La nullità per difetto di forma di un contratto concluso da un ente territoriale

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|6 febbraio 2023| n. 3543.

La nullità per difetto di forma di un contratto concluso da un ente territoriale

La nullità per difetto di forma di un contratto concluso da un ente territoriale, integra una questione mista di fatto e di diritto che, ove rilevata d’ufficio dal giudice, senza essere indicata alle parti, comporta la nullità della sentenza che su tale questione si fondi, per violazione del diritto di difesa, quante volte la parte che se ne dolga prospetti in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere qualora il contraddittorio sulla predetta questione fosse stato tempestivamente attivato. (Nel caso di specie, relativo ad un contratto concluso mediante scambio di corrispondenza commerciale fra il Commissario straordinario per l’emergenza rifiuti in Campania e la società incaricata del servizio di smaltimento, la S.C. ha escluso la nullità della sentenza, non avendo in concreto la ricorrente precisato la natura e l’entità del pregiudizio subito per effetto del rilievo officioso del vizio di forma operato dal giudice del gravame, la cui sentenza è stata invece cassata con rinvio).

Ordinanza|6 febbraio 2023| n. 3543. La nullità per difetto di forma di un contratto concluso da un ente territoriale

Data udienza 29 novembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Contratti della PA – Ordinanze di trasporto rifiuti – Contratto concluso anche senza espressa accettazione – Ricorso – Accoglimento – Artt. 16 e 17 rd 2440/1923 e 1326 e ss cc

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI MARZIO Mauro – Presidente

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30106/2017 R.G. proposto da
(OMISSIS) S.P.A., in persona del presidente del consiglio di amministrazione p.t. (OMISSIS), rappresentata e difesa dai Prof. Avv. (OMISSIS) e (OMISSIS) e dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del Consiglio p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 3458/17, depositata il 24 agosto 2017;
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 29 novembre 2022 dal Consigliere Dott. MERCOLINO Guido;
lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. CARDINO Alberto, che ha chiesto l’accoglimento del primo motivo di ricorso.

La nullità per difetto di forma di un contratto concluso da un ente territoriale

FATTI DI CAUSA

1. La Presidenza del Consiglio dei ministri convenne in giudizio la (OMISSIS) S.p.a., proponendo opposizione al decreto ingiuntivo n. 2732/10, emesso il 15 dicembre 2010, con cui il Tribunale di Roma le aveva intimato il pagamento della somma di Euro 477.798,84, oltre interessi, a titolo di corrispettivo per trasporti marittimi di rifiuti effettuati nell’anno 2008, in virtu’ di ordinanze adottate dal Commissario Straordinario per l’emergenza rifiuti in Campania.
A sostegno dell’opposizione, l’attrice eccepi’ a) la spettanza della controversia alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo, b) l’incompetenza del Giudice adito, essendo territorialmente competente il Tribunale di Napoli, c) il difetto di legittimazione processuale dell’attrice, che aveva agito in persona di un soggetto diverso dal legale rappresentante, d) il difetto di jus postulandi, e) l’improcedibilita’ della domanda ai sensi del Decreto Legge 30 dicembre 2009, n. 195, articolo 3, comma 5, e f) l’infondatezza della pretesa, sia nell’an che nel quantum.
1.1. Con sentenza del 23 aprile 2012, il Tribunale di Roma dichiaro’ la propria incompetenza per territorio e la conseguente nullita’ del decreto ingiuntivo.
2. La causa fu pertanto riassunta dinanzi al Tribunale di Napoli, che con sentenza del 21 febbraio 2014 accolse la domanda proposta dalla (OMISSIS), condannando la PCM al pagamento della somma di Euro 477.798,00, oltre interessi al tasso previsto dal Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163, articolo 133, comma 1.
2. L’impugnazione proposta dalla PCM e’ stata accolta dalla Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 24 agosto 2017 ha rigettato la domanda.
Premesso che il credito azionato traeva origine dall’effettuazione di trasporti marittimi di rifiuti disposti con ordinanze del Commissario Straordinario per l’emergenza rifiuti in Campania, a seguito di offerte economiche espressamente accettate, ed in ordine all’esecuzione dei quali non erano sorte contestazioni, la Corte ha ritenuto inapplicabile il Decreto Legge n. 195 del 2009, articolo 3, comma 5, in quanto soppresso in sede di conversione, escludendo la possibilita’ di desumere da disposizioni successive l’imposizione ai creditori dell’onere di presentare domanda di ammissione al passivo entro un termine perentorio.
Ha confermato inoltre la legittimazione passiva della PCM, affermando la natura statale degli uffici dei commissari straordinari nominati ai sensi della L. 24 febbraio 1992, n. 225, articolo 5, comma 4, qualificando come avvalimento l’impiego da parte degli stessi di personale amministrativo prove niente dalle Amministrazioni regionali e locali, ed escludendo che tale impiego o la nomina a commissari dei Presidenti delle Giunte regionali consentano d’imputare la relativa attivita’ agli enti locali; precisato inoltre che gli uffici commissariali sono privi di un’autonoma soggettivita’, in quanto organi straordinari dell’Amministrazione da cui sono delegati, ha affermato che quest’ultima risponde dei debiti contratti dall’organo delegato, aggiungendo che il venir meno della struttura commissariale comporta la riconduzione di tutti i rapporti in capo all’Autorita’ delegante, con la conseguente esclusione di una successione universale in favore delle strutture istituite per gestirli, le quali risultano a loro volta prive di una distinta soggettivita’, facendo capo alla PCM. Ha escluso pertanto che la proposizione della domanda nei confronti di quest’ultima avesse comportato la vocatio in jus di un soggetto diverso dal legittimo contraddittore, osservando inoltre che la riassunzione del giudizio non aveva comportato l’instaurazione di un nuovo processo, ma la prosecuzione di quello promosso dinanzi al giudice incompetente, ferme restando le preclusioni e le decadenze eventualmente maturate, ivi compresa quella di cui alla L. 25 marzo 1958, n. 260, articolo 4.
La Corte ha poi escluso la configurabilita’ di un rapporto contrattuale tra la (OMISSIS) e la PCM, dando atto della mancata stipulazione di un contratto nella forma scritta imposta dalle norme in materia di contabilita’ generale dello Stato, applicabili anche nei rapporti tra le parti, in quanto non derogate per la situazione di emergenza rifiuti determinatasi in Campania, ed escludendo la possibilita’ della stipulazione mediante scambio di proposta ed accettazione tra assenti, avuto riguardo alla necessita’ della consacrazione delle stesse in un unico documento sottoscritto dalle parti. Ha escluso inoltre la possibilita’ di ravvisare l’accettazione di una proposta nelle ordinanze commissariali, le quali, pur autorizzando il trasporto dei rifiuti ed individuando il soggetto preposto nonche’ la nave da utilizzare, rinviavano la quantificazione ed il pagamento del corrispettivo all’esito della stipulazione di appositi contratti.
3. Avverso la predetta sentenza la (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi, illustrati anche con memoria. La PCM ha resistito con controricorso.

La nullità per difetto di forma di un contratto concluso da un ente territoriale

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione del Regio Decreto 18 novembre 1923, n. 2440, articoli 16 e 17 e dell’articolo 1326 c.c., e ss., censurando la sentenza impugnata per aver dichiarato la nullita’ del contratto, in quanto non consacrato in un unico documento scritto, contenente la proposta e l’accettazione delle parti. Premesso infatti che il sistema conosce anche altre forme di stipulazione, ivi compresa quella di cui all’articolo 1327 c.c., sostiene che nel caso di specie la necessita’ di un’espressa accettazione della proposta era esclusa dall’immediato avvio dell’esecuzione del contratto, imposto dall’ordinanza commissariale per motivi di estrema urgenza, che avevano impedito un’ulteriore formalizzazione del consenso. Aggiunge che il Regio Decreto n. 2440 del 1923, articoli 16 e 17, nel richiedere la forma scritta amministrativa per la stipulazione dei contratti della Pubblica Amministrazione, prevedono una serie di eccezioni, tra le quali la stipulazione a mezzo di corrispondenza, consentita per i contratti conclusi con ditte commerciali, in relazione ai quali l’unica esigenza specifica e’ costituita dalla formalizzazione per iscritto della dichiarazione contrattuale dell’Amministrazione. Sottolinea al riguardo la natura commerciale delle imprese di trasporto e la differenza dei relativi contratti, privi di particolari complessita’, da quelli di appalto, per i quali la prassi richiede, anche nei rapporti tra privati, la redazione di un testo contrattuale unitario.
2. Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione degli articoli 1418 e 1421 c.c., degli articoli 24 e 111 Cost. e dell’articolo 101 c.c., comma 2, censurando la sentenza impugnata per aver dichiarato la nullita’ del contratto non solo in assenza di una specifica eccezione dell’appellante, ma omettendo anche di assicurare la previa instaurazione di uno specifico contraddittorio al riguardo.
3. Il secondo motivo, da esaminarsi prioritariamente rispetto al primo, in quanto avente ad oggetto una questione pregiudiziale, riguardante la rilevabilita’ d’ufficio della mancata stipulazione del contratto in forma scritta e le modalita’ di rilevazione di tale carenza, e’ infondato.
E’ pur vero, infatti, che la nullita’ per difetto di forma di un contratto stipulato da un ente territoriale da’ luogo ad una questione mista di fatto e di diritto, la cui rilevazione d’ufficio da parte del giudice, ove non sia seguita dall’attivazione del contraddittorio tra le parti, priva le stesse del potere di allegazione e di prova, e comporta pertanto la nullita’ della sentenza fondata sulla medesima questione, per violazione del diritto di difesa, a condizione che la parte che intenda dolersene prospetti, in concreto, le ragioni che avrebbe potuto far valere qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato (cfr. Cass., Sez. 2, 30/04/2021, n. 11440; 12/09/2019, n. 22778; Cass., Sez. 3, 12/06/2020, n. 11308). Nella specie, tuttavia, la questione non e’ stata affatto rilevata d’ufficio dalla Corte territoriale, la quale, nel dichiarare la nullita’ del contratto stipulato tra le parti per mancanza del requisito prescritto dal Regio Decreto n. 2440 del 1923, articolo 16, si e’ limitata ad accogliere un motivo di gravame specificamente proposto dall’Amministrazione, in ordine al quale la ricorrente ha avuto la piu’ ampia possibilita’ di difendersi, mediante la formulazione di controdeduzioni e richieste istruttorie. A cio’ si aggiunga che, nel lamentare la lesione del contraddittorio, la ricorrente non ha precisato la natura e l’entita’ del pregiudizio subito per effetto della mancata indicazione della predetta questione, non avendo in alcun modo chiarito quali fossero le difese che l’omessa attivazione del contraddittorio le ha impedito di svolgere, con la conseguenza che la censura risulta, sotto tale profilo, priva di specificita’.
4. E’ invece fondato il primo motivo, riflettente la validita’ del contratto stipulato con la PCM, nonostante la mancata consacrazione del consenso delle parti in un unico testo negoziale.
A fondamento della decisione, la sentenza impugnata ha infatti richiamato il principio enunciato dalla giurisprudenza di legittimita’, secondo cui i contratti conclusi dalla Pubblica Amministrazione, richiedendo la forma scritta ad substantiam, ai sensi del Regio Decreto n. 2440 del 1923, articolo 16, devono essere consacrati in un unico documento, salvo che la legge ne autorizzi espressamente la conclusione a distanza, a mezzo di corrispondenza, come nell’ipotesi eccezionale di contratti conclusi con ditte commerciali, prevista dal Regio Decreto n. 2240, articolo 17 cit., sicche’, al di fuori di tale ipotesi, deve escludersi la possibilita’ che il consenso si formi tramite scritti successivi atteggiantisi come proposta ed accettazione fra assenti (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. 3, 17/06/2016, n. 12540; Cass., Sez. 1, 22/12/2015, n. 25798; 26/03/2009, n. 7297). Tale orientamento e’ stato a lungo ribadito costantemente in riferimento ai piu’ diversi settori in cui si esplica l’attivita’ negoziale della Pubblica Amministrazione, segnalandosi le esigenze di certezza che si pongono nell’individuazione dell’oggetto del contratto e nella determinazione del corrispettivo, nonche’ delle forme e dei tempi previsti per il pagamento, anche ai fini dello stanziamento delle risorse necessarie e del controllo in ordine all’utilizzazione delle stesse: e’ stata infatti evidenziata la funzione di garanzia assolta dalla forma scritta, quale espressione dei canoni costituzionali di buon andamento ed imparzialita’ dell’azione amministrativa, i quali impongono, nell’interesse sia del cittadino che della stessa Pubblica Amministrazione, di identificare con precisione l’obbligazione assunta e il contenuto negoziale dell’atto, anche al fine di rendere possibile l’espletamento dell’indispensabile funzione di controllo da parte dell’autorita’ tutoria.
La giurisprudenza piu’ recente ha tuttavia proceduto ad una rimeditazione della predetta questione, all’esito della quale e’ pervenuta alla conclusione che per la valida stipulazione die contratti con la Pubblica Amministrazione, anche diversi da quelli conclusi a trattativa privata con ditte commerciali, il requisito della forma scritta ad substantiam non postula necessariamente la redazione di un unico documento, sottoscritto contestualmente dalle parti, dal momento che il Regio Decreto n. 2440 del 1923, articolo 17 contempla ulteriori ipotesi in cui il vincolo contrattuale si forma mediante l’incontro di dichiarazioni scritte, manifestate separatamente, che per l’Amministrazione possono assumere anche la forma dell’atto amministrativo (cfr. Cass., Sez. Un., 25/03/2022, n. 9775).
A sostegno di tale affermazione, e’ stata segnalata innanzitutto l’emersione di una nozione funzionale delle forme negoziali, che in taluni settori (come, ad esempio, in materia d’intermediazione finanziaria) ha consentito di ritenere sussistente il requisito della forma scritta anche in totale mancanza della sottoscrizione di uno dei contraenti. Si e’ inoltre osservato che la formulazione del Regio Decreto n. 2440 del 1923, articolo 17 consente di riconoscere, per i contratti conclusi a trattativa privata, la possibilita’, generalmente ammessa dall’ordinamento, della stipulazione mediante lo scambio di missive recanti, rispettivamente, la proposta e l’accettazione, entrambe sottoscritte ed inscindibilmente collegate, in modo tale da evidenziare inequivocabilmente la formazione dell’accordo. Si e’ quindi ritenuto che, a fronte dell’adozione di provvedimenti amministrativi che presuppongono un regolamento negoziale del rapporto tra il destinatario e l’ente pubblico, la volonta’ delle parti, quanto alla disciplina degli aspetti di carattere patrimoniale, possa manifestarsi anche mediante atti separati, ciascuno dei quali espresso in forma scritta, il cui incontro, tanto nella forma della preventiva presentazione di un’offerta da parte del privato quanto in quella dell’adesione unilaterale di quest’ultimo alle condizioni stabilite nel provvedimento, consente di escludere qualsiasi incertezza in ordine al contenuto del contratto, sia ai fini dell’interpretazione negoziale che ai fini della sottoposizione al controllo dell’autorita’ tutoria.
Alla stregua di tale nuovo indirizzo, che il Collegio condivide ed intende ribadire anche in questa sede, non puo’ condividersi la sentenza impugnata, nella parte in cui, pur avendo rilevato che le ordinanze con le quali il Commissario Straordinario per l’emergenza rifiuti in Campania aveva disposto il trasporto marittimo dei rifiuti individuavano il vettore nella (OMISSIS) e recavano la precisa indicazione dei mezzi, dei tempi e delle modalita’ del trasporto, ha escluso che l’accettazione di tali condizioni da parte dell’attrice potesse da sola determinare la formazione del vincolo negoziale, ritenendo necessaria, a tal fine, la stipulazione di appositi contratti, espressamente prevista dai medesimi provvedimenti. In proposito, la Corte territoriale non si e’ limitata ad affermare l’insufficienza della mancata contestazione da parte della PCM della avvenuta esecuzione del trasporto da parte della (OMISSIS), riconoscendone l’eventuale rilevanza soltanto ai fini dell’esercizio della azione d’indebito arricchimento, ma, sulla base del richiamo all’orientamento citato, e’ giunta ad escludere la condivisibilita’ della tesi sostenuta dalla ricorrente, secondo cui la conclusione del contratto aveva avuto luogo mediante lo scambio di separate dichiarazioni; essa non ha quindi tenuto conto dell’espresso rinvio, contenuto nella motivazione delle ordinanze, alle condizioni offerte nelle proposte contrattuali formulate dalla (OMISSIS), ed ha conseguentemente omesso di verificarne il contenuto, senza considerare che l’incontro delle stesse con la volonta’ manifestata dall’Amministrazione sarebbe potuto risultare sufficiente ad integrare il requisito formale prescritto per la stipulazione del contratto.
5. La sentenza impugnata va pertanto cassata, in accoglimento del primo motivo d’impugnazione, con il conseguente rinvio della causa alla Corte d’appello di Napoli, che provvedera’, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

rigetta il secondo motivo di ricorso, accoglie il primo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

 

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