La parte che eccepisce il giudicato esterno

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|2 marzo 2022| n. 6868.

La parte che eccepisce il giudicato esterno ha l’onere di fornirne la prova, non soltanto producendo la sentenza emessa in altro procedimento, ma anche corredandola della idonea certificazione ex art. 124 disp. att. c.p.c., dalla quale risulti che la stessa non è soggetta ad impugnazione, non potendosi ritenere che la mancata contestazione di controparte sull’affermato passaggio in giudicato significhi ammissione della circostanza, né che sia onere della controparte medesima dimostrare l’impugnabilità della sentenza.

Ordinanza|2 marzo 2022| n. 6868. La parte che eccepisce il giudicato esterno

Data udienza 27 gennaio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: CONTO CORRENTE – CONTO CORRENTE (IN GENERE)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere

Dott. VELLA Paola – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso n. 21333/2015 R.G. proposto da:
(OMISSIS), quale curatore del fallimento (OMISSIS) s.r.l., elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.p.a., per incorporazione di (OMISSIS) s.p.a. in (OMISSIS) s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, unitamente all’Avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 888/2014 della Corte d’appello di Catania depositata il 16/6/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 27/1/2022 dal Cons. Dott. Alberto Pazzi.

La parte che eccepisce il giudicato esterno

RILEVATO

che:
1. (OMISSIS) s.r.l. ed i suoi fideiussori (OMISSIS) e (OMISSIS) proponevano opposizione al provvedimento monitorio con cui il Tribunale di Augusta aveva ingiunto loro di pagare a (OMISSIS) s.p.a. la complessiva somma di Euro 164.804,91, oltre interessi convenzionali e spese, “quale importo dovuto in forza del saldo debitore dei conti correnti n. (OMISSIS) e (OMISSIS) e del conto anticipi fatture n. (OMISSIS)” (cfr. pag. 1 della sentenza impugnata).
Gli opponenti domandavano, in via riconvenzionale, che l’istituto di credito venisse condannato alla restituzione delle somme indebitamente corrisposte e della somma costituita in pegno a garanzia della scopertura concessa.
A seguito del fallimento di (OMISSIS) s.r.l. si costituiva in giudizio la relativa procedura concorsuale facendo proprie tutte le domande, eccezioni e conclusioni gia’ spiegate dalla societa’ fallita.
2. Il Tribunale di Augusta, con sentenza n. 18/2007, accoglieva per quanto di ragione l’opposizione, dichiarava la nullita’ delle clausole del contratto di conto corrente che prevedevano la capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori e determinavano i tassi di interesse in violazione dell’articolo 1284 c.c. e condannava la banca opposta al pagamento della somma di Euro 110.250,92, somma pari alla nuova quantificazione dei saldi di conto corrente alla luce dei principi affermati in sentenza, oltre alla restituzione della somma di Euro 80.050,82, gia’ costituita in pegno in favore dell’istituto di credito.
3. La Corte d’appello di Catania – fra l’altro e per quanto qui di interesse – riteneva, in accoglimento delle censure sollevate dalla banca appellante, che nei contratti di conto corrente intercorsi con la societa’ poi fallita fosse stato legittimamente indicato, in ossequio al disposto dell’articolo 1284 c.c., un determinato tasso di interesse debitorio (18%), “seppur collegandone variazioni successive alla clausola uso piazza”.
Reputava che a tale tasso debitorio si dovesse far riferimento per operare la ricostruzione del saldo dei contratti di conto corrente e, di conseguenza, condannava il fallimento di (OMISSIS) s.r.l. al pagamento in favore di (OMISSIS) s.p.a. di Euro 85.208,40, oltre accessori, somma pari all’ammontare dei saldi debitori finali dei rapporti di conto corrente rideterminati dalla consulenza tecnica espletata in sede di appello.
4. Per la cassazione di questa sentenza, pubblicata in data 16 giugno 2014, ha proposto ricorso il fallimento di (OMISSIS) s.r.l. prospettando tre motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso (OMISSIS) s.p.a..
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’articolo 380-bis.1 c.p.c..

 

La parte che eccepisce il giudicato esterno

CONSIDERATO

che:
5. Parte ricorrente, con la memoria da ultimo depositata, ha chiesto a questa Corte di rilevare il giudicato esterno nel frattempo formatosi, in conseguenza del fatto che nel giudizio di opposizione a stato passivo pendente fra le stesse parti ed avente asseritamente ad oggetto l’insinuazione al passivo dello stesso credito di cui al ricorso qui in esame e’ stata pronunziata la sentenza del Tribunale di Siracusa n. 1492/2014, passata in cosa giudicata, con cui e’ stato stabilito che il conto corrente n. (OMISSIS) recava un saldo attivo a favore del correntista.
Il medesimo Tribunale, con sentenza parziale n. 703/2012 resa in precedenza nel medesimo giudizio, anch’essa passata in giudicato, ha inoltre ammesso al passivo – rappresenta la procedura ricorrente – il saldo del conto corrente n. (OMISSIS) e del conto corrente n. (OMISSIS).
Quanto alla sentenza parziale n. 703/2012 e’ sufficiente rilevare che la copia della stessa risulta priva di qualsiasi attestazione di cancelleria che ne attesti il passaggio in cosa giudicata, rimanendone cosi’ preclusa la valorizzazione nei termini proposti dal ricorrente.
Attestazione, questa, indispensabile, dato che la parte che eccepisce il giudicato esterno ha l’onere di provare il passaggio in giudicato della sentenza resa in altro giudizio, non soltanto producendola, ma anche corredandola dell’idonea certificazione ex articolo 124 disp. att. c.p.c., dalla quale risulti che la pronuncia non e’ soggetta ad impugnazione, non potendosi ritenere che la mancata contestazione di controparte sull’affermato passaggio in giudicato significhi ammissione della circostanza, ne’ che sia onere della controparte medesima dimostrare l’impugnabilita’ della sentenza (Cass. 9746/2017, Cass. 19883/2013, Cass. 22644/2004).

 

La parte che eccepisce il giudicato esterno

Non e’ possibile giungere a diverse conclusioni neppure rispetto alla sentenza del Tribunale di Siracusa n. 1492/2014, malgrado la stessa sia dotata della certificazione di cui articolo 124 disp. att. c.p.c..
Essa, infatti, riguarda, stando al suo tenore, il rapporto di conto corrente n. (OMISSIS).
La sentenza della Corte d’appello impugnata in questa sede, invece, rappresenta, in esordio, di fare riferimento ai conti correnti n. (OMISSIS) e (OMISSIS) e al conto anticipi fatture n. (OMISSIS) (come si legge a pag. 1) e fornisce piu’ avanti (a pag. 6) indicazioni diverse (richiamando i conti correnti n. (OMISSIS)).
Rimane cosi’ impedita la necessaria verifica dell’identita’ oggettiva tra il rapporto definitivo e quello da definire, non solo per la contraddittorieta’ delle indicazioni contenute all’interno della decisione della Corte territoriale, ma anche perche’, quand’anche si volesse valorizzare la dicitura da ultimo riportata, occorrerebbe comunque registrare come la stessa (“(OMISSIS)”) non sia del tutto coincidente con quella contenuta nella decisione prodotta (“(OMISSIS)”).
6. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e/o la falsa applicazione della L. n. 154 del 1992, articolo 4, Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 117, articoli 1284, 1362 e 1363 c.c.: la Corte d’appello – in tesi di parte ricorrente ha erroneamente interpretato il disposto contrattuale, ritenendo che le parti avessero pattuito un tasso di interesse passivo in esordio alla convenzione ed osservando che la clausola relativa agli interessi contenuta al punto 7.3 facesse riferimento soltanto alle successive variazioni.
In realta’ il tenore del contratto dimostrava che le parti avevano convenuto un tasso passivo variabile, secondo un complessivo ed unico meccanismo di rinvio agli usi su piazza, mentre l’indicazione, al momento della stipula, di una determinata misura del tasso passivo costituiva una mera specificazione del dato uso piazza praticato in quel momento dall’istituto di credito.
L’interpretazione offerta dalla Corte distrettuale si pone – assume il ricorrente – in aperto contrasto con la volonta’ delle parti, avendo l’effetto di sostituire la pattuizione di un tasso in misura variabile con la pattuizione di un tasso passivo in misura fissa.
7. Il motivo e’ fondato.
La Corte di merito ha ritenuto che non si verifichi alcuna violazione del disposto dell’articolo 1284 c.c., “nel caso in cui, quale quello in esame, la clausola del contratto di conto corrente che disciplina il tasso di interessi debitori individui al momento della stipula della convenzione una misura di tasso, seppur collegandone variazioni successive alla clausola uso piazza”.

 

La parte che eccepisce il giudicato esterno

“Non puo’ dubitarsi che di fronte ad una siffatta pattuizione vi sia comunque una individuazione del tasso di interesse quantificata nel contratto e che a tale indicazione vada agganciata la valutazione di osservanza del canone di determinatezza di cui all’articolo 1284 c.c. che non puo’ essere posta in dubbio”.
In questo modo la Corte di merito ha ritenuto la validita’ della clausola in questione valorizzando l’indicazione contenuta nella prima pagina del contratto (“Tasso d’interesse debitore: 18,000%”) e ritenendo che la stessa fosse idonea ad assolvere gli obblighi di determinatezza imposti dall’articolo 1284 c.c., senza considerare (sostanzialmente espungendo dal contenuto del contratto) la successiva clausola che si riferiva agli usi su piazza.
Una simile interpretazione, tuttavia, si focalizza soltanto su una parte del tenore del negozio, al fine di ravvisare la validita’ della pattuizione concernente gli interessi debitori, tiene conto di quest’unica clausola al fine della regolazione dell’intero rapporto (ragione per la quale la Corte di merito ha ritenuto legittima la ricostruzione dei saldi operata dal C.Testo Unico con riferimento, per l’intero corso del rapporto, a tale tasso debitorio) e finisce cosi’ per stravolgere, in violazione del disposto dell’articolo 1362 c.c., la comune ed espressa volonta’ dei contraenti, i quali, al momento della costituzione del rapporto, avevano inteso concludere un contratto di conto corrente a tasso variabile.
Una simile natura del contratto imponeva di valutare nel loro complesso, a mente del canone interpretativo posto dall’articolo 1363 c.c., tutte le clausole contrattuali in tema di determinazione del tasso di interesse variabile da applicare nel corso del rapporto, tenendo conto non solo del tasso debitore iniziale, stabilito in misura fissa, ma anche della possibilita’ di procedere a variazioni “alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza”.
Nell’economia di una valutazione complessiva delle clausole che stabilivano il tasso debitore rispetto a un contratto di conto corrente a tasso variabile qualsiasi pattuizione che inserisse una componente di indeterminatezza (vuoi rispetto all’intero rapporto, come sostiene l’odierna ricorrente, vuoi in relazione alla sola variazione del tasso iniziale, come hanno ritenuto i giudici distrettuali) nell’individuazione della misura del tasso di riferimento comportava la violazione dell’articolo 1284 c.c., in applicazione del principio – gia’ fissato dalla giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. 22179/2015, Cass. 24153/2017) e condiviso da questo collegio – secondo cui la clausola relativa agli interessi di un contratto di conto corrente bancario deve avere un contenuto assolutamente univoco e contenere la puntuale indicazione del tasso praticato; ove esso sia convenuto come variabile, ai fini della sua esatta individuazione concreta nel corso della vita del rapporto contrattuale e’ necessario il riferimento a parametri che consentano la sua precisa determinazione, non essendo sufficienti generici riferimenti, come ad esempio ai cd. usi su piazza, dai quali non emerga con chiarezza quale previsione le parti abbiano inteso richiamare con la loro pattuizione.
8.1 Il secondo motivo di ricorso denuncia, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c., perche’ la Corte di merito ha omesso di pronunziarsi sull’appello incidentale nella parte in cui era stato chiesto che il saldo dei rapporti di conto corrente per cui era causa fosse rideterminato, per l’intera durata dei rapporti, applicando il tasso legale ovvero il tasso previsto dal Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 117.

 

La parte che eccepisce il giudicato esterno

E cio’ con riferimento anche ai rapporti di conto corrente diversi da quelli oggetto del decreto ingiuntivo e per i quali era stata proposta domanda riconvenzionale.
8.2 Il terzo motivo di ricorso, nel dolersi della violazione e/o falsa applicazione della L. Fall., articoli 52, 56 e 93, sostiene che la Corte di merito abbia erroneamente condannato la curatela fallimentare a pagare a (OMISSIS) s.p.a. la somma di Euro 85.208,40, a seguito della ricostruzione del saldo passivo dei conti correnti di cui al procedimento monitorio.
La banca, infatti, a seguito della domanda di (OMISSIS) s.r.l. (fatta propria dalla curatela) di condanna alla restituzione delle somme indebitamente pagate anche in relazione ad altri rapporti di conto corrente, non aveva proposto alcuna eccezione riconvenzionale in funzione della compensazione dei relativi saldi, che dunque non poteva essere effettuata.
I giudici distrettuali, inoltre, non potevano disporre alcuna condanna nei confronti del fallimento, in quanto l’eventuale credito della banca doveva essere fatto valere tramite un autonomo procedimento di insinuazione al passivo, nelle forme prescritte.
9. I motivi, da esaminarsi congiuntamente in ragione della loro parziale sovrapponibilita’, risultano il primo in parte assorbito, in parte inammissibile, il secondo parzialmente fondato, nei termini che si vanno ad illustrare.
9.1 La prima parte della seconda doglianza rimane assorbita dall’accoglimento del precedente mezzo, dato che la Corte di merito, comunque, dovra’ tornare a pronunciarsi sull’entita’ dei saldi dei conti correnti dedotti in giudizio facendo applicazione del principio in precedenza fissato.
9.2 Il ricorrente sostiene, all’interno di ambedue le censure in esame, che (OMISSIS) s.r.l. in bonis avesse proposto una domanda riconvenzionale che investiva una molteplicita’ di rapporti bancari ben piu’ estesa di quella considerata dalla Corte d’appello.
L’assunto si discosta dal tenore della decisione impugnata, al cui interno si fa costante riferimento a due soli conti correnti ed a un conto anticipi su fatture (evocati, come detto, a pag. 1 con i numeri (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e a pag. 6 con i numeri (OMISSIS) rispetto ai soli conti correnti).
La procedura ricorrente, al fine di contestare adeguatamente una simile individuazione dell’oggetto della domanda, avrebbe dovuto riportare il tenore dell’appello incidentale proposto nella parte in cui aveva espressamente devoluto la questione asseritamente piu’ ampia non in termini generici, ma con la precisa indicazione dei conti diversi da quelli oggetto del decreto ingiuntivo opposto a cui intendeva riferirsi – all’esame del giudice dell’impugnazione.

 

La parte che eccepisce il giudicato esterno

In vero, e’ inammissibile, per violazione del criterio dell’autosufficienza, il ricorso per cassazione col quale si lamenti la mancata pronuncia del giudice di appello su uno o piu’ motivi di gravame, se essi non siano compiutamente riportati nella loro integralita’ all’interno del ricorso, si’ da consentire alla Corte di legittimita’ di verificare che le questioni sottoposte non siano “nuove” e di valutare la fondatezza dei motivi stessi senza dover procedere all’esame dei fascicoli d’ufficio o di parte (Cass. 17049/2015).
In mancanza di una simile rappresentazione questi profili di critica risultano, giocoforza, inammissibili.
9.3 La statuizione assunta dalla Corte di merito non necessitava di alcuna eccezione di compensazione, dato che i giudici distrettuali si sono limitati a recepire la ricostruzione di ciascuno dei saldi dei rapporti di conto corrente dedotti in giudizio fatta dal C.Testo Unico ed a sommare i risultati finali, ambedue negativi.
9.4 Infine, nessuna statuizione di condanna poteva essere adottata dalla Corte d’appello nei confronti della procedura concorsuale.
Difatti, nell’ipotesi di dichiarazione di fallimento intervenuta nelle more del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo proposto dal debitore ingiunto poi fallito, il creditore opposto – secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. 6196/2020, Cass. 21565/2008) – deve partecipare al concorso con gli altri creditori previa domanda di ammissione al passivo, attesa l’inopponibilita’ al fallimento di un decreto non ancora definitivo e, pertanto, privo dell’indispensabile natura di “sentenza impugnabile”, esplicitamente richiesta dalla L. Fall., articolo 95, comma 3, norma di carattere eccezionale, insuscettibile di applicazione analogica.
Di conseguenza, la domanda formulata in sede di cognizione ordinaria, se proposta prima dell’inizio della procedura concorsuale, diventa improcedibile, e tale improcedibilita’ e’ rilevabile d’ufficio, anche nel giudizio di cassazione, derivando da norme inderogabilmente dettate a tutela del principio della par condicio creditorum.
10. La sentenza impugnata e’ dunque cassata, con rinvio della causa alla Corte distrettuale, la quale, nel procedere al suo nuovo esame, si atterra’ ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione, dichiara il secondo mezzo in parte assorbito, in parte inammissibile, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di Appello di Catania in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

 

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