La natura di arma e l’efficienza della stessa

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 19 novembre 2019, n. 46890

Massima estrapolata:

La natura di arma dell’oggetto in possesso dell’imputato e l’efficienza della stessa possono essere desunte da qualsiasi mezzo di prova – specifica o generica, diretta o indiretta – e il relativo accertamento, ove immune da vizi logici o giuridici, costituisce apprezzamento di fatto sottratto al sindacato di legittimità.

Sentenza 19 novembre 2019, n. 46890

Data udienza 18 ottobre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZEI Antonella P. – Presidente

Dott. SIANI Vincenzo – Consigliere

Dott. APRILE Stefano – rel. Consigliere

Dott. DI GIURO Gaetano – Consigliere

Dott. CAIRO Antonio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 11/10/2018 della CORTE APPELLO di CATANIA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. APRILE STEFANO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. CESQUI ELISABETTA, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso con condanna al pagamento di Euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende.
dato atto dell’assenza del difensore.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento impugnato, la Corte d’appello di Catania ha confermato la sentenza del Tribunale di Catania del 15 gennaio 2018 con la quale (OMISSIS) e’ stato dichiarato responsabile dei delitti di detenzione e porto di un’arma comune da sparo nonche’ di minaccia aggravata dall’uso dell’arma in danno di (OMISSIS).
Nella notte del (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) s’intrattenevano – con modalita’ percepite come sospette dall’imputato – nei pressi del complesso condominiale ove e’ operativa la base dell’organizzazione criminale della famiglia (OMISSIS), allorquando un uomo, armato di una pistola indicata da (OMISSIS) con il calibro “9×21”, minacciava la persona offesa puntandogliela alla testa e ordinando alla stessa di andarsene. Immediatamente dopo i fatti, i protagonisti della vicenda si riconoscevano vicendevolmente e chiarivano, non senza qualche ulteriore tensione, il “malinteso”.
1.1. Con concorde valutazione di entrambi i giudici di merito e’ stata affermata la responsabilita’ dell’imputato per i sopra indicati delitti sulla base delle intercettazioni telefoniche e ambientali, eseguite nei confronti della vittima in quanto indagata in un diverso procedimento, e delle investigazioni di polizia che hanno consentito di identificare il responsabile della minaccia aggravata sia mediante il riferimento al nome ” (OMISSIS)” utilizzato dall’imputato, sia in considerazione del luogo dove si sono svolti i fatti (base dell’organizzazione criminale facente capo alla famiglia (OMISSIS)), e del riferimento a ” (OMISSIS)”, fratello dell’imputato, successivamente intervenuto a chiarire ulteriormente l’episodio.
Le caratteristiche dell’arma e la sua piena funzionalita’ sono state affermate dai giudici di merito sulla base delle conversazioni intercettate, delle caratteristiche professionali della vittima (a sua volta possessore di armi dello stesso tipo nonche’ dedito alla commissione di reati con l’uso delle medesime), della serieta’ della minaccia, per come percepita dalla vittima che ne e’ risultata terrorizzata, e delle circostanze e modalita’ del fatto (in tempo di notte, in luogo notoriamente critico perche’ riferito alla base operativa di una famiglia criminale).
2. Ricorre (OMISSIS), a mezzo dei difensori avv. (OMISSIS) e avv. (OMISSIS), che chiede l’annullamento della sentenza impugnata, formulando quattro motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione di legge, in riferimento all’articolo 192 c.p.p., e il vizio della motivazione con riguardo alla identificazione dell’autore dell’illecito, tenuto conto che nella sentenza e’ erroneamente affermata la identificazione di ” (OMISSIS)” nella persona dell’imputato (OMISSIS), mentre la perizia sulle intercettazioni non contiene alcun riferimento a tale nome.
Del resto, il supposto aggressore non e’ mai stato chiamato per nome nell’intercettazione relativa alla ipotizzata minaccia a mano armata; il nome ” (OMISSIS)” emerge soltanto in una diversa intercettazione intercorsa tra altri soggetti, sicche’ la conclusione cui e’ giunta la Corte d’appello allorquando ha identificato il ” (OMISSIS)” nell’imputato costituisce soltanto una possibile ipotesi investigativa e non assurge al rango di prova indiziaria.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia la violazione di legge, in riferimento all’articolo 192 c.p.p., e il vizio della motivazione con riguardo alla assenza degli indizi di colpevolezza laddove non viene superata la logica argomentazione difensiva che ha evidenziato, tenuto conto della storia criminale della vittima che afferma di essere un associato proprio dell’organizzazione asseritamente facente capo alla famiglia dell’imputato, l’erroneita’ della identificazione cui e’ pervenuto il giudice di merito in quanto non tiene conto della reciproca conoscenza dei soggetti, elemento che risulta inconciliabile dal punto di vista logico con la mancata immediata identificazione dell’aggressore.
In particolare, si sottolinea che, seguendo l’ipotesi accusatoria, risulta illogico che l’aggressore, qualora identificabile effettivamente in (OMISSIS), non abbia riconosciuto (OMISSIS) quale associato alla sua organizzazione criminale e come, allo stesso modo, quest’ultimo non abbia immediatamente riconosciuto il proprio aggressore. Si tratta di un dato che e’ incompatibile con la ricostruzione operata dai giudici di merito.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia la violazione di legge e il vizio della motivazione per mancanza dell’elemento soggettivo, trattandosi di una minaccia posta in essere foci causa, tenuto conto che tutti i protagonisti ridevano dell’episodio.
2.4. Con il quarto motivo di ricorso si denuncia la violazione di legge e il vizio della motivazione con riguardo al mancato accertamento della funzionalita’ dell’arma.
In disparte l’irrilevanza, dal punto di vista della prova di offensivita’, dell’argomento secondo il quale se l’arma non fosse stata funzionante la vittima non si sarebbe spaventata – in quanto si tratta di un’argomentazione di tipo soggettivo inidonea a fondare l’accertamento dell’idoneita’ oggettiva della pistola -, resta il fatto che nessun accertamento sulla funzionalita’ della pistola e’ stato effettuato e che gli argomenti di tipo logico utilizzati per desumerla (il luogo dei fatti coincide con la sede dell’organizzazione; l’imputato non sarebbe mai intervenuto con una pistola giocattolo per allontanare delle persone sospette verosimilmente armate che si appostavano nei pressi della sua abitazione) costituiscono delle mere presunzioni.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ infondato per le ragioni che saranno esposte.
2. E’ manifestamente infondato e percio’ inammissibile il primo motivo di ricorso perche’ e’ erronea la deduzione secondo la quale i giudici di merito avrebbero identificato l’imputato in ” (OMISSIS)”, travisando il contenuto delle intercettazioni trascritte dal perito che non ha mai operato detta identificazione.
In effetti, i giudici di merito hanno identificato l’imputato nella persona di ” (OMISSIS)” senza attribuirne l’identificazione al perito, ma piuttosto incentrandola sul contenuto di una conversazione telefonica intercorsa tra la vittima e (OMISSIS) pochi minuti dopo il fatto allorquando quest’ultimo, rimasto sul posto per chiarire definitivamente la vicenda (che aveva tra l’altro indotto la vittima a temere di non essere piu’ ritenuto affidabile dal clan), ha avuto una conversazione, della quale stava proprio riferendo il contenuto alla vittima, con l’aggressore dallo stesso denominato ” (OMISSIS)”, precisando che ” (OMISSIS)”, fratello di questi, anch’egli presente ai fatti, “si ammazzo’ dalle risate” una volta chiarito l’equivoco che aveva portato alla minaccia.
Il canone probatorio seguito dai giudici di merito e’ pienamente aderente ai principi espressi in sede di legittimita’, ribaditi nella sentenza delle Sezioni Unite Sebbar, nella quale si e’ affermato che “le dichiarazioni auto ed etero accusatorie registrate nel corso di attivita’ di intercettazione regolarmente autorizzata hanno piena valenza probatoria e, pur dovendo essere attentamente interpretate e valutate, non necessitano degli elementi di corroborazione previsti dall’articolo 192 c.p.p., comma 3” (Sez. U, Sentenza n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263714, che richiama, peraltro, il costante orientamento di legittimita’ gia’ affermato da Sez. 5, n. 13614 del 19/01/2001, Primerano, Rv. 218392,e da altre decisioni, tra cui Sez. 2, n. 4976 del 12/01/2012, Soriano, Rv. 25181).
In particolare, si e’ affermato che “il contenuto di un’intercettazione, anche quando si risolva in una precisa accusa in danno dell’imputato che non vi ha preso parte, indicato come autore di un reato, non e’ equiparabile alla chiamata in correita’ e, pertanto, se anch’esso deve essere attentamente interpretato sul piano logico e valutato su quello probatorio, non e’ pero’ soggetto, in tale valutazione, ai canoni di cui all’articolo 192 c.p.p., comma 3″ (in questo senso, si veda Sez. 5, Sentenza n. 4572 del 17/07/2015, dep. 2016, Ambroggio, Rv. 265747).
Alla luce di tale consolidato orientamento, al quale si e’ rigidamente attenuto il giudice di merito, il motivo di ricorso e’ inammissibile perche’ non si confronta con la logica e coerente ricostruzione dei fatti operata nella motivazione del provvedimento impugnato che ha valorizzato la valenza identificativa dell’intercettazione telefonica nella quale vengono indicati specifici elementi di identificazione dell’imputato che egli, del resto, non contesta.
2.1. Il ricorso, oltre ad omettere di confrontarsi con la sopra richiamata valenza probatoria dell’intercettazione telefonica in cui emergono – proprio con riferimento all’episodio di cui si discute – il nome di ” (OMISSIS)” e del fratello (OMISSIS), tralascia completamente di confutare il percorso che ha portato all’identificazione dell’imputato sulla base degli elementi offerti dalle investigazioni di polizia giudiziaria che hanno riferito come lo stesso fosse noto con l’appellativo di ” (OMISSIS)”, con il quale nome peraltro era pure stato sottoposto a identificazione in occasione di precedenti controlli di polizia; come egli avesse un fratello di nome (OMISSIS),’ come la famiglia di entrambi operasse e risiedesse nel complesso condominiale ove si sono svolti i fatti)e come tra tutte le famiglie che risiedono in detto complesso soltanto la famiglia (OMISSIS) poteva vantare due fratelli rispettivamente con i nomi di (OMISSIS) detto ” (OMISSIS)” e (OMISSIS).
3. Il secondo motivo di ricorso e’ infondato perche’ non e’ in grado di superare le logiche conclusioni cui sono pervenuti con concorde valutazione entrambi i giudici di merito.
In effetti, la sentenza impugnata ha chiarito che ” (OMISSIS)” si e’ avvicinato armato di una pistola e con intenzioni ostili alle persone che aveva notato appartarsi nei pressi del complesso condominiale ove ha sede l’organizzazione criminale cui il medesimo appartiene, senza avere avuto la possibilita’ di scorgere in viso i sospetti i quali, del resto, hanno potuto riconoscere l’aggressore soltanto dopo che la minaccia era stata posta in essere, sicche’ le argomentazioni di tipo logico sviluppate nel secondo motivo di ricorso, che valorizzano la pregressa reciproca conoscenza tra tutti i protagonisti della vicenda, risultano insufficienti a superare le conclusioni dei giudici di merito proprio perche’ non sono in grado di porre in dubbio l’elemento essenziale su cui si fonda detta ricostruzione e cioe’ che, al momento del fatto, i protagonisti non si erano riconosciuti.
Del resto, la sentenza impugnata ha chiarito in modo logico e coerente come il reciproco riconoscimento sia stato possibile soltanto dopo che la vittima e’ stata minacciata con la pistola, tant’e’ vero che il clima si e’ in parte rasserenato (l’imputato ha redarguito duramente (OMISSIS) per essersi intrattenuto cosi’ a lungo e lontano dalla propria dimora) e i protagonisti della vicenda hanno inteso poi ricomporre le eventuali incomprensioni che potevano sorgere in relazione alla presenza, ritenuta dall’imputato inopportuna, del duo (OMISSIS) sotto il complesso condominiale ove operava il clan.
4. Il terzo motivo di ricorso e’ inammissibile perche’ generico e assertivo laddove non si confronta con la motivazione del provvedimento impugnato che ha evidenziato l’estrema ansia e preoccupazione reiteratamente e prolungatamente manifestate da (OMISSIS) per la serieta’ e gravita’ della minaccia subita, mentre l’ilarita’ e’ stata registrata dopo l’episodio quando ormai il gruppo aveva chiarito che l’imputato aveva reagito in modo eccessivamente violento a una situazione che, pur potendo apparire al medesimo come sospetta, era di fatto priva di concreta rilevanza.
5. Il quarto motivo di ricorso, che contesta la funzionalita’ dell’arma, e’ infondato perche’ le critiche che muove all’apparato motivazionale non sono in grado di scalfirne la tenuta logica argomentativa.
5.1. Deve essere premesso che nella valutazione probatoria giudiziaria cosi’ come, secondo la piu’ moderna epistemologia, in ogni procedimento di accertamento (scientifico, storico, etc.) – e’ corretto e legittimo fare ricorso al concetto di verosimiglianza, caratterizzato da un giudizio inferenziale di alta probabilita’ logica, e alle massime di esperienza.
E’ tuttavia necessario – affinche’ il giudizio di verosimiglianza sia logicamente e giuridicamente accettabile – che si possa escludere plausibilmente ogni alternativa spiegazione che invalidi l’ipotesi all’apparenza veritiera perche’ piu’ verosimile.
Cio’ implica che – nel percorso dialogico tipico del giudizio penale di tipo accusatorio, la mancata deduzione di elementi contrari, ovvero l’inidoneita’ di questi a falsificare l’alta probabilita’ della veridicita’ della ricostruzione proposta – il giudizio di verosimiglianza puo’ essere posto a fondamento della ricostruzione dell’accadimento storico oggetto di accertamento.
Infatti, allorche’ viene offerto di provare che cio’ che appare con un alto grado di probabilita’ come vero (id est: verosimile, nel senso indicato dalla giurisprudenza di legittimita’) contrasta con il reale accadimento, quando cioe’ venga dedotta una prova avente ad oggetto proprio la falsificazione/validazione, nel caso concreto, della massima di esperienza, la mancata ammissione della prova non consente di ritenere logicamente per vero cio’ che appare solo verosimile, mentre l’assenza di falsificazione determina la validazione della ricostruzione sottoposta al contraddittorio.
Il contraddittorio, in effetti, e’ lo strumento logico di tipo dialettico prescelto al fine di poter individuare e consentire le possibili e non cervellotiche falsificazioni delle ipotesi accusatorie. Esso, dal punto di vista soggettivo, si identifica con il diritto dell’imputato a interloquire, in condizioni di parita’, sui possibili temi oggetto di prova e controprova; dal punto di vista oggettivo, e’ la tecnica piu’ accettabile per la ricostruzione dei fatti, e piu’ precisamente un metodo per scoprire tutto cio’ che puo’ confermare o falsificare l’ipotesi accusatoria.
L’affermazione di colpevolezza fondata sulla esclusione della possibilita’ di invalidare l’ipotesi dell’accusa (per ritenuta improbabilita’ dell’assunto che si vuoi provare) e’ scorretta non solo dal punto di vista giuridico, per contrasto con i principi del giusto processo fondato sulla “parita’ delle armi”, ma anche dal punto di vista logico, dal momento che una conclusione puo’ ritenersi per vera, solo se ha resistito alle spiegazioni alternative; e cio’ presuppone che, salvo che dette spiegazioni siano irrefutabilmente escluse o contraddette sul piano logico, sia data la possibilita’ di provarne la fondatezza (in questo senso: Sez. 6, n. 4668 del 28/03/1995, Layne, Rv. 201152).
5.2. Cio’ premesso, il ricorso non contesta che l’imputato fosse in possesso di un’arma (si giunge ad ammettere che potesse trattarsi di una pistola priva di tappo rosso, sicche’ idonea a integrare l’ipotesi della minaccia aggravata), essendosi limitate le critiche alla sua funzionalita’ e capacita’ offensiva.
La giurisprudenza di legittimita’ ha tradizionalmente affermato che “l’accertamento concernente la natura di arma dell’oggetto in possesso dell’imputato e, una volta risolto positivamente tale quesito, quello riguardante l’efficienza dell’arma, costituiscono apprezzamento di fatto che, se sorretto da motivazione priva di vizi logici o giuridici, e’ sottratto al sindacato di legittimita’. E bene il giudice di merito, nel caso in cui l’arma non sia stata ritrovata, puo’ desumerne la natura e l’efficienza attraverso qualsiasi mezzo di prova: specifica o generica, diretta o indiretta” (Sez. 1, n. 6233 del 22/05/1981, Salasso, Rv. 149508).
5.3. Alla luce di tale orientamento ermeneutico e facendo tesoro delle premesse relative al giudizio di alta probabilita’ logica impiegato dalla Corte d’appello per giungere all’affermazione della funzionalita’ e idoneita’ offensiva della pistola impugnata dall’imputato, deve concludersi che il percorso seguito dai giudici di merito e’ corretto dal punto di vista logico perche’ valorizza, quale prova specifica, ancorche’ indiretta, una serie di convergenti elementi indiziari.
Anzitutto, la puntuale identificazione compiuta dalla persona offesa della tipologia e caratteristiche dell’arma che si e’ vista puntare alla testa, tanto che ha potuto descriverne il calibro; inoltre, la professionalita’ della persona offesa dalla quale e’ stata logicamente desunta la capacita’ di identificare lo strumento di offesa impiegato nella circostanza, anche perche’ la vittima, oltre a essere solita maneggiare le armi, e’ stata poi trovata in possesso di pistole dello stesso tipo; la condizione di shock e fortissima preoccupazione reiteratamente descritta dalla vittima che non ha avuto dubbi circa la concretezza e serieta’ della minaccia a mano armata che gli veniva portata dall’imputato; infine, la accertata spregiudicatezza dell’imputato nel maneggio delle armi e in generale nell’uso della violenza che, unita alla particolare condizione spazio-temporale in cui si’ sono svolti i fatti (di notte e sotto la base operativa dell’organizzazione criminale cui l’imputato appartiene), consentono di escludere che il medesimo potesse esporsi, dopo essersi determinato a compiere una minaccia a mano armata, a una potenziale risposta violenta da parte di soggetti che egli stimava pericolosi perche’ posizionatisi in modo sospetto proprio nei pressi dell’abitazione della famiglia dell’imputato.
A fronte di tale logica e coerente ricostruzione di una serie di elementi indiziari univocamente indicativi della piena funzionalita’ dell’arma impiegata per porre in essere la minaccia, il ricorso si limita a contestare la mancanza di un obiettivo accertamento sulla funzionalita’ della stessa, mancanza che all’evidenza non costituisce un elemento di falsificazione della ricostruzione operata dai giudici di merito, ovvero a dedurre che la ricostruzione dei giudici di merito si basa unicamente sulla percezione soggettiva della vittima, senza pero’ confrontarsi con gli ulteriori elementi indiziariamente convergenti che riguardano, invece, la condotta materiale posta in essere dall’imputato.
Le argomentazioni difensive sono pertanto insufficienti a contrastare la capacita’ logico dimostrativa della ricostruzione operata dai giudici di merito in punto di alta probabilita’ logica che l’arma impiegata dall’imputato fosse effettivamente un’arma comune da sparo dallo stesso impugnata proprio per ostacolare una supposta minaccia posta in essere da due soggetti – sconosciuti ritenuti pericolosi.
6. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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