Il diritto di accesso rispetto a documenti di natura privatistica

Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 23 luglio 2019, n. 5182.

La massima estrapolata:

Il diritto di accesso può esercitarsi anche rispetto a documenti di natura privatistica purché concernenti attività di pubblico interesse. E del resto l’attività amministrativa, soggetta all’applicazione dei principi di imparzialità e di buon andamento, è configurabile non solo quando l’amministrazione esercita pubbliche funzioni e poteri autoritativi, ma anche quando essa persegue le proprie finalità istituzionali e provvede alla cura concreta di pubblici interessi mediante un’attività sottoposta alla disciplina dei rapporti tra privati. La disciplina dell’accesso agli atti amministrativi non condiziona l’esercizio del relativo diritto alla titolarità di una posizione giuridica tutelata in modo pieno, essendo sufficiente il collegamento con una situazione giuridicamente riconosciuta anche in misura attenuata, sicché la legittimazione all’accesso va riconosciuta a chiunque possa dimostrare che gli atti procedimentali oggetto dell’accesso abbiano cagionato o siano idonei a cagionare effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica, stante l’autonomia del diritto di accesso, inteso come interesse ad un bene della vita, distinto rispetto alla situazione legittimante all’impugnativa dell’atto.

Sentenza 23 luglio 2019, n. 5182

Data udienza 9 maggio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1599 del 2019, proposto dal signor Ro. Mo., rappresentato e difeso dagli avvocati Al. Sa. e Be. Ci. ed elettivamente domiciliato presso lo studio dei suindicati difensori in Roma, via (….) e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
l’Ente regionale per il diritto allo studio (Erdis) delle Marche, in persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato An. Ga., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
nei confronti
del signor Fr. Fe. e della società Ta. co. S.r.l., in persona del rappresentante legale pro tempore, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per le Marche, Sez. I, 29 gennaio 2019 n. 69, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello e i relativi allegati;
Vista la costituzione in giudizio dell’Erdis Marche ed i documenti depositati;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 116 c.p.a.;
Relatore nella camera di consiglio del 7 maggio 2019 il Cons. Stefano Toschei e uditi per le parti gli avvocati Ci. e Ga.;
Premesso che la controversia, nella sede di primo grado, ha avuto ad oggetto:
– la domanda di annullamento della nota dell’Erdis Marche, prot. n. 14607 del 27 giugno 2018, recante il diniego nei confronti dell’istanza presentata dall’odierno appellante in data 30 maggio 2018 di accesso ai documenti in possesso dell’Erdis relativi e/o connessi alla ripresa dei lavori di risanamento dell’edificio del Bu. Pa. di Ancona, in particolare: dell’atto di sottomissione stipulato, in occasione della ripresa dei lavori di risanamento dell’edificio del Bu. Pa. di Ancona, con l’impresa esecutrice degli stessi e relativi N.P.; delle relazioni relative e connesse all’anzidetto atto; dell’analisi economico finanziaria e delle relative relazioni e pareri del responsabile unico del procedimento; degli atti e/o relazioni del Rup e/o dei suoi collaboratori; del verbale di ripresa dei lavori e relative relazioni; della quinta perizia di variante con affidamento dell’incarico e relative relazioni; della nomina del nuovo direttore dei lavori ed ufficio del direttore dei lavori e delle relative relazioni del Rup e/o dei suoi collaboratori;
– le conseguenti domande di accertamento del diritto da parte del signor Mo. di prendere visione ed estrarre copia integrale della documentazione suddetta e di condanna dell’Erdis Marche alla ostensione dei documenti richiesti;
Precisato che:
– l’allora E.R.S.U. di Ancona (oggi Erdis) aveva affidato all’ingegner Ro. Mo. l’incarico di direttore dei lavori e di coordinatore per la sicurezza per l’esecuzione dei lavori di risanamento conservativo dei locali del Bu. Pa., edificio di Ancona, da adibire a residenza universitaria e servizi, intervenendo tra le parti, in data 1 giugno 2007, la relativa convenzione;
– in pendenza di detto rapporto contrattuale, a partire dal 2015, l’ente interrompeva il pagamento dei compensi pattuiti in convenzione in favore del signor Mo. fino a giungere all’annullamento in autotutela, con decreto commissariale n. 32 del 28 novembre 2016, delle delibere con le quali aveva a suo tempo conferito al professionista l’incarico, contestandogli gravi inadempimenti;
– in seguito alla traumatica conclusione del rapporto professionale con l’ente, il signor Mo. adiva il giudice amministrativo al fine di ottenere l’annullamento dell’atto commissariale di autotutela adottato a suo danno ed il giudice civile al fine di ricevere il pagamento delle somme a lui ancora spettanti oltre agli interessi, alla rivalutazione monetaria ed al ristoro dei danni subiti;
– in pendenza degli anzidetti giudizi l’amministrazione riavviava i lavori di risanamento dell’edificio del Bu. Pa. di Ancona (a cura della medesima ditta aggiudicataria Ta. co. s.r.l.) e provvedeva a nominare un nuovo direttore dei lavori;
– ad avviso del signor Mo. la suddetta attività di risanamento è ripresa tramite atto di sottomissione nel quale viene esplicitamente riconosciuta la bontà della contabilizzazione e degli altri atti della precedente direzione lavori (la cui puntualità e correttezza erano state severamente contestate dall’Erdis), di talché egli, con istanza del 24 gennaio 2018, chiedeva di poter prendere visione ed estrarre copia della documentazione relativa alla prosecuzione dei lavori, ma la richiesta era denegata dall’Erdis;
– il signor Mo. impugnava il diniego dinanzi al Tribunale amministrativo regionale che respingeva il ricorso (con sentenza n. 386/2018) confermando la correttezza della tesi fatta propria dall’amministrazione al fine di denegare il richiesto accesso in quanto la domanda di accesso, per la tipologia di documenti che il professionista intendeva conoscere, non era accompagnata (e suffragata) dal necessario interesse diretto, indirizzandosi peraltro ad atti del rapporto intercorrente tra l’Erdis e terzi soggetti diversi dal signor Mo.;
– a questo punto quest’ultimo presentava, in data 30 maggio 2018, una nuova istanza di accesso documentale nella quale specificava in modo più approfondito, rispetto a quanto indicato nella prima istanza di accesso, le ragioni della necessaria acquisizione della documentazione, chiarendo che la richiesta ostensiva si rendeva indispensabile al fine di garantire “la migliore difesa degli interessi” del professionista nei due (surrichiamati) giudizi dallo stesso promossi contro l’Erdis, dinanzi al Tribunale civile di Ancona e dinanzi al Tribunale amministrativo regionale di Ancona;
– ancora una volta l’Erdis, con nota del 27 giugno 2018, negava l’accesso documentale perché la richiesta si presentava genericamente motivata con riferimento alla necessità di tutelare la posizione del richiedente nei giudizi in corso, perché con essa si intendeva ottenere l’accesso ad una documentazione che esulava dal conflittuale rapporto professionale corrente tra il signor Mo. e l’Erdis che fa da sfondo ai due giudizi pendenti e perché, infine, “tra la documentazione richiesta vi sono anche atti di natura privatistica e comunque atti e/o relazioni di cui non è possibile procedere all’ostensione anche per la tutela della riservatezza e dei rapporti patrimoniali dell’Amministrazione” (così, testualmente, nel provvedimento di diniego impugnato con il ricorso di primo grado);
– anche in questo secondo caso il signor Mo. impugnava il provvedimento di diniego ed ancora una volta il Tribunale amministrativo regionale respingeva il ricorso;
Appurato che il giudice di primo grado ha respinto il (secondo) ricorso proposto dal signor Mo. in quanto (così testualmente nella sentenza qui oggetto di appello):
– “l’accesso in questione attiene ad atti successivi alla conclusione (ancorché sub iudice) del rapporto professionale tra l’ingegner Mo. e l’attuale ERDIS e che coinvolgono altri soggetti e non il ricorrente”;
– nonostante la presentazione della nuova istanza di accesso documentale del 30 maggio 2018, con riferimento a quest’ultima permane la genericità della richiesta ostensiva “nella misura in cui nella stessa non è stato tuttora precisato, per ciascun documento richiesto, il collegamento dello stesso con l’esigenza difensiva da tutelare nei giudizi esistenti o in quelli eventualmente futuri” dovendo contemperarsi, nell’ambito della valutazione circa la conoscibilità dei documenti richiesti, l’interesse di cui è portatore l’accedente con l’interesse contrapposto alla tutela della riservatezza dei dati relativi ai terzi contenuti nei documenti oggetto di richiesta di ostensione;
– “l’argomentazione secondo cui la conoscenza dei documenti in questione sarebbe necessaria a verificare se l’attività di ristrutturazione dell’edificio del Bu. Pa. di Ancona si stia svolgendo “su atti precedentemente posti in essere dall’odierno istante” (cfr. istanza del 30 maggio 2018) non è idonea ad esternare le ragioni dell’accesso, ma rivela piuttosto l’intento di un controllo generalizzato sull’attività dell’Ente, che, come è noto, non è consentito”.
Tenuto conto che nell’atto di appello, sotto forma di contestazioni circa l’erroneità della decisione di primo grado, il signor Mo. ribadisce le ragioni fattuali e giuridiche che militano per l’accoglimento della istanza ostensiva nei confronti dell’Erdis;
Esaminato l’atto di costituzione in giudizio di Erdis Marche – nella constatata assenza processuale nel grado di appello delle altre parti coinvolte dall’appellante – con il quale il predetto ente conferma la correttezza della decisione assunta dal giudice di primo grado, eccependo nel contempo:
– l’inammissibilità delle censure dedotte in primo grado e ribadite nella sede di appello dal signor Mo. inerenti alla sostenuta sussistenza dell’interesse ad ottenere copia della documentazione richiesta, atteso che tale profilo di inaccessibilità è identico a quello già emerso nel corso del giudizio precedentemente avviato dallo stesso Mo. nei confronti del primo diniego di accesso e definito con sentenza del Tribunale amministrativo regionale per le Marche n. 386/2018, mai fatta oggetto di appello ed espressamente richiamata dal medesimo Tribunale amministrativo nella motivazione della sentenza n. 68/2019 (qui oggetto di appello), derivando da quanto sopra, ad avviso dell’Erdis Marche, la improponibilità delle censure dedotte nei confronti del diniego di accesso del 27 giugno 2018 stante la ormai definita statuizione su tali aspetti della contestazione fatta propria dal signor Mo. da parte del giudice amministrativo per effetto del passaggio in giudicato della sentenza n. 386/2018;
– l’inammissibilità del ricorso di primo grado, ribadita in sede di appello stante il mancato scrutinio da parte del giudice di prime cure della specifica eccezione a suo tempo sollevata, perché il diniego del 27 giugno 2018 consiste in una mera conferma del diniego di accesso adottato con il provvedimento del 21 febbraio 2018 e quindi non autonomamente impugnabile, posto che “Nel caso di specie è evidente come non sussistano fatti nuovi sopravvenuti rispetto all’originaria istanza di accesso respinta dalla medesima Amministrazione” (così, testualmente, a pag. 9 della memoria di costituzione);
Ritenuta, in via preliminare:
– la inammissibilità della seconda (nella suindicata sequenza) eccezione sollevata dall’Erdis (relativa al mancato scrutinio da parte del primo giudice della eccezione sollevata in primo grado circa la inammissibilità del ricorso in quella sede proposto dal Montegna, posto che il diniego di accesso del 27 giugno 2018 si compendia in un atto meramente confermativo del diniego di accesso adottato con il provvedimento del 21 febbraio 2018 e quindi non autonomamente impugnabile) perché avrebbe dovuto essere oggetto di appello incidentale nei confronti della sentenza n. 86/2019 e quindi formulata in un atto processuale notificato al signor Mo., adempimento non posto in essere dalla difesa dell’Erdis, che ha invece sollevato la surriproposta eccezione con la propria memoria di costituzione nel grado di appello (solo depositata);
– e comunque la infondatezza della stessa (qualora la si volesse intendere come specifica eccezione nuovamente sollevata nella sede di appello), dal momento che il diniego del 27 giugno 2018 non consiste in una mera conferma del diniego di accesso adottato con il provvedimento del 21 febbraio 2018 sia perché adottato all’esito di una nuova istruttoria e di una rinnovata valutazione della sussistenza o meno, in capo al richiedente l’accesso, delle condizione per l’applicazione dell’istituto e dell’accessibilità intrinseca alla documentazione richiesta sia perché il relativo procedimento, che l’atto di diniego ha concluso (con atto del 27 giugno 2018), è stato avviato con la (seconda) istanza del 30 maggio 2018 che presenta comunque un contenuto diverso rispetto alla (prima) istanza del 24 gennaio 2018 denegata con il provvedimento del 21 febbraio 2018 (sicché nella specie non trovano applicazione i principi e le considerazioni espressi dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nelle due fondamentali decisioni 18 aprile 2006 n. 6 e 20 aprile 2006 n. 7);
– parimenti la infondatezza della prima eccezione sollevata nel presente grado di giudizio (con la quale l’Erdis sostiene che le questioni attinenti alla sussistenza o meno dell’interesse del signor Mo. all’acquisizione (di copia) della documentazione richiesta non sarebbero più scrutinabili nel presente contenzioso essendo state oggetto del precedente giudizio definito dal Tribunale amministrativo per le Marche con la sentenza n. 386/2018, mai fatta oggetto di appello e più volte richiamata dalla sentenza n. 68/2019 del medesimo Tribunale amministrativo regionale) giacché il presente contenzioso ha ad oggetto la legittimità di un nuovo provvedimento di diniego (nel quale l’Erdis prende puntuale posizione con riferimento al contenuto della nuova istanza ostensiva contestandone la compatibilità con quanto già era stato espresso dal TAR Marche nella sentenza 386/2018 “rispetto alla originaria istanza di accesso agli atti del 24/01/2018”, segnalando che la motivazione che avrebbe dovuto accompagnare la riproposta istanza avrebbe dovuto dimostrare “la specifica connessione del diritto di difesa con gli atti di cui si ipotizza la rilevanza a fini difensivi”, confermando in tal modo, senza ombra di dubbio, di avere sviluppato una nuova istruttoria rispetto al precedente procedimento attivato dall’istanza accessiva del gennaio 2018) che ha concluso un nuovo procedimento di accesso documentale avviato con una istanza (quella del 30 maggio 2018) recante un nuovo contenuto (incentrato nel chiarimento, rispetto alla precedente istanza, circa la sussistenza dell’interesse ostensivo, accompagnato da una puntuale ricostruzione dei fatti e delle esigenze difensive da garantire nel corso dei due giudizi medio tempore pendenti) rispetto alla precedente istanza (del 24 gennaio 2018), definendolo all’esito di una rinnovata istruttoria;
Riaffermati, in questa sede, i principi ormai consolidati nell’interpretazione giurisprudenziale delle questioni portate all’esame del Collegio, relativi (nell’ordine) alla individuazione dell’interesse all’accesso documentale, alla latitudine di tale interesse, agli strumenti necessari per provarne la sussistenza nonché al bilanciamento tra le posizioni dell’accedente e del controinteressato, come segue:
– come è noto, la legittimazione attiva all’accesso deve essere dunque riconosciuta “a chiunque possa dimostrare che gli atti procedimentali oggetto dell’accesso abbiano spiegato o siano idonei a spiegare effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica” (così Cons. Stato, Ad. pl., 24 aprile 2012 n. 7)
– infatti, ai sensi dell’art. 22 l. 7 agosto 1990, n. 241, ai fini dell’accesso è sufficiente un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso, sicché non occorre che sia instaurato o sia in via d’instaurazione un giudizio, bastando la dimostrazione del grado di protezione che l’ordinamento accorda alla posizione base, ossia al bene della vita dal quale scaturisce l’interesse ostensivo e, quindi, la legittimazione all’accesso agli atti della P.A. va riconosciuta a chi possa dimostrare che gli atti oggetto dell’accesso hanno prodotto o sono idonei a produrre effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, al di là dalla lesione di una specifica posizione giuridica, stante l’autonomia del diritto di accesso, inteso come interesse ad un bene della vita distinto rispetto alla situazione legittimante all’impugnativa dell’atto (cfr., per tutte, Cons. Stato, Sez. III, 17 marzo 2017 n. 1213 e Sez. IV, 20 ottobre 2016 n. 4372).
– il diritto di accesso può esercitarsi anche rispetto a documenti di natura privatistica purché concernenti attività di pubblico interesse. E del resto l’attività amministrativa, soggetta all’applicazione dei principi di imparzialità e di buon andamento, è configurabile non solo quando l’amministrazione esercita pubbliche funzioni e poteri autoritativi, ma anche quando essa persegue le proprie finalità istituzionali e provvede alla cura concreta di pubblici interessi mediante un’attività sottoposta alla disciplina dei rapporti tra privati (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 28 gennaio 2016 n. 326);
– inoltre, la disciplina dell’accesso agli atti amministrativi non condiziona l’esercizio del relativo diritto alla titolarità di una posizione giuridica tutelata in modo pieno, essendo sufficiente il collegamento con una situazione giuridicamente riconosciuta anche in misura attenuata, sicché la legittimazione all’accesso va riconosciuta a chiunque possa dimostrare che gli atti procedimentali oggetto dell’accesso abbiano cagionato o siano idonei a cagionare effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica, stante l’autonomia del diritto di accesso, inteso come interesse ad un bene della vita, distinto rispetto alla situazione legittimante all’impugnativa dell’atto (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. III, 16 maggio 2016 n. 1978);
– sicché, va accolta una nozione ampia di “strumentalità ” (nel senso della finalizzazione della domanda ostensiva alla cura di un interesse diretto, concreto, attuale – e non meramente emulativo o potenziale – connesso alla disponibilità dell’atto o del documento del quale si richiede l’accesso), non imponendosi che l’accesso al documento sia unicamente e necessariamente strumentale all’esercizio del diritto di difesa in giudizio, ma ammettendo che la richiamata “strumentalità ” vada intesa in senso ampio in termini di utilità per la difesa di un interesse giuridicamente rilevante (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 1 agosto 2017 n. 3831);
– pur potendo l’esercizio del diritto di accesso documentale incidere sul diritto alla riservatezza di terzi i cui dati possono rinvenirsi negli atti oggetto di ostensione, l’ordinamento italiano (cfr. in particolare, art. 24, comma 7, l. 241/1990) non consente dubbi circa la prevalenza del diritto all’accesso agli atti per fini difensionali, rispetto alle eventuali contrapposte esigenze di riservatezza di dati relativi a singole persone ovvero alle informazioni di rilievo industriale o commerciale di imprese controinteressate, giacché tali rilevanti esigenze di garanzia, nell’ottica di un equilibrato bilanciamento degli interessi coinvolti, possono trovare adeguate tutele nel parziale oscuramento dei dati richiesti, né l’amministrazione che detiene la documentazione richiesta può trincerarsi dietro il paventato rischio di incisione della riservatezza di terzi, al fine di negare in toto la documentazione richiesta a fini difensionali (in tal senso, ex multis, Cons. Stato, Sez. III, 16 luglio 2018 n. 4312);
– ed infatti la surrichiamata disposizione, contenuta nell’art. 24, comma 7, l. 241/1990, consente di affermare che ogniqualvolta la documentazione oggetto di acceso sia idonea “a curare o a difendere” una posizione soggettiva riconoscibile direttamente in capo al richiedente l’accesso, le necessità difensive o di diversa tutela di quest’ultimo debbono ritenersi, di regola, prevalenti rispetto a quelle della riservatezza, curando che l’applicazione di tale principio sia adeguatamente bilanciato solo allorché vengano in considerazione dati “sensibili” (origine razziale ed etnica, convinzioni religiose, opinioni politiche, adesione a partiti, sindacati, etc.) ovvero dati “sensibilissimi”, ossia i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute del soggetto interessato, dimodoché, in questi casi, l’accesso è consentito a particolari condizioni, nello specifico disciplinate dall’art. 60 d.lgs. 30 giugno 2003, 196 (c.d. Codice della privacy), secondo cui il diritto di accesso può essere esercitato soltanto se, in seguito ad una delicata operazione di bilanciamento di interessi, da effettuarsi in concreto, sulla base dei principi di proporzionalità, pertinenza e non eccedenza, la situazione giuridica rilevante sottesa al diritto di accesso possa considerarsi di rango almeno pari al diritto alla riservatezza riferito alla sfera della salute dell’interessato (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 21 dicembre 2017 n. 6011);
Ritenuto pertanto, ad avviso del Collegio [nell’esercizio del potere giurisdizionale assegnato al giudice amministrativo dal legislatore in ordine alla verifica in sede giudiziale del denegato accesso documentale espresso dall’amministrazione, tenendo conto del principio secondo il quale “l’azione prevista dall’art. 25 della legge n. 241/90, oggi articolo 116 del c.p.a., ancorché strutturalmente di tipo impugnatorio, introduce in realtà un giudizio di accertamento sul diritto di accesso siccome volta ad appurare la sussistenza o meno del titolo all’accesso nella specifica situazione, alla luce dei parametri normativi di riferimento” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 28 febbraio 2012 n. 1162 e Sez. VI, 9 gennaio 2012 n. 201), e ciò indipendentemente dalla maggiore o minore correttezza delle ragioni addotte dall’amministrazione per giustificare il diniego stesso (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 27 maggio 2011 n. 3190)], che il signor Mo. ha specificamente indicato e dimostrato l’interesse che assiste la domanda ostensiva contenuta nell’istanza del 30 maggio 2018, in quanto collegato alla contestabilità in sede giudiziale di comportamenti a suo danno posti in essere dall’Erdis in un contesto di paventata scorrettezza nei rapporti contrattuali che solo la conoscenza dei documenti richiesti, sebbene riferiti alla ripresa dei lavori di risanamento dell’edificio del Bu. Pa. di Ancona che vedono l’Erdis legato ad un nuovo rapporto contrattuale con un diverso professionista, può consentire alla parte interessata (l’ingegner Mo.) di suffragare (o meno) nell’ambito dei giudizi pendenti, non costituendo ragione giuridica impeditiva del richiesto accesso documentale la natura privata degli atti ovvero la loro riferibilità ad un rapporto negoziale con un terzo professionista, sia per la confermata estensione dell’istituto dell’accesso documentale ad atti detenuti da una pubblica amministrazione pur se “a contenuto privatistico” (per la ampia indicazione di “documento amministrativo” recata nell’art. 22, comma 1, lett. d), l. 241/1990) sia perché, nel caso di specie, proprio dalla lettura del contenuto di detti documenti potrà l’interessato verificare se le contestazioni di grave inadempimento contrattuale a lui mosse a suo tempo dall’Erdis erano o meno fondate sia ancora perché non si manifestano, all’evidenza, ragioni ostative di ostensione documentale collegate alla necessità di tutelare la riservatezza di dati “sensibili” o “sensibilissimi” (denominazione oggi meglio declinabile, dopo l’abrogazione dell’art. 4 d.lgs. 196/2003 per effetto dell’art. 27, comma 1, lett. a), n. 1), d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, in “dati di cui all’articolo 9, paragrafo 2, lettera f), del Regolamento(UE) n. 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali”) riferiti a terzi soggetti;
Ritenuto conclusivamente che, l’appello proposto deve ritenersi fondato con conseguente riforma della sentenza di primo grado oggetto di gravame e con accoglimento delle domande di annullamento del diniego di accesso documentale opposto da Erdis in data 27 giugno 2018 e di accertamento del diritto ad ottenere copia degli atti richiesti e la relativa condanna dell’amministrazione a consentire detto accesso entro il termine di trenta giorni dalla conoscenza o notifica della presente decisione, salvaguardando, laddove necessario e secondo la valutazione rimessa all’amministrazione ed attraverso tecniche di mascheramento di singoli dati (e con specifica motivazione delle ragioni che di volta in volta ne imporranno l’oscuramento), i dati personali contenuti nei ridetti documenti relativi a terzi soggetti estranei ai giudizi pendenti tra l’Erdis ed il signor Mo.;
Stimato che dall’accoglimento dell’appello segue, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., per come richiamato espressamente dall’art. 26, comma 1, c.p.a., la condanna dell’Ente regionale per il diritto allo studio (Erdis) delle Marche, al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio in favore del signor Ro. Mo. nella misura complessiva di Euro 4.000,00 (euro quattromila/00), oltre accessori come per legge nonché disponendo a carico del medesimo ente la restituzione all’appellante di quanto versato a titolo di contributo unificato per i giudizi di primo e di secondo grado;

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello n. R.g. 1599/2019, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado (del Tribunale amministrativo regionale per le Marche, Sez. I, 29 gennaio 2019 n. 69) ed in accoglimento del ricorso di primo grado (R.g. n. 3578/2018), dispone che l’Ente regionale per il diritto allo studio (Erdis) delle Marche, entro trenta giorni dalla comunicazione ovvero dalla conoscenza della presente sentenza, consenta l’accesso ai documenti richiesti con l’istanza presentata in data 30 maggio 2018 dal signor Ro. Mo. salvaguardando, laddove necessario e secondo la valutazione rimessa all’amministrazione ed attraverso tecniche di mascheramento di singoli dati (e con specifica motivazione delle ragioni che di volta in volta ne imporranno l’oscuramento), i dati personali contenuti nei ridetti documenti relativi a terzi soggetti estranei ai giudizi pendenti tra l’Erdis ed il signor Mo..
Condanna l’Ente regionale per il diritto allo studio (Erdis) delle Marche, in persona del rappresentante legale pro tempore, al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio in favore del signor Ro. Mo. nella misura complessiva di Euro 4.000,00 (euro quattromila/00), oltre accessori come per legge nonché disponendo a carico del medesimo ente la restituzione all’appellante di quanto versato a titolo di contributo unificato per i giudizi di primo e di secondo grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere
Stefano Toschei – Consigliere, Estensore

Per aprire la mia pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *