La perizia stragiudiziale non ha valore di prova ma solo di indizio

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|2 settembre 2022| n. 25930.

La perizia stragiudiziale non ha valore di prova ma solo di indizio

La perizia stragiudiziale non ha valore di prova nemmeno rispetto ai fatti che il consulente asserisce di aver accertato, ma solo di indizio, al pari di ogni documento proveniente da un terzo, con la conseguenza che la valutazione della stessa è rimessa all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito che, peraltro, non è obbligato in nessun caso a tenerne conto.

Ordinanza|2 settembre 2022| n. 25930. La perizia stragiudiziale non ha valore di prova ma solo di indizio

Data udienza 13 luglio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Società di persone – Liquidazione quota ai sensi dell’art. 2289 c.c. – Eredi – Stima valore – Impugnazione inammissibile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDOFERRI Andrea – Presidente

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso n. r.g. 32221/2018 proposto da:
(OMISSIS) s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), giusta procura speciale in calce al ricorso, con cui elettivamente domicilia presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
-intimata –
e
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) s.n.c.
– intimati –
avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo n. 973/2018, depositata in data 15 maggio 2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/7/2022 dal Consigliere Dott. Luigi D’Orazio.

La perizia stragiudiziale non ha valore di prova ma solo di indizio

RILEVATO

CHE:
1.La societa’ (OMISSIS) s.n.c., costituita con atto del 31 gennaio 1989, era composta da (OMISSIS) (padre) per il 55%, da (OMISSIS) (figlio) e da (OMISSIS) (genero); successivamente (14 marzo 1990) vi e’ stata la modifica dei patti sociali con la quale il (OMISSIS) aveva ceduto la sua quota per Lire 2.500.000 ed e’ stato aumentato il capitale sociale (con successiva impugnazione per simulazione assoluta), con l’entrata in societa’ di (OMISSIS) (altro figlio di (OMISSIS)). Pertanto, a seguito della modifica dei patti sociali la compagine societaria era composta da (OMISSIS), per il 10%, da (OMISSIS) per la quota del 45% e da (OMISSIS) per la residua quota del 45%. In data (OMISSIS) vi e’ stato il decesso di (OMISSIS). E’ stata costituita, poi, altra societa’ denominata (OMISSIS) s.n.c., composta da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (figlio di (OMISSIS)).
2. (OMISSIS), figlia di (OMISSIS), deceduto, ha chiesto agli altri soci (OMISSIS) e (OMISSIS), figli del de cuius, di procedere alla liquidazione della quota ereditaria ai sensi dell’articolo 2289 c.c. A seguito di accertamento tecnico preventivo, che aveva stimato il valore complessivo del patrimonio societario in Euro 1.553.253,46, e dell’offerta dei soci della somma di Euro 25.887,55, pari al valore della quota ereditaria spettante a (OMISSIS), e’ stato instaurato da quest’ultima il giudizio, con il rito societario, nei confronti della societa’ (OMISSIS) s.n.c., dei soci (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ della societa’ (OMISSIS) s.n.c. chiedendo il pagamento in proprio favore del valore della quota di partecipazione del de cuius, quantificato in Euro 500.000,00.
3. Il Tribunale di Palermo, con sentenza depositata il 7 gennaio 2014, ha determinato nella misura del 10% la quota del capitale sociale del de cuius (OMISSIS) e, dopo l’espletamento della consulenza tecnica d’ufficio, ha condannato i soci (OMISSIS) e (OMISSIS) a pagare a titolo di liquidazione della quota a (OMISSIS) la somma di Euro 96.377,91.
4. Per quel che ancora qui rileva, con atto di appello principale la (OMISSIS) s.n.c. ha impugnato il capo relativo alla quantificazione del proprio patrimonio sociale netto, evidenziando che “tutti gli immobili indicati nell’elenco “Costruzioni realizzate dalla (OMISSIS)”, facente parte dell’allegato 13 e prodotto da controparte a corredo della memoria di replica dell’11 febbraio 2009, non rientravano nel patrimonio della societa’ appellante e, quindi, non potevano concorrere a determinare il valore del patrimonio netto della (OMISSIS) alla data di apertura della successione di (OMISSIS)”.

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5. La Corte d’appello di Palermo, dopo aver convocato a chiarimenti il c.t.u. del giudizio di prime cure, ha rigettato il gravame principale proposto dalla societa’ (OMISSIS), essendo rimasti contumaci (OMISSIS), (OMISSIS) e la societa’ (OMISSIS). In particolare, per quel che ancora qui rileva, l’unico motivo di gravame verteva sulla quantificazione del patrimonio sociale e, in particolare, sull’inclusione nello stesso degli immobili di cui all’allegato n. 13 della memoria di replica della (OMISSIS). La prova del valore della quota, secondo la Corte distrettuale, incombeva sui soci e non sugli eredi del socio defunto, mentre sia il consulente tecnico d’ufficio, Dott. Amenta, che quello nominato in sede di accertamento tecnico preventivo, avevano concluso per “l’inattendibilita’ delle scritture contabili della societa’ appellante”. Pertanto, il consulente d’ufficio era stato costretto ad utilizzare il metodo “patrimoniale semplice”, il quale esprimeva il valore di un’azienda in funzione del suo patrimonio. Nella terza memoria di replica depositata il 18 maggio 2009 da (OMISSIS) era contenuto un elenco di immobili che risultavano intestati alla societa’ alla data del decesso del de cuius avvenuto il (OMISSIS). Per la Corte distrettuale, la societa’, a fronte di un elenco dettagliato e preciso di beni immobili (appartamenti, box, autorimesse, magazzini, terreni urbani e non con relative superfici ed estremi catastali) “si era limitata ad una contestazione generica”. La societa’, infatti “non aveva negato di esserne proprietaria, allegando semmai di averli alienati, senza specificare in quale data e attraverso quali atti”. Quanto alla copia degli estratti dei registri immobiliari, allegati alla memoria della societa’ del 29 maggio 2009, il giudice d’appello ha ritenuto: -che la richiesta delle “trascrizioni contro” era stata formulata da una certa (OMISSIS) sicche’ non poteva stabilirsi se si trattasse proprio della societa’ appellante; non vi era certezza, allora, che i dati riportati riguardassero la societa’ appellante ovvero l’altra societa’, (OMISSIS) s.n.c.; che inoltre trattavasi di un “elenco anonimo, non evincendosi dalla stessa quali immobili sarebbero stati oggetto delle vendite e se essi coincidano o meno con alcuni di quelli di cui all’elenco dell’appellata”; che infine “le “trascrizioni contro” da ottobre 2006 a gennaio 2008 sarebbero comunque irrilevanti, giacche’ successive al decesso di (OMISSIS), mentre il patrimonio (andava) valutato alla data di morte del socio”.

La perizia stragiudiziale non ha valore di prova ma solo di indizio

La Corte d’appello ha preso in considerazione anche le dichiarazioni del consulente tecnico di parte della (OMISSIS)., che si era limitato a “rilievi generici”, asserendo che il consulente d’ufficio avrebbe valutato beni inesistenti, perche’ venduti da anni, o non appartenenti alla societa’, ma a terzi, nei quali la (OMISSIS) avrebbe solo effettuato dei lavori, ovvero ceduti in permuta. Pertanto, per la Corte d’appello la societa’ “a fronte di un elenco di immobili ad essa certamente catastalmente intestati (come ammesso dalla stessa appellante) non ha dedotto validi elementi e/o documentazione idonea a dimostrare di averli ceduti in epoca precedente il decesso del socio, ovvero che a tale data non sarebbero stati ancora realizzati o di non esserne mai stata proprietaria (come peraltro sostenuto solo in appello)”. Peraltro, il CTU aveva ribadito che “anche ove alcuni degli immobili di cui all’elenco fossero stati ceduti alla data di decesso del socio, nel patrimonio sarebbero stati comunque presenti come ricavi”.
6. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la (OMISSIS) & C. s.n.c..
7. Sono rimasti intimati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e la (OMISSIS) & C. s.n.c.

CONSIDERATO

CHE:
1.Con il primo motivo di impugnazione la societa’ deduce la “violazione di norme di diritto in relazione all’articolo 2709 c.c., u.p.. (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”. La societa’ premette che sia il Tribunale che la Corte d’appello hanno concluso per la “inattendibilita’ delle scritture contabili” della societa’, e la (OMISSIS). “non intende in alcun modo censurarla”. La ricorrente premette, ancora, che non e’ sua intenzione prospettare una “diversa e nuova valutazione delle risultanze probatorie”, essendo tale accertamento di fatto riservato in via esclusiva al giudice di merito. Comunque, il motivo di censura “involge le statuizioni contenute nella impugnata sentenza che, ai fini dell’assolvimento dell’onere probatorio – vale a dire l’onere gravante sui soci superstiti di fornire prova del valore della quota del de cuius – ne ha negato l’avvenuto adempimento”. Al contrario, la societa’ avrebbe “pienamente assolto all’onere su di essa gravante, provando di aver ceduto i medesimi in epoca antecedente alla morte del socio”. Infatti, “da un’attenta lettura della produzione documentale in atti” emergerebbe che, sia attraverso l’esibizione delle fatture di vendita degli immobili, che del registro Iva vendite, la societa’ avrebbe dimostrato di aver alienato gran parte dei suddetti immobili. Sarebbe bastato un “semplice confronto tra le fatture emesse, il registro Iva vendite ed il libro giornale” per verificare la piena correlazione fra i vari documenti. Tra l’altro l’erronea valutazione del patrimonio sarebbe stata oggetto di “puntuali e dettagliate censure da parte del CTP della societa’”. Nelle note critiche il consulente di parte aveva evidenziato che “il CTU ha valutato beni che non esistevano piu’ nel patrimonio societario essendo stati venduti e beni che non esistevano ancora perche’ non erano ancora stati costruiti”. Tali rilievi critici erano contenuti nella relazione del c.t. di parte depositata il 4 ottobre 2012 e, quindi, non “tardivamente”. Vi sarebbe stata, dunque, la violazione del principio di “inscindibilita’” nella valutazione delle scritture contabili ai sensi dell’articolo 2709 c.c.
1.1. Il motivo e’ inammissibile.
1.2. Il ricorso e’ in generale totalmente versato in fatto, ed e’ peraltro privo di indicazioni essenziali ex articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, sul se e quando sarebbero stati depositati i documenti su cui e’ fondato (fatture di vendita, registro Iva, concessione edilizia n. 10 – quest’ultima con riferimento al secondo motivo di impugnazione -), nonche’ sarebbero state allegate le circostanze di fatto che da essi dovrebbero emergere; infatti, tali documenti non sono menzionati dalla sentenza della Corte territoriale, che anzi esclude la avvenuta integrale produzione in giudizio del libro giornale (cfr. pagina 6 “(il CTU)…dava atto non essere present(e) il libro giornale del 1990 e del 1994(…)”). Neppure sono menzionate nella sentenza impugnata le allegazioni di fatti che solo con il ricorso risultano esposte in giudizio.

La perizia stragiudiziale non ha valore di prova ma solo di indizio

1.3.Ne’ puo’ a tali carenze supplire il “fascicoletto” allegato al ricorso, da esso non emergendo, non solo se i documenti siano stati tempestivamente prodotti, ma neppure la collocazione di essi nel fascicolo, che deve essere comunque indicata in ricorso, ex articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 (Cass., sez. 1, 29 luglio 2021, n. 21831), al fine di consentire alla Corte di verificare la presenza dei documenti ed il loro contenuto.
1.4.Con specifico riferimento al primo motivo, anche se nella rubrica del motivo la ricorrente deduce una violazione di legge, e segnatamente la violazione dell’articolo 2709 c.c., u.p. (violazione del divieto di scindere il contenuto delle scritture contabili dell’impresa), in realta’ chiede una nuova valutazione dei fatti, gia’ congruamente effettuata dal giudice di appello, anche con l’ausilio dell’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio. La doglianza riguarda, dunque, non l’interpretazione della norma suindicata, ma l’omessa considerazione del contenuto – peraltro del tutto genericamente indicato – di alcune delle scritture contabili prodotte (fatture di vendita di immobili e registro Iva), che tuttavia non risultano – ne’ dalla sentenza ne’ dal ricorso – essere state ritualmente prodotte in giudizio; nella sentenza impugnata si afferma che la societa’ ha prodotto e fatto riferimento solo agli estratti dei Registri Immobiliari (la cui ritenuta genericita’ – anche e soprattutto quanto alla individuazione degli immobili alienati – non e’ stata peraltro censurata in ricorso), ma nulla si dice in ordine ad eventuali riferimenti al contenuto delle fatture di vendita, che dunque non potrebbe neppure ritenersi circostanza discussa dalle parti nel giudizio di merito, ove mai potesse interpretarsi il motivo come denunciante c.p.c.
1.5. Del resto, ricorso per cassazione la societa’ nell’incipit del ricorrente dichiara espressamente la propria intenzione di non censurare il giudizio di “inattendibilita’ delle scritture contabili”, espresso sia dal Tribunale che dalla Corte d’appello. Tuttavia, nel motivo, contrariamente a quanto affermato all’inizio, si chiede una nuova valutazione proprio della documentazione contabile che e’ stata reputata inattendibile.
1.6. Tra l’altro, il ricorso si dimostra anche non autosufficiente, in quanto non vengono riportate, neppure per stralcio, le fatture di vendita degli immobili che sarebbero fuoriusciti dal patrimonio immobiliare della societa’ prima del decesso di (OMISSIS) avvenuto il (OMISSIS).

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Allo stesso modo, non risultano trascritti, neppure per stralcio e per sintesi, i dati oggettivi eventualmente allegati nel giudizio di merito da cui desumere, a confutazione della ritenuta genericita’ della relazione del c.t. di parte, che alcuni immobili non esistevano piu’ nel patrimonio societario alla data del (OMISSIS), ed altri “non esistevano ancora perche’ non erano ancora stati costruiti”.
2. Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente si duole “dell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”. La Corte d’appello di Palermo avrebbe totalmente omesso di valutare che numerosissimi immobili elencati nell’allegato 13 alla voce “Costruzioni realizzate dalla (OMISSIS)”, all’atto di apertura della successione, non facevano parte del patrimonio della societa’ “perche’ in gran parte venduti ed in parte non ancora realizzati”. Quanto agli “immobili venduti” la societa’ avrebbe depositato le fatture di vendita che trovavano piena rispondenza nel registro Iva vendite e nel libro giornale. Con riferimento agli immobili “inesistenti, poiche’ non ancora realizzati alla data di apertura della successione”, si evidenzia che la societa’, gia’ proprietaria di un terreno sito in Altofonte (PA), in data 30 maggio 2006 aveva ottenuto dal Comune la Concessione edilizia n. 10 per la realizzazione di un complesso immobiliare costituito da due corpi di fabbrica, ovvero “49 giorni antecedenti alla data di apertura della successione”. Solo a seguito del conseguimento della concessione edilizia la (OMISSIS). aveva realizzato le unita’ immobiliari, descritte a pagina 6 e 7 “dell’anonimo elenco facente parte dell’allegato 13”. La societa’ aveva prodotto l’atto pubblico del 15 novembre 2007, da cui emergeva un riferimento alla concessione edilizia n. 10 rilasciata dal Comune di Altofonte il 30 maggio 2006. I giudici di merito avrebbero dovuto considerare “esclusivamente il valore del summenzionato terreno e non certo degli immobili ivi realizzati successivamente”. Tra l’altro, la circostanza che circa 200 immobili indicati nell’elenco “costruzioni realizzate dalla (OMISSIS).” di cui all’allegato 13, non facessero parte del patrimonio della societa’ all’atto di apertura della successione, ossia il (OMISSIS), emergeva indirettamente dalle stesse dichiarazioni di controparte, contenute nella terza memoria di replica del 28 aprile 2009, ove l’attrice aveva riportato un elenco di appena 35 immobili con i relativi dati catastali. Cio’ trova conferma anche nella successiva relazione del 1 settembre 2010 del Geom. (OMISSIS). Pertanto, la Corte d’appello avrebbe omesso di esaminare: le scritture contabili nella propria interezza; l’atto di compravendita del 15 novembre 2007, dal quale risultava l’avvenuto rilascio della concessione edilizia n. 10 del 30 maggio 2006; la terza memoria di replica del 28 aprile 2009; la relazione del Geom. (OMISSIS) del 1 settembre 2010.
2.1. Il motivo e’ inammissibile.
2.2. Anzitutto, analogamente a quanto sopra affermato con riferimento al primo motivo, anche per il secondo motivo, che lamenta l’omesso esame di documenti (e non di fatti discussi dalle parti, il che gia’ di per se’ ne comporta l’inammissibilita’ secondo l’insegnamento di Cass. S.U. n. 8053/2014), non sono stati assolti gli oneri di specifica indicazione posti dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6.
Si evidenza, poi, sempre con riferimento alle scritture contabili, che la stessa ricorrente ha espressamente ammesso che non intendeva “in alcun modo censura(re)” il giudizio di inattendibilita’ delle scritture contabili espresso sia dal Tribunale che dalla Corte d’appello.
Inoltre, non sono state indicate, neppure per stralcio, le fatture o altra documentazione contabile, da cui desumere che alcuni degli immobili contenuti nell’allegato 13 prodotto dalla socia (OMISSIS) fossero stati gia’ venduti alla data del decesso di (OMISSIS), avvenuto il (OMISSIS).

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2.3. Costituisce, poi, principio giurisprudenziale consolidato di legittimita’ quello per cui, in tema di ricorso per cassazione, per infirmare, sotto il profilo della insufficienza argomentativa, la motivazione della sentenza che recepisca le conclusioni di una relazione di consulenza tecnica d’ufficio di cui il giudice dichiari di condividere il merito, e’ necessario che la parte alleghi di avere rivolto critiche alla consulenza stessa gia’ dinanzi al giudice “a quo”, e ne trascriva, poi, per autosufficienza, almeno i punti salienti onde consentirne la valutazione in termini di decisivita’ e di rilevanza, atteso che, diversamente, una mera disamina dei vari passaggi dell’elaborato peritale, corredata da notazioni critiche, si risolverebbe nella prospettazione di un sindacato di merito inammissibile in sede di legittimita’ (Cass., sez. 1, 3 giugno 2016, n. 11482; Cass., sez. 2, 5 febbraio 2020, n. 2671; Cass., n. 19427 del 2017).
Nella specie, la societa’ ricorrente non ha provveduto a trascrivere in alcun modo i punti salienti della consulenza tecnica d’ufficio espletata in prime cure, con i chiarimenti forniti dal consulente in sede di appello.
Eppure, per questa Corte l’onere di provare il valore della quota del socio defunto di una societa’ di persone, ai fini della liquidazione della stessa in favore degli eredi, incombe ai soci superstiti e non agli eredi del socio, in quanto solo i soci rimasti in societa’, e non certo gli eredi del defunto, sono in grado, con la produzione di scritture contabili della societa’, di dimostrare quale era la situazione patrimoniale nel giorno in cui si e’ verificata la morte del socio e quali sono gli utili e le perdite inerenti alle operazioni in corso in quel momento. In caso di mancato o parziale assolvimento di tale onere, proprio come e’ accaduto nel caso in esame, in cui la contabilita’ e’ stata ritenuta del tutto inattendibile, il giudice del merito puo’ disporre consulenza tecnica d’ufficio la quale esprima, anche sul fondamento dei documenti prodotti, una valutazione per la liquidazione della quota ed apprezzarne liberamente il parere senza necessita’, quando ne faccia proprie le conclusioni, di una particolareggiata motivazione o di un’analitica confutazione delle eventuali diverse conclusioni formulate dai consulenti di parte (Cass., sez. 2, 19 aprile 2001, n. 5909).
2.4.Inoltre, il motivo si sostanzia nella richiesta di nuova valutazione, non consentita, dei dati di fatto acquisiti in giudizio, attraverso la evidenziazione – generica e fuorviante (come la trascrizione di una frase contenuta nella CTU integrativa, che si limita ad affermare preliminarmente la rilevanza delle critiche della appellante, non gia’ la loro fondatezza; o, sempre con riguardo alla CTU, la critica delle relative valutazioni priva di ogni specificazione in ordine agli immobili che l’elaborato ha considerato ai fini della richiesta stima del patrimonio sociale)- di pretese contraddizioni nell’accertamento compiuto dal giudice di merito, del tutto inidonea comunque a consentire alla Corte di apprezzare quali dati di fatto discussi dalle parti e decisivi non sarebbero stati considerati dal giudice di merito.
2.5. La ricorrente, poi, si e’ limitata a depositare il “fascicoletto” contenente l’atto di compravendita del 15 novembre 2007, la “terza memoria di replica del 28 aprile 2009 di (OMISSIS)” e la “relazione del Geom. (OMISSIS) del 1 settembre 2010”, senza, pero’, trascrivere, almeno in sintesi, il contenuto decisivo di tali documenti.
3. Va peraltro evidenziato che, per giurisprudenza consolidata di legittimita’, il mancato esame di un documento, o meglio di un fatto che emerga dal documento, puo’ essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilita’, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di fondamento. Ne consegue che la denuncia in sede di legittimita’ deve contenere, a pena di inammissibilita’, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa (Cass., sez. 3, 26 giugno 2018, n. 16812; Cass., sez. 6-5, 28 settembre 2016, n. 19150).
4. Cio’ vale anche per la circostanza per cui un immobile -che, in ipotesi, sarebbe stato incluso tra quelli stimati dal CTU, ma anche qui non vi e’ alcuna specifica indicazione in ricorso – sarebbe stato costruito dopo l’aperura della successione: circostanza che, prima ancora che non risultante provata con certezza (dovendo la stessa essere desunta presuntivamente, secondo la ricorrente, dalla data di rilascio di una concessione edilizia non prodotta e dal contenuto imprecisato, meramente richiamata in un atto di vendita successivo alla apertura della successione, e dal limitato tempo intercorso tra quest’ultima ed il rilascio della concessione), non risulta se, come e quando allegata in giudizio dalla ricorrente.
4.1. Con riferimento poi alla “terza memoria del 28 aprile 2009 di (OMISSIS)”, come pure alla “relazione del Geom. (OMISSIS) del 1 settembre depositata in allegato alle deduzioni del ctp dell’attrice Rag. (OMISSIS)”, non si comprende quale sarebbe il “fatto decisivo” di cui sarebbe stato omesso l’esame.
Infatti, da un lato, non si provvede alla trascrizione, neppure in parte, del contenuto della memoria di replica del 28 aprile 2009, pure depositata all’interno del “fascicoletto”, e dall’altro si menziona esclusivamente “un elenco di appena 35 immobili con i relativi dati catastali”, senza neppure indicare il valore di ciascuno degli stessi ed il valore complessivo. Non si indica il “fatto decisivo” il cui esame sarebbe stato omesso, ne’ il luogo processuale in cui vi sarebbe stata discussione tra le parti.
Allo stesso modo, con riferimento alla “relazione del 1 settembre 2010 del Geom. (OMISSIS)”, si fa riferimento in modo del tutto generico alla “stima degli immobili di proprieta’ della societa’ odierna ricorrente”, senza alcuna indicazione del valore di ciascun immobile e del valore complessivo dei beni. Anche in questo caso non si indica il “fatto decisivo” il cui esame sarebbe stato omesso, ne’ il “come”, il “dove” e il “quando” dell’avvenuta discussione tra le parti.
5. Deve poi sottolinearsi che la perizia stragiudiziale non ha valore di prova nemmeno rispetto ai fatti che il consulente asserisce di aver accertato, ma solo di indizio, al pari di ogni documento proveniente da un terzo, con la conseguenza che la valutazione della stessa e’ rimessa all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito che, peraltro, non e’ obbligato in nessun caso a tenerne conto (Cass., sez. 5, 27 dicembre 2018, n. 33503; Cass., sez. 6-5, 9 aprile 2018, n. 8621, per cui non puo’ essere dedotto, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo della controversia per la mancata considerazione di una perizia stragiudiziale, in quanto la stessa costituisce un mero argomento di prova).
6. Quanto poi agli “immobili venduti” prima del decesso di (OMISSIS) avvenuto il (OMISSIS), la motivazione della sentenza della Corte d’appello era sorretta (cfr. sopra) da quattro diverse rationes decidendi, che non sono state oggetto di specifica impugnazione con il ricorso per cassazione.
7. Non si provvede sulle spese del giudizio di legittimita’, in assenza di attivita’ difensiva della controparte.

P.Q.M.

dichiara inammissibile ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

La perizia stragiudiziale non ha valore di prova ma solo di indizio

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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