La mancanza di imparzialità del giudicante

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|25 gennaio 2022| n. 2165.

La mancanza di imparzialità del giudicante, pur potendo rilevare sotto il diverso profilo deontologico e disciplinare, non produce la nullità della sentenza ove non incida sulla correttezza della decisione in quanto il nostro sistema processuale è caratterizzato dal principio di tassatività delle nullità, che limita le ipotesi di nullità degli atti processuali ai soli casi di espressa previsione di legge o di mancato raggiungimento dello scopo.

Sentenza|25 gennaio 2022| n. 2165. La mancanza di imparzialità del giudicante

Data udienza 25 maggio 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Pubblico impiego – Illegittimità del trasferimento per incompatibilità ambientale – Natura disciplinare del trasferimento – Esclusione – Discrezionalità del dirigente – Censure inammissibili

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere

Dott. SPENA Francesca – Consigliere

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 17489-2017 proposto da:
(OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
SCUOLA SECONDARIA STATALE di PRIMO GRADO “E CURIEL L. MURATORI”, UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE per la LOMBARDIA UFFICIO VII, MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA (M.I.U.R.);
– intimati –
avverso la sentenza n. 1523/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 06/03/2017 R.G.N. 998/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/05/2021 dal Consigliere Dott. PAOLO NEGRI DELLA TORRE;
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. (OMISSIS) visto il Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte.

La mancanza di imparzialità del giudicante

FATTI DI CAUSA

1. Con sent. n. 1523/2016, pubblicata il 6 marzo 2017, la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado, con la quale il Tribunale della stessa sede aveva respinto il ricorso proposto da (OMISSIS) nei confronti del Ministero dell’Istruzione, dell’Universita’ e della Ricerca, dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia e della Scuola Secondaria Statale di Primo Grado “Eugenio Curiel – Ludovico Antonio Muratori” con sede in (OMISSIS): ricorso volto all’accertamento della illegittimita’ del trasferimento per incompatibilita’ ambientale disposto con lettera (OMISSIS) e al risarcimento dei danni conseguenti, nonche’ volto all’accertamento del mobbing subito dal prof. (OMISSIS) in detto istituto scolastico e al risarcimento dei danni che ne erano derivati.
2. La Corte di appello ha, in primo luogo, ritenuto infondati i preliminari rilievi di nullita’ della sentenza di primo grado per omessa lettura del dispositivo, risultando la stessa dal verbale di udienza, e di nullita’ per violazione dei principi di imparzialita’ e di terzieta’ del giudice, non essendo idoneo a integrare tale violazione il semplice fatto che il giudice, anziche’ demandarli alla propria Cancelleria, avesse personalmente svolto accertamenti circa la mancata comparizione in udienza dell’Avvocatura dello Stato; ha ritenuto altresi’ infondata, ai fini della legittimita’ del provvedimento, la questione relativa al duplice ruolo del dirigente dell’Ufficio Scolastico, di Provveditore agli Studi e di capo del gruppo locale di un partito politico; esaminato, quindi, il materiale istruttorio acquisito, ha confermato le conclusioni che da esso aveva gia’ tratto il giudice di primo grado e cioe’ il realizzarsi di una situazione di incompatibilita’ ambientale, per i ripetuti e gravi contrasti fra il (OMISSIS) e i colleghi e fra il (OMISSIS) e i genitori degli studenti, tale da pregiudicare oggettivamente il normale svolgimento dell’attivita’ scolastica e da rendere giustificato il provvedimento nei confronti del docente; ha infine escluso, anche sul punto condividendo le valutazioni del primo giudice, che l’atto introduttivo del giudizio contenesse sufficienti allegazioni circa il dedotto mobbing, la carenza di una precisa ed espressa indicazione di circostanze fattuali non potendo essere superata mediante il rinvio alle querele e alle altre iniziative assunte dal ricorrente al fine di denunciare i comportamenti dal medesimo reputati illegittimi.
3. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il (OMISSIS) con sette motivi.
4. Le controparti sono rimaste intimate.
5. Il Procuratore Generale ha presentato proprie conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso.

 

La mancanza di imparzialità del giudicante

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli articoli 429 e 420 c.p.c., e dell’articolo 111 Cost., comma 2, censura la sentenza impugnata per non avere considerato che la mancata lettura del dispositivo costituisce causa di nullita’ della sentenza e che il giudice di primo grado, direttamente comunicando con l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato per ricordare l’udienza di discussione, anziche’ assumere le decisioni previste dal Codice di rito nel caso di assenza di una delle parti, non aveva garantito ad entrambe le medesime possibilita’ difensive.
2. Con il secondo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 53, comma 1-bis, e del Testo Unico n. 297 del 1994, articolo 468, nonche’ vizio di motivazione, il ricorrente censura la sentenza di appello per avere valutato, escludendola, una situazione di incompatibilita’ del Provveditore agli Studi (in quanto anche capo gruppo di un partito politico), mentre il ricorso aveva posto la ben piu’ grave questione della illegittimita’ della nomina a tale incarico; e per avere ritenuto, con motivazione integralmente aderente a quella della pronuncia di primo grado, legittimo il provvedimento di trasferimento d’ufficio per incompatibilita’ ambientale, sebbene tale incompatibilita’ non possa configurarsi ove come nel caso di specie – le reazioni dell’ambiente siano derivate da un comportamento legittimo e doveroso del dipendente e i dissensi siano relativi all’attuazione dei metodi didattici, trattandosi di esercizio di un diritto di liberta’ dell’insegnante connesso alla scelta delle opzioni ritenute piu’ rispondenti alla finalita’ di formazione dell’alunno.

 

La mancanza di imparzialità del giudicante

3. Con il terzo, deducendo il vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5, il ricorrente si duole della decisione della Corte di ritenere sussistente il difetto di compiute allegazioni in ordine al mobbing e alle conseguenti domande risarcitorie, senza adeguata motivazione e in totale adesione, anche su tale punto, alla pronuncia di primo grado.
4. Con il quarto, deducendo violazione e falsa applicazione dell’articolo 414 c.p.c., e articolo 164 c.p.c., comma 5, il ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto la domanda di risarcimento danni da mobbing, erroneamente condividendo la valutazione del giudice di primo grado circa il difetto nel ricorso introduttivo di essenziali requisiti di allegazione.
5. Con il quinto il ricorrente si duole di una istruttoria carente per mancata ammissione di testi decisivi, in violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., avendo la Corte di appello ritenuto sufficienti le dichiarazioni testimoniali riportate nella motivazione della sentenza di primo grado.
6. Con il sesto il ricorrente si duole della omessa pronuncia sull’istanza di ammissione di nuove prove, in violazione del principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato (articolo 112 c.p.c.).
7. Con il settimo motivo, infine, si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 91 c.p.c., sul rilievo della illegittimita’ della sentenza di appello, per le ragioni illustrate nei motivi precedenti, e della mancata considerazione della precaria condizione economica del ricorrente.
8. Il primo motivo non puo’ essere accolto.
8.1. Esso infatti, per cio’ che attiene alla censura di violazione e falsa applicazione dell’articolo 429 c.p.c., non si confronta, cosi’ da risultare inammissibile, con la motivazione della sentenza, la’ dove la Corte di appello ha rilevato come “dal verbale dell'(OMISSIS) risulti la lettura del dispositivo da parte del giudice” (cfr. sentenza impugnata, p. 9).
8.2. Il motivo e’ poi infondato nel profilo relativo alla ritenuta esclusione di una violazione del principio di terzieta’ ed imparzialita’ da parte del giudice di primo grado, poiche’, in un sistema processuale caratterizzato dal principio di tassativita’ delle nullita’, che limita le ipotesi di nullita’ degli atti processuali ai soli casi di espressa previsione di legge o di mancato raggiungimento dello scopo, l’affermata mancanza di imparzialita’ del giudicante non produce la nullita’ della sentenza ove non sia tale da incidere sulla correttezza della decisione, pur potendo essa rilevare sotto il diverso profilo deontologico e disciplinare (Cass. n. 11664/2006).
Non rileva, d’altra parte, il riferimento alla norma di cui all’articolo 420 c.p.c., comma 1, riguardando essa la mancata comparizione “personale” delle parti senza giustificato motivo e non la mancata comparizione del difensore, mentre, nella specie, si fa questione di una condotta del giudice di primo grado volta a sollecitare la presenza in udienza dell’Avvocatura dello Stato.
9. Il secondo motivo di ricorso non puo’ egualmente trovare accoglimento, con riguardo ad entrambe le censure in cui esso si articola.
9.1. E’ invero ininfluente ai fini della decisione la (supposta) illegittimita’ della nomina a Provveditore agli Studi del dirigente che ebbe a disporre il trasferimento del ricorrente per incompatibilita’ ambientale, trattandosi di provvedimento che non puo’ evidentemente ritenersi illegittimo o nullo solo a causa della illegittima nomina del soggetto che lo ha adottato.
9.2. Quanto al trasferimento per incompatibilita’ ambientale, e’ da rilevare che la Corte di merito si e’ palesemente conformata (cfr. p. 6, penultimo capoverso) al principio, secondo il quale tale provvedimento “non ha natura disciplinare, trovando la sua ragione nelle esigenze tecniche, organizzative e produttive di cui all’articolo 2103 c.c., ed e’ subordinato ad una valutazione discrezionale dei fatti che fanno ritenere nociva, per il prestigio ed il buon andamento dell’ufficio, l’ulteriore permanenza dell’impiegato in una determinata sede” (Cass. n. 2143/2017, fra le numerose conformi); facendo seguire, a tale esatta premessa in diritto, un accertamento in fatto basato non solo sulla pronuncia di primo grado e sulle risultanze istruttorie nella stessa richiamate, ma anche su altri convergenti elementi acquisiti al giudizio (cfr. sentenza, pp. 7-8): accertamento ora non piu’ sindacabile per vizio di motivazione, stante la preclusione da c.d. “doppia conforme” (articolo 348-ter c.p.c., u.c.).

 

La mancanza di imparzialità del giudicante

10. Il terzo, il quarto e il quinto motivo, che possono essere esaminati congiuntamente per identita’ di questioni, sono inammissibili.
11. Premesso che i motivi in esame si risolvono, sia pure sotto diversi profili, in censure di ordine motivazionale, con conseguente operativita’ della preclusione di cui all’articolo 348-ter c.p.c., deve ribadirsi che: a) “per dedurre la violazione dell’articolo 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilita’ di ricorrere al notorio), mentre e’ inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attivita’ valutativa consentita dall’articolo 116 c.p.c.”; b) “la doglianza circa la violazione dell’articolo 116 c.p.c., e’ ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura e’ ammissibile, ai sensi del novellato articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimita’ sui vizi di motivazione” (Sez. U n. 20867/2020); c) “spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllare l’attendibilita’ e la concludenza delle prove, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicita’ dei fatti ad esse sottesi, dando, cosi’, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova” (Cass. n. 25608/2013).
12. Il sesto motivo di ricorso e’ anch’esso inammissibile, essendo principio consolidato che il mancato esame di una richiesta istruttoria non integra omessa pronuncia e, quindi, violazione dell’articolo 112 c.p.c., riguardando questa norma solo le domande attinenti al merito, ma puo’ dar luogo unicamente ad omesso esame di un punto decisivo della controversia e, percio’, ad un vizio della sentenza rilevante ai sensi dell’articolo 360 Codice di rito, n. 5, ove afferisca a circostanze suscettibili di indurre ad una decisione diversa da quella adottata (Cass. n. 2859/1995, fra le molte conformi).
13. Il settimo motivo risulta, per un verso, inammissibile, posto che la illegittimita’ della condanna alle spese da parte del giudice di appello e’ fatta discendere dalla fondatezza dei precedenti motivi di ricorso, cosi’ da non configurarsi come una vera e propria censura rilevante in sede di legittimita’; per altro verso, e comunque, infondato, avendo la Corte fatto applicazione del principio di soccombenza.
14. Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
15. Non vi e’ luogo a pronuncia sulle spese di giudizio, essendo il Ministero e le altre controparti rimaste intimate.
16. Va infine dichiarato l’obbligo per il ricorrente di corrispondere il doppio del contributo unificato, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002.

 

La mancanza di imparzialità del giudicante

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile; nulla per le spese.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

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