La presentazione di una istanza di sanatoria

Consiglio di Stato, Sentenza|22 febbraio 2022| n. 1270.

La presentazione di una istanza di sanatoria non comporta l’inefficacia del provvedimento sanzionatorio pregresso, non essendoci pertanto un’automatica necessità per l’amministrazione di adottare, se del caso, un nuovo provvedimento di demolizione; nel caso in cui venga presentata una domanda di accertamento di conformità in relazione alle medesime opere (da verificare nel caso di specie da parte degli organi comunali), l’efficacia dell’ordine di demolizione subisce un arresto, ma tale inefficacia opera in termini di mera sospensione.

Sentenza|22 febbraio 2022| n. 1270. La presentazione di una istanza di sanatoria

Data udienza 17 febbraio 2022

Integrale

Tag- parola chiave: Interventi edilizi – Abusi edilizi – Presentazione istanza di sanatoria – Effetti – Individuazione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5318 del 2015, proposto da
Do. Za., rappresentato e difeso dall’Avvocato An. Ma. Di Le., con domicilio eletto presso l’Avv. Gi. Ma. Gr., in Roma, corso (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocato Gi. Es., con domicilio eletto presso l’Avv. Ca. Bo. Ni., in Roma, viale (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania Sezione Sesta n. 05900/2014, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 febbraio 2022 il Cons. Marco Poppi;
Viste le conclusioni delle parti come da verbale.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

La presentazione di una istanza di sanatoria

FATTO e DIRITTO

L’Appellante è proprietario di un terreno ricadente in area soggetta a vincolo paesaggistico sul quale venivano realizzate opere già oggetto di istanza di condono edilizio ex L. n. 47/1985 presentata dal precedente proprietario il 19 marzo 1986 (pratica n. 142/C, aggiornata il 13 giugno 2000), la cui definizione veniva sospesa dall’Amministrazione in attesa delle integrazioni documentali richieste.
Ulteriori interventi edilizi abusivi venivano accertati in data 21 novembre 1990, 18 settembre 1992 e 18 maggio 1993.
In data 1 marzo 1995, l’Appellante presentava istanza di condono edilizio ai sensi della L. n. 724/1994 (pratica n. 4259/C), anche questa sospesa disponendo, con nota del 17 marzo 2003 (reiterata il 16 gennaio 2007), un’integrazione documentale riferita ad entrambe le procedure di condono pendenti, finalizzata, per quanto di interesse nel presente giudizio, all’acquisizione della Relazione Paesaggistica ex D.M. 12 dicembre 2015.
Con accertamento dell’Ufficio Tecnico Comunale del 10 agosto 2006, veniva rilevata la presenza sul sito di un corpo di fabbrica su 3 livelli ultimati nelle finiture e nella pavimentazione, costituito da 2 piani seminterrati e da un piano fuori terra, nonché, di un corpo di fabbrica su un unico livello adibito ad autorimessa.
Dal confronto fra lo stato di fatto rilevato con la documentazione tecnica acquisita nell’ambito dei richiamati procedimenti di condono veniva rilevata la realizzazione:
1) di un ambiente porticato con superficie di mq. 22,00 e volume di circa mc. 53,00 edificato in ampliamento del primo livello del fabbricato;
2) di due ulteriori locali ed un corridoio in ampliamento al secondo livello del fabbricato, con superficie di mq. 38,00 e volumetria di mc. 105,00;
3) di un piccolo muretto in blocchi di lapilcemento posto in aderenza alla parete perimetrale del fabbricato con lunghezza di mt. 1,05 e altezza di mt. 1,55 circa con antistante platea di calcestruzzo cementizio con dimensioni di mt. 1,50 x 1,40.
Preso atto degli illustrati esiti ispettivi, l’Amministrazione disponeva la sospensione dei lavori con ordinanza n. 482 del 28 agosto 2006 e, con successivo provvedimento n. 543 del 27 settembre 2006, ingiungeva la demolizione di quanto realizzato senza titolo.
Con successiva ordinanza n. 9 del 3 gennaio 2008, permanendo la medesima situazione di fatto già accertata (ad eccezione della ulteriore realizzazione di un muretto costruito in aderenza alla parte posteriore del fabbricato), l’Amministrazione ingiungeva nuovamente la demolizione delle opere eseguire in assenza tanto di permesso di costruire quanto della prescritta autorizzazione paesaggistica.
Con nota n. 346 del 7 gennaio 2008 l’Amministrazione comunicava al proprietario ex art. 10 bis della L. n. 241/1990, che l’istanza di condono a suo tempo presentata sarebbe stata dichiarata improcedibile per omessa produzione delle integrazioni documentali richieste, assegnando un termine per la presentazione di eventuali osservazioni.
L’Appellante impugnava i citati provvedimenti (ord. n. 9/2008 e nota n. 346/2008) innanzi al Tar Campania – Napoli con ricorso iscritto al n. 1967/2008 deducendo:
– l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento ex art. 7 della L. n. 24171990;
– la violazione dell’art. 38 della L. n. 47/1985 e dell’art. 39 della L. 724/1994, in ragione della mancata sospensione del procedimento sanzionatorio in pendenza della definizione del procedimento avviato con le citate istanze di sanatoria;
– l’illegittimità del richiamato preavviso di diniego stante l’avvenuto adempimento alla richiesta di integrazione documentale;
Il TAR respingeva il ricorso con sentenza n. 5900 del 14 novembre 2014, affermando, in estrema sintesi, che:
– la natura vincolata dei provvedimenti impugnati legittimava l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento;
– la presentazione dell’istanza di condono, se sospende l’esecuzione della misura demolitoria nelle more della definizione del procedimento di sanatoria, non inibisce tuttavia la repressione di abusi successivamente perpetrati sul medesimo immobile;
– il vincolo paesaggistico impresso all’area in questione rendeva l’omessa produzione della relazione paesaggistica ex D.M. 12 dicembre 2005, ostativa alla concessione della necessaria autorizzazione ex artt. 146 e 159 del D. Lgs. n. 42/2004.
Detta sentenza veniva impugnata con appello depositato il 18 giugno 2015, deducendo:
– “violazione e falsa applicazione di legge (L. 24.11.2003 n. 326) art. 32; L. 14.12.2004 n. 308 co. 37 e 38; L. 28.02.1985 n. 47 art. 32 e 33; L. 07.08.1990 n. 241 art. 3 e 10 bis; L. Reg. Camp. 18.11.2004 n. 10). Eccesso di potere per difetto di istruttoria”;
– “violazione e falsa applicazione di legge (L. 23.12.1994 n. 724 art. 39 co. 4 come modificato dall’art. 2 co. 37 L. 23.12.1996 n. 662)”;
Il Comune di (omissis) si costituiva in giudizio con memoria formale e deposito documentale del 30 giugno 2016.
L’Appellante rassegnava le proprie conclusioni in vista della discussione di merito con memoria depositata il 25 ottobre 2021.
All’esito dell’udienza del 25 novembre 2021, con ordinanza n. 7936/2021, essendo controverso l’adempimento, da parte dell’Appellante, delle richieste di integrazione documentale avanzate dall’Amministrazione, veniva disposta un’integrazione istruttoria ordinando all’Amministrazione di argomentare circa lo specifico profilo.
Il Comune provvedeva con deposito del 23 dicembre 2021, comprensivo di una sintetica relazione circa i fatti di causa, cui l’Appellante replicava con memoria depositata il 17 gennaio 2022 sostenendo di aver provveduto alle produzioni richieste con atti del 12 giugno 2007 e dell’11 febbraio 2008.
All’esito della pubblica udienza del 17 febbraio 2022, la causa veniva decisa.
Con il primo motivo, l’Appellante (in forma estremamente sintetica) censura l’impugnata sentenza nella parte in cui omette di considerare che l’adozione dell’ordinanza n. 9/2008, interveniva prima della definizione delle pratiche di condono pendenti, in violazione dell’art. 38 della L. n. 47/1985.
Con il medesimo capo d’impugnazione lamentava, altresì, l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento ex art. 7 della L. n. 242/1990.
Il motivo è infondato.
Quanto alla prima delle suesposte censure, deve rilevarsi che l’Amministrazione, con la citata comunicazione e richiesta di integrazioni del 7 gennaio 2008 ammoniva che trascorso infruttuosamente il temine per la presentazione delle osservazioni richieste, l’istanza di condono sarebbe divenuta improcedibile.
Del significato da attribuirsi alla mancata produzione di quanto richiesto, e delle conseguenze che ne scaturiscono sul piano procedimentale, ne è consapevole la parte che, in sede di appello, allega che l’Amministrazione con “provvedimento prot. n. 346 del 07-01.2008… dichiarava “improcedibile l’istanza di condono in oggetto: pratica n. 4259 prot. 5821 del 01.03,.1995 L. 724/94″” (Capo II, pag. 5 dell’appello).
Destituita di fondamento è, pertanto, la dedotta mancata definizione del procedimento di sanatoria.
In ogni caso deve rilevarsi che, per giurisprudenza pacifica, “la presentazione di una istanza di sanatoria non comporta l’inefficacia del provvedimento sanzionatorio pregresso, non essendoci pertanto un’automatica necessità per l’amministrazione di adottare, se del caso, un nuovo provvedimento di demolizione; nel caso in cui venga presentata una domanda di accertamento di conformità in relazione alle medesime opere (da verificare nel caso di specie da parte degli organi comunali), l’efficacia dell’ordine di demolizione subisce un arresto, ma tale inefficacia opera in termini di mera sospensione (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 16/03/2020, n. 1848)” (Cons. Stato, Sez. VI, 29 luglio 2020 n. 4829).
Quanto alla dedotta violazione dell’art. 7, premesso che è lo stesso Appellante che afferma come con nota n. 346 del 7 gennaio 2008 l’Amministrazione “avvertiva” che “la presente costituisce inizio o avvio del provvedimento di rigetto e/o improcedibilità dell’istanza in oggetto ai sensi della L. 241/90…”, non può che richiamarsi il pacifico orientamento giurisprudenziale per il quale in tema di abusi edilizi, l’atto repressivo “non deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, trattandosi di una misura sanzionatoria per l’accertamento dell’inosservanza di disposizioni urbanistiche secondo un procedimento di natura vincolata precisamente tipizzato dal legislatore” (tra le tante, Cons. Stato, Sez. II, 17 febbraio 2021, n. 1452).
Con il secondo motivo, l’Appellante censura la sentenza impugnata nella parte in cui afferma che l’omessa presentazione della Relazione paesaggistica prevista dal “D.P.C.M. 1 dicembre 2005”, non potrebbe determinare l’improcedibilità della domanda di condono atteso che detto adempimento, in quanto previsto da fonte normativa di “rango inferiore”, non potrebbe inibire il perfezionamento di un procedimento disciplinato con norma d legge.
Il riferimento è all’art. 39, comma 4, della L. n. 724/1994), a norma del quale il decorso del termine di un anno dalla presentazione dell’istanza di condono “senza l’adozione di un provvedimento negativo del comune, equivale a concessione o ad autorizzazione edilizia in sanatoria”.
A sostegno dell’irrilevanza della presentazione della relazione paesaggistica, l’Appellante espone ulteriormente che ai sensi dell’art. 146, comma 3, del d. Lgs. n. 42/2004 “la documentazione a corredo del progetto è preordinata alla verifica della compatibilità fra interesse paesaggistico tutelato ed intervento progettato. Essa è individuata, su proposta del Ministro, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, e può essere aggiornata o integrata con il medesimo procedimento”.
Dal richiamato dato testuale, l’Appellante trae la conclusione che la documentazione di cui alla norma da ultimo richiamata sarebbe richiesta unicamente ai fini delle valutazioni relative ad interventi progettati e non ad interventi oggetto di condono ed evidenzia come “nella fattispecie in esame neanche sussiste un progetto di completamento, che potrebbe giustificare la necessità della relazione paesaggistica e quindi l’intimata improcedibilità ” (pag. 11 dell’appello).
In altri termini, trattandosi di interventi eseguiti in assenza di titolo e non previa presentazione di un progetto, non sarebbe necessaria la Relazione paesaggistica nonostante le opere contestate ricadano in zona vincolata paesaggisticamente.
Le suesposte tesi, devono essere disattese.
Deve premettersi che la fattispecie oggetto del giudizio afferisce ad una pluralità di interventi abusivamente realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico a più riprese accertati dall’Amministrazione, anche successivamente alla presentazione delle istanze di condono.
Il procedimento scaturito da dette istanze veniva sospeso rilevando carenze documentali e, per quanto di particolare interesse ai fini della presente decisione, l’omessa produzione della prescritta relazione paesaggistica di cui al D.M. 12 dicembre 2005 recante la “individuazione della documentazione necessaria alla verifica della compatibilità paesaggistica degli interventi proposti, ai sensi dell’articolo 146, comma 3, del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42”, necessaria in ragione dell’ubicazione dell’immobile in questione all’interno di un’area soggetta a vincolo.
Non è comprovato che tale relazione sia stata prodotta dall’Appellante che, anzi, come evidenziato, contesta la necessita di produrla.
Ciò premesso, deve rilevarsi che, in materia di condono, la giurisprudenza ha avuto modo di rilevare come “a norma del combinato disposto degli art. 32 l. n. 47 cit. e 39 l. 724 cit. il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo sia subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 28/09/2012, n. 5125)” (Cons. Stato, Sez. VI, 22 gennaio 2019, n. 540).
Va ulteriormente evidenziato che, come anche in questo caso affermato in giurisprudenza, le opere realizzate in aree paesaggisticamente vincolate sono sanabili unicamente se realizzate precedentemente all’apposizione del vincolo, qualora siano conformi agli strumenti urbanistici vigenti ed integrino interventi di restauro, risanamento conservativo o manutenzione straordinaria non comportanti aumenti di superfici e volumi (fra le tante, Cons. Stato, Sez. IV, 27 aprile 2017, n. 1935).
Condizioni non ricorrenti nel caso di specie, se non altro poiché è pacifico che il fabbricato realizzato (precedentemente descritto) si caratterizzava per la creazione di nuove superfici e nuovi volumi a più riprese incrementati, in difetto di alcun titolo.
Per quanto precede, l’appello deve essere respinto.
Le spese di giudizio sono poste a carico dell’Appellante nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e per l’effetto conferma la sentenza di primo grado.
Condanna la Parte appellante al pagamento delle spese di giudizio che liquida in Euro 2.000,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 febbraio 2022 con l’intervento dei magistrati:
Sergio De Felice – Presidente
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere
Stefano Toschei – Consigliere
Marco Poppi – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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