La legittimazione ad impugnare atti

Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 10 febbraio 2020, n. 1009.

La massima estrapolata:

La legittimazione ad impugnare atti riguardanti il regime urbanistico-edilizio di aree confinanti sussiste ogni qual volta il progettato intervento, pur concernente un’area che non appartiene al ricorrente, incida negativamente sui suoi beni, sì da comprometterne la fruizione o il valore.

Sentenza 10 febbraio 2020, n. 1009

Data udienza 21 novembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 3921 del 2008, proposto dalla Regione Campania, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ro. Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
i signori La. Fa. ed altri, non costituiti in giudizio;
nei confronti
il Comune di Benevento, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Vi. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
il Consorzio Ed. Pi. Du. (C.E.), in persona del legale rappresentate, non costituito in giudizio;

sul ricorso in appello numero di registro generale 5838 del 2008, proposto dal Comune di Benevento, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Vi. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
i signori La. Fa. ed altri, rappresentati e difesi dagli avvocati Fa. La. e Ma. Ve., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
la Regione Campania, in persona del Presidente pro tempore, il Consorzio Ed. Pi. Du. (C.E.), in persona del legale rappresentate pro tempore, il Comitato Tecnico Regionale della Campania, non costituiti in giudizio;
per la riforma
sia con il ricorso n. 3921 del 2008, sia con il ricorso n. 5838 del 2008, della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sede di Napoli, Sezione sesta, n. 9974 del 24 ottobre 2007, resa tra le parti, concernente l’approvazione del progetto di sistemazione in variante di Piazza (omissis) in Benevento.
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio nel ricorso n. 3921 del 2008 del Comune di Benevento;
Visto l’atto di costituzione in giudizio e l’appello incidentale dei signori La. Fa. ed altri nel ricorso n. 5838 del 2008;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 novembre 2019 il consigliere Nicola D’Angelo e udito, per la Regione Campania, l’avvocato Ro. Pa.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con un primo ricorso iscritto al n. r.g. 1045 del 2005, proposto al Tar per la Campania, sede di Napoli, i signori Fa. La. ed altri esponevano:
– di essere proprietari di singole unità immobiliari comprese in un fabbricato ubicato nel centro storico della città di Benevento, in via (omissis), prospiciente a Piazza (omissis);
– che il Comune di Benevento, con le delibere di Consiglio comunale n. 44 del 28 ottobre 2004, n. 16 del 22 marzo 2005 e n. 31 del 6 luglio 2005, approvava una variante allo strumento urbanistico vigente finalizzata alla realizzazione nell’area di una struttura espositivo-museale;
– che i predetti atti erano preordinati a legittimare una situazione, ormai in parte realizzatasi, afferente al fabbricato che il Consorzio Ed. Pi. Du. (in seguito C.E.) era stato autorizzato a costruire su aree di proprietà comunali nella stessa Piazza (omissis) con concessione edilizia n. 6380 del 26 giugno 2000 (titolo edilizio decaduto per inutile decorso del termine triennale per la ultimazione dei lavori);
– che la struttura museale (ricadente in area in parte privata ed in parte pubblica e già parzialmente realizzata) sarebbe stata idonea ad incidere le loro posizioni giuridiche in relazione alle condizioni di vivibilità e sicurezza dell’area, con notevole aumento del carico urbanistico e violazione degli standard di cui al D.M. 2 aprile 1968 n. 1444, nonché con riferimento alla possibilità di continuare a godere della vista sulla piazza;
– di aver presentato osservazioni sulla delibera di adozione del progetto definitivo, respinte dal Consiglio comunale, con contestuale approvazione del progetto ed invio alla Regione per il successivo iter di approvazione, ai sensi dell’art. 19 del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327.
Pertanto i ricorrenti impugnavano, anche con motivi aggiunti:
a) la delibera di Consiglio comunale di Benevento n. 44 del 28 ottobre 2004, con la quale si era disposto di approvare, ai sensi dell’art. 19 del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, il progetto relativo a piazza (omissis);
b) la delibera di Consiglio comunale di Benevento n. 31 del 6 luglio 2005, con la quale era stata disposta l’efficacia della variante urbanistica al P.R.G. vigente, ai sensi dell’art. 19 del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327;
d) ogni altro atto comunque presupposto, connesso o consequenziale, compreso il parere favorevole del Commissione territoriale Regionale della Campania, reso il data 7 giugno 2005 ed il silenzio serbato dalla Regione Campania ex art. 19 del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327.
1.1. Con un secondo ricorso, rubricato al n. r.g. n. 4182/2005, i ricorrenti impugnavano:
a) la delibera di Consiglio comunale di Benevento n. 16 del 22 marzo 2005, con la quale il progetto relativo a piazza (omissis) era stato definitivamente approvato e ne era stato disposto l’invio alla Regione Campania per gli adempimenti di cui all’art. 19 del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327;
b) ogni altro atto comunque presupposto, connesso o consequenziale, compresi gli atti deliberativi richiamati, ed in particolare la delibera di giunta comunale n. 170 del 23 marzo 1999 e la delibera di consiglio comunale n. 42/2000;
c) del verbale di riunione ed accordo procedimentale ex art. 11 legge 241 del 1990, stipulato tra il Comune di Benevento ed il C.E. in data 17 dicembre 2004;
d) la delibera di consiglio comunale di Benevento n. 31 del 6 luglio 2005;
1.2. Con un terzo ricorso, iscritto al n. r.g.7231/2005, i sig.ri La. ed altri impugnavano infine:
a) la delibera di Consiglio comunale di Benevento n. 16 del 22 marzo 2005;
b) il verbale di riunione ed accordo procedimentale ex art. 11 legge 241 del 1990, stipulato tra il Comune di Benevento ed il C.E. in data 17 dicembre 2004;
c) la delibera di Consiglio comunale di Benevento n. 31 del 6 luglio 2005;
d) il silenzio serbato dalla Regione Campania sulla richiesta di approvazione delle delibere n. 44 del 28 ottobre 2004 e n. 16 del 22 marzo 2005 del Consiglio comunale di Benevento;
e) la delibera di Giunta regionale n. 182/C del 28 luglio 2005, con la quale era stata approvata la variante al P.R.G. di cui alle delibere del Consiglio comunale di Benevento n. 44 del 28 ottobre 2004 e 16 del 22 marzo 2005.
2. Con sentenza n. 9974/2007, il Tar per la Campania, sede di Napoli, dopo aver riunito i predetti ricorsi, li accoglieva.
2.1. In particolare, il Tar riteneva la legge regionale della Campania del 22 dicembre 2004, n. 16, applicabile alla fattispecie oggetto del giudizio ratione temporis, oltre che ratione materiae, rilevando di conseguenza l’illegittimità dell’adozione della variante oggetto di giudizio, per la quale era stato seguito il diverso iter approvativo delineato dall’art. 19 del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327;
3. Avverso la predetta sentenza la Regione Campania ha interposto appello, affidato ad un unico ed articolato motivo di censura.
3.1. Error in iudicando, error in procedendo, violazione dell’art. 45 della legge regionale n. 16/2004, violazione del D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, dell’art. 19 del decreto legislativo 27 dicembre n. 302 Errore e falso presupposto.
3.1.1. Secondo la ricostruzione delineata dalla Regione, l’argomentazione sulla quale il T.a.r. ha fondato l’accoglimento dei ricorsi di primo grado sarebbe smentita da un’interpretazione letterale dell’art. 45 della L.R. 22 dicembre 2004, n. 16. Dalla stessa disposizione, introdotta al fine di dettare la disciplina transitoria della strumentazione urbanistica in itinere al momento della sua entrata in vigore, discenderebbe che la variante in esame sarebbe immune da qualsiasi censura procedurale. Pertanto il citato art. 45, disponendo la prosecuzione, secondo la disciplina previgente, dei procedimenti di formazione delle varianti adottate e non ancora approvate al 29 dicembre 2004, sarebbe stato oggetto di un’erronea interpretazione e applicazione al caso di specie da parte del giudice di prime cure.
4. Anche il Comune di Benevento ha impugnato la stessa sentenza, sulla base dei seguenti motivi di censura.
4.1. Error in iudicando, violazione e falsa applicazione dell’art. 19 D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327; violazione a falsa applicazione della legge Regione Campania 22 dicembre 2004, n. 16 e, segnatamente degli artt. 3, 45 e 49; erronea interpretazione di legge; violazione del principio di specialità ; illogicità, insufficienza e contraddittorietà della motivazione dell’impugnata sentenza; perplessità ; difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia.
4.1.1. A giudizio dell’Amministrazione comunale il problema dell’individuazione della disciplina applicabile alla fattispecie avrebbe dovuto essere risolto dal T.a.r. non sulla base del criterio cronologico, ma del prevalente criterio di specialità ; tale criterio avrebbe permesso di ritenere inconferente il riferimento alla normativa regionale introdotta con la legge regionale 22 dicembre 2004, n. 16, in quanto disciplinante “in generale” i processi di pianificazione territoriale ed urbanistica, senza potersi applicare alle varianti puntuali, ontologicamente differenti dalle varianti generali.
4.1.2. Il Comune di Benevento ha poi riproposto le eccezioni di inammissibilità dei ricorsi di prime cure per difetto di legittimazione ad agire degli appellati e per mancanza di lesività delle delibere impugnate, nonché per la mancata impugnativa delle delibere del 1999, presupposte agli atti impugnati, su cui si era pronunciato favorevolmente il Tar di Napoli con la sentenza n. 7534/2003.
5. Nel giudizio di appello instaurato dal Comune si sono costituiti gli originari ricorrenti, i quali hanno successivamente proposto appello incidentale al fine di ottenere l’accoglimento dei motivi rimasti assorbiti in primo grado.
6. Con ordinanza cautelare n. 4074 del 2008, questa Sezione ha accolto l’istanza incidentale di sospensione degli effetti della sentenza impugnata, presentata dal Comune di Benevento contestualmente al ricorso in appello.
7. In vista della trattazione nel merito degli appelli, le parti hanno depositato ulteriori scritti difensivi.
8. Alla pubblica udienza del 21 novembre 2019 le cause sono state trattenute in decisione.
9. I ricorsi in appello indicati epigrafe (n. r.g. 3921 e n. r.g, 5838 del 2008) sono stati proposti separatamente dalla Regione Campania e dal Comune di Benevento contro la medesima sentenza del Tar per la Campania, sede di Napoli, n. 9974/2007. Il Collegio, pertanto, ne dispone la riunione ai sensi dell’art. 96 c.p.a.
10. Al fine di una migliore comprensione dei fatti di causa, è utile procedere ad una ricostruzione della configurazione urbanistica del centro storico della città di Benevento, per evidenziare, successivamente, le modalità dell’attività di programmazione urbanistica ad esso inerenti, che sono state oggetto di contestazione in prime cure.
10.1. Piazza (omissis) rappresenta, insieme a Piazza (omissis), un’area nodale della città, la cui configurazione è stata la conseguenza delle distruzioni belliche, che hanno provocato larghi squarci nel tessuto sette-ottocentesco, e di successive ricostruzioni scadenti, lungo le aree di bordo.
10.2. In considerazione della sua centralità, il Piano Regolatore Generale, approvato con D.P.G.R.C. n. 4208 del 16 maggio 1986, classificava l’area in questione come zona territoriale omogenea di tipo A satura.
All’interno di questa zona il Piano (Tav. 7 bis) attribuiva una destinazione di utilizzo del suolo di tipo (omissis) – aree per attrezzature direzionali e sociali di interesse collettivo, pubbliche e private – con indice di utilizzazione fondiario di 4,85 mc/mq e prevedeva che il rilascio di concessioni edilizie fosse subordinato alla approvazione di piani particolareggiati di iniziativa pubblica.
10.3. Nel 1989, con delibera di Consiglio Comunale n. 132, l’Amministrazione approvava il Piano Particolareggiato del centro storico, per effetto del quale l’area di Piazza (omissis) e Piazza (omissis) veniva individuata come area nodale C e si prevedeva, quale tipologia di intervento nell’ambito della predetta area, la ristrutturazione urbanistica ai sensi dell’art. 31 della legge 5 agosto 1878, n. 457.
10.4. L’art. 11 delle N.T.A. del P.P.E. precisava, poi, che gli elaborati di dettaglio, contenuti nel P.P.E. e riguardanti le aree nodali, avevano valore di piano progetto e non erano, pertanto, soggetti alla necessaria approvazione del Consiglio Comunale.
10.5. Per quanto qui interessa, tra gli elaborati di dettaglio relativi alle aree nodali, il P.P.E. individuava, all’interno dell’area di Piazza (omissis) e Piazza (omissis), una sagoma, prevedendo la possibilità di realizzarvi un edificio privato con destinazione a servizi ed uffici, ed un’area da destinare a piazza (di uso pubblico).
Tale sagoma, di forma ad L, posta lungo via (omissis), sviluppava una volumetria di circa 6.000 mc, con indice di fabbricabilità risultante pari a circa 2,5 mc/mq, inferiore, dunque, ai 4,85 mc/mq massimi assentibili in virtù del P.R.G. al tempo vigente.
Il precedente progetto veniva, tuttavia, successivamente modificato in conseguenza dell’approvazione di un nuovo Piano Progetto con delibera di Giunta Municipale n. 170 del 23 marzo 1999, in virtù del quale, da un lato, l’intervento privato (assentito con concessione edilizia n. 6380, rilasciata al Consorzio CE. il 26 giugno 2000) veniva spostato sul margine occidentale del lotto, in aderenza al fabbricato De Ca., di proprietà degli originari ricorrenti, dall’altro, si introduceva la previsione di un intervento pubblico nell’area che fronteggia la Cattedrale.
Con la medesima delibera, inoltre, veniva approvato uno schema di convenzione con cui il CE. si impegnava a trasferire in favore del Comune di Benevento le superfici necessarie a realizzare l’opera pubblica in progetto e l’Amministrazione comunale stabiliva la cessione delle aree di sua proprietà .
10.6. Con delibera di Consiglio comunale n. 42 del 26 giugno 2000, veniva quindi approvato in via preliminare il progetto per la costruzione della predetta opera pubblica, consistente in una struttura espositivo-museale che, in quanto implicante una diversa destinazione dell’area da (omissis) ad (omissis), comportava una variante al Piano Particolareggiato e al P.R.G.
10.7. Con successiva delibera di Consiglio comunale n. 44 del 28 ottobre 2004, il progetto per la sistemazione di Piazza (omissis) veniva approvato in prima lettura, attraverso le procedure di cui all’art. 19 del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327.
In data 29 novembre 2004 veniva quindi dato avviso dell’avvenuto deposito del progetto a mezzo pubblicazione sul B.U.R.C. e affissione all’Albo Pretorio del Comune, a cui faceva seguito la presentazione di osservazioni da parte degli originari ricorrenti.
10.8. Con delibera n. 16 del 22 marzo 2005, il Consiglio comunale procedeva all’approvazione, previo esame delle osservazioni, del progetto definitivo di Piazza (omissis), disponendone l’inoltro alla Regione Campania. Rilasciato parere favorevole da parte del Comitato Tecnico Regionale della Campania, il Consiglio comunale con delibera n. 31 del 6 luglio 2005 disponeva l’efficacia della variante urbanistica al P.R.G.
11. Ricostruita l’attività di programmazione urbanistica che ha riguardato l’area prospiciente (omissis), è ora possibile procedere all’esame dei profili di appello sollevati attraverso le impugnazioni proposte dalla Regione Campania e dal Comune di Benevento.
12. Innanzitutto, le eccezioni preliminari di difetto di legittimazione ad agire e interesse a ricorrere, così come l’eccezione di inammissibilità per mancata impugnativa degli atti presupposti, sollevate dall’Amministrazione Comunale, non possono essere accolte.
12.1 Ed infatti, quanto al primo profilo, l’indirizzo giurisprudenziale consolidatosi in materia (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 10 giugno 2014, n. 2965), pone in evidenza come la legittimazione ad impugnare atti riguardanti il regime urbanistico-edilizio di aree confinanti sussista ogni qual volta il progettato intervento, pur concernente un’area che non appartiene al ricorrente, incida negativamente sui suoi beni, sì da comprometterne la fruizione o il valore.
Al riguardo, si è ulteriormente precisato che dall’approvazione e dall’esecuzione delle scelte urbanistiche deve derivare al ricorrente un pregiudizio certo e concreto in relazione ai molteplici aspetti e ai vari interessi costitutivi della sua sfera giuridica (cfr. Cons. Stato Sez. IV, 24 dicembre 2007, n. 6619; 22 giugno 2006, n. 3947; 10 giugno 2004, n. 3755; 5 settembre 2003, n. 4980; 9 novembre 2010, n. 8364).
12.2. Ne consegue che, ai fini del radicamento delle condizioni legittimanti l’azione, è necessario che si verifichi uno specifico vulnus alla sfera giuridica dei soggetti che si trovano in una situazione di stabile collegamento con l’area interessata, cioé che l’intervento contestato abbia capacità di propagarsi sino a incidere negativamente sul fondo del ricorrente (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 19 novembre 2015, n. 5278).
Infatti, occorre anch un interesse ad agire, per ragioni di coerenza con i principî generali sulle condizioni per l’azione nel processo amministrativo (cfr. Cons. Stato: Ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 9; successivamente, Sez. IV, 19 novembre 2015, n. 5278 citata; per ultimo Sez. IV, 5 febbraio 2018, n. 707).
12.3. Nella fattispecie in esame tale circostanza appare sussistente. La verifica della lesione della posizione giuridica del ricorrente va infatti effettuata alla stregua di un giudizio che tenga conto della natura e delle dimensioni dell’opera in progettazione, della sua destinazione, delle sue implicazioni urbanistiche, nonché delle conseguenze sulla qualità della vita di coloro che per residenza sono in durevole rapporto con l’area interessata (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 31 maggio 2007, n. 2849; idem 12 maggio 2009, n. 2908).
Ed in questo quadro non può negarsi che nel caso di specie sussistano le condizioni legittimanti la proposizione della domanda giudiziale, sia sotto il profilo di posizione qualificata, sia sotto l’aspetto del requisito dell’interesse a ricorrere ex art. 100 c.p.c.
12.4. In conseguenza delle scelte pianificatorie compiute dal Comune di Benevento con gli atti gravati, l’edificio dei ricorrenti viene ad essere fronteggiato da un fabbricato, che non solo impedisce di continuare a godere della vista sulla piazza, ma presenta caratteristiche planovolumetriche che non rispettano gli inderogabili limiti di densità, altezza e distanze previsti dal D.M. 2 aprile 1968, n. 1444.
12.5. Né può essere accolta l’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancata impugnativa degli atti presupposti, rappresentati dalle norme di P.R.G. e di P.P.E., nonché della delibera consiliare n. 42/2000 e della delibera giuntale n. 170 del 23 marzo 1999.
12.6. Siffatta eccezione non è fondata, giacché l’interesse all’impugnazione può ritenersi sussistente in capo agli originari ricorrenti solo dal momento dell’adozione degli atti in variante, non potendo ritenersi le predette delibere immediatamente lesive delle loro sfere giuridiche.
12.7. Né il giudicato (Tar di Napoli, 12 giugno 2003, n. 7534) invocato a sostegno della delibera summenzionata può esplicare alcun effetto nel presente giudizio, non essendo opponibile ai ricorrenti, perché formatosi un una impugnativa proposta da terzi.
13. Respinte, pertanto, le eccezioni preliminari afferenti alla legittimità dei ricorsi di prime cure, è ora possibile procedere allo scrutinio del merito degli appelli.
14. Gli appelli sono infondati e vanno di conseguenza respinti, con conferma della sentenza impugnata.
15. Il Collegio ritiene infatti di condividere le argomentazioni esposte dal Tar in ordine alla illegittimità della delibera n. 16 del 22 marzo 2005.
15.1. La legge regionale della Campania n. 16 del 22 dicembre 2004 – recante Norme sul governo del territorio – ha ad oggetto “la tutela, gli assetti, le trasformazioni e le utilizzazioni del territorio al fine di garantirne lo sviluppo, nel rispetto del principio di sostenibilità, mediante un efficiente sistema di pianificazione territoriale e urbanistica articolato a livello regionale, provinciale e comunale”.
L’art. 3 della legge, nel disciplinare l’articolazione dei processi di pianificazione, stabilisce inoltre che: “La pianificazione territoriale e urbanistica è definita dal complesso degli atti adottati dalle competenti amministrazioni in conformità alla legislazione nazionale e regionale, disciplinanti l’uso, la tutela e i processi di trasformazione del territorio. La pianificazione territoriale e urbanistica disciplina con un sistema normativo e di vincolo tutte le attività di iniziativa sia pubblica che privata che comportano una trasformazione significativa del territorio, definendo: a) per le attività pubbliche, la programmazione degli interventi da realizzare; b) per le attività private, l’incentivazione delle iniziative riconosciute come concorrenti al miglioramento della qualità del territorio e corrispondenti all’interesse pubblico”.
15.2. Il tenore letterale delle citate disposizioni induce quindi a ritenere che il legislatore regionale abbia inteso dettare una disciplina omnicomprensiva finalizzata a regolamentare “tutte le attività di iniziativa sia pubblica che privata che comportano una trasformazione significativa del territorio”.
15.3. Né possono rinvenirsi, nel testo della normativa regionale, indici che permettano di ritenere la sua sfera di applicazione limitata alle sole varianti generali, con esclusione dei procedimenti di variante semplificata.
15.4. Infondata è poi la censura relativa alla pretesa impossibilità per gli Enti regionali di disciplinare diversamente i processi della pianificazione urbanistica, introducendo modalità innovative che si discostino dalle regole poste dal legislatore statale.
La materia rinviene il proprio referente costituzionale nell’art. 117 della Costituzione che, tra le ipotesi di competenza concorrente, annovera il governo del territorio, dovendo intendersi con tale formula tutte le attività che sul territorio si svolgano, consistenti sia nell’uso dello stesso, che nella sua modificazione.
15.5. Quanto al profilo che qui specificamente interessa, ossia alla corretta configurazione dei rapporti tra legislazione statale e quella regionale, si osserva come nulla nell’ordinamento giuridico impedisce alle Regioni, purché sia garantito il rispetto della disciplina di principio dettata dal legislatore statale, di introdurre una regolamentazione più rigorosa di quella prevista a livello centrale.
15.6. Ed infatti la specifica finalità avuta di mira dal legislatore nazionale, attraverso la previsione nel D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, di una procedura semplificata di approvazione delle varianti agli strumenti urbanistici generali, intanto può assurgere a principio fondamentale, con la ineludibile conseguenza del suo rigoroso rispetto da parte del legislatore regionale, solo nel caso in cui venga in rilievo la costruzione di singole e specifiche opere pubbliche, di interesse statale, essendo in tal caso configurabile un interesse superiore che la legge statale ha inteso riservare alla propria sfera di competenza. Qualora, invece, come nel caso di specie, nella realizzanda opera pubblica non sia ravvisabile un interesse di livello superiore, è ben possibile che il legislatore regionale decida, nel proprio ed incomprimibile ambito di competenza, di dettare una normativa maggiormente rigorosa che disciplini le procedure di adozione delle varianti agli strumenti urbanistici vigenti, in modo da assicurare un più elevato livello di garanzie per il territorio interessato dall’attività pianificatoria.
15.7. Posto che le considerazioni di ordine sistematico appena svolte consentono di tracciare i confini della sfera di applicazione della legge regionale 22 dicembre 2004, n. 16, sino a ricomprendervi le ipotesi di variante implicita, risulta condivisibile anche l’ulteriore conclusione del Tar in ordine alla riconducibilità ad essa, ratione temporis, della fattispecie oggetto del giudizio.
15.8. L’art. 45 della stessa legge regionale, nel dettare la disciplina transitoria della strumentazione urbanistica, nonché delle relative varianti, in itinere al momento della sua entrata in vigore, testualmente dispone: “Gli strumenti di pianificazione urbanistica comunale, adottati e non ancora approvati alla data di entrata in vigore della presente legge, concludono il procedimento di formazione secondo le disposizioni di cui alla disciplina previgente, anche in ordine alla ripartizione delle competenze relative alla loro approvazione. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle varianti ai Prg già adottate al momento dell’entrata in vigore della presente legge”.
15.9. Ne deriva che l’interrogativo sulla necessità di osservare la disciplina regionale introdotta nel 2004 richiede di individuare con precisione il momento in cui una variante alla strumentazione urbanistica vigente può ritenersi adottata. In particolare, con riferimento all’iter approvativo delle varianti allo strumento urbanistico generale disciplinate dall’art. 19 del D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, che qui specificamente interessa, occorre osservare come la prima fase in cui esso risulta scandito, caratterizzata dall’approvazione del progetto preliminare o definitivo da parte del Consiglio comunale, comprenda altresì la pubblicazione della delibera in esame per consentire ai soggetti interessati di presentare osservazioni.
Cosicché, decorsi i termini legislativamente stabiliti, il Consiglio comunale è chiamato ad esaminare le osservazioni presentate e, ove queste non vengano accolte, a trasmettere il testo della delibera all’organo competente per l’approvazione.
Il perfezionamento dell’iter approvativo postula tuttavia, un’ulteriore fase nel corso della quale il consiglio comunale dispone l’efficacia della variante.
15.11. Alla luce dei suddetti principi, risulta che solo con la deliberazione n. 16 del 22 marzo 2005 la variante de qua può ritenersi adottata, dal momento che è con essa che il progetto relativo alla struttura espositivo-museale da realizzare nell’area prospiciente piazza (omissis) è stato definitivamente approvato e le osservazioni, proposte ai sensi dell’art. 11 del D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, sono state esaminate e respinte.
15.12. Chiarito, quindi, il quadro normativo di riferimento e considerata l’effettiva scansione della procedura di adozione della variante in esame, consegue l’applicabilità al caso di specie delle regole introdotte dalla nuova disciplina regionale.
La legge regionale 22 dicembre 2004, n. 16, è stata infatti pubblicata sul B.U.R. Campania il 28 dicembre 2004 e, giusta la dichiarazione di urgenza contenuta nell’art. 50, è entrata in vigore il giorno successivo (29 dicembre 2004).
Ne deriva, pertanto, l’illegittimità della variante in esame, il cui iter approvativo è stato condotto in contrasto con il nuovo e più garantistico procedimento delineato dalla normativa regionale di nuova introduzione.
16. Per le considerazioni esposte, i riuniti appelli proposti dalla Regione Campania e dal Comune di Benevento devono essere respinti e, per l’effetto, va confermata la sentenza impugnata.
17. Il rigetto degli appelli principali e la conferma della sentenza di primo grado determinano, di conseguenza, la reiezione dell’appello incidentale proposto dagli originari ricorrenti.
18. Le spese di giudizio seguono la soccombenza negli appelli principali e sono determinate, tenuto conto anche del rigetto dell’appello incidentale, come indicato nel dispositivo

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sui riuniti appelli (n. 3921 e n. 5838 del 2008), come in epigrafi proposti, li respinge.
Respinge l’appello incidentale proposto dai signori Fa. La. ed altri nel ricorso n. 5838 del 2008.
Condanna la Regione Campania al pagamento delle spese processuali nella misura di euro 2000,00 (duemila/00) e il comune di Benevento nella misura di euro 2000,00 (duemila/00) in favore degli appellati, oltre agli altri oneri previsti per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Oberdan Forlenza – Consigliere
Daniela Di Carlo – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere
Nicola D’Angelo – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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