La presenza di un danno o di un pericolo per l’ambiente

Corte di Cassazione, sezione penale, Sentenza 29 gennaio 2020, n.3747

Massima estrapolata:

La presenza di un danno o di un pericolo per l’ambiente ai fini della subordinazione della sospensione condizionale della pena alla relativa eliminazione (oggi ex art. 452-quaterdecies comma 4 cod. pen.) deve necessariamente formare oggetto di accertamento in concreto, postulando l’effettiva verificazione del danno o del pericolo.

In presenza di condizioni di danno o di pericolo per l’ambiente, la subordinazione della concessione della sospensione condizionale della pena all’eliminazione di tali condizioni ex art. 452-quaterdecies, comma 4, cod. pen., non costituisce un automatismo, ma rappresenta una facoltà del giudice, il quale può valutare discrezionalmente la sussistenza delle condizioni per la concessione del suddetto beneficio ai sensi dell’art. 163 cod. pen..

Sentenza 29 gennaio 2020, n.3747

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Lecce, in data 7 dicembre 2018, quale giudice del rinvio, ha riformato la sentenza del Tribunale di Taranto in data 25 novembre 2014 relativamente alla posizione di Vito Fasano, riconoscendo allo stesso – quanto al reato di cui al capo e) della rubrica – il beneficio della sospensione condizionale della pena subordinatamente all’eliminazione del danno o del pericolo per l’ambiente. E’ opportuno precisare che con l’anzidetta sentenza del Tribunale tarantino il Fasano, nella sua qualità di legale rappresentante della s.r.l. RARE ed esercente la gestione di una cava per la coltivazione di inerti calcarei, veniva riconosciuto colpevole dei reati di cui ai capi a), b), c), d), e) e g) (i primi tre contestati ex art. 256, d.lgs. n. 152/2006; il quarto ex art. 137 d.lgs. n. 152/2006; il quinto ex art. 260 d.lgs. n. 152/2006 e l’ultimo ex artt. 81, 61 n. 7 e 640 commi 1 e 2 n. 1 cod.pen.), contestati come commessi fino al 2 aprile 2009. Con successiva sentenza in data 24 novembre 2016, la Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, assolveva il Fasano dal reato di cui al capo g), dichiarava non doversi procedere nei suoi confronti in ordine ai reati di cui ai capi a), b), c) e d), perché estinti per prescrizione e confermava la condanna limitatamente al reato di cui al capo e), rideterminando la pena e concedendo la sospensione condizionale subordinata all’eliminazione del danno o del pericolo per l’ambiente. Avverso detta sentenza veniva presentato dal Fasano ricorso per cassazione e la 3 Sezione della Corte, in data 25 maggio 2017, annullava la sentenza impugnata limitatamente al residuo reato contestato al Fasano, con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Lecce. Per l’esattezza, veniva accolto il terzo e ultimo motivo del ricorso del Fasano, relativo alla indebita subordinazione della sospensione condizionale della pena alla eliminazione del danno o del pericolo per l’ambiente, sul rilievo che non veniva indicato, nel percorso argomentativo della sentenza annullata, se e in quale modo la condotta contestata al Fasano avesse in concreto provocato un danno o un pericolo di danno per l’ambiente, alla cui eliminazione era stata subordinata la concessione della sospensione condizionale della pena. In sede rescissoria, la Corte d’appello di Lecce ha, di fatto, confermato quanto statuito sul punto nella sentenza della sezione distaccata di Taranto oggetto di annullamento, fornendo elementi indicativi della configurabilità del danno ambientale o, quanto meno, del pericolo di danno, in relazione alla natura dei rifiuti di inerti – per lo più provenienti da attività edile, ma composti anche da metalli, plastica e materiale bituminoso – stoccati dal Fasano all’interno della cava da lui gestita.

2. Avverso quest’ultima decisione insorge il Fasano, deducendo un unico motivo di lagnanza, teso a denunciare violazione di legge e vizio di motivazione in relazione a quanto argomentato dalla Corte leccese circa l’accertamento del danno o del pericolo di danno. Richiamati i presupposti normativi e giurisprudenziali in base ai quali il danno o il pericolo per l’ambiente di cui al comma 4 dell’art. 260, d.lgs. 152/2006 (oggi dell’art. 452-quaterdecies cod.pen.) devono formare oggetto di accertamento in concreto nel caso in cui il giudice intenda subordinare la sospensione condizionale della pena alla loro eliminazione, il ricorrente evidenzia che nella specie la Corte di merito, nella sentenza rescissoria, é incorsa nelle medesime manchevolezze già censurate dalla Corte di Cassazione in sede rescindente, avendo unicamente indicato la presenza di materiali non già dannosi o pericolosi, ma suscettibili di determinare un danno o un pericolo di danno per l’ambiente, facendo poi rinvio alla consulenza tecnica dell’ing. Civino (acquisita in primo grado), dalla quale però il ricorrente – che la allega in versione integrale – ricava essenzialmente la presenza di rifiuti inerti, che, sebbene con la presenza di impurità, sono stati giudicati non pericolosi per l’ambiente. Aggiunge il ricorrente che, in base alle valutazioni dell’ing. Civino, l’esigenza di recuperare o smaltire i rifiuti stoccati non era collegata ad alcuna valutazione di pericolosità, tant’é che vi si auspicava l’utilizzo del materiale in loco per il ripristino ambientale di un’area di cava adiacente, il rimodellamento della scarpata e la ricostituzione della macchia mediterranea. Quanto poi allo sversamento di acque dalla vasca di raccolta delle acque meteoriche, esso risulta frutto di un travisamento della prova, in quanto testualmente escluso nella consulenza del C.T.P.M.. Conclude infine il ricorrente evidenziando che, in ogni caso, la subordinazione della sospensione condizionale all’eliminazione del danno o del pericolo costituisce una facoltà, e non un obbligo, per il giudice, al quale non é preclusa la possibilità di valutare discrezionalmente la sussistenza delle condizioni per la concessione del suddetto beneficio ai sensi dell’art. 163 cod.pen..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso é fondato e va accolto. Invero, la Corte leccese illustra il proprio convincimento circa la pericolosità dei materiali incriminati essenzialmente attraverso la descrizione delle tipologie e dei volumi di rifiuti rinvenuti nella cava (per lo più provenienti da demolizioni stradali o edilizie, sebbene non privi di impurità: plastica, bitume, materiali ferrosi) basata anche sui rilievi fotografici a corredo della consulenza dell’ing. Civino; la rilevazione della tracimazione delle acque dalla vasca di raccolta in prossimità dell’impianto di trattamento dei rifiuti; e l’osservazione della presenza di pavimentazione solo in una piccola parte dell’area (circa 3.000 mq). Da ciò la Corte salentina trae la conclusione che sul sito fossero stati raccolti materiali «suscettibili di determinare un danno all’ambiente mediante la dispersione nell’aria e nel suolo di sostanze inquinanti», così giustificando la subordinazione della sospensione condizionale all’eliminazione del danno o del pericolo per l’ambiente. Le valutazioni dell’ing. Civino richiamate nella sentenza impugnata non sembrano tuttavia fornire indicazioni dirimenti a proposito della presenza di un danno o di un pericolo nei termini ravvisati dalla Corte di merito: le risposte ai quesiti e le conclusioni tratte dal consulente del P.M. nella sua pur ampia relazione depongono, certamente, per una notevole volumetria di rifiuti e per la necessità del relativo smaltimento o, in alternativa, per l’utilizzo a fini di ripristino ambientale in loco; per la necessità di lavori di rifacimento, adeguamento e ripristino della vasca di raccolta delle acque meteoriche; nonché per l’esigenza di predisporre un basamento impermeabile antinquinamento. Nondimeno, si fa riferimento essenzialmente alla presenza di rifiuti che, per la quasi totalità, costituiscono ‘rifiuti speciali non pericolosi’ ai sensi dell’art. 184, comma terzo, lettera b) del T.U.A. approvato con d.lgs. n. 152/2006 (cfr. ad es. Sez. 3, Sentenza n. 23788 del 15/05/2007, Arcuti, Rv. 236952; Sez. 3, Sentenza n. 30127 del 27/05/2004, Piacentino, Rv. 229467). Nessuna indicazione é stata invece fornita su una loro pericolosità in concreto, né sulla base dei materiali elencati nella consulenza (e corredati dei relativi codici CER), né sulla base della presenza di altri elementi accertati in modo oggettivo, né tanto meno sulla base di un accertamento della sussistenza di alcuna delle caratteristiche di pericolosità indicate, per i rifiuti, nell’allegato I alla Parte Quarta del citato d.lgs. n. 152/2006. In proposito é corretta l’osservazione del ricorrente, basata sul dato testuale della norma di riferimento, secondo cui la presenza di un danno o di un pericolo per l’ambiente ai fini della subordinazione della sospensione condizionale della pena alla relativa eliminazione (oggi ex art. 452-quaterdecies comma 4 cod.pen.) deve necessariamente formare oggetto di accertamento in concreto, postulando l’effettiva verificazione del danno o del pericolo, come evidenziato nella sentenza rescindente dalla 3 Sezione della Corte (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 19018 del 20/12/2012, dep. 2013, Acciarino, Rv. 255395). Non basta, cioé, la mera descrizione dello stato dei luoghi – per quanto suggestiva – se non corredata dall’oggettivo accertamento di una condizione di danno o di pericolo per l’ambiente, che non risulta adeguatamente argomentata neppure nella pronunzia rescissoria. A ciò si aggiunge la considerazione, altrettanto corretta, da ultimo formulata dal ricorrente e riferita al fatto che, quand’anche si fosse in presenza di condizioni di danno o di pericolo per l’ambiente, la subordinazione della concessione della sospensione condizionale della pena all’eliminazione di tali condizioni non costituisce un automatismo, ma rappresenta una facoltà del giudice: facoltà che nella specie, tuttavia, la Corte di merito ha esercitato senza in alcun modo argomentare le ragioni della propria scelta discrezionale di esercitare tale facoltà.

2. In base alle ragioni che precedono la sentenza impugnata va annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Lecce, per nuovo giudizio sul punto concernente l’accertamento del danno o del pericolo per l’ambiente in dipendenza del reato ascritto al Fasano al capo e) (sulla cui penale responsabilità si é ormai formato il giudicato progressivo) ai fini dell’eventuale subordinazione della sospensione condizionale della pena all’eliminazione di tale danno o pericolo. A tal fine la Corte del rinvio potrà, ove lo ritenga, acquisire elementi probatori integrativi in ordine alla presenza o meno di danni o di pericoli ambientali.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Lecce per nuovo giudizio sul punto concernente l’accertamento del danno o del pericolo per l’ambiente in dipendenza del reato ascritto a Fasano Vito al capo e) ai fini dell’eventuale subordinazione della sospensione condizionale della pena all’eliminazione di tale danno o pericolo. Così deciso in Roma il 21 gennaio 2020.

 

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