La legittimazione a domandare la restituzione di un indebito pagamento

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Sentenza 23 aprile 2020, n. 8101.

La massima estrapolata:

La legittimazione a domandare la restituzione di un indebito pagamento eseguito dal mandatario secondo le disposizioni del mandante spetta a quest’ultimo e non al mandatario, a meno che il mandato non abbia attribuito anche la suddetta facoltà e sempre che, in questo caso, la domanda giudiziale di restituzione sia formulata dal mandatario spendendo tale sua qualità.

Sentenza 23 aprile 2020, n. 8101

Data udienza 7 novembre 2019

Tag – parola chiave: Indebito arricchimento – Ripetizione indebito oggettivo – Artt. 1180 e 2033 c.c. – Adempimento dell’obbligo del terzo personalmente o per tramite del terzo – Pagamento non sine causa – Esclusa legittimazione attiva del mandatario per domanda di restituzione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 5218/2016 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, in persona dei Commissari Straordinari, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3675/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 15/06/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/11/2019 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’accoglimento;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega.

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2005 la societa’ (OMISSIS) in amministrazione straordinaria s.p.a. (d’ora innanzi, “la (OMISSIS)”) convenne dinanzi al Tribunale di Roma (OMISSIS), esponendo che:
-) la (OMISSIS) era una societa’ del c.d. ” (OMISSIS)”; tale gruppo faceva capo alla societa’ di diritto olandese (OMISSIS) (ovvero (OMISSIS), “societa’ anonima”), la quale deteneva il 98,3% del capitale sociale di altre societa’, tra cui la societa’ (OMISSIS) s.p.a. e (OMISSIS) s.p.a.; quest’ultima, a sua volta, controllava direttamente ed indirettamente la nota societa’ calcistica ” (OMISSIS) s.p.a.”;
-) amministratore delegato della (OMISSIS) e presidente della (OMISSIS) era la medesima persona, (OMISSIS);
-) nel 2000 la (OMISSIS) imparti’ alla (OMISSIS) l’ordine di versare a (OMISSIS) la somma di 600.000.000 di Lire, che venne eseguito;
-) tale somma “era esattamente corrispondente” all’importo che la (OMISSIS) aveva concordato col convenuto, e con tutti gli altri calciatori della squadra calcistica “(OMISSIS)”, a titolo di “premio scudetto”, per avere la suddetta compagine vinto il campionato di calcio di serie “A” della stagione calcistica 1999-2000;
-) la (OMISSIS), “al preciso scopo di mascherare tali pagamenti indebiti”, simulo’ l’esistenza d’un contratto di finanziamento tra la societa’ (OMISSIS) s.p.a. da un lato, ed i propri atleti dall’altro; e tale operazione fu inscenata al fine di “provvedere, con l’impiego di risorse finanziarie di (OMISSIS) s.p.a. al pagamento dei cc.dd. premi scudetto dovuti da (OMISSIS) (…) ai propri calciatori”;
-) nondimeno, non avendo la societa’ (OMISSIS) obbligo alcuno nei confronti del convenuto, il pagamento effettuato in favore di questi doveva ritenersi sine causa.
Concluse pertanto la societa’ attrice chiedendo la condanna del convenuto alla restituzione dell’importo suddetto.
2. (OMISSIS) si costitui’, eccependo:
-) che la somma ricevuta dalla (OMISSIS) era a lui effettivamente dovuta a titolo di premio per la vittoria del campionato di calcio dell’anno 1999-2000;
-) che, di conseguenza, quella somma costituiva una retribuzione, ed in quanto tale non era ripetibile;
-) che la societa’ (OMISSIS) aveva effettuato il pagamento “nell’ambito di disposizioni rientranti nella sfera della direzione unitaria del gruppo di societa’”, che ricomprendeva tanto la societa’ (OMISSIS), quanto la societa’ (OMISSIS), quanto, infine, la societa’ (OMISSIS);
-) che a lui, in quanto terzo di buona fede, era inopponibile qualsivoglia simulazione intercorsa tra le suddette societa’ nel quadro dei rapporti di gruppo;
-) che in ogni caso il pagamento eseguito dalla (OMISSIS) costituiva, alternativamente, o un adempimento dell’obbligo del terzo, ai sensi dell’articolo 1180 c.c., oppure esecuzione d’una delegatio solvendi, e di conseguenza tanto nell’uno, quanto nell’altro caso, non se ne poteva domandare la restituzione.
3. Nel corso del giudizio di primo grado la societa’ attrice, con la seconda memoria di cui all’articolo 184 c.p.c. (nel testo applicabile ratione temporis), intese replicare alle difese del convenuto deducendo che l’accordo fra la societa’ (OMISSIS) e i suoi calciatori, avente ad oggetto il pagamento del cosiddetto “premio-scudetto”, era stato consensualmente risolto tra le parti, e che anche sotto questo profilo, pertanto, il pagamento effettuato dalla (OMISSIS) al convenuto doveva ritenersi sine causa.
4. Con sentenza 12 dicembre 2007 n. 24334 il Tribunale di Roma rigetto’ la domanda.
Ritenne il tribunale che (OMISSIS), versando a (OMISSIS) l’importo a questi dovuto dalla societa’ (OMISSIS), adempi’ l’obbligo di quest’ultima di pagare il “premio-scudetto”.
Era, di conseguenza, irrilevante stabilire se (OMISSIS) avesse compiuto tale pagamento per incarico di (OMISSIS) oppure no, giacche’ non vi era prova che il suddetto pagamento avvenne in adempimento di un obbligo. Di conseguenza esso doveva ritenersi spontaneo, e quindi non ripetibile.
5. La sentenza venne appellata dalla parte soccombente.
Con sentenza 15 giugno 2015 n. 3675 la Corte d’appello di Roma accolse il gravame, e condanno’ (OMISSIS) alla restituzione in favore di (OMISSIS) S.p.A., della somma di Euro 309.874,13, oltre interessi dal 25 gennaio 2005.
Ritenne la Corte d’appello che:
-) il pagamento da (OMISSIS) a (OMISSIS) era avvenuto per adempiere a una disposizione in tal senso impartita a (OMISSIS) dalla societa’ (OMISSIS) S.p.A.;
-) tra la (OMISSIS) e (OMISSIS) da un lato, cosi’ come tra quest’ultimo e la (OMISSIS) dall’altro, non esisteva alcun vincolo contrattuale o rapporto giuridico;
-) l’adempimento del terzo ex articolo 1180 c.c., per essere efficace, deve essere spontaneo;
-) (OMISSIS) non pago’ il calciatore spontaneamente, ma in adempimento del mandato conferitole da (OMISSIS);
-) ergo, il pagamento di (OMISSIS) non poteva qualificarsi adempimento del terzo ex articolo 1180 c.c..
Escluso che (OMISSIS) avesse pagato il debito altrui, la Corte d’appello ha concluso che tra solvens ( (OMISSIS)) ed accipiens ( (OMISSIS)) non sussistesse alcuna causa giustificativa del pagamento, perche’:
– (OMISSIS) era creditore della (OMISSIS), ma non della (OMISSIS); – nessun contratto o altro obbligo esisteva tra la (OMISSIS) e (OMISSIS).
6. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), con ricorso fondato su un solo complesso motivo, articolato in piu’ censure.
Ha resistito con controricorso la (OMISSIS) in amministrazione straordinaria.
La causa, gia’ fissata per l’udienza del 24 gennaio 2018, all’esito di questa con ordinanza 9.4.2018 n. 8662 venne rinviata a nuovo ruolo, al fine di consentire la trattazione unitaria degli altri ricorsi pendenti dinanzi questa Corte tra la (OMISSIS) ed altri calciatori della (OMISSIS), aventi ad oggetto fattispecie identiche.
Sia prima dell’udienza del 24 gennaio 2018, sia prima dell’udienza del 7 novembre 2019, le parti hanno depositato memoria; le due memorie depositate da ciascuna delle parti hanno contenuto in larghissima parte coincidente.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso.
1.1. Col primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3 (si lamenta, in particolare, la violazione degli articoli 1180, 1414, 1415, 1416, 1417, 2727, 2729, 2730, 2697, 2033 c.c.; articoli 112, 113 e 116 c.p.c.); sia dal vizio di omesso esame d’un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 (nel testo modificato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134).
Al di la’ di tali riferimenti normativi, non del tutto pertinenti, l’illustrazione del motivo espone varie censure cosi’ riassumibili:
-) la Corte d’appello ha accolto la domanda attorea sul presupposto che la (OMISSIS) non avesse adempiuto alcuna pregressa obbligazione, allorche’ verso’ la somma di 600 milioni di Lire nelle mani di (OMISSIS), affermando che la societa’ pagante non adempi’ ne’ un debito proprio, perche’ essa non era debitrice di (OMISSIS); ne’ adempi’ un debito altrui, perche’ l’adempimento dell’obbligo altrui presuppone la spontaneita’ del pagamento, mentre nel caso di specie il pagamento compiuto da (OMISSIS) non era avvenuto spontaneamente, ma per ordine della societa’ (OMISSIS);
-) tale valutazione fu erronea, perche’ era stata la stessa attrice a dichiarare che invece una obbligazione di cui (OMISSIS) era creditore esisteva, ed aveva ad oggetto il pagamento, da parte della societa’ (OMISSIS), del premio-scudetto;
-) aveva comunque errato la Corte d’appello nel ritenere che (OMISSIS) non avesse adempiuto spontaneamente;
-) aveva errato la Corte d’appello nel non attribuire il corretto significato agli accordi simulati posti in essere tra la societa’ (OMISSIS), la (OMISSIS) e la (OMISSIS), tutti finalizzati a “mascherare” l’avvenuto pagamento del premio-scudetto;
-) aveva errato la Corte d’appello nel ritenere opponibili tali accordi simulati al terzo in buona fede, ovvero l’odierno ricorrente;
-) aveva errato la Corte d’appello nel trascurare di considerare che (OMISSIS), Societa’ (OMISSIS) e societa’ (OMISSIS) s.p.a. erano compagini sociali appartenenti al medesimo gruppo finanziario; che l’importo versato da (OMISSIS) era esattamente corrispondente al premio scudetto dovuto all’odierno ricorrente; che tutte e tre le suddette societa’ avevano per presidente o per componente del consiglio d’amministrazione la medesima persona, (OMISSIS); che tutte le suddette circostanze dovevano indurre la Corte d’appello a ricavare, per presunzione ex articolo 2727 c.c., la prova del fatto che (OMISSIS), versando la suddetta somma, aveva inteso adempiere l’obbligo del terzo, nel quadro di un accordo infragruppo.
1.2. La (OMISSIS) ha eccepito l’inammissibilita’ del ricorso, per varie ragioni:
-) sia per difetto di autosufficienza, sul presupposto che il ricorso si limita a riprodurre le censure svolte in appello;
-) sia perche’ non sarebbe consentito prospettare contemporaneamente, con riferimento alla medesima decisione, sia il vizio di violazione di legge, sia quello di omesso esame d’un fatto decisivo;
-) sia perche’, sotto le vesti del vizio di violazione di legge, il ricorrente prospetta in realta’ una censura che investe la ricostruzione dei fatti;
-) sia perche’ il fatto storico che il ricorrente essere stato trascurato (la sussistenza di un debito verso di lui da parte della (OMISSIS)) e’ stato in realta’ esaminato dalla Corte d’appello.
1.3. Le suddette eccezioni sono infondate.
Quanto alla prima, la societa’ controricorrente e’ nel vero quando rileva la struttura “ridondante” e “defatigante” del ricorso. Ma una tecnica scrittoria imperfetta od inadeguata non basta, da sola, a rendere inammissibile un ricorso per cassazione. Questo esito estremo puo’ proclamarsi solo dinanzi ad un ricorso il quale o non rispetti i requisiti c.d. di “contenuto-forma” imposti dalla legge (esposizione dei fatti, esposizione dei motivi, indicazione dei documenti su cui si fonda), oppure quando la sintassi del ricorso sia inestricabilmente contraddittoria od insanabilmente circonvoluta.
L’ambiguita’ o la ridondanza del ricorso non ne comportano invece l’inammissibilita’, tutte le volte che esse possano essere agevolmente superate dal giudicante facendo ricorso ad una interpretazione complessiva dell’atto. Cio’ in ossequio al principio, di derivazione sovranazionale, secondo cui nell’interpretazione non solo delle norme processuali, ma anche degli atti processuali, il giudice nazionale ha il dovere di preferire le interpretazioni tali da consentire una pronuncia sul merito, piuttosto che quelle tali da imporre una pronuncia di inammissibilita’ (Corte EDU 7.6.2012, Centro Europa 7 s.r.l e Di Stefano c. Italia, in causa n. 38433/09, § 140; Corte EDU 17.5.2016, Kara’csony ed al. c. Ungheria, in cause nn. 42641/13 e 44357/13; e soprattutto Corte EDU, sez. I, 15.9.2016, Trevisanato c. Italia, in causa n. 32610/07, §§ 42-44, e Corte EDU, sez. I, 24.4.2008, Kemp c. Lussemburgo, in causa n. 17140/05).
1.4. Anche la seconda eccezione di inammissibilita’ e’ infondata. Non e’, infatti, la contemporanea prospettazione del vizio di violazione di legge e di quello di omesso esame d’un fatto decisivo che rende inammissibile un ricorso per cassazione, ma solo la inconciliabilita’ di tali censure, come avverrebbe, ad esempio, ove il ricorrente deducesse contemporaneamente sia che l’esistenza d’un certo fatto e’ stata erroneamente escluda dal giudice, sia che al fatto non avvenuto si sarebbe dovuta applicare una certa norma.
Non e’ questo il nostro caso, dal momento che il ricorrente ha prospettato il vizio di omesso esame d’un fatto decisivo (l’esistenza d’un debito della (OMISSIS) nei suoi confronti) quale fondamento della collegata censura di violazione di legge.
1.5. La terza e la quarta delle censure di inammissibilita’ sopra elencate restano superate od assorbite da quanto si dira’ circa la fondatezza del ricorso.
1.6. La societa’ controricorrente ha poi eccepito l’improcedibilita’ del ricorso, sostenendo che l’onere di indicazione ed allegazione dei documenti e degli atti su cui il ricorso si fonda, imposto dall’articolo 366 c.p.c., n. 6 e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, non puo’ essere assolto – come invece ha fatto il ricorrente semplicemente depositando i fascicoli di parte prodotti nelle fasi di merito.
L’eccezione e’ infondata, giacche’ il suddetto onere – come stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte – e’ complessivamente soddisfatto, sulla base del principio di strumentalita’ delle forme processuali anche solo mediante la produzione del fascicolo nel quale gli atti e i documenti su cui il ricorso si fonda siano contenuti e, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo d’ufficio, mediante il deposito della richiesta di trasmissione di esso (Sez. U, Sentenza n. 22726 del 03/11/2011, Rv. 619317-01): e, nel caso di specie, il contenuto degli atti processuali indispensabile per la comprensione delle censure risulta evincibile, sia pure con qualche speciale attenzione, dal coacervo delle difese del ricorrente.
1.7. Sempre in via preliminare, va rilevata l’infondatezza o l’inammissibilita’ delle deduzioni svolte dal ricorrente in ambedue le memorie depositate ai sensi dell’articolo 378 c.p.c..
Ivi il ricorrente ha invocato sia “l’efficacia riflessa” del giudicato formatosi tra la societa’ (OMISSIS) ed altri due calciatori della (OMISSIS), all’esito di controversie aventi ad oggetti fattispecie concrete identiche a quella oggetto del presente giudizio; sia la “inequivocabile conferma” dei fatti posti a fondamento delle proprie difese (ed in particolare, che il pagamento da parte della (OMISSIS) venne architettato al fine di mascherare l’effettivo pagamento del premio scudetto) scaturente dalla “condanna intervenuta in sede penale nei confronti di (OMISSIS)”.
1.8. Per quanto attiene la invocazione degli effetti del “giudicato riflesso” (che e’ ammissibile, perche’ il preteso giudicato si e’ formato dopo la proposizione del ricorso per cassazione), non e’ chiaro se il ricorrente, con tale allegazione, abbia inteso invocare:
(a) la possibilita’ che l’accertamento di fatto contenuto nella sentenza pronunciata inter alios possa essere utilizzato in questo giudizio, ai fini della ricostruzione dei fatti;
(b) la possibilita’ che la sentenza pronunciata inter alios produca effetti giuridici nei suoi confronti.
E tuttavia, nel primo caso, la “efficacia riflessa del giudicato” invocata dal ricorrente riguarderebbe l’accertamento dei fatti, e non puo’ essere prospettata in questa sede.
Nel secondo caso, la deduzione sarebbe infondata, in quanto nella giurisprudenza di questa Corte, affinche’ una sentenza passata in giudicato possa produrre effetti riflessi, si richiedono tre requisiti:
(a) che i terzi non siano titolari di un diritto autonomo (Cass. 2515/63; 2112/71; 444/74; 6178/81; 970/86; 7375/86), per tale dovendosi intendere o il diritto scaturente da un diverso rapporto giuridico (Cass. 3928/68; 5320/03); oppure un diritto “la cui fattispecie costitutiva non risulti composta anche dalla esistenza (o inesistenza) del rapporto dedotto nel primo giudizio” (Cass. 16969/02);
(b) che i terzi non ne possano risentire un “pregiudizio giuridico” (1895/65; 2112/71; 11213/07);
(c) che l’efficacia riflessa investa solo l’affermazione di una “situazione giuridica che non ammette la possibilita’ di un diverso accertamento”.
In virtu’ di questi principi si e’ ammessa, in particolare e con particolare frequenza, l’efficacia “riflessa”:
-) della sentenza che dichiara il fallimento, erga omnes;
-) della sentenza che accerta la proprieta’, rispetto al terzo detentore;
-) della sentenza che accerta l’invalidita’ del lavoratore, rispetto all’ente previdenziale;
-) della sentenza che accerta la comproprieta’ in capo al venditore che ha venduto l’intero, rispetto alla lite tra acquirente e comproprietari;
-) della sentenza che accerta la falsita’ d’un atto;
-) della sentenza che accerta il fatto indicativo della capacita’ contributiva. E’ evidente come nessuna di queste ipotesi, e nessuno dei tre requisiti piu’ sopra indicati, ricorra nel caso di specie.
Il ricorrente, infatti, invoca l’efficacia di un giudicato pronunciato tra altre parti, avente ad oggetto un diritto di obbligazione e non un diritto reale, e soprattutto rispetto al quale il proprio diritto non e’ incompatibile. E’ infatti astrattamente concepibile che una holding si risolva a pagare alcuni soltanto dei debitori della propria controllata, ed altri no.
1.9. Per quanto attiene, infine, “l’accertamento dei fatti” contenuto nella sentenza penale di condanna dell’amministratore della (OMISSIS), la deduzione e’ inammissibile per la sua genericita’: il ricorrente, infatti, non indica ne’ se la sentenza penale di cui si discorre sia passata in giudicato; ne’ se sia stata pronunciata all’esito del dibattimento; ne’ se intenda invocare gli effetti di cui all’articolo 654 c.p.p.; ne’ se si sia costituito parte civile in quel giudizio.
Resta, di conseguenza, impregiudicata – siccome non utilmente deducibile in questa sede, ma proponibile in sede di rinvio – ogni questione relativa all’efficacia nel presente giudizio degli accertamenti in punto di fatto eventualmente compiuti nel procedimento penale a carico del legale rappresentante di almeno due delle societa’ coinvolte nei fatti presupposti dalla presente controversia. E’ noto infatti che nel giudizio di rinvio possono essere sollevate questioni collegate a fatti sopravvenuti non utilmente deducibili nelle fasi pregresse (per tutte Cass. 29/08/2011, n. 17690, ovvero Cass. 20/03/2003, n. 4070) e non potendosi una sentenza penale definitiva sopravvenuta nel corso del giudizio di legittimita’ addurre dalle parti nemmeno ai sensi dell’articolo 372 c.p.c. (Cass. S.U. 02/02/2017, n. 2735, ovvero Cass. 19/11/2010, n. 23483).
2. Puo’ ora passarsi all’esame del merito del ricorso, il quale e’ fondato nella parte in cui sostiene che la Corte d’appello, accogliendo la domanda attorea, abbia violato l’articolo 1180 c.c..
2.1. La Corte d’appello di Roma era infatti chiamata a giudicare una domanda di ripetizione di indebito oggettivo.
In punto di fatto, la Corte d’appello ha accertato, e comunque non era controverso tra le parti, che:
a) la societa’ (OMISSIS) avesse impartito alla (OMISSIS) l’ordine di pagare a (OMISSIS) “per proprio ordine e conto”una somma di denaro (cosi’ la sentenza impugnata, p. 3, secondo capoverso, in fine);
b) era stata la stessa societa’ attrice ad allegare che tale somma corrispondesse esattamente all’importo “concordato quale premio scudetto” tra (OMISSIS) e la (OMISSIS);
c) la societa’ (OMISSIS) abbia adempiuto il mandato impartitole.
Dinanzi a questa lineare situazione di fatto, prospettata dalla stessa parte attrice, la Corte d’appello ha cosi’ ragionato:
-) la (OMISSIS) ha effettuato il pagamento di cui si discute per ordine di (OMISSIS), e dunque non spontaneamente;
-) l’articolo 1180 c.c., attribuisce efficacia solutoria all’adempimento del terzo solo quando tale adempimento sia spontaneo;
-) ergo, il pagamento effettuato dalla (OMISSIS) non ebbe effetto solutorio, e non sussistendo alcun vincolo obbligatorio tra solvens ( (OMISSIS)) ed accipiens ( (OMISSIS)), esso doveva ritenersi sine causa.
2.2. Questa valutazione costituisce una falsa applicazione degli articoli 1180 e 2033 c.c..
L’adempimento dell’obbligo del terzo, cosi’ come di qualsiasi altra obbligazione fungibile, puo’ avvenire sia personalmente, sia per il tramite di un terzo, che puo’ assumere la veste di un mero rappresentante (articolo 1387 c.c.) o di un mandatario (articolo 1703 c.c.).
Dunque per mezzo di un mandatario o rappresentante e’ possibile adempiere sia l’obbligazione propria, sia l’obbligazione altrui.
Nel caso di specie, la Corte d’appello ha accertato in fatto (e la statuizione non e’ stata impugnata da alcuno) che (OMISSIS) verso’ la somma di 600 milioni di Lire a (OMISSIS) “su ordine e per conto” della societa’ (OMISSIS), e dunque su mandato, nell’interesse ed in rappresentanza di quest’ultima. (OMISSIS) ha dunque effettuato il pagamento nella veste di mandataria e per conto altrui, non nomine proprio e per proprio conto.
Da questo accertamento in fatto discendono due conseguenze.
La prima e’ che il pagamento effettuato da (OMISSIS) a (OMISSIS) non fu affatto sine causa, perche’ la causa di esso era da individuare nel mandato conferito dalla (OMISSIS) alla (OMISSIS). A tal riguardo questa corte ha infatti gia’ stabilito che “il mandatario che esegua un pagamento ad un terzo per conto del mandante non e’ assimilabile al terzo che adempie per il debitore ai sensi dell’articolo 1180 c.c.” (Sez. 3, Sentenza n. 9472 del 19/05/2004, Rv. 572948-01).
La seconda e’ che erroneamente la Corte d’appello ha negato l’applicabilita’ al caso di specie dell’articolo 1180 c.c., affermando che il pagamento eseguito da (OMISSIS) “non fu spontaneo”: la spontaneita’, ai fini dell’applicazione dell’articolo 1180 c.c., andava infatti accertata rispetto al mandante ( (OMISSIS)), non certo rispetto al mandatario ( (OMISSIS)); e comunque, sinanche nell’ipotesi in cui il pagamento di (OMISSIS) non fosse stato spontaneo, legittimato a domandarne la restituzione sarebbe stato il mandante in nome e per conto del quale fu effettuato, e non il mandatario che lo esegui’. Il mandatario che esegua un pagamento alla persona indicatagli dal mandante, ma in tesi non dovuto, potrebbe infatti essere legittimato a proporre l’azione di indebito soltanto in nome e per conto del mandante: ma nel presente giudizio la (OMISSIS) non ha mai prospettato che la (OMISSIS) abbia eseguito un pagamento non dovuto, ne’ dichiarato di proporre la domanda di restituzione in nome o per conto di quella.
2.3. La sentenza impugnata va dunque cassata in applicazione dei seguenti principi di diritto:
“(a) legittimato a domandare la restituzione di un pagamento che si assume indebito, effettuato per il tramite di un mandatario alla persona e per l’importo indicati dal mandante, e’ quest’ultimo e non il mandatario, a meno che il mandato non abbia attribuito al mandatario anche la suddetta facolta’, e sempre che, in quest’ultimo caso, la domanda giudiziale di restituzione sia formulata dal mandatario spendendo tale sua qualita’”;
(b) l’adempimento del debito altrui ex articolo 1180 c.c., puo’ avvenire sia direttamente, sia per il tramite d’un mandatario. In tale ultima ipotesi, la sussistenza dei requisiti richiesti dall’articolo 1180 c.c., (esistenza del debito altrui, volonta’ di estinguerlo, spontaneita’ del pagamento) vanno accertati con riferimento alla persona del mandante, non a quella del mandatario.
3. Le spese.
Le spese del presente giudizio di legittimita’ saranno liquidate dal giudice del rinvio.

P.Q.M.

la Corte di Cassazione:
(-) accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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