La nullità della notifica della cartella esattoriale

Consiglio di Stato, Sentenza|16 novembre 2021| n. 7630.

La nullità della notifica della cartella esattoriale, atto avente duplice natura di comunicazione dell’estratto di ruolo e di intimazione ad adempiere, corrispondente al titolo esecutivo e all’atto di precetto nel rito ordinario, è suscettibile di sanatoria per raggiungimento dello scopo ai sensi degli artt. 156 e 160 c.p.c., atteso l’espresso richiamo, operato dall’art. 60 del D.P.R. n. 600 del 1973, alle norme sulle notificazioni del codice di rito.

Sentenza|16 novembre 2021| n. 7630. La nullità della notifica della cartella esattoriale

Data udienza 21 ottobre 2021

Integrale

Tag- parola chiave: Esecuzione esattoriale – Cartella di pagamento – Nullità della notifica – Sanatoria – Raggiungimento dello scopo – Art. 60 del D.P.R. n. 600 del 1973 e artt. 156 e 160 c.p.c. – Applicazione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3994 del 2021, proposto da Gi. Be., rappresentato e difeso dall’avvocato Ce. Ta., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Agea – Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto Sezione Terza n. 918/2020.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 ottobre 2021 il Cons. Umberto Maiello e dato atto, quanto ai difensori e alla loro presenza, di quanto indicato a verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

La nullità della notifica della cartella esattoriale

FATTO e DIRITTO

1. Il presente giudizio involge la legittimità dell’atto di comunicazione, da parte di Agea, dell’avvenuta iscrizione ipotecaria “contro” il ricorrente (n. 5914/0928 del 18.2.2019) per l’importo di Euro 1.540.584,44, pari al doppio dei debiti contestati dal suddetto Ente come quantificati nella cartella di pagamento n. 3002015000000779000 del 16.3.2015, oltre interessi di mora sino al 18.3.2019 per omesso versamento di prelievo supplementare in relazione alle “quote latte” per le annate dal 2005 al 2008.
1.1. Occorre precisare che parte ricorrente aveva precedentemente già impugnato con ricorso RG 778/15 la cartella suindicata, giudizio definito dal TAR per il Veneto con sentenza n. 302/2020 del 27.3.2020 che dichiarava l’inammissibilità dello stesso.
2. Con la sentenza qui appellata, n. 918/2020, il medesimo TAR per il Veneto, Sezione Terza, ha respinto il ricorso proposto dall’odierno appellante, evidenziandone l’infondatezza, quanto all’eccepito difetto di motivazione dell’atto impugnato, ovvero dichiarandone l’inammissibilità rispetto alle ragioni di doglianza (insussistenza del credito, prescrizione, mancata indicazione delle modalità di computo degli interessi e del periodo di riferimento, mancata omessa contabilizzazione delle compensazioni “atecniche”) riferite al credito siccome avrebbero dovuto essere articolate avverso l’atto presupposto, vale a dire la cartella di pagamento, oltretutto impugnata in separato giudizio, come visto già definito dal medesimo TAR con sentenza di inammissibilità .

 

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3. Avverso il suindicato decisum, con il mezzo in epigrafe, l’appellante ne deduce l’illegittimità e ne chiede la riforma, sulla scorta dei seguenti motivi di gravame:
a) la sentenza appellata sarebbe illegittima in quanto il TAR non si sarebbe pronunciato sulla dedotta violazione dell’art. 4 comma 10 ter del d.l. n. 27 del 29.3.2019;
b) deduce, poi, l’inesistenza giuridica e la nullità assoluta insanabile della notificazione della comunicazione di Agea per violazione degli artt. 26 D.P.R. n. 602/73 e dell’art. 8 quinquies comma 10 bis della L.n. 33/2009, essendo le funzioni attribuite agli “ufficiali della riscossione” esclusivamente riservate al personale della Guardia di Finanza e non potendo, pertanto, ritenersi consentita la notifica diretta a mezzo posta da parte di Agea;
c) soggiunge che dovrebbe ritenersi rituale, trattandosi di giurisdizione esclusiva, la contestazione anche degli atti presupposti su cui si fonda il credito garantito dall’iscrizione ipotecaria e, sulla scorta di tale ragionamento, ripropone le censure già proposte in primo grado, aggiungendo (nuove) contestazioni sulla liquidazione della quota esigibile. I prelievi costituirebbero risultato di errori e di artate manipolazioni, richiamandosi a tal fine quanto opinato ed accertato dal G.U.P presso il Tribunale Penale di Roma nell’ordinanza del 05.06.2019. Il dato da cui dovrebbe muoversi è, dunque, rappresentato dalla carenza del presupposto del superamento della quota nazionale assegnata;
d) i prelievi supplementari imputati ai produttori italiani sino al 2002/2003, quanto meno, dovrebbero essere considerati annullabili ed inefficaci per violazione della normativa comunitaria circa i corretti criteri di riassegnazione e distribuzione delle quote latte inutilizzate agli aventi diritto. Segnatamente, la detta riassegnazione avrebbe dovuto essere effettuata secondo criteri paritari e lineari proporzionalmente alla quota assegnata e non secondo criteri di privilegio per categorie prioritarie.

 

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3.1 Agea non si è costituita in giudizio.
3.2. Con ordinanza n. 2866 del 28.5.2021 questa Sezione, in sede cautelare, ha respinto l’istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza appellata.
4. All’udienza del 21.10.2021 l’appello è stato trattenuto in decisione.
5. L’appello è infondato e, pertanto, va respinto.
5.1. Preliminarmente si rivela utile richiamare, in via di sintesi, le censure azionate con il ricorso introduttivo del giudizio dal momento che, come di seguito meglio evidenziato, l’appello riflette un’irrituale estensione dell’originario thema decidendum per effetto della non consentita proposizione di motivi nuovi che, pertanto, vanno dichiarati inammissibili ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 104 del c.p.a.
6. Tanto premesso, nel passare in rassegna il costrutto giuridico dell’appellante, va anzitutto detto che con il ricorso introduttivo del giudizio l’odierno appellante domandava, in via preliminare e cautelare, la “sospensione ex lege della riscossione coattiva degli importi dovuti a titolo di prelievo supplementare” in ragione dell’art. 4, comma 1, del decreto-legge 29 marzo 2019, n. 27, che, modificando l’art. 8-quinquies del decreto-legge n. 5 del 2009, ha sospeso dal 1° aprile al 15 luglio 2019 le procedure di riscossione coattiva dei residui di gestione relativi ai ruoli emessi da AGEA o dalle Regioni fino alla data del 31 marzo 2019 per consentire l’ordinato passaggio dei ruoli all’agente della riscossione.
6.1. Con l’impugnazione in epigrafe l’appellante si duole del fatto che la suddetta censura non sia stata esaminata dal TAR, denunciando, pertanto, l’illegittimità della sentenza appellata per omessa pronuncia.
6.2. Osserva il Collegio che effettivamente la sentenza appellata non reca una pertinente statuizione sul primo motivo dedotto con il ricorso introduttivo, secondo il quale, come sopra anticipato, la comunicazione di iscrizione dell’ipoteca sarebbe illegittima per non avere rispettato la sospensione delle procedure di riscossione coattiva prevista tra il 1° aprile 2019 e il 15 luglio 2019 dall’art. 8-quinquies del decreto-legge n. 5 del 2009, comma 10-ter.

 

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6.3. Il vizio rilevato, tuttavia, non configura un’ipotesi di annullamento con rinvio, bensì investe questo Collegio del potere-dovere di decidere nel merito la censura (Adunanza Plenaria n. 14/2018).
Nel merito, il motivo è manifestamente infondato.
Come già accennato, l’art. 4, comma 1, del decreto-legge 29 marzo 2019, n. 27, per quanto qui rileva, ha sostituito l’art. 8-quinquies del decreto-legge n. 5 del 2009, comma 10-ter, il quale dispone: “Per consentire l’ordinato passaggio all’agente della riscossione dei residui di gestione di cui al comma 10-bis, entro e non oltre il 15 luglio 2019, sono sospesi fino a tale data, con riferimento ai relativi crediti: a) i termini di prescrizione; b) le procedure di riscossione coattiva; c) i termini di impugnazione e di opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi”.
L’invocata sospensione dal 1° aprile 2019 (art. 4, comma 2, del D.L. 27/2019) al 15 luglio 2019 delle procedure di riscossione coattiva, tuttavia, non si applica al caso di specie perché l’iscrizione di ipoteca, come emerge dalla comunicazione impugnata, reca la data del 18 marzo 2019, quindi si è perfezionata prima che intervenisse la sospensione.
D’altro canto, la sospensione è cessata alla data del 15.7.2019 con conseguente piena reviviscenza dei procedimenti pendenti.
7. Con il secondo motivo di appello viene censurata la sentenza gravata per “Violazione di legge: nullità insanabile della notificazione della comunicazione AGEA – violazione della norma dell’art. 8 quinquies 10 bis della legge n. 33/2009 e dell’art. 26 d.p.r. n. 602/73 e degli artt. 137 e seg. c.p.c.”
7.1. L’appellante eccepisce, per la prima volta in appello, l’inesistenza giuridica e la nullità assoluta della notificazione della comunicazione di AGEA di iscrizione ipotecaria avvenuta il 23 marzo 2019. Segnatamente, lamenta che la notificazione della cartella di pagamento è avvenuta “per posta con piego raccomandato direttamente dall’ente controinteressato Agea” in violazione dell’art. 8 quinquies, comma 10-bis del D.L. 10 febbraio 2009, n. 5 convertito con modificazioni dalla L. 9 aprile 2009, n. 33, applicabile ratione temporis e ai sensi del quale “la notificazione della cartella di pagamento prevista dall’articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazione e ogni altra attività contemplata dal titolo II del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, e successive modificazioni, sono effettuate dall’AGEA, che a tal fine si avvale del Corpo della Guardia di Finanzia. Il personale di quest’ultimo esercita le funzioni demandate dalla legge agli ufficiali della riscossione”.
Rileva l’appellante, inoltre, che ai sensi dell’articolo 26, primo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, “La cartella è notificata dagli ufficiali della riscossione o da altri soggetti abilitati dal concessionario nelle forme previste dalla legge ovvero, previa eventuale convenzione tra comune e concessionario, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale […]”.
Ad avviso dell’appellante, il legislatore avrebbe demandato la notificazione della cartella di pagamento, in via esclusiva e a pena di nullità insanabile del procedimento di notificazione, all’agente di riscossione e, per esso, al personale del Corpo della Guardia di Finanza, ovvero, previa eventuale convenzione tra comune e concessionario, ai messi comunali o agli agenti della polizia municipale. La notificazione eseguita direttamente da AGEA sarebbe quindi inesistente o, in subordine, assolutamente ed insanabilmente nulla.
7.2. Il motivo è inammissibile in quanto dedotto per la prima volta in sede di appello, in violazione dell’art. 104 c.p.a. (in tal senso, in relazione ad una vicenda del tutto analoga cfr. Cons. St., Sez. III, n. 6227 del 6.9.2021).

 

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7.3. In ogni caso il motivo è comunque infondato.
Come già chiarito da questa Sezione (cfr. Cons. St. n. 7481 del 2.11.2019), la norma persegue una finalità ampliativa (delle modalità notificatorie esperibili da AGEA) senza restringere le preesistenti facoltà operative, le quali, come statuito dalla pregressa giurisprudenza (cfr. Cassazione civile, Sez. trib., n. 8311 del 4 aprile 2018), comprendono la possibilità per l’agente della riscossione di effettuare direttamente la notificazione della cartella di pagamento; notificazione che può avvenire tramite invio, a mezzo del servizio postale, di plico raccomandato con avviso di ricevimento. Nel qual caso, la prova della consegna dell’atto al destinatario si desume dall’avviso di ricevimento stesso, senza necessità di predisposizione di apposita relata di notifica.
7.4. D’altro canto, nemmeno può essere obliato che opererebbe qui, comunque, la sanatoria per raggiungimento dello scopo, ai sensi dell’art. 156, comma 3, c.p.c., della pretesa nullità della notifica. In proposito, è sufficiente richiamare il principio giurisprudenziale secondo cui, in tema di notifica della cartella di pagamento, l’inesistenza è configurabile, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto quale notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità, sanabile con efficacia “ex tunc” per raggiungimento dello scopo” (Cass. n. 21865 del 2016). Ed ancora:” La nullità della notifica della cartella esattoriale, atto avente duplice natura di comunicazione dell’estratto di ruolo e di intimazione ad adempiere, corrispondente al titolo esecutivo e all’atto di precetto nel rito ordinario, è suscettibile di sanatoria per raggiungimento dello scopo ai sensi degli artt. 156 e 160 c.p.c., atteso l’espresso richiamo, operato dall’art. 60 del D.P.R. n. 600 del 1973, alle norme sulle notificazioni del codice di rito.” (Cass. n. 384 del 2016).
8. Con il terzo motivo l’appellante censura la sentenza impugnata per aver mancato di esaminare l’atto “presupposto e funzionale al provvedimento impugnato direttamente nel presente giudizio”, all’uopo precisando che “La contestazione, pertanto, afferisce al diritto di Agea di procedere in executivis ed al quomodo della fase di attuazione, applicazione e riscossione del contestato e presupposto prelievo supplementare imputato all’azienda Produttrice”.
8.1. In ordine alla sussistenza del diritto di AGEA di procedere all’esecuzione, deve precisarsi che la cartella di pagamento, posta da AGEA a fondamento dell’iscrizione ipotecaria, è stata oggetto di autonoma impugnazione da parte del ricorrente con ricorso R.G.N. 778/15, definito con sentenza del TAR Veneto, Sez. II, 27 marzo 2020 n. 302, che ne ha dichiarato l’inammissibilità .
È, pertanto, di tutta evidenza, in ossequio al principio del ne bis in idem, che le suddette doglianze non possono assumere qui diretto rilievo, tanto più che l’eventuale annullamento dell’atto presupposto nel separato procedimento attivato dall’appellante (e tuttora pendente in appello) comporterebbe piena soddisfazione della pretesa attorea in ragione degli effetti caducanti che ne deriverebbero rispetto agli atti meramente consequenziali, qual è quello qui in rilievo.
Questa Sezione ha di recente affermato, in relazione ad un procedimento in cui venivano in rilievo questioni analoghe, che, in siffatte evenienze (e cioè nel caso di separato giudizio avverso gli atti presupposti, ancorché definito con sentenza di inammissibilità ), non è più possibile sollevare contestazioni avverso tali atti, ovvero contestare l’esatto ammontare del debito, sebbene posti a fondamento dell’azione esecutiva, pena la violazione del giudicato che copre il dedotto e deducibile (cfr. Cons. St., Sez. III, n. 6227 del 6.9.2021).
Occorre, inoltre, soggiungere che nel giudizio di prime cure l’odierno appellante lamentava esclusivamente che non fosse chiaro se le poste creditorie fossero state iscritte nel Registro Nazionale Debitori (RND) e nel SIAN al netto o meno dei “recuperi” già operati dall’Amministrazione (Agea). Tanto in relazione alla cosiddetta “compensazione atecnica” con i diritti comunitari alla PAC e altri contributi comunitari, che costituiscono forme di integrazione del reddito agricolo e zootecnico e che, more solito, vengono fatti oggetto di costante compensazione e “recupero” da parte di Agea senza alcun preavviso all’avente diritto.

 

La nullità della notifica della cartella esattoriale

Così perimetrata la contestazione sui presupposti del recupero avviato da Agea appare di tutta evidenza l’infondatezza del costrutto giuridico dell’appellante che, sovvertendo l’ordinario criterio di riparto dell’onere della prova, avrebbe semmai dovuto allegare conferenti elementi dimostrativi in ordine all’esistenza di crediti a suo favore non riscossi – evenienza questa nemmeno allegata in termini di certezza ma prospettata solo in via ipotetica – e, in via di mera tesi, sterilizzati da Agea in regime di compensazione.
9. Nella trama delle doglianze veicolate con il mezzo in epigrafe l’appellante introduce, poi, una censura sull’an della pretesa creditoria di AGEA per mancato superamento della QGG (ossia – quantitativo globale garantito) che non si rintraccia nel ricorso di primo grado, laddove l’unico motivo di ricorso che nell’epigrafe reca la “Insussistenza del presunto credito azionato da AGEA. Prescrizione del credito” si sofferma esclusivamente sull’assenza di comunicazioni di imputazioni di prelievo e comunque sulla intervenuta prescrizione.
Risulta dunque inammissibile, per divieto dei cd. nova, la censura sviluppata nel terzo motivo di appello in ordine al mancato superamento del QGG in quanto la dedotta insussistenza della pretesa sotto questo precipuo profilo costituisce un motivo del tutto nuovo, fondato su presupposti diversi con conseguente irrituale ampliamento del thema decidendum in palese violazione dell’art. 104 c.p.a.
D’altro canto, tutti gli argomenti spesi dal ricorrente non sono attinenti alla materia del contendere: oggetto di impugnazione nel presente giudizio non sono gli atti di assegnazione dei q.r.i. di inizio periodo, ma solo l’atto relativo ad iscrizione di ipoteca per un debito il cui ammontare è stato accertato con atti presupposti tuttora validi ed efficaci.
Vale, altresì, soggiungere, per completezza espositiva, che questa Sezione ha già affronto ex professo la relativa problematica all’uopo evidenziando che “Questo Consiglio di Stato, con la recente sentenza della Sez. II n. 5858 del 23 agosto 2019, ha rilevato quanto segue: “Con riferimento alle generiche contestazioni attinenti alle irregolarità asseritamente compiute nelle verifiche effettuate dalle autorità nazionali competenti e alla presunta erronea quantificazione della produzione nazionale, la giurisprudenza – che questo Collegio condivide – ha sempre ritenuto che, in assenza di prove certe e dell’individuazione dei soggetti che hanno reso false dichiarazioni o dei pubblici ufficiali che hanno alterato i dati sul patrimonio bovino per farli “quadrare” con quelli stimati della produzione lattiera, non è possibile annullare le operazioni di stima e gli accertamenti consecutivi svolti (v., ex plurimis, C.d.S., Sez. III, n. 3474/2014, e, da ultimo, C.d.S., sent. n. 870/2016, cit.). Come questo Consiglio di Stato ha già avuto modo di affermare, infatti, le indagini, finanche governative, scaturite dai dubbi di legittimità del meccanismo (riguardanti l’attendibilità dei dati utilizzati nel tempo dall’AIMA e poi dall’AGEA) non sono in grado di scardinare l’intero sistema nazionale delle c.d. quote latte, né sono sufficienti per far ritenere assolto in capo ai produttori (e quindi agli appellanti) l’onere probatorio al punto da spostare sull’amministrazione l’obbligo di provare la bontà e la stessa veridicità dei dati utilizzati (cfr. al riguardo ex plurimis Cons. Stato, Sez. III, 20 maggio 2019, n. 3202). Ciò a maggior ragione laddove, come anche nel caso di specie, le richiamate affermazioni non si traducano nemmeno in un principio di prova del concreto impatto delle ridette indagini sulla attribuzione delle QRI e sulla conseguente determinazione del prelievo supplementare dovuto dalla singola azienda, la cui contestata entità, oltre tutto, è estranea al petitum dell’odierna controversia” (cfr. Cons. St., sez. III, n. 7481 del 2.11.2019).
10. L’appellante deduce, altresì, l’erroneità della sentenza gravata per aver dichiarato inammissibile l’eccezione di prescrizione sul presupposto che il vizio avrebbe dovuto essere fatto valere avverso la cartella di pagamento e gli eventuali precedenti atti di intimazione.
Come anticipato con l’esame del terzo motivo di appello, la cartella è stata già impugnata dall’appellante e, non essendo qui in contestazione la notifica della cartella, vale il consolidato orientamento giurisprudenziale, estensibile alla comunicazione di iscrizione dell’ipoteca, secondo il quale: “la comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria può essere impugnata solo per vizi propri e non per vizi dell’atto presupposto regolarmente notificato (ex multis, Corte di cassazione, sez. V, 22 luglio 2019, n. 19699).
La parte avrebbe potuto semmai dedurre fatti estintivi sopravvenuti alla notifica della cartella ove, a partire dall’interruzione della prescrizione, fosse maturato il periodo di prescrizione, evenienza qui non in rilievo.

 

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11. L’appellante deduce, inoltre, la mancata applicazione da parte del giudice di primo grado dei principi comunitari affermati dalla Corte di Giustizia UE con sentenza del 27 giugno 2019 in causa 348/18 (e richiamato da Cons. Stato, Sez. III, 11 novembre 2019, n. 7726) secondo cui “gli Stati membri che scelgono di quantificare il prelievo dovuto dai produttori previa compensazione tra le maggiori quantità prodotte dai singoli produttori con le quote inutilizzate, devono eseguire detta operazione solo ed esclusivamente in base all’unico criterio oggettivo stabilito dall’art. 2, par. I del Reg. (CEE) n. 3950/92, ossia “proporzionalmente ai quantitativi di riferimento a disposizione di ciascun produttore”, e non per “categorie prioritarie”.
Deve però rilevarsi che il motivo è inammissibile perché l’argomento afferisce all’an della pretesa creditoria compendiata nel presupposto titolo esecutivo qual è giustappunto la cartella, già oggetto di impugnazione. Inoltre, il motivo è inammissibile, ai sensi dell’articolo 104 c.p.a., perché non è entrato nel perimetro di cognizione del giudice di primo grado.
Per completezza, deve soggiungersi che, come di recente evidenziato da questa Sezione in una fattispecie del tutto analoga (cfr. Cons. St., Sez. III, n. 6227 del 6.9.2021), tali motivi sono infondati ed avulsi dall’oggetto del giudizio che, si ribadisce, concerne il debito del ricorrente relativo alle annate lattiere dal 2005 al 2008, mentre la giurisprudenza invocata dal ricorrente ha annullato atti di prelievo concernenti le annate precedenti (ritenendo illegittimamente effettuate le operazioni di imputazione del prelievo supplementare ai sensi dell’art. 9 della legge n. 119/2003, in applicazione del Regolamento CE n. 3590/1992, secondo l’interpretazione pregiudiziale fornita dalla Corte di Giustizia UE con sentenza del 27 giugno 2019 in causa 348/18 e con sentenza 11 settembre 2019 nel procedimento C-46/18).
12. Quanto al motivo spiegato in prime cure relativo alla contestazione della quantificazione degli interessi, deve poi rilevarsi che l’appellante non vi muove alcuna censura ed è quindi passato in giudicato.
Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, l’appello va respinto siccome inammissibile e infondato.
Nulla è dovuto per le spese di giudizio in ragione della mancata costituzione dell’Agenzia intimata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 ottobre 2021 con l’intervento dei magistrati:
Michele Corradino – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere
Umberto Maiello – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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