La norma sopravvenuta che consente l’utilizzo in dichiarazione dei redditi di oneri fino a coprire la capienza del reddito dichiarato

Corte di Cassazione, sezione tributaria, Ordinanza 8 maggio 2019, n. 12155.

La massima estrapolata:

La norma sopravvenuta che consente l’utilizzo in dichiarazione dei redditi di oneri fino a coprire la capienza del reddito dichiarato, non preclude la deduzione, anche relativamente agli anni d’imposta precedenti alla sua introduzione, di un onere riconosciuto successivamente in base ad una sentenza sopravvenuta che faccia emergere maggiori imposte pagate in eccedenza. Ancorché non vi sia capienza rispetto al reddito dichiarato, infatti, il contribuente può sempre fare ricorso alla procedura di rimborso attraverso la presentazione della domanda entro il termine decadenziale.

Ordinanza 8 maggio 2019, n. 12155

Data udienza 28 marzo 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente

Dott. CATALDI Michele – Consigliere

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – rel. Consigliere

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5132/15 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso, con domicilio eletto presso lo studio del primo in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale del Veneto n. 1129/15/14 depositata in data 30 giugno 2014;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 marzo 2019 dal Consigliere Dott.ssa Condello Pasqualina Anna Piera.

RILEVATO

che:
(OMISSIS) impugnava il provvedimento di diniego con cui l’Agenzia delle Entrate aveva rigettato l’istanza di rimborso presentata in data 17 gennaio 2012 che traeva origine da un contenzioso civile dallo stesso intrapreso con l’Inps per la quantificazione della pensione, che si era concluso con sentenza di appello che, in riforma della sentenza di primo grado, aveva ricalcolato la pensione nella misura originaria, con conseguente richiesta, da parte dell’Inps, di restituzione di quanto indebitamente percepito a seguito della sentenza di primo grado.
Con l’istanza di rimborso il contribuente evidenziava che le somme corrisposte all’Inps erano state regolarmente assoggettate a tassazione, per effetto di ritenuta subita dall’ente erogatore, e che pertanto aveva pagato imposte superiori al reddito effettivamente percepito, ma l’Ufficio, pur riconoscendo la sussistenza del credito, aveva rigettato l’istanza di rimborso ritenendo che l’ipotesi era espressamente disciplinata dal t.u.i.r., articolo 10, comma 1, lettera d-bis, che prevedeva la deducibilita’ delle somme restituite, ma non il rimborso dell’eccedenza d’imposta versata.
La Commissione tributaria provinciale rigettava il ricorso con sentenza che veniva impugnata dal contribuente dinanzi alla Commissione tributaria regionale, che, con la decisione indicata in epigrafe, accoglieva l’appello.
Rilevava che non risultavano errori nel calcolo della richiesta di rimborso, riguardante la sola quota d’imposta, e che non era contestata la circostanza della residenza in Svizzera del contribuente e la presentazione, da parte di quest’ultimo, di dichiarazione dei redditi nello Stato di residenza.
Ritenendo, altresi’, sussistente una situazione di incapienza che impediva di operare la deduzione d’imposta invocata dall’Ufficio, sottolineava che “la situazione non era nemmeno prevista dal testo originario dell’articolo 10”, che era stato modificato ad opera della L. n. 147 del 2013, comma 174, con la previsione espressa di poter chiedere, in alternativa alla deduzione d’imposta, il rimborso dell’imposta versata in eccesso; dichiarava, quindi, dovuto il rimborso della somma richiesta dal contribuente.
Ricorre per la cassazione della suddetta decisione l’Agenzia delle Entrate, con un unico motivo.
(OMISSIS) resiste mediante controricorso.

CONSIDERATO

che:
1. Con l’unico motivo di ricorso, la difesa erariale censura la sentenza d’appello per violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 10, comma 1, lettera d-bis e articolo 51, comma 2, lettera h), in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Espone che il Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 10, comma 1, lettera d-bis, nella versione applicabile ratione temporis, stabilisce espressamente che costituiscono oneri deducibili dal reddito “le somme restituite al soggetto erogatore, se hanno concorso a formare il reddito in anni precedenti”; per espressa previsione normativa, pertanto, il contribuente che restituisca somme assoggettate a tassazione, puo’ soltanto beneficiare di una deduzione d’imposta, esercitabile nel periodo d’imposta di restituzione e in quelli successivi (sino alla capienza del suo reddito complessivo), mentre e’ esclusa la possibilita’ di chiedere direttamente il rimborso dell’eccedenza d’imposta.
Deduce, inoltre, che la Commissione regionale ha posto a fondamento della decisione la novella legislativa recata dalla L. n. 147 del 2013, per effetto della quale il Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 10, comma 1, lettera d-bis), prevede che il contribuente, in alternativa alla deduzione, possa “chiedere il rimborso dell’imposta corrispondente all’importo non dedotto”, che puo’ tuttavia trovare applicazione solo “a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2013”, ed ha poi valorizzato il dato della residenza estera del contribuente, non tenendo conto che, per effetto del Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 51, comma 2, lettera h), non e’ necessario presentare la dichiarazione dei redditi per ottenere la deduzione, essendo sufficiente, per effetto del Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 51, comma 2, lettera h), chiedere al sostituto d’imposta di dedurre dal reddito l’onere in esame.
2. La censura e’ infondata.
3. Risulta pacifico, in fatto, che il contribuente, in esecuzione della sentenza della Corte di Appello di Venezia pronunciata nell’ambito del contenzioso civile dallo stesso instaurato nei confronti dell’Inps, ha provveduto alla restituzione in favore dell’Ente previdenziale della somma di Euro 189.119,21, in un’unica soluzione, a titolo di quanto indebitamente ricevuto dallo stesso ente in forza della sentenza n. 541/2006 del Tribunale di Verona; poiche’ sulle somme restituite all’Inps sono tate operate ritenute Irpef, il contribuente ha presentato istanza di rimborso Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 ex articolo 38, al fine di recuperare l’imposta versata in eccedenza in relazione alle annualita’ 2008 e 2009.
4. Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 10, comma 1, lettera d-bis), nella formulazione vigente in data antecedente alla novella normativa del 2013, prevede, per i periodi d’imposta anteriori al 2013, la facolta’ di beneficiare di una deduzione d’imposta, esercitabile sia nello stesso periodo d’imposta di restituzione che in quelli successivi, sino alla capienza del reddito complessivo.
Soltanto a seguito della modifica apportata dalla L. n. 147 del 2013, comma 174, al Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 10, comma 1, lettera d-bis) – non invocabile al caso in esame, in ragione della irretroattivita’ della disposizione normativa applicabile solo a decorrere dal periodo d’imposta 2013 – e’ stata introdotta la facolta’ per il contribuente di poter chiedere, in alternativa alla deduzione d’imposta, il rimborso dell’eccedenza d’imposta.
5. Va, tuttavia, rilevato che, sebbene la norma in esame riconosca al contribuente esclusivamente la facolta’ di utilizzare, nella dichiarazione dei redditi, il meccanismo della deduzione dell’onere dalla complessiva base imponibile (e cioe’, in sostanza, una forma di restituzione per compensazione), il mancato esercizio di tale facolta’ non preclude il ricorso all’ordinario strumento della procedura di rimborso, mediante presentazione della relativa domanda nel termine previsto a pena di decadenza (Cass. n. 25564 del 27/10/2017).
Infatti, l’azione di rimborso di somme indebitamente versate, in materia tributaria, ha portata generale e, pertanto, non puo’ ritenersi preclusa in presenza di ulteriori modalita’ di recupero del pagamento indebito, la cui utilizzazione e’ prevista a piu’ limitati fini ed e’ rimessa alla libera scelta del contribuente (cfr., in tema di imposte sui redditi, in relazione alla presentazione di dichiarazione integrativa Decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998 ex articolo 2, comma 8-bis, Cass. Sez. U., n. 13378 del 2016, e, con riguardo alla richiesta di detrazione del credito d’imposta t.u.i.r. ex articolo 15, Cass. n. 21968 del 2015, nelle quali si e’ precisato che l’omessa utilizzazione delle indicate procedure comporta soltanto l’impossibilita’ di fruire, rispettivamente, degli istituti della compensazione e della detrazione in sede di dichiarazione, ma non e’ precluso il ricorso all’azione di rimborso).
6. Peraltro, l’impossibilita’ di recuperare per intero, mediante il meccanismo dell’onere deducibile, le imposte trattenute e non dovute – per incapienza del reddito di pensione percepito nell’anno di restituzione delle somme – non esclude ed anzi legittima il ricorso alla procedura di rimborso dei versamenti diretti prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, articolo 38, atteso che il presupposto del diritto al rimborso e’ integrato non solo dalla inesistenza originaria dell’obbligo di versamento, ma anche dalla inesistenza sopravvenuta, sempre che sia osservato il termine di decadenza previsto dal citato articolo 38 (in senso analogo, con riferimento alla inesistenza sopravvenuta dell’obbligo di versamento derivante dalla incompatibilita’ della norma nazionale impositiva con il diritto comunitario Cass. Sez. U, n. 13676 del 16/6/2014) (Cass. n. 13400 del 30 giugno 2016).
La sentenza impugnata, riconoscendo il diritto al rimborso della somma richiesta, va dunque esente dalla censura ad essa rivolta.
7. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese del giudizio di legittimita’, in ragione della peculiarita’ della questione affrontata, devono essere integralmente compensate tra le parti.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, non si applica il Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater.
Infatti, nei casi di impugnazione respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile, l’obbligo di versare, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non puo’ trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (Cass. n. 1778 del 29/01/2016).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimita’.

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