Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 22 luglio 2020, n. 21932.
Massima estrapolata:
Integra una condotta truffaldina la messa in vendita di un bene su un sito internet, accompagnata dalla mancata consegna del bene stesso all’acquirente e posta in essere da parte di chi falsamente si presenta come alienante con il solo proposito di indurre la controparte a versare una somma di denaro e a conseguire, quindi, un profitto.
Sentenza 22 luglio 2020, n. 21932
Data udienza 3 luglio 2020
Tag – parola chiave: Reati contro il patrimonio – Reato di truffa – Condotta truffaldina rilevante – Messa in vendita di un bene su un sito internet
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMMINO Matild – Presidente
Dott. MANTOVANO Alfred – Consigliere
Dott. MESSINI D’AGOSTINI P – rel. Consigliere
Dott. PARDO Ignazio – Consigliere
Dott. COSCIONI Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 13/07/2018 della CORTE DI APPELLO DI MESSINA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Piero MESSINI D’AGOSTINI;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. TOCCI Stefano, che ha concluso per l’annullamento con rinvio relativamente al capo b) dell’imputazione;
lette le conclusioni del difensore delle parti civili avv. (OMISSIS), che ha concluso per l’inammissibilita’ o il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 13/07/2018 la Corte di appello di Messina, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Patti in data 10/10/2017, confermava la condanna di (OMISSIS) per due reati di truffa, mentre dichiarava estinti per intervenuta prescrizione altre due truffe, rideterminando la pena in sette mesi di reclusione e 80 Euro di multa e confermando nel resto la sentenza impugnata.
Secondo la ipotesi accusatoria, recepita dai giudici di merito, (OMISSIS) aveva promesso in vendita su due diversi siti internet un decoder satellitare (reato sub b) ed una fotocamera (reato sub c), ricevendo in entrambi i casi il corrispettivo in pagamento sulla propria carta postepay, assicurando nel contempo il pronto recapito della merce, poi mai consegnata.
2. Ha proposto ricorso (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore, chiedendo l’annullamento della sentenza di appello in ragione di due motivi.
2.1. Con il primo motivo la difesa denuncia violazione della legge penale in quanto nella condotta contestata, in assenza di artifizi e raggiri e di una induzione in errore, sarebbe ravvisabile un mero inadempimento civilistico, “dovuto semplicemente alla sopravvenuta assenza di disponibilita’ del venditore alle consegna dell’oggetto del contratto per sopravvenuta difficolta’”.
2.2. Con il secondo motivo, inerente alla condanna per la truffa di cui al capo b), il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio motivazionale in ordine alla conferma di una condanna fondata sulle sole dichiarazioni rese dalla persona offesa in querela, acquisite in dibattimento senza il consenso della difesa, che ne aveva richiesto l’esame.
3. Il difensore delle parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS) ha inviato una memoria, chiedendo l’inammissibilita’ od il rigetto del ricorso e la condanna dell’imputato alle spese del grado.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ inammissibile, in relazione al reato sub c), per la manifesta infondatezza del primo motivo proposto, inerente alla insussistenza degli elementi costitutivi della truffa.
2. Secondo la costante giurisprudenza di legittimita’, integra una condotta truffaldina la messa in vendita di un bene su un sito internet, accompagnata dalla mancata consegna del bene stesso all’acquirente e posta in essere da parte di chi falsamente si presenta come alienante con il solo proposito di indurre la controparte a versare una somma di denaro e a conseguire, quindi, un profitto ingiusto (Sez. 2, n. 51551 del 04/12/2019, Rocco, Rv. 278231; Sez. 2, n. 40045 del 17/07/2018, Omnis, Rv. 273900; Sez. 6, n. 17937 del 22/03/2017, Cristaldi, Rv. 269893; Sez. 2, n. 43706 del 29/09/2016, -Pastafiglia, Rv. 268450).
Nella ricostruzione dei giudici di merito, il ricorrente – come contestato anche nell’imputazione sub c) – riferi’ alla persona offesa (OMISSIS) di avere la disponibilita’ della fotocamera e la rassicuro’ sulla pronta consegna del bene; non si tratto’, dunque, di una “sopravvenuta assenza di disponibilita’” della merce, come apoditticamente sostenuto dalla difesa.
Inoltre, neppure la negligenza e superficialita’ della persona offesa escludono la sussistenza del reato, posto che “la rilevanza penale dell’accertata, fraudolenta, induzione in errore non viene meno per il solo fatto che il deceptus abbia a sua disposizione strumenti di difesa, in ipotesi non compiutamente utilizzati, poiche’ in siffatta situazione la responsabilita’ penale e’ sempre collegata al fatto dell’agente, ed e’ indipendente dalla eventuale cooperazione, piu’ o meno colposa, della vittima negligente”” (Sez. 2, n. 42867 del 20/06/2017, Guli’, Rv. 271241; in senso conforme cfr., ad es., Sez. 2, n. 52316 del 27/09/2016, Riva, Rv. 268960 nonche’, da ultimo, Sez. 2, n. 16021 del 12/02/2020, Ardiero, n. m.).
Solo con il ricorso e’ stato dedotto che la mera intestazione della carta postepay non consentirebbe di affermare con certezza che fu proprio l’imputato ad utilizzare la carta sulla quale furono versate le somme corrisposte per gli acquisti.
La deduzione non era stata proposta con l’appello, nel quale, per contro, la difesa osservo’ che (OMISSIS) forni’ le proprie generalita’ perche’ in caso contrario “difficilmente avrebbe potuto ottenere le somme di cui si discute”.
Va ribadito sul punto che, alla luce di quanto disposto dall’articolo 609 c.p.p., comma 2, non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare perche’ non devolute alla sua cognizione, ad eccezione di quelle rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del giudizio e di quelle che non sarebbe stato possibile proporre in precedenza (Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, Furlan, Rv. 276062, in motivazione; Sez. 3, n. 57116 del 29/09/2017, B., Rv. 271869; Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, Galdi, Rv. 270316; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 269745; Sez. 2, n. 8890 del 31/01/2017, Li Vigni, Rv. 269368; Sez. 3, n. 16610 del 24/01/2017, Costa, Rv. 269632; Sez. 2, n. 6131 del 29/01/2016, Menna, Rv. 266202; da ultimo v. Sez. 2, n. 9543 del 19/02/2020, Dell’Omo, non mass.).
La ratio di tale statuizione sta nella necessita’ di evitare che possa sempre essere rilevato un difetto di motivazione della sentenza di secondo grado con riguardo ad un punto del ricorso non investito dal controllo della Corte di appello, perche’ non segnalato con i motivi di gravame.
3. Per contro, non risulta manifestamente infondato il secondo motivo di ricorso, relativo al reato sub b).
La Corte di appello, infatti, ha dato atto che la querela presentata dalla persona offesa (OMISSIS) fu acquisita in dibattimento senza l’esame della stessa ed in assenza del necessario consenso della difesa (con la conseguente inutilizzabilita’ dell’atto ai fini di prova, gia’ eccepita nell’atto di gravame), ma ha ritenuto dimostrata la responsabilita’ dell’imputato per tutte le truffe a lui contestate sulla base delle “altre due querele regolarmente acquisite agli atti del processo, avendo il (OMISSIS), in tutte le occasioni, agito con il medesimo modus operandi”.
Trattasi di una motivazione che non resiste alle obiezioni difensive; conseguentemente, la sentenza va annullata senza rinvio, limitatamente al reato sub b), per essere lo stesso estinto per prescrizione, maturata il (OMISSIS).
La pena, pertanto, va rideterminata eliminando l’aumento a titolo di continuazione per il reato sub b), estinto per prescrizione, quantificato nella sentenza impugnata in un mese di reclusione e 20 Euro di multa.
4. Ad oggi sarebbe maturato il termine di prescrizione anche per la truffa contestata al capo c). Tuttavia, l’inammissibilita’ del motivo non consente di rilevare l’estinzione dello stesso reato.
Infatti, l’inammissibilita’ del ricorso per cassazione non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude pertanto la possibilita’ di rilevare e dichiarare ora l’estinzione del reato per prescrizione a norma dell’articolo 129 c.p.p., come statuito dalle Sezioni unite della Suprema Corte in numerose pronunce (. 20208 del 25/10/2018, dep. 2019, Schettino, Rv. 275319, in motivazione; n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822; n. 6903 del 27/5/2016, dep. 2017, Aiello, Rv. 268966; n. 26102 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 266818; n. 23428 del 22/03/2005, Bracale, Rv. 231164; n. 33542 del 27/06/2001, Cavalera, Rv. 219531; n. 32 del 22/11/2000, Decreto Legge n., Rv. 217266; da ultimo v. sent. n. 12778 del 27/02/2020, S., Rv. 278869, in motivazione).
Con la sentenza Aiello la Corte di cassazione ha statuito che, in caso di sentenza cumulativa relativa a piu’ imputazioni, i singoli capi della sentenza sono autonomi ad ogni effetto giuridico e, percio’, anche ai fini dell’impugnazione, stante il principio della pluralita’ delle azioni penali, tante per quanti sono gli imputati e, per ciascun imputato, tante quante sono le imputazioni; pertanto, sulla base del principio dell’autonomia dei rapporti di impugnazione relativi ai singoli capi, nei processi oggettivamente cumulativi l’ammissibilita’ del ricorso relativo ad un capo non si comunica agli altri capi per i quali il ricorso, preso in esame isolatamente, sarebbe stato dichiarato inammissibile.
In conformita’ a detta pronuncia, si e’ poi affermato che “l’autonomia dell’azione penale e dei rapporti processuali inerenti ai singoli capi di imputazione impedisce che l’ammissibilita’ dell’impugnazione per uno dei reati possa determinare l’instaurazione di un valido rapporto processuale anche per i reati in relazione ai quali i motivi dedotti siano inammissibili opera anche quando tra detti reati sia stata ritenuta la continuazione” (Sez. 3, n. 20899 del 25/01/2017, Bruno, Rv. 270130; in senso conforme v. Sez. 2, n. 4594 del 17/01/2018, Cantile, in motivazione, nonche’, da ultimo, Sez. 2, n. 990 del 13/12/2019, dep. 2020, Fusco, Rv. 278678).
Alla declaratoria di inammissibilita’ del motivo d’impugnazione relativo al reato sub c) segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese del grado sostenute dalla parte civile (OMISSIS), spese che invece non possono essere liquidate anche alla parte civile (OMISSIS), persona offesa del reato sub a), che non formava oggetto del ricorso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di truffa sub b) perche’ estinto per prescrizione ed elimina la relativa pena in continuazione.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso e ridetermina la pena per il residuo reato sub c) in mesi sei di reclusione ed Euro 60,00 di multa.
Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del grado in favore della sola parte civile (OMISSIS), che liquida in Euro 2.000,00, oltre spese forfetarie nella misura del 15%, c.p.A. ed I.V.A.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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