La mera riproposizione dei motivi di primo grado senza che sia sviluppata alcuna confutazione della statuizione del primo giudice

Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 22 luglio 2019, n. 5173.

La massima estrapolata:

Nel processo amministrativo di appello è inammissibile la mera riproposizione dei motivi di primo grado senza che sia sviluppata alcuna confutazione della statuizione del primo giudice, atteso che l’effetto devolutivo dell’appello non esclude l’obbligo dell’appellante di indicare nel relativo atto le specifiche critiche rivolte alla sentenza impugnata e le ragioni per le quali le conclusioni, cui il primo giudice è pervenuto, non sono condivisibili, non potendo l’appello limitarsi ad una generica riproposizione degli argomenti dedotti in primo grado.

Sentenza 22 luglio 2019, n. 5173

Data udienza 11 luglio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7956 del 2015, proposto dal signor Ch. Zh., rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Fa. e, a seguito di decesso di questi, dall’avvocato Da. As., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tar Emilia Romagna, sede di Bologna, sez. I, n. 392 del 23 aprile 2015, che ha respinto il ricorso proposto avverso il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, opposto dalla Questura di Modena con decreto n. 5321 dell’11 dicembre 2014.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 luglio 2019 il Cons. Giulia Ferrari e uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con decreto n. 5321 dell’11 dicembre 2014 il Questore di Modena ha rigettato la richiesta, avanzata il 7 agosto 2014 dal cittadino cinese signor Ch. Zh., di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, opposto dal Questore di Modena.
Alla base del diniego è la mancanza del reddito minimo normativamente richiesto, che è presupposto per ottenere il rinnovo di permesso di soggiorno. Nel 2013 ha infatti guadagnato Euro 713,00; nel 2014, assunto come operaio a tempo indeterminato il 26 febbraio 2014, ha percepito (fino al 30 settembre 2014) un reddito pari ad Euro 2.133,310.
2. Con il ricorso n. 212 del 2015, proposto al Tar Emilia Romagna, sede di Bologna, il sig. Ch. Zh. ha impugnato tale rigetto, chiedendone l’annullamento per omessa comunicazione del preavviso di rigetto e per non aver valutato che lo stipendio annuo percepito dal 2014, pari ad Euro 4.400,00, pur essendo inferiore di circa Euro 1.400,00 all’assegno sociale previsto per il 2014 (pari ad Euro 5.818,93), era comunque tale da garantirgli una vita dignitosa e lecita, essendo peraltro ospitato gratuitamente presso una casa di proprietà del datore di lavoro.
3. La sez. I del Tar Bologna, con la sentenza n. 392 del 23 aprile 2015, emessa ai sensi dell’art. 60 c.p.a., ha respinto il ricorso e compensato le spese di giudizio.
4. Con l’appello in esame, notificato l’8 settembre 2015 e depositato il successivo 25 settembre, il signor Ch. Zh. ha chiesto che, in riforma della decisione impugnata, il ricorso di primo grado sia accolto, reiterando i motivi dedotti in primo grado
5. Si è costituito in giudizio il Ministero dell’interno senza depositare memorie difensive.
6. Alla pubblica udienza dell’11 luglio 2019 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. L’appello è inammissibile, come comunicato alle parti presenti ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a..
L’appellante si è, infatti, limitata a riproporre alcuni motivi già dedotti in primo grado senza per nulla fare riferimento, per censurarle. alle argomentazioni della sentenza del Tar Bologna, citata solo in epigrafe. Avrebbe dovuto dedurre specifici motivi di contestazione rispetto al dictum di primo grado.
Ciò in conformità al principio secondo cui nel processo amministrativo di appello è inammissibile la mera riproposizione dei motivi di primo grado senza che sia sviluppata alcuna confutazione della statuizione del primo giudice, atteso che l’effetto devolutivo dell’appello non esclude l’obbligo dell’appellante di indicare nel relativo atto le specifiche critiche rivolte alla sentenza impugnata e le ragioni per le quali le conclusioni, cui il primo giudice è pervenuto, non sono condivisibili, non potendo l’appello limitarsi ad una generica riproposizione degli argomenti dedotti in primo grado (Cons. St., sez. IV, 28 maggio 2018, n. 3162; id. sez. V, 7 febbraio 2018, n. 816; id., sez. VI, 7 febbraio 2018, n. 778; id., sez. III, III, 10 ottobre 2017, n. 4722).
2. Inammissibile, come comunicato alle parti presenti ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a., è anche in secondo motivo di ricorso, perché dedotto per la prima volta in appello.
E’ noto che nel giudizio di appello il thema decidendum è circoscritto dalle censure ritualmente sollevate in primo grado, non potendosi dare ingresso, per la prima volta in sede di appello, a nuove doglianze in violazione del divieto dei nova sancito dagli artt. 104, comma 1, c.p.a. e 345 c.p.c. (Cons. St., sez. VI, 27 novembre 2010, n. 8291), siano dette doglianze in fatto o in diritto (Cons. St., sez. IV, 8 gennaio 2018, n. 76; id. 8 febbraio 2017, n. 549; id., sez. V, 22 marzo 2012, n. 1640).
Si tratta di un divieto imprescindibile perché – di carattere assoluto e di ordine pubblico processuale – promana dalla fondamentale esigenza di assicurare il rispetto del principio del doppio grado di giurisdizione ed impone l’immutabilità della causa petendi introdotta in primo grado. L’effetto devolutivo dell’appello, oggi consacrato dall’art. 104 c.p.a., dal quale discende il divieto – con le eccezioni ora previste dal c.p.a. – di porre nuove difese rispetto a quelle formulate innanzi al primo giudice, assicura che l’oggetto del giudizio del gravame non risulti più ampio di quello su cui si è pronunciato il giudice della sentenza appellata (Cons. St., sez. IV, 8 gennaio 2018, n. 76; 8 febbraio 2017, n. 549).
3. L’appello deve dunque essere dichiarato inammissibile, con conseguente conferma ella sentenza del Tar Emilia Romagna, sede di Bologna, sez. I, n. 392 del 23 aprile 2015.
Stante la dichiarazione, contenuta nell’istanza di prelievo del 9 gennaio 2019, della condizione di persistente clandestinità del signor Ch. Zh., si trasmette copia dell’atto di appello, della predetta istanza di prelievo del 9 gennaio 2019 e della presente decisione alla Questura di Modena per i conseguenziali adempimenti di competenza.
Le spese del presente grado di giudizio possono essere compensate tra le parti in causa, considerata l’assenza di scritti difensivi da parte del Ministero dell’interno.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza,
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Compensa tra le parti in causa le spese e gli onorari del grado di giudizio.
Manda alla Segreteria di trasmettere copia dell’atto di appello, della istanza di prelievo del 9 gennaio 2019 e della presente decisione alla Questura di Modena per i conseguenziali adempimenti di competenza.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 luglio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Giulia Ferrari – Consigliere, Estensore
Solveig Cogliani – Consigliere

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