariabile pericolo cautelare, salvo prova contraria.
L’antinomia tra l’articolo 275 c.p.p., comma 3 e l’articolo 274 c.p.p., non puo’ essere risolta, interpretativamente, in favore della prevalenza della seconda norma, che e’ generale, laddove la prima norma, che sancisce la presunzione relativa, e’ speciale; secondo il tradizionale criterio interpretativo cronologico lex specialis derogat legi generali, lex posterior generalis non derogat priori speciali, dunque, la presunzione di cui all’articolo 275 c.p.p., comma 3, sia nella dimensione della sussistenza delle esigenze cautelari, sia nella dimensione della adeguatezza della custodia in carcere, deve ritenersi prevalente sulla norma di cui all’articolo 274 c.p.p., nel senso che l'”attualita’” e la “concretezza” delle esigenze cautelari deve intendersi, salvo prova contraria, insita proprio nel giudizio di astratta e costante pericolosita’ cautelare formulato ex ante dal legislatore.
Di conseguenza, nel caso in cui il titolo cautelare riguardi i reati indicati nell’articolo 275 c.p.p., comma 3, (tra i quali quelli di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74), la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari deve ritenersi, salvo prova contraria (recte, salvo che emergano elementi di segno contrario), integrare i caratteri di attualita’ e concretezza del pericolo.
In tal senso si e’ espressa la pressoche’ unanime giurisprudenza di questa Corte, che, per la rilevanza della questione, merita di essere, sia pur succintamente, richiamata: Sez. 3, n. 33051 del 08/03/2016, Barra, Rv. 268664: “La presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, di cui all’articolo 275 c.p.p., comma 3, e’ prevalente, in quanto speciale, rispetto alla norma generale stabilita dall’articolo 274 c.p.p.; ne consegue che se il titolo cautelare riguarda i reati previsti dall’articolo 275 c.p.p., comma 3, detta presunzione fa ritenere sussistente, salvo prova contraria, i caratteri di attualita’ e concretezza del pericolo”; Sez. 5, n. 35848 del 11/06/2010 Trifiro’, Rv. 273631: “In tema di custodia cautelare in carcere applicata nei confronti di indagato per delitto aggravato dalla L. n. 203 del 1991, articolo 7, la doppia presunzione di cui all’articolo 275 c.p.p., comma 3, puo’ essere superata solo dalla prova della rescissione dei legami con l’organizzazione criminosa, non essendo invece richiesto un giudizio di attualita’ delle esigenze cautelari gia’ insito nella disposizione speciale di cui all’articolo 275 c.p.p., comma 3”; Sez. 5, n. 35847 del 11/06/2018, C, Rv. 274174: “In tema di custodia cautelare in carcere applicata nei confronti di indagato per delitto aggravato dalla L. n. 203 del 1991, articolo 7 la presunzione relativa di pericolosita’ sociale di cui all’articolo 275 c.p.p., comma 3, puo’ essere superata solo quando dagli elementi a disposizione del giudice emerga che l’associato abbia stabilmente rescisso i suoi legami con l’organizzazione criminosa. In assenza di tali elementi, il giudice della cautela non ha l’onere di argomentare in ordine alla sussistenza o permanenza delle esigenze cautelari ancorche’ sia decorso un notevole lasso di tempo tra i fatti contestati in via provvisoria all’indagato e l’adozione della misura cautelare”; Sez. 1, n. 23113 del 19/10/2018, dep. 2019, Fotia, Rv. 276316: “In tema di custodia cautelare in carcere applicata nei confronti di indagato per delitto aggravato dal Decreto Legge 13 maggio 1991, n. 152, articolo 7 convertito in L. 12 luglio 1991, n. 203 (ora articolo 416-bis.1 c.p.), la doppia presunzione di cui all’articolo 275 c.p.p., comma 3, puo’ essere superata solo dalla prova della rescissione dei legami con l’organizzazione criminosa, non essendo invece richiesto un giudizio di attualita’ delle esigenze cautelari gia’ insito nella disposizione speciale di cui all’articolo 275 c.p.p., comma 3”; Sez. 1, n. 24135 del 10/05/2019, Castorina, Rv. 276193: “La presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, di cui all’articolo 275 c.p.p., comma 3, e’ prevalente, in quanto speciale, rispetto alla norma generale stabilita dall’articolo 274 c.p.p., sicche’ se il titolo cautelare riguarda i reati previsti dall’articolo 275 c.p.p., comma 3, detta presunzione fa ritenere sussistente, salvo prova contraria, i caratteri di attualita’ e concretezza del pericolo”.
La dimensione consolidata dell’interpretazione appena richiamata non appare ridimensionata dall’orientamento, rimasto del tutto minoritario, e non condiviso da questo Collegio, secondo cui, in tema di custodia cautelare in carcere applicata nei confronti dell’indagato per uno dei delitti per i quali l’articolo 275 c.p.p., comma 3, pone una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, qualora intercorra un considerevole lasso di tempo tra l’emissione della misura e i fatti contestati in via provvisoria all’indagato e si tratti, in particolare, di un reato non permanente, il giudice ha l’obbligo di motivare puntualmente in ordine all’attualita’ delle esigenze cautelari (Sez. 5, n. 25670 del 13/03/2018, Gullo, Rv. 273805, in una fattispecie in tema omicidio aggravato ai sensi del Decreto Legge 13 maggio 1991, n. 153, articolo 7 conv. in L. 12 luglio 1991, n. 203); orientamento secondo cui, in tema di misure cautelari, quando si procede per i reati di cui all’articolo 275 c.p.p., comma 3, pur operando una presunzione “relativa” di sussistenza delle esigenze cautelari, il tempo trascorso dai fatti contestati, alla luce della riforma di cui alla L. 16 aprile 2015, n. 47, e di una esegesi costituzionalmente orientata della stessa presunzione, deve essere espressamente considerato dal giudice, ove si tratti di un rilevante arco temporale non segnato da condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolosita’ (cd. tempo silente), che puo’ rientrare tra gli “elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari”, cui si riferisce lo stesso articolo 275 c.p.p., comma 3, (Sez. 1, n. 42714 del 19/07/2019, Terminio, Rv. 277231).
Sia sufficiente, al riguardo, osservare che, ribadendo la correttezza e la condivisibilita’ dell’interpretazione sistematica affermata dall’orientamento assolutamente prevalente, un’interpretazione costituzionalmente orientata e’ comunque consentita soltanto nelle ipotesi in cui il perimetro semantico della norma la consenta, dovendo altrimenti percorrersi la diversa opzione della questione di illegittimita’ costituzionale.
3.2. Pur essendo l’orientamento richiamato infra § 3.1. assorbente della questione della pretesa mancanza di attualita’ e concretezza nei casi di presunzione di pericolosita’, merita comunque di essere precisato che l’ordinanza impugnata ha nondimeno motivato in positivo sulla sussistenza delle esigenze cautelari: la pericolosita’ dell’odierno ricorrente – pur se incensurato -, desunta dalle modalita’ e circostanze delle condotte criminose, dal numero dei reati-fine, dalle quantita’ e dall’eterogeneita’ degli stupefacenti trattati, dalla professionalita’ criminale dimostrata, ed il ruolo assunto nel sodalizio criminale sono stati infatti ritenuti indici univoci di un pericolo concreto ed attuale di reiterazione di reati della stessa specie.
Del resto, nel rammentare che, in tema di esigenze cautelari, il pericolo di reiterazione di reati della stessa specie non va inteso come pericolo di reiterazione dello stesso fatto reato, atteso che l’oggetto del “periculum” e’ la reiterazione di astratti reati della stessa specie e non del concreto fatto reato oggetto di contestazione (Sez. 5, n. 70 del 24/09/2018, dep. 2019, Pedato, Rv. 27440302), va altresi’ evidenziato che la deduzione con cui si sostiene la risalenza nel tempo (2018) dei fatti oggetto del titolo cautelare e’ manifestamente infondata, trattandosi di epoca non distante dall’adozione della cautela.
4. Alla declaratoria di inammissibilita’ dei ricorsi consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e alla corresponsione di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, somma che si ritiene equo determinare in Euro 3.000,00.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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