La Pa può legittimamente negare l’assegnazione temporanea triennale richiesta da un proprio dipendente

Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 7 febbraio 2020, n. 961.

La massima estrapolata:

La Pa può legittimamente negare l’assegnazione temporanea triennale richiesta da un proprio dipendente, genitore di figli minori di tre anni, a una sede di servizio ubicata nella stessa Provincia o Regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa (articolo 42-bis del Dlgs 151/2001) quando la sede di appartenenza sia in una significativa e patologica scopertura di organico, che, in mancanza di un dato normativo di supporto, va equitativamente fissata in una percentuale pari o superiore al 40% della dotazione organica dell’ufficio.

Sentenza 7 febbraio 2020, n. 961

Data udienza 30 gennaio 2020

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA

ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 10216 del 2019, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via (…);
contro
Ministero dell’economia e delle finanze -Comando generale della Guardia di finanza – in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliato ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna – Sezione prima – n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente assegnazione temporanea ai sensi dell’art. 42-bis del d.lgs. n. 151 del 2001.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’economia e delle finanze;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 30 gennaio 2020 il consigliere Michele Conforti e udita per la parte appellante l’avvocato Pa. Pe., su delega di Ma. Ma.;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm;
1. Il presente contenzioso ha ad oggetto il provvedimento di diniego dell’istanza di assegnazione temporanea, presentata da un militare della Guardia di Finanza, ai sensi dell’art. 42 bis del d.lgs. n. 151 del 2001.
1.1 Premette l’interessato, temporaneamente in servizio presso il gruppo di -OMISSIS-, di essere stabilmente assegnato alla -OMISSIS- e di aver domandato di fruire dei benefici di cui al menzionato art. 42 bis, per poter prestare la sua attività lavorativa in una sede più vicina al luogo di residenza del figlio, minore di anni 3.
1.2 In data 20 novembre 2018, l’amministrazione interpellata, previa comunicazione del preavviso di rigetto, ha notificato il provvedimento di reiezione dell’istanza, motivando che la sede di servizio dell’interessato “presenta una connotazione prettamente operativa… [e]…allo stato, lamenta un rilevante deficit di effettivi sia nella categoria di interesse che in quelle I.S.A.F. Peraltro, il disavanzo nel ruolo Appuntati/Finanzieri risulta, in termini percentuali, oltre dieci volte superiore a quello mediamente registrato dai reparti del Corpo a livello nazionale; è inquadrata in contesti (provinciale e regionale) parimenti deficitari di risorse sia nella compagine Appuntati/Finanzieri che complessivamente”.
1.3 L’adito T.a.r., dopo aver negato la tutela interinale (concessa invece in sede di appello cautelare da questo Consiglio con l’ordinanza n. -OMISSIS-), ha respinto il ricorso.
Per il primo Giudice, la motivazione contenuta nel provvedimento dà ampiamente conto delle ragioni che giustificano la reiezione dell’istanza: l’amministrazione vuole evitare che “…la concessione del trasferimento, aggravando l’attuale situazione di organico, creasse quella situazione di grave compromissione dei servizi affidati alla Tenenza di Sarroch, che la norma di cui all’art. 42 bis vuole evitare quando subordina il trasferimento alla assenza di eccezionali esigenze”.
1.4 Avvero la sentenza oggetto del gravame in trattazione è insorto l’odierno appellante, domandandone la sospensione, in sede cautelare, e la riforma, nel merito.
1.5 Si è costituito in giudizio il Ministero intimato, il quale ha rimarcato le carenze di organico che affliggono la Tenenza a cui il militare risulta assegnato, la relativa provincia e finanche l’intera regione.
Viene sottolineato come il “deficit nell’ambito del Reparto di appartenenza…risulta pari a – 29,17% della forza, valore dieci volte superiore a quello relativo alla carenza organica media registrata nella categoria in esame a livello nazionale”.
2. Alla camera di consiglio del 30 gennaio 2020, previo avviso alle parti ai sensi dell’art. 60 c.p.a., constatata la sussistenza dei requisiti previsti dalla norma indicata, la causa è stata trattenuta in decisione.
3. L’odierna controversia concerne l’ambito e i limiti di applicabilità dell’istituto previsto dall’art. 42 bis – Assegnazione temporanea dei lavoratori dipendenti alle amministrazioni pubbliche – del d.lgs. n. 151 del 2001, recante il testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità .
La norma in esame prescrive che “1. Il genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente di amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L’eventuale dissenso deve essere motivato e limitato a casi o esigenze eccezionali. L’assenso o il dissenso devono essere comunicati all’interessato entro trenta giorni dalla domanda.
2. Il posto temporaneamente lasciato libero non si renderà disponibile ai fini di una nuova assunzione”.
3.1 Si tratta, dunque, di un istituto a carattere prettamente temporaneo, che non incide in maniera definitiva sulla sede di assegnazione di chi ne beneficia, poiché cessa automaticamente con il superamento dell’età indicata dalla legge, e il cui scopo evidente è quello di agevolare l’espletamento delle responsabilità genitoriali nell’arco temporale in cui il minore è appena nato e di fruire, al contempo, del relativo status.
3.2 La sua finalità si iscrive, quindi, nel solco della tutela costituzionale (art. 30 e 31 Cost.) e sovranazionale (art. 24, comma 3, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea; art. 3 della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ratificata dall’Italia con legge del 27 maggio 1991, n. 176, depositata presso le Nazioni Unite il 5 settembre 1991) della genitorialità e del correlato interesse del minore a beneficiarne.
4. La norma individua il suo ambito soggettivo di applicazione, attraverso il richiamo effettuato dall’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 165 del 2001, a “tutte le amministrazioni dello Stato”, essendo altresì pacificamente assodata la sua operatività anche nei casi di mobilità interna ad una stessa amministrazione.
4.1 L’ampiezza di questo richiamo è in grado di dissipare ogni dubbio circa la latitudine applicativa della misura prevista a tutela della genitorialità, in ragione del canone ermeneutico sancito dall’art. 12 disp. prel. c.c. che richiama quale regola cardinale dell’interpretazione giuridica il “senso… fatto palese dal significato proprio dalle parole secondo la connessione di esse…”, che, nel caso in esame è obiettivamente univoco.
4.2 Tale approdo ermeneutico, invero, si impone con ancora più evidenza, operando un’interpretazione orientata dalle norme costituzionali e sovranazionali sopra richiamate e in base ad un’interpretazione teleologica del disposto normativo, che devono indurre l’interprete ad estenderne la portata applicativa e non a restringerla.
4.3 Peraltro, si profilerebbe più di un sospetto di incostituzionalità (per disparità di trattamento e manifesta irragionevolezza, ex art. 3 Cost.), laddove si accogliesse un’interpretazione restrittiva del novero delle amministrazioni i cui dipendenti possono invocare la misura ivi indicata, ciò in precipua considerazione della circostanza che, a fronte di alcune norme riferite a settori speciali – quale, ad es., l’ordinamento militare, in cui la tutela, risulta espressamente invocabile per il combinato disposto dell’art. 42 bis cit. e dell’art. 1493 cod. ord. mil. (d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66) – ve ne sarebbe altre, connotate da una minore peculiarità e specialità, eppure escluse dalla sua applicazione.
4.4 Può dunque considerarsi oramai superato, l’orientamento più risalente di questo Consiglio (a far data da Cons. Stato, Sez. IV, 10 luglio 2007 n. 2007; Sez. VI, 25 maggio 2010 n. 3278; Sez. VI, 14 ottobre 2010 n. 7506; Sez. III, 26 ottobre 2011 n. 5730; ma, da ultimo, anche le decisioni [in verità isolate e motivate solo ob relationem ai su menzionati precedenti], di cui alle sentenze Sez. III, 29 agosto 2018 n. 5068 e Sez. III, 21 marzo 2019 n. 1896), che ha escluso dall’applicazione dell’istituto dell’assegnazione temporanea quelle Amministrazioni che svolgono compiti nei settori della pubblica sicurezza e della tutela dell’ordine pubblico, non soltanto in virtù delle superiori considerazioni, ma anche in ragione delle ulteriori meditate argomentazioni esposte da questo Consiglio (si vedano, Cons. Stato, Sez. VI, 1 ottobre 2019, n. 6577; Sez. II, 26 agosto 2019 n. 5872; Sez. IV, 30 ottobre 2017 n. 4993; Sez. IV, 14 ottobre 2016 n. 4257; Sez. IV, 23 maggio 2016 n. 2113; Sez. IV, 14 maggio 2015 n. 2426; Sez. III, 16 dicembre 2013 n. 6016; Sez. III, 16 ottobre 2013 n. 5036; Sez. IV, 10 luglio 2013, n. 3683; Sez. VI, 21 maggio 2013 n. 2730).
5 Assodato, dunque, che non vi sono preclusioni all’applicazione della normativa de qua, scaturenti dalla specialità dell’amministrazione di appartenenza del dipendente che richiede il beneficio, va rimarcato come, per alcuni dei settori ai quali si è fatto appena riferimento, l’operatività dell’istituto è rimessa ad un delicato bilanciamento che l’amministrazione dovrà effettuare in concreto.
5.1 Va rammentato, infatti, che la norma divisata non riconosce un diritto soggettivo, bensì un interesse legittimo (Cons. Stato, Sez. IV, ord. 28 aprile 2017 n. 1802; Sez. IV, 23 maggio 2016 n. 2113; Sez. III, 3 agosto 2015 n. 3805; Sez. III, 5 dicembre 2014 n. 6031; Sez. III, 8 aprile 2014 n. 1677), demandando all’amministrazione di accordare la fruizione del beneficio, purché non vi ostino “casi o esigenze eccezionali”.
Per il personale ricadente nell’ambito di applicazione del codice dell’ordinamento militare (e per quello appartenente alla Guardia di finanza in virtù dell’estensione sancita dall’art. 2136, comma, 1, lett. ff), del medesimo codice), ad esempio, si delinea un quadro di criteri, sulla scorta dei quali valutare se accordare o negare il beneficio, più ampio di quello delineato dal solo art. 42 bis, perché, accanto alla necessità, richiamate da quest’ultima norma, che ricorrano:
a) la “sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva” e
b) il “previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione”, che potrà essere negato soltanto ove si opponga un dissenso “motivato e limitato a casi o esigenze eccezionali” (Cons. Stato, sez. III, 3 agosto 2015, n. 3805), si richiede, altresì, in virtù del menzionato art. 1493, la ponderazione “…del particolare stato rivestito” dal militare.
Se ne trae un’attenzione rafforzata, da parte del legislatore, alle esigenze organizzative dell’amministrazione delle Forze armate (nonché delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare), coerente del resto con altri spunti presenti nella normativa, già compiutamente analizzati in altro precedente di questo Consiglio, al quale pertanto si rimanda (Sez. IV, 30 ottobre 2017 n. 4993).
5.2 Tale esigenza viene avvertita, in linea generale, per tutti i settori dell’amministrazione più strettamente correlati alla difesa della Patria, alla pubblica sicurezza e all’ordine pubblico, in quanto preordinati alla tutela di interessi primari e perciò connotati da forti elementi di specialità .
Come già rilevato da questo Consiglio nel precedente poc’anzi richiamato “…l’osmosi con gli istituti dettati per gli impieghi civili alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni è mediata, filtrata e conformata da un principio generale di preservazione delle specificità settoriali delle Forze Armate e di tutti i Corpi di Polizia, traguardate non come valore finale in sé, bensì come ineludibile esigenza strumentale, necessaria per consentire l’ottimale perseguimento delle peculiari e delicate funzioni loro proprie (ossia la difesa militare dello Stato per terra, mare ed aria e la prevenzione e repressione, anche con l’uso della forza, dei reati)”.
L’assunto evidenziato è stato ribadito anche in altri successivi precedenti di questo Consiglio (ex aliis, Sez. II, 26 agosto 2019, n. 5872).
5.3 Può, dunque, porsi come ulteriore punto fermo, nell’interpretazione e applicazione della normativa in questione, il principio secondo cui le misure di sostegno alla maternità e paternità vanno applicate tenendo conto delle specificità settoriali delle Forze armate e di tutti i Corpi di polizia, ad ordinamento militare e civile.
Per esse, infatti, dovrà precipuamente tenersi conto di quegli elementi collegati al corretto ed efficiente svolgimento delle funzioni perseguite, che diviene dunque il criterio orientativo per riempire di contenuto la locuzione “casi ed esigenze eccezionali”, enucleata dal legislatore, quale contraltare della finalità di tutela della genitorialità e del minore, per consentire, talvolta, la manifestazione di un “dissenso” legittimo all’istanza del lavoratore.
6. Operate queste puntualizzazioni, circa l’ambito di applicazione dell’istituto in esame e, specialmente, dei suoi limiti, va osservato come si siano affermati in seno a questo Consiglio tre diversi orientamenti su cosa debba intendersi per “casi ed esigenze eccezionali”.
6.1 Secondo un primo orientamento – seguito specialmente in passato (Cons. Stato, Sez. III, 3 agosto 2015 n. 3805, anche se, nel caso concretamente esaminato, ricorrevano eccezionali ragioni organizzative, sussistendo una scopertura di organico del 50% del totale; Sez. IV, 10 luglio 2013 n. 3683; sez. IV, ord. 5 febbraio 2013, n. 405; sez. II, parere 23 novembre 2011, n. 536/2010) – si ritiene che l’amministrazione possa rifiutare l’assegnazione temporanea se illustra “prevalenti esigenze organizzative e di servizio”, ossia ragioni consistenti anche in mere carenze di organico nella sede a quo, la cui valutazione sarebbe rimessa all’ampia discrezionalità dell’amministrazione, sindacabile soltanto in caso di manifesta irragionevolezza, travisamento dei fatti e difetto di motivazione.
6.2 Per una seconda tesi di segno diametralmente opposto, invece, l’amministrazione non può limitarsi ad argomentare il diniego, opponendo mere ragioni organizzative, dovendo, provare, invece, in ragione dell’eccezionalità del rigetto dell’istanza, esclusivamente, la sussistenza di una situazione di indispensabilità del lavoratore presso quella sede di servizio, che si correla, ad es., alla specifica professionalità da questi vantata (Cons. Stato, sez. VI, 1 ottobre 2019 n. 6577; Sez. IV, 7 giugno 2019 n. 2896; Sez. IV, 31 maggio 2019, ord. n. 2730; Sez. IV, 24 maggio 2019, ord. n. 2638; Sez. IV, 14 settembre 2018, ord. n. 4348; Sez. IV, 31 agosto 2018, ord. n. 4011; Sez. IV, 4 maggio 2018, ord. n. 1971; Sez. VI, 1 aprile 2019, ord. n. 1703; Sez. IV, 16 febbraio 2018, ord. n. 717; Sez. VI, 2 novembre 2017, n. 5063; Sez. III, 1 aprile 2016, n. 1317).
6.3 Vi è infine una terza impostazione, intermedia, la quale ritiene che le ragioni eccezionali alle quali la P.A. può ancorare il diniego, possano essere correlate anche ad esigenze organizzative non direttamente riferite al lavoratore che ha proposto l’istanza, purché tali esigenze siano oggettivamente non comuni e connotate da un’evidente rilevanza, come, ad es., in presenza di marcate carenze di organico (Cons. Stato, Sez. IV, 15 novembre 2019, ord. n. 5708; Sez. VI, 1 ottobre 2019 n. 6577; Sez. IV, 28 luglio 2017 n. 3198; Sez. IV, 7 luglio 2017, ord. n. 2877; Sez. IV, 19 maggio 2017, ord. n. 2140; Sez. IV, 26 maggio 2017, ord. n. 2243; Sez. IV, 28 aprile 2017, ord. n. 1802).
7. Il Collegio ritiene maggiormente persuasivo l’indirizzo intermedio, poiché la disamina della normativa che disciplina l’istituto dell’assegnazione temporanea, non contiene elementi idonei a corroborare né la prima né la seconda delle impostazioni prima passate in rassegna.
7.1 Circa il primo orientamento – che ritiene rilevanti, ai fini del diniego del beneficio, mere ragioni organizzative, molto spesso coincidenti con la carenza di personale rispetto alla pianta organica prevista presso la sede di assegnazione dalla quale il lavoratore si intende allontanare in via temporanea – va evidenziato che una simile lettura della locuzione “casi o esigenze eccezionali” la svuota di significato dal punto di vista letterale e logico giuridico.
A dispetto della constatazione – che costituisce oramai fatto notorio – della la stabile situazione di sotto-organico in cui l’amministrazione pubblica versa negli ultimi lustri, risulta invece dirimente che, nella stragrande maggioranza dei casi, a fronte di lacune di organico non particolarmente pronunciate, i profili organizzativi e di garanzia del corretto dispiegarsi del servizio sono agevolmente fronteggiabili dall’amministrazione con gli ordinari strumenti giuridici di cui essa dispone.
Innanzi a un tale stato di cose, i valori presidiati dalla normativa a tutela della genitorialità (e dei minori di tenera età ) debbono trovare dunque preminenza, potendo quelli sottostanti alle peculiari funzioni svolte dalle amministrazioni di Polizia essere salvaguardati mediante la riorganizzazione del servizio offerto.
7.2 Circa il secondo orientamento – che ritiene debbano essere valorizzati, quale motivo ostativo, soltanto specifici aspetti della professionalità o delle abilità possedute dal militare si da renderlo oggettivamente insostituibile – il Collegio rileva che esso restringe eccessivamente il novero delle ipotesi che potrebbero determinare il rifiuto dell’applicazione della assegnazione temporanea.
L’orientamento in questione, in modo del tutto antitetico a quello precedente, non valorizza le peculiarità delle amministrazioni che svolgono funzioni correlate alla difesa, all’ordine pubblico e alla pubblica sicurezza, operando, di fatto, una piana equiparazione fra queste e quelle attratte dal legislatore nel novero del c.d. pubblico impiego privatizzato.
7.3 La clausola normativa in esame, allora, in una all’interpretazione accolta dal terzo degli orientamenti richiamati, va intesa in un’accezione che consenta alle Amministrazioni di tenere conto di esigenze organizzative anche non direttamente o esclusivamente connesse con le competenze professionali dell’istante e con l’insostituibilità delle mansioni da questi svolte in sede, ma neppure banalmente riferite alla mera scopertura di organico che, ove si mantenga entro un limite numerico tutto sommato contenuto, appaia fronteggiabile con una migliore riorganizzazione del servizio e, dunque, con gli ordinari strumenti giuridici previsti dall’ordinamento, senza che venga perciò negata al lavoratore-genitore la tutela approntata dall’ordinamento.
8. Al fine di fornire maggiore concretezza a tale ultimo approdo ermeneutico, il Collegio, senza pretesa di completezza, ritiene di esemplificare alcuni casi in cui possa ravvisarsi quella eccezionalità che consente all’Amministrazione, gravata dal relativo onere probatorio, di negare legittimamente il beneficio (fermo restando, ovviamente, che l’insussistenza dell’altro requisito, ossia il “…posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva”, preclude in radice la fruizione del beneficio):
a) quando la sede di assegnazione sia chiamata a fronteggiare una significativa e patologica scopertura di organico, che, in mancanza di un dato normativo di supporto, il Collegio individua, equitativamente, nella percentuale pari o superiore al 40% della dotazione organica dell’ufficio di assegnazione, che potrà essere presa in considerazione, ai fini del diniego, sia riferendola a tutte le unità di personale assegnate a quella sede sia riferendola al solo personale appartenente al medesimo ruolo del soggetto istante; tale criterio corrisponde, ad avviso del Collegio, a quei “casi ed esigenze eccezionali”, perché impedisce la fruizione del beneficio laddove si palesi la necessità di evitare che la sede di appartenenza venga sguarnita oltremodo, al di là di quella che può essere una contingente e fronteggiabile carenza di personale, oppure si prospetti la necessità di evitare che la qualifica di appartenenza non sia oltremodo depauperata di unità, il che, pur a fronte della presenza in servizio di altro personale con diversa qualifica, non consentirebbe un equilibrato funzionamento dell’unità operativa di appartenenza;
b) quando, pur non essendovi una scopertura come quella descritta in seno alla sede di appartenenza dell’istante, nondimeno, nell’ambito territoriale del comando direttamente superiore a quello di appartenenza (ad es., l’ambito provinciale, ove la singola sede faccia gerarchicamente riferimento ad un comando provinciale) si ravvisino, all’interno della maggioranza delle altre sedi di servizio, scoperture di organico valutate secondo i parametri indicati alla precedente lettera a); invero, la descritta situazione di sottorganico generalizzato, ancorché non direttamente riferibile alla sede di servizio dell’istante, renderebbe, nondimeno, eccessivamente difficoltosa all’amministrazione la riorganizzazione funzionale dell’attività istituzionale, ove fosse necessario attingere alla sede di assegnazione del lavoratore per colmare i vuoti di organico che persistono nelle sedi limitrofe della stessa area di riferimento;
c) quando la sede di assegnazione, pur non presentando una scopertura significativa e patologica, qual è quella innanzi indicata, presenta comunque un vuoto di organico, ed è ubicata in un contesto connotato da peculiari esigenze operative: si pensi all’ipotesi in cui l’unità impiegata nella sede di appartenenza si trovi a fronteggiare emergenze di tipo terroristico (come nel caso scrutinato da Cons. Stato, Sez. IV, 28 luglio 2017 n. 3198), oppure pervasivi fenomeni di criminalità organizzata di stampo mafioso, o sia di supporto a reparti impiegati in missioni all’estero, sempre che non vi siano nello stesso comprensorio del comando gerarchicamente superiore altre sedi dalle quali sia possibile attingere, temporaneamente, un agente in sostituzione;
d) quando, effettivamente, l’istante svolge un ruolo di primaria importanza nell’ambito della sede di appartenenza e non sia sostituibile con altro personale presente in essa o in altra sede da cui sia possibile il trasferimento; in questo caso, la ragione ostativa andrà ravvisata non nel possesso in sé di una particolare qualifica da parte dell’interessato, ma nel fatto che quella qualifica sia necessaria nell’ambito di specifiche operazioni in essere o nell’ambito di operazioni che è ragionevole prevedere dovranno essere espletate (a cagione del contesto ambientale che implica lo svolgimento di quel servizio o l’impiego di militari o agenti dotati di quella qualifica; di un criterio storico-statistico, quando quel genere di attività è stata già espletata in passato nell’ambito di quella sede di servizio e l’amministrazione attesti possa verificarsi in futuro, perché non collegata con un’esigenza del tutto irripetibile);
e) quando il ricorrente, pur non in possesso di una peculiare qualifica, è comunque impiegato in un programma o in una missione speciale ad altissima valenza operativa, dalla quale l’amministrazione ritenga non possa essere proficuamente distolto, che deve essere compiutamente indicata nel provvedimento (salvi, ovviamente, i profili di riservatezza che dovessero emergere per la tutela della suddetta operazione);
9. Applicando le coordinate finora esposte al caso in esame, va osservato quanto segue.
9.1 Con il primo motivo di appello, si lamenta che fossero insussistenti le “eccezionali esigenze ostative al trasferimento”, ravvisate, per contro, dall’amministrazione e dal Tribunale amministrativo.
Viene poi censurata l’esegesi fornita alla clausola normativa che legittima in astratto il diniego, ossia la presenza di “casi o esigenze eccezionali”. Si evidenzia che non potrebbero ritenersi tali mere carenze di organico, peraltro saggiate soltanto con riferimento al grado di appartenenza del militare istante e del tutto avulse dai compiti e dalle specialità da questi rivestite.
Si soggiunge, a tal proposito, che nell’ordinanza cautelare pronunciata nel giudizio questo Consiglio ha rimarcato la necessità che un eventuale diniego sia motivato con “riferimenti specifici e circostanziati alla professionalità del militare istante e alla conseguente sua insostituibilità nella sede di appartenenza”.
Si deduce, poi, che la motivazione tacerebbe ogni aspetto delle esigenze occupazionali nella sede di assegnazione, il che, ad avviso dell’appellante, non permetterebbe di cogliere tutti i profili di tutela dell’interesse pubblico, ben potendo essere questo soddisfatto anche destinando il militare ad una sede ad quem parimenti o maggiormente sguarnita o impegnata in importanti compiti istituzionali.
9.2 Con il secondo motivo di appello, l’interessato deduce che, in base alla normativa scrutinata, in ragione dei valori costituzionali da essa presidiati, è necessario che l’amministrazione fornisca la “prova della lesione consistente in caso del distaccamento del proprio dipendente…”.
Si insiste, poi, sulla ordinarietà delle mansioni svolte dal militare.
9.3 Con il terzo motivo di appello, si deduce, altresì, la mancata considerazione degli interessi del minore che innerverebbero la disciplina de qua e dei quali dovrebbe doverosamente tenersi conto sul piano esegetico-applicativo della relativa disciplina.
9.4 Con l’ultima censura, infine, ci si duole della violazione dell’art. 10 bis l. n. 241 del 1990, poiché l’amministrazione non avrebbe compiutamente tenuto conto delle osservazioni procedimentali presentate dall’istante dopo la comunicazione del preavviso di rigetto.
10. Le prime tre censure, intimamente connesse sul piano logico-giuridico, si prestano ad essere esaminate congiuntamente.
10.1 Il provvedimento gravato, pur dando conto di una situazione di deficit di risorse, sia nel contesto provinciale che in quello regionale, sia esponendo un rilevante deficit di effettivi sia nella categoria di pertinenza del lavoratore che in quelle I.S.A.F. e il notevole disavanzo nel ruolo appuntati – finanzieri, dieci volte superiore a quello mediamente registrato dai reparti del Corpo nazionale, sia dando conto, infine, della “connotazione prettamente operativa” del reparto, non approfondisce nessuna di queste ragioni giustificatrici, non dando modo, pertanto, di saggiarne l’effettiva consistenza alla luce dei parametri dianzi illustrati.
10.2 Segnatamente, non è quantificato in percentuale il rilevante deficit di effettivi sia nella categoria di interesse che in quelle I.S.A.F., né è chiarito in che modo questo incida sul lavoro della sede di effettiva assegnazione dell’istante; non viene quantificato, sempre in termini percentuali, la lamentata carenza in ambito provinciale e regionale; non viene esplicitato in cosa consista la connotazione prettamente operativa cui ci si riferisce nel provvedimento e in che modo l’istante sia connesso a questa funzione del reparto.
Ne discende un deficit motivazionale del provvedimento che non consente di verificare l’effettiva eccezionalità della situazione richiamata quale causa ostativa alla concessione del beneficio.
10.3 Per completezza, va soggiunto che, nel costituirsi in giudizio, l’amministrazione ha dedotto che il deficit lamentato nel provvedimento consisterebbe nella scopertura di circa il 30% dell’organico astrattamente previsto.
In disparte ogni considerazione sul se la puntualizzazione effettuata in giudizio costituisca o meno un caso di motivazione c.d. postuma, come tale inammissibile, oppure una mera puntualizzazione di quanto già più stringatamente rilevato nel provvedimento, può semplicemente evidenziarsi che ad ogni modo la carenza lamentata, per quanto effettivamente consistente, non è di portata tale da rendere soccombenti le ragioni dell’istante, in ragione delle considerazioni prima esposte.
11. Il ricorso originario andava dunque accolto, per difetto di motivazione del provvedimento gravato.
12. L’Amministrazione è dunque chiamata a rivalutare, ex tunc, l’istanza dell’interessato alla luce dei principi suesposti, per verificare se effettivamente ricorrano “casi o esigenze eccezionali” che legittimino il rigetto dell’istanza.
13. L’accoglimento delle superiori deduzioni consentirebbe di assorbire l’ultima censura articolata dalla parte, inerente il mancato compiuto esame delle osservazioni fatte pervenire dall’istante.
Si ritiene, tuttavia, per completezza di evidenziare come tale censura si rivela infondata alla luce dei principi più volte enunciati da questo Consiglio.
13.1 A tale proposito, è sufficiente dare continuità all’insegnamento che rimarca come non vi debba essere perfetta corrispondenza fra le osservazioni fatte pervenire a seguito delle comunicazione del preavviso di rigetto e la motivazione finale esposta con il provvedimento.
In proposito, va rimarcato che “…l’obbligo del preavviso di rigetto non impone, ai fini della legittimità del provvedimento adottato, la confutazione analitica delle deduzioni dell’interessato, essendo sufficiente la motivazione complessivamente e logicamente resa a sostegno del provvedimento finale con esclusione dell’ipotesi che qui non ricorre dell’adozione del provvedimento sulla base di motivazioni del tutto nuove e non enucleabili dalla comunicazione ex art. 10 bis l. n. 241 del 1990” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 9 marzo 2018, n. 1508; Sez. V, 30 dicembre 2015, n. 5868; Sez. VI, 27 luglio 2015, n. 3667; Sez. I, 25 marzo 2015, n. 80; Sez. V, 16 gennaio 2015, n. 67; Sez. V, 3 maggio 2012, n. 2548).
Questo Consiglio, del resto, ha altresì puntualizzato come di tutti gli strumenti partecipativi non si debba fornire una lettura prettamente formalistica, che induca ad una “caccia all’errore”, prescindendosi da quelli che sono gli aspetti sostanziali della vicenda, sicché, anche a fronte di un’omissione degli adempimenti de quibus o di una loro non piena e corretta attuazione, potrebbe comunque stagliarsi un provvedimento legittimo, in ragione dell’applicazione della regola contenuta nell’art. 21 octies, comma 2, l. n. 241 del 1990 (Consiglio di Stato, Sez. V, 30 dicembre 2015 n. 5863).
14 Va, infine, esaminata la domanda risarcitoria proposta dall’interessato per il danno patrimoniale e non patrimoniale che egli allega essere stato sofferto.
14.1 Malgrado l’accoglimento della domanda di annullamento, quella risarcitoria non è suscettibile di favorevole esame, per assenza degli elementi costitutivi del relativo diritto.
Nel caso di specie, manca, infatti, l’elemento soggettivo che è necessario perché si possa accordare il risarcimento del danno a carico dell’amministrazione che ha emanato il provvedimento illegittimo.
A fronte delle richiamate oscillazioni giurisprudenziali, non può infatti predicarsi la sussistenza della colpa dell’amministrazione, per come essa è stata sovente intesa da questo Consiglio (ex multis, negli esatti termini, Consiglio di Stato, Sez. VI, 1 ottobre 2019, n. 6577; in termini più generali, Sez. IV, 31 marzo 2015, n. 1683).
14.2 Inoltre, sulla scorta delle coordinate delineate dalla Cassazione (sez. un., 11 novembre 2008 n. 26972) in materia di danno non patrimoniale, ritiene il Collegio che non siano stati offerti sufficienti allegazioni e prove della serietà della lesione sofferta e della gravità dell’offesa arrecata dalla P.A., necessari per potersi predicare la sussistenza di un danno “non bagatellario”, avendo parte appellante, peraltro, fatto riferimento alla negletta – da parte del citato precedente – categoria del danno c.d. esistenziale.
14.3 Anche il danno patrimoniale, pure allegato nella narrativa dell’appello, non può essere accolto, in quanto semplicemente allegato, ma sfornito di qualsivoglia supporto probatorio necessario per poter essere favorevolmente delibato, a tacere del fatto che di esso si tace nelle conclusioni dell’appello, sicché vi sono anche profili di inammissibilità .
15 In conclusione, l’appello va accolto limitatamente ai profili concernenti la domanda di annullamento del provvedimento gravato e respinto per il resto.
16 Le oscillazioni giurisprudenziali sulle questioni esaminate, inducono a compensare le spese del giudizio del doppio grado di giudizio a mente del combinato disposto degli artt. 26, comma 1, c.p.a. e 92, comma 2, c.p.c.
17. Ai fini del pagamento del contributo unificato è da considerarsi integralmente soccombente l’intimata Amministrazione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti e nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, annulla il provvedimento gravato.
Compensa le spese del doppio grado di giudizio.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare parte appellante.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 gennaio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Vito Poli – Presidente
Luca Lamberti – Consigliere
Nicola D’Angelo – Consigliere
Silvia Martino – Consigliere
Michele Conforti – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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