La normativa di cui al D.M. n. 767/2015

Consiglio di Stato, Sentenza|23 febbraio 2021| n. 1599.

La normativa di cui al D.M. n. 767/2015 è evidentemente finalizzata al superamento del precariato, attraverso un piano straordinario di assunzioni che ben può riservare, senza per ciò vulnerare né gli invocati parametri costituzionali di cui gli artt. 3, 51, comma 1 e 97 Cost., né il principio di proporzionalità, la partecipazione a soggetti in possesso di un determinato requisito, ovvero nella fattispecie l’iscrizione nelle graduatorie ad esaurimento, escludendo coloro che ne sono privi

Sentenza|23 febbraio 2021| n. 1599

Data udienza 11 febbraio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Concorsi per titoli ed esami – Reclutamento di personale docente – Requisiti – Docenti precari in possesso di titolo abilitante e iscritti nelle graduatorie d’istituto – D.M. 17/7/2015, n. 767 – Esclusi – Art. 1, commi 95, 96, 97, 98 e 103, L. n. 107/2015

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1329 del 2018, proposto da
Gi. Ba. ed altri, rappresentati e difesi dagli avvocati Se. Ga. e Vi. De Mi., con domicilio digitale di pec come da registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via (…);
contro
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, via (…), è domiciliato ex lege;
nei confronti
Gi. Ci., Do. Gr., non costituite in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Roma Sezione Terza n. 07788/2017, resa tra le parti, concernente una procedura straordinaria per il reclutamento di personale docente.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca;
Visti tutti gli atti della causa;
Udita la relazione del Cons. Alessandro Maggio all’udienza telematica del giorno 11/2/2021, svoltasi in videoconferenza, ai sensi degli artt. 4, comma 1, D.L. 30/4/2020 n. 28 e 25, comma 2, del D.L. 28/10/2020, n. 137, mediante l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams”, come da circolare 13/3/2020, n. 6305 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con ricorso al T.A.R. Lazio – Roma, i sig.ri Giuliano Bastianello, Mario De Ruberto, Marinela Domsa, Margherita Galante, Irena Hlavovà, Giuseppe Iuso, Antonio Marsolo, Anna Maria Moschetta Vannucci, Giuliana Musotto, Ivana Panzeca e Cristiano Puntoni, tutti docenti precari in possesso di titolo abilitante e iscritti nelle graduatorie d’istituto, ma non nelle GAE, hanno impugnato il D.M. 17/7/2015, n. 767 nella parte in cui li ha esclusi dal piano straordinario di assunzioni a tempo indeterminato varato ai sensi dell’art. 1, commi 95, 96, 97, 98 e 103 della legge 13/7/2015, n. 107.
L’adito Tribunale, con sentenza 4/7/2017, n. 7788, ha respinto il ricorso.
Avverso la sentenza i sig.ri Ba. ed altri hanno proposto appello.
Per resistere al ricorso si è costituita in giudizio l’amministrazione appellata.
All’udienza telematica del 11/2/2021 la causa è passata in decisione.
Coi primi tre motivi d’appello si deducono le seguenti doglianze.
1) Come precisato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea con la sentenza 26/11/2014 in cause riunite C-22/13, C-61/13, C-62/13 e C-418/13 (c.d. sentenza Mascolo), il sistema interno di reclutamento del personale docente, laddove consente il ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, contrasterebbe con le clausole 4 e 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla direttiva 28/6/1999, n. 1999/70/CE.
Pertanto, la corretta attuazione del piano straordinario di stabilizzazioni, col quale il legislatore italiano ha inteso riparare alla violazione accertata dal giudice euro unitario, vieterebbe di discriminare, ai fini dell’applicazione delle tutele antiabusive, tra docenti inseriti nelle GAE e docenti che non lo sono, pur essendo in possesso di abilitazione all’insegnamento.
Conseguentemente le norme di cui all’art. 1 commi 96, 97 e 98 della L. n. 107/2015, nella parte in cui escludono dalla procedura di stabilizzazione per cui è causa i precari abilitati non iscritti nelle GAE, violerebbero l’art. 5, punto 1, del citato accordo quadro sul lavoro a tempo determinato.
La violazione sarebbe ancor più grave in quanto i docenti non inseriti in GAE non avrebbero nemmeno la possibilità di far valere il servizio svolto ai fini della progressione in una graduatoria utilizzabile per l’immissione in ruolo. Né la stessa risulterebbe attenuata dalla previsione, contenuta nella L. n. 107/2015, di futuri concorsi aperti ai docenti abilitati.
2) L’art. 1 della L. 107/2015, laddove non garantisce l’accesso ai
pubblici uffici a tutti coloro che sono in possesso del medesimo titolo
(l’abilitazione), contrasterebbe con i principi costituzionali di
imparzialità, parità di trattamento e ragionevolezza, di cui agli artt. 3, 51 e 97 Cost.
In sostanza non esisterebbero differenze di valore tra docenti abilitati
inseriti nelle GAE e docenti abilitati non inseriti nelle GAE: in entrambi i casi si tratterebbe di personale che non ha vinto un pubblico concorso e che ha potuto ottenere supplenze annuali solo in virtù del titolo abilitante.
L’esclusione, dei docenti non iscritti in GAE dipenderebbe unicamente dal fatto che costoro avrebbero conseguito il titolo di abilitazione in epoca successiva ai docenti destinatari del piano straordinario di stabilizzazione. Ma la Corte Costituzionale avrebbe già ritenuto incostituzionale dare prevalenza al criterio cronologico del conseguimento di un medesimo
titolo rispetto al criterio meritocratico (Corte Cost. 9/2/2011, n. 41).
3) L’art. 1 della L. n. 107/2015 dovrebbe essere disapplicato in quanto contrario al principio di derivazione euro unitaria, di proporzionalità dell’azione amministrativa.
E invero, sarebbe consentito derogare alla regola del pubblico concorso solo nei limiti strettamente necessari alla salvaguardia del pubblico interesse.
Alla luce di tale principio il legislatore avrebbe potuto “introdurre requisiti di partecipazione alla stabilizzazione più rigorosi rispetto al possesso dell’abilitazione, previsto per l’ammissione alle procedure concorsuali, solo a condizione che non fossero discriminanti ed abnormi rispetto alle regole proprie del settore scolastico; nel caso concreto, invece, i requisiti di partecipazione richiesti sarebbero manifestamente irragionevoli, irrazionali o illogici rispetto al fine pubblico della eliminazione del precariato, posto a dichiarato fondamento della stabilizzazione.
I motivi così sinteticamente riassunti si prestano a una trattazione congiunta.
Il Collegio rileva preliminarmente che l’appello dovrebbe essere dichiarato inammissibile in quanto, in violazione dell’art. 101, comma 1, c.p.a., non contiene specifiche censure contro la sentenza gravata.
Tuttavia può prescindersi dalla suddetta questione di rito essendo l’impugnazione da respingere nel merito.
In primo luogo occorre rilevare che non è ravvisabile alcuna violazione dei principi affermati dalla c.d. sentenza Mascolo, in ordine all’interpretazione della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul rapporto di lavoro a tempo determinato di cui alla direttiva 1999/70/CE, atteso che in quel caso oggetto della pronuncia della Corte di Giustizia era la reiterata utilizzazione, da parte dell’amministrazione scolastica, di contratti a termine, mentre nel caso che occupa la controversia riguarda una procedura di stabilizzazione volta proprio a ovviare alla successione dei detti contratti con conseguente riduzione del precariato.
Peraltro, il ripetuto ricorso ai contratti a tempo determinato non è in generale vietato dall’art. 5, comma 1, del citato accordo quadro come si ricava dal punto 91 della sentenza Mascolo, ove si afferma che: “una normativa nazionale che consenta il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per sostituire, da un lato, personale delle scuole statali in attesa dell’esito di procedure concorsuali per l’assunzione di personale di ruolo nonché, dall’altro, personale di tali scuole che si trova momentaneamente nell’impossibilità di svolgere le sue funzioni non è di per sé contraria all’accordo quadro. Infatti, la sostituzione temporanea di un altro dipendente al fine di soddisfare, in sostanza, esigenze provvisorie del datore di lavoro in termini di personale può, in linea di principio, costituire una “ragione obiettiva” ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), di tale accordo quadro (v., in tal senso, sentenze Angelidaki e a., da C-378/07 a C-380/07, EU:C:2009:250, punti 101 e 102, nonché Kü cü k, EU:C:2012:39, punto 30)”.
Non risultano fondate nemmeno le dedotte questione di costituzionalità .
Come ammette la stessa parte appellante, in buona sostanza, l’esclusione dalla procedura di stabilizzazione per cui è causa dei docenti non iscritti nelle GAE dipende unicamente dalla data in cui gli stessi hanno conseguito il titolo di abilitazione.
Infatti, coloro che hanno acquisito il detto titolo prima dell’entrata in vigore della L. 27/12/2006 n. 296, la quale ha trasformato le originarie graduatorie permanenti, in graduatorie a esaurimento (art. 1, comma 605, lett. c), hanno avuto la possibilità di accedere alle graduatorie in parola, mentre coloro che l’hanno ottenuto successivamente non si sono potuti iscrivere ad esse, essendo state tramutate, per l’appunto, in graduatorie a esaurimento.
Dal che discende innanzitutto la manifesta infondatezza della dedotta violazione del parametro di cui all’art. 3 Cost.
E invero, la fissazione di un limite temporale per l’individuazione della categoria dei soggetti a qui la norma si applica non può dar luogo ad alcuna disparità di trattamento, in quanto, per pacifico insegnamento del giudice delle leggi, lo stesso fattore tempo, già di per sé, rappresenta idoneo criterio discretivo tra situazioni soggettive (ex plurimis, Corte Cost., 30/12/1987, n. 618 e 28/3/2008, n. 77; Cons. Stato, 27/2/2020, n. 1426), senza che venga violato irragionevolmente il principio meritocratico, poiché la scelta effettuata appare nella specie dettata dalla volontà di tutelare chi da maggior tempo si trova in una situazione di precarietà lavorativa, nell’ambito di un processo graduale di riassorbimento del precariato storico.
Nemmeno le ulteriori questioni prospettate integrano il necessario presupposto della non manifesta infondatezza.
La normativa di cui ha fatto applicazione l’impugnato D.M. n. 767/2015 è evidentemente finalizzata al superamento del precariato, attraverso un piano straordinario di assunzioni che ben può riservare, senza per ciò vulnerare né gli invocati parametri costituzionali di cui gli artt. 3, 51, comma 1 e 97 Cost., né il principio di proporzionalità, la partecipazione a soggetti in possesso di un determinato requisito, ovvero nella fattispecie l’iscrizione nelle graduatorie ad esaurimento, escludendo coloro che ne sono privi.
La regola del pubblico concorso, invero, non esclude la possibilità di deroghe, seppur rigorose e limitate, che possono trovare giustificazione in “peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico” (Corte Cost. 13/11/2009, n. 293), come quella appunto di assorbire il personale docente iscritto nelle GAE (ovvero di quel personale che abbia acquisito il titolo abilitante alla data di entrata in vigore della citata L. n. 296/2006).
Del resto, l’esigenza di assicurare il rispetto del principio del buon andamento della pubblica amministrazione risulta, comunque, soddisfatta attraverso la previsione di un’apposita procedura, di cui non è in contestazione l’idoneità a garantire la professionalità dei soggetti prescelti.
La misura non può dirsi del resto sproporzionata, rispetto all’obiettivo di stabilizzazione del precariato, per il solo fatto che la stessa non si applichi a tutti i docenti precari, ma solo a una categoria di essi.
Come più sopra rilevato, infatti, la discriminazione si basa, in sostanza, su un dato temporale, sufficiente di per sé a giustificarla e nel contempo a renderla coerente col principio di proporzionalità
Col quarto motivo gli appellanti deducono l’illegittimità (per violazione degli artt. 4, commi 1 e 2, del D.P.R. 9/5/1994, n. 487, 38 del D.P.R. 28/12/2000, n. 445 e 51 cost.) della prescrizione del bando che imponeva di presentare le domande di partecipazione mediante sistema informatico, il quale sarebbe stato congegnato in modo tale da escludere automaticamente le domande provenienti da aspiranti candidati privi dei requisiti richiesti dalla lex specialis della procedura.
La doglianza è inammissibile.
Infatti gli appellanti, privi dei requisiti per partecipare alla procedura, non hanno interesse a contestare le modalità di presentazione della domanda di ammissione.
L’appello va, in definitiva, respinto.
Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Sussistono eccezionali ragioni per disporre l’integrale compensazione di spese e onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 febbraio 2021 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere, Estensore
Dario Simeoli – Consigliere
Davide Ponte – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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