La mancata corrispondenza fra il titolo del reato contestato nel corso dell’interrogatorio di garanzia

Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 15 giugno 2020, n. 18197.

Massima estrapolata:

La mancata corrispondenza fra il titolo del reato contestato nel corso dell’interrogatorio di garanzia – nella specie, truffa – e quello oggetto del successivo decreto di giudizio immediato – nella specie, estorsione – non è causa di nullità di quest’ultimo, atteso che l’art. 453, commi 1 ed 1-bis, cod. proc. pen. si riferisce al “fatto” al netto della sua qualificazione giuridica, in quanto è la possibilità per l’accusato di confrontarsi con il fatto descritto nell’imputazione ed identificato in tutti i suoi elementi costitutivi – condotta, nesso causale, evento – che garantisce il diritto di difesa e giustifica la contrazione del rito. (In motivazione la Corte ha, altresì, escluso che la riqualificazione giuridica del fatto contestato avesse, nella specie, determinato una lesione della garanzia del contraddittorio).

Sentenza 15 giugno 2020, n. 18197

Data udienza 26 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Truffa aggravata – Giudizio immediato ex art. 453 cp – Rilevanza del fatto e non della qualificazione giuridica del fatto – Inammissibilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CRESCIENZO Ugo – Presidente

Dott. DI PAOLA Sergio – Consigliere

Dott. PELLEGRINO Andrea – Consigliere

Dott. CIANFROCCA Pierluigi – Consigliere

Dott. RECCHIONE Sandr – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 06/11/2019 della CORTE APPELLO di MESSINA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. SANDRA RECCHIONE;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. COCOMELLO ASSUNTA, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso
L’avv. presente (OMISSIS) ha concluso per l’accoglimento del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1.Si contestava al (OMISSIS) di avere chiesto alle persone offese del denaro per intercedere con i medici che avrebbero avuto in cura il loro congiunto scomparso al fine di impedire che le stesse fossero interrotte.
La Corte di appello di Messina confermava la responsabilita’ del ricorrente per due episodi di truffa aggravata, confermando la qualifica del reato assegnata al fatto contestato sia dal giudice della cautela, che dal Tribunale, laddove il pubblico ministero aveva chiesto il giudizio immediato per lo stesso fatto qualificandolo come estorsione.
2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva:
2.1. violazione di legge e vizio di motivazione: il decreto di giudizio immediato sarebbe nullo in quanto non preceduto da valido interrogatorio; il ricorrente era stato infatti sottoposto a misura cautelare ed interrogato in relazione al reato di truffa aggravata, mentre la richiesta di giudizio immediato c.d. “custodiale” ed il relativo decreto erano stati emessi in relazione al reato di estorsione.
Si deduceva che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di appello, non si versava in un caso di riqualificazione giuridica, ma piuttosto in un caso di immutazione sostanziale del fatto contestato nel corso dell’interrogatorio rispetto a quello per il quale era stata esercitata l’azione penale.
Si deduceva altresi’ che l’illegittima progressione processuale avrebbe leso i diritti di difesa e, segnatamente, inciso sul diritto di scegliere il rito abbreviato, dato che l’accesso al rito a prova contratta avrebbe sanato la dedotta nullita’.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione: il vincolo cautelare era stato imposto per il reato di truffa aggravata, sicche’ mancherebbe il presupposto per la contrazione del procedimento dato che non vi era corrispondenza tra il titolo cautelare (truffa) e l’imputazione in relazione alla quale era stata esercitata l’azione penale (estorsione); si ribadiva che la differenza strutturale tra i reati di truffa ed estorsione non consentiva di inquadrare l’anomala progressione processuale in una fisiologica operazione di riqualificazione giuridica.
2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione: la nullita’ del decreto di giudizio immediato sussisterebbe anche nel caso il cui si ritenesse che lo stesso fosse giustificato dall’evidenza della prova; anche in questo caso sarebbe necessaria la corrispondenza tra il fatto contestato nel corso dell’interrogatorio e quello descritto nel decreto che dispone il giudizio immediato.
2.4. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla definizione del trattamento sanzionatorio e, segnatamente, alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, che avrebbero dovuto essere riconosciute tenuto conto della confessione, decisiva per la definizione dell’entita’ del profitto e, dunque per la valutazione dell’aggravante della ingente entita’ del danno patrimoniale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile.
1.1. I primi tre motivi di ricorso sono inammissibili.
1.1.1.Con tre distinti motivi il ricorrente censura la legittimita’ della progressione processuale e deduce la nullita’ del decreto che dispone il giudizio immediato, rilevando la mancata corrispondenza tra il titolo del reato per il quale era stato chiesto ed ottenuto il decreto di giudizio immediato, ovvero l’estorsione, ed il titolo del reato contestato nel corso dell’interrogatorio di garanzia, ovvero la truffa.
Tale difetto di correlazione renderebbe illegittima la contrazione processuale conseguente alla emissione del decreto di giudizio immediato, sia nel caso in cui la si ritenesse giustificata dall'”evidenza della prova” sia nel caso in cui la si ritenesse correlata alla imposizione della cautela (c.d. “immediato cautelare”).,
1.1.2.Si tratta di argomenti manifestamente infondati che non tengono conto del fatto che ad essere illegittima non e’ la riqualifica di un “fatto” che rimane identico, ma la sua eventuale modifica da parte del giudice, organo cui e’ precluso ogni intervento sulla struttura dell’imputazione, dato che l’indicazione della condotta, del nesso causale e dell’evento sono di esclusiva competenza del pubblico ministero; al giudice compete, invece, nel corso di tutta la progressione processuale, la verifica della legittimita’
dell’inquadramento giuridico assegnato al fatto; il controllo della legittimita’
dell’inquadramento giuridico ed il correlato potere di “riqualifica” del fatto contestato trovano l’unico limite nella necessita’ del rispetto della garanzia del contraddittorio, come stabilito dalla Cassazione, che ha conformato l’interpretazione dell’articolo 521 c.p.p., comma 1, alla ratio decidendi emergente dalla consolidata giurisprudenza della Corte Edu.
1.1.3. L’articolo 453 c.p.p., che disciplina casi e forme del giudizio immediato, deve essere interpretato in coerenza con tali principi: tale articolo al comma 1 consente il giudizio immediato nei casi in cui sui “fatti” contestati vi sia stato interrogatorio o invito a comparire, mentre al comma 1 bis consente la contrazione del rito per il “reato” in relazione al quale e’ stata applicata misura.
Il collegio ritiene che entrambi i commi facciano riferimento al “fatto” al netto della qualificazione giuridica: invero quello che garantisce il diritto di difesa, anche nella fase precoce in cui si realizza la contrazione processuale attraverso la emissione del decreto di giudizio immediato e’ il confronto dell’accusato con il fatto descritto nell’imputazione ed identificato in tutti i suoi elementi costitutivi, ovvero “condotta- nesso causale- evento”. Tale precoce confronto esaudisce le prerogative difensive di fase e giustifica la eliminazione dell’udienza preliminare; nel corso dell’interrogatorio. infatti, l’accusato puo’ esercitare il suo diritto di difesa e, soprattutto, puo’ allegare tesi alternative che, di regola, vengono esposte nel corso dell’udienza preliminare.
Si ritiene cioe’ che sia il confronto con il “fatto” e non con la sua “qualificazione” che garantisce il diritto di difesa e giustifica la contrazione del rito con la emissione del decreto di giudizio immediato: sul punto la Cassazione ha gia’ affermato che il decreto di giudizio immediato e’ legittimo se il previo interrogatorio dell’imputato e’ stato assunto su tutti i fatti storici contestati, indipendentemente dal loro inquadramento giuridico (Sez. 5, n. 14740 del 29/01/2014 – dep. 28/03/2014, P.M. in proc. Alfieri e altri, Rv. 258959).
1.1.4.Questo approdo interpretativo non significa che la qualificazione giuridica non incida sul diritto di difesa: la modifica lesiva dell’inquadramento giuridico resta infatti tutelata nella misura in cui si traduce in un lesione del diritto al contraddittorio.
Il rapporto tra modifiche della veste giuridica del fatto e diritto di difesa e’ stato oggetto di una speculazione giurisprudenziale che ha condotto a maturare una visione complessa del diritto individuale di difesa potenzialmente leso dalla riqualificazione (in coerenza, peraltro, con le indicazioni provenienti dalla Corte di Strasburgo da ultimo nel caso Varela Geis v. Spagna del 5.3.1313) risoltasi nella affermazione che la entita’ della lesione deve esser verificata in concreto, attraverso la analisi di una serie di indicatori individuati nella prevedibilita’ della riqualificazione nella effettiva possibilita’ di reazione al nuovo inquadramento e nelle eventuali conseguenze sfavorevoli da esso scaturenti in materia di trattamento sanzionatorio e di computo dei termini di prescrizione (Cass. sez.. 6, n. 7195 dell’8.2.2013,Rv. 254720). Il percorso interpretativo intrapreso ha condotto a distinguere i casi in cui il diritto all’impugnazione esaurisce la pretesa al contraddittorio ed i casi in cui l’intervento giudiziale incide in modo piu’ profondo sul diritto di difesa, in quanto l’intervento di rilettura del fatto, che connota la riqualifica, si dimostra idoneo ad incidere su risalenti strategie difensive, che sarebbero state diverse qualora l’imputazione fosse stata immediatamente offerta all’accusato nella sua dimensione definitiva. Si e’ cosi affermato che l’attribuzione al fatto contestato di una qualificazione giuridica diversa da quella enunciata nell’imputazione, financo in appello, non determina la violazione dell’articolo 521 c.p.p., neanche per effetto di una lettura della disposizione alla luce dell’articolo 111 Cost., comma 2, e dell’articolo 6 della Convenzione EDU come interpretato dalla Corte Europea, qualora la nuova definizione del reato fosse nota o comunque prevedibile per l’imputato e non determini in concreto una lesione dei diritti della difesa derivante dai profili di novita’ che da quel mutamento scaturiscono (Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015 -dep. 21/07/2015, Lucci, Rv. 264438).
Sebbene nel caso in esame non sia stata dedotta la violazione del diritto al contraddittorio sulla qualifica giuridica, il collegio rileva che l’intervento di correzione dell’inquadramento giuridico e’ stato effettuato all’esito del primo grado di giudizio (ed era stato anche anticipato dal giudice della cautela), e che tale intervento era ampiamente prevedibile, dato che era stato anticipato dal giudice della cautela, sicche’ non si rileva alcuna lesione del diritto di difesa; segnatamente, si rileva che il ricorrente avrebbe potuto contestare la nuova qualificazione gia’ con la prima impugnazione e che, comunque, non si registra alcuna lesione in concreto delle prerogative difensive tenuto conto che, da un lato, la struttura fattuale dell’imputazione e’ rimasta invariata ed esposta alle critiche del ricorrente fin dal primo grado di giudizio e che, dall’altro, la modifica risulta favorevole al ricorrente, essendo la truffa una fattispecie punita meno gravemente dell’estorsione. 1.1.3. In conclusione Il collegio ritiene che nel caso in esame la contrazione processuale risulta giustificata dalla imposizione della cautela per un fatto che risulta immutato nella sua struttura fenomenica nel corso di tutto il procedimento, essendo variata solo la veste giuridica dello stesso, peraltro in una fase estremamente precoce, ovvero il primo grado di giudizio, il che ha consentito il pieno esercizio dei diritti di difesa anche in relazione alla nuova qualifica giuridica.
1.2. Anche il secondo motivo di ricorso che contesta la legittimita’ della mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e’ inammissibile.
In materia il collegio ribadisce che nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non e’ necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e’ sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010 Rv. 248244; Sez. 1 n. 3772 del 11.01.1994 dep. 31.3.1994, rv 196880).
Nel caso in esame la Corte di appello riteneva che le circostanze generiche non potessero essere concesse in ragione della estrema gravita’ della condotta e dei precedenti vantati, elementi non superabili attraverso la valorizzazione della confessione, della quale pure si teneva conto in sede di commisurazione della pena (pag. 6 della sentenza impugnata).
2.Alla dichiarata inammissibilita’ del ricorso consegue, per il disposto dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonche’ al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in Euro 2000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1500.00 alla Cassa delle ammende.
Si da’ atto che il presente provvedimento e’ sottoscritto dal solo Presidente del collegio per impedimento dell’estensore ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, articolo 1, comma 1, lettera a).

 

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