La fattispecie prevista dall’articolo 353 c.p. si applica in ogni situazione in cui vi sia una procedura di gara, anche informale e atipica

Corte di Cassazione, sezione quarta penale, Sentenza 6 luglio 2018, n. 30730.

La massima estrapolata:

La fattispecie prevista dall’articolo 353 c.p. si applica in ogni situazione in cui vi sia una procedura di gara, anche informale e atipica, quale che sia il nomen iuris adottato ed anche in assenza di formalità, mediante la quale la P.A. proceda all’individuazione del contraente, a condizione che l’avviso informale di gara o il bando, o comunque l’atto equipollente, previamente indichi i criteri di selezione e di presentazione delle offerte, ponendo i potenziali partecipanti nella condizione di valutare le regole che presiedono al confronto ed i criteri in base ai quali formulare le proprie offerte.

Sentenza 6 luglio 2018, n. 30730

Data udienza 28 marzo 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente

Dott. GIANESINI Maurizio – Consigliere

Dott. COSTANZO Angelo – Consigliere

Dott. BASSI Alessandra – Consigliere

Dott. D’ARCANGELO Fabrizi – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 20/04/2017 dalla Corte di appello di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Fabrizio D’Arcangelo;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. PRATOLA Gianluigi, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
udito il difensore dei ricorrenti, avv. (OMISSIS), che ha concluso per l’annullamento della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Brescia ha confermato la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Bergamo in data 1 luglio 2015, appellata dagli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS), che ha condannato al pagamento delle spese del grado.
(OMISSIS) e (OMISSIS), secondo la originaria formulazione accusatoria di cui al capo 1), sono imputati del reato di cui agli articoli 110, 353 e 353 bis c.p., poiche’, in concorso tra loro, il (OMISSIS) in qualita’ di responsabile unico del procedimento ed il (OMISSIS) in qualita’ di responsabile dell’U.O.C. “risorse tecniche edilizia e manutenzione”, in relazione alla procedura ad evidenza pubblica avente ad oggetto l’affidamento delle opere inerenti l’adeguamento normativo degli impianti elevatori (riferimento n. 3, n. 5, n. 6 e n. 7) presso l’Ospedale (OMISSIS);
– a) il (OMISSIS) predisponeva un capitolato speciale d’appalto con termini di completamento dei lavori palesemente non rispettabili ed inseriva, nel capitolato medesimo, rigorose penali per il mancato rispetto di tali termini, prevedendo, in particolare, nonostante l’assenza di titoli abilitativi edilizi e conseguentemente la necessita’ di ottenere gli stessi dalla competente autorita’ comunale prima di iniziare i lavori – che entro dieci giorni consecutivi dalla data di aggiudicazione fossero consegnati a cura dell’aggiudicatario “il progetto esecutivo e i disegni per l’approvazione da parte dell’azienda ospedaliera (OMISSIS)”; che entro il medesimo termine dovesse essere rilasciata la dichiarazione di idoneita’ statica; che entro il 31 dicembre 2010 la ditta dovesse “prevedere lo smantellamento degli impianti esistenti (impianti 5, 6 e 7) ed il montaggio dei nuovi impianti perfettamente funzionanti”; che entro il 31 marzo 2011 la ditta dovesse “prevedere lo smantellamento degli impianti esistenti (impianti 3 e 4) ed il montaggio del nuovo impianto perfettamente funzionante (impianto 3)”;
– b) il (OMISSIS) individuava (OMISSIS) S.r.l., (OMISSIS) S.r.l., (OMISSIS) S.r.l., (OMISSIS) S.p.a. e (OMISSIS) S.p.a. quali aziende da invitare alla procedura, nonostante tre delle cinque aziende fossero prive dei requisiti di partecipazione alla procedura (solo (OMISSIS) S.r.l. e (OMISSIS) S.r.l. risultavano in possesso della necessaria attestazione SOA) ed una di esse ( (OMISSIS) S.r.l.) non si occupasse addirittura della installazione di ascensori, ma esclusivamente della loro produzione;
– c) il (OMISSIS) indicava termini per la presentazione delle offerte particolarmente ristretti (dodici giorni dalla data di invio dell’invito a mezzo fax e undici-sette giorni dalla data di ricezione delle corrispondenti lettere raccomandate, con esclusione di (OMISSIS) S.r.l. che aveva ricevuto tale raccomandata il giorno successivo alla scadenza per la presentazione delle offerte), stabilendo che le stesse dovessero essere presentate entro le ore 12.00 del 15 novembre 2010;
– d) il (OMISSIS), in relazione alla deliberazione n. 768 del 3 novembre 2010 avente ad oggetto “affidamento delle opere inerenti l’adeguamento normativo degli impianti elevatori (riferimento n. 3, n. 5, n. 6 e n. 7) presso l’Ospedale (OMISSIS), approvazione progetto esecutivo ed indizione gara d’appalto mediante procedura negoziata” attestava “la regolarita’ tecnica del provvedimento, essendo state osservate le procedure previste per la specifica materia”, nonostante tale provvedimento fosse viziato in relazione a quanto indicato ai precedenti punti a), b) e c);
– in tal modo turbando il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto della deliberazione di indizione della gara d’appalto, della lettera di invito e del capitolato speciale d’appalto al fine di condizionare le modalita’ di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione, nonche’ allontanando i potenziali offerenti in ragione delle predette stringenti condizioni ed alterando la procedura ad evidenza pubblica, avevano favorito l’impresa (OMISSIS) S.r.l., gia’ operante all’interno della medesima struttura ospedaliera quale soggetto cui era stato affidato il rifacimento di altro ascensore (e, quindi, gia’ a conoscenza dei luoghi e del tipo di impianti presenti); impresa alla quale le opere erano affidate, all’esito della procedura, cui avevano partecipato soltanto due aziende ( (OMISSIS) S.r.l. e (OMISSIS) S.r.l., priva quest’ultima della necessaria attestazione SOA), con successiva deliberazione n. 839 del 26 novembre 2010; in Seriate nei mesi di ottobre e novembre 2010.
All’esito del dibattimento di primo grado, il Tribunale di Bergamo, previa qualificazione delle condotte contestate al capo 1) nel delitto di cui agli articoli 110 e 353 c.p., aveva condannato il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) alla pena di un anno e dieci mesi di reclusione ed Euro 1.000 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali; il Tribunale, inoltre, aveva dichiarato gli imputati incapaci di contrattare con la pubblica amministrazione per un anno ed aveva concesso i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale spedito a richiesta dei privati.
2. L’avvocato (OMISSIS), difensore del (OMISSIS) e del (OMISSIS), ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Brescia e ne chiede l’annul (OMISSIS)ento, deducendo otto motivi di ricorso e, segnatamente:
– 1) ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), la inosservanza e la erronea applicazione della legge penale, nonche’ la manifesta illogicita’ della motivazione nella parte in cui la Corte di appello di Brescia aveva ritenuto la sussistenza del reato di cui all’articolo 353 c.p., dandone, tuttavia, una enunciazione di fatto compatibile soltanto con la differente fattispecie in cui articolo 353 bis c.p., gia’ esclusa del primo giudice;
– 2) ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), la inosservanza e la erronea applicazione della legge penale, nella parte in cui la Corte di appello aveva ritenuto integrato il reato di cui all’articolo 353 c.p., nonostante le condotte incriminate siano intervenute nella fase antecedente la gara;
– 3) ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), la inosservanza e la erronea applicazione della legge penale, nella parte in cui la Corte di appello aveva ritenuto la sussistenza del reato di cui all’articolo 353 c.p., nonostante la assenza di una gara e di un bando;
– 4) ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), la inosservanza e la erronea applicazione della legge penale, nonche’ la manifesta illogicita’ della motivazione nella parte in cui la Corte di appello aveva ritenuto la sussistenza del reato di cui all’articolo 353 c.p., nonostante abbia ritenuto provato che la collusione sia intervenuta prima dell’espletamento della gara tra i privati concorrenti;
– 5) ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), la inosservanza e la erronea applicazione della legge penale, nonche’ la manifesta illogicita’ della motivazione nella parte in cui la Corte di appello aveva ritenuto sussistente il dolo del delitto di cui all’articolo 353 c.p., descrivendo una condotta altrimenti finalizzata alla frode in danno della Regione;
– 6) ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), la inosservanza e la erronea applicazione della legge penale, nonche’ la mancanza della motivazione nella parte in cui la Corte di appello di Brescia aveva omesso integralmente di pronunziarsi in ordine al motivo di impugnazione relativo alla applicazione della pena accessoria di cui all’articolo 32 quater c.p., per soggetti legati da rapporto di servizio con la pubblica amministrazione;
– 7) ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), la mancanza e la manifesta illogicita’ della motivazione nella parte in cui la Corte di appello aveva ritenuto che ad animare la condotta degli imputati fosse stata una finalita’ di frode in danno della Regione, di necessita’ da compiersi con il concorso dell’aggiudicatario, percio’ preliminarmente prescelto;
– 8) ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), la mancanza, la contraddittorieta’ e la manifesta illogicita’ della motivazione nella parte in cui la Corte di appello, individuato il movente, aveva indicato come indizi della collusione fatti univocamente orientati in senso contrario e, segnatamente: a) l’individuazione delle ditte invitate senza previa verifica della titolarita’ delle attestazioni SOA; b) la omissione da parte di tre delle societa’ invitate della presentazione dell’offerta; c) la ristrettezza dei tempi imposti per l’esecuzione, accompagnata dalla previsione di una penale; d) la richiesta di emissione di fattura di parte dei lavori entro il 31 dicembre 2010; e) la mancata osservanza del principio di rotazione nell’affidamento dei lavori; f) la brevita’ dei tempi concessi per la formulazione dell’offerta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, in quanto sono stati proposti per motivi diversi da quelli consentiti dall’articolo 606 c.p.p., e, comunque, manifestamente infondati.
2. Con il terzo motivo, ma primo in ordine logico, i ricorrenti si dolgono della inosservanza e della erronea applicazione della legge penale, nella parte in cui la Corte di appello di Brescia aveva ritenuto la sussistenza del reato di cui all’articolo 353 c.p., nonostante la assenza di una gara e di un bando.
Le fattispecie incriminatrici di cui agli articoli 353 e 353 bis c.p., infatti, incidono sulla medesima materia ed il novero degli atti suscettivi di essere condizionati mediante condotte aventi rilievo penale e’ tassativamente individuato dalla espressione “bando…o altro atto equipollente” contemplata nella fattispecie di turbata liberta’ di scelta del contraente.
La procedura negoziata, priva di pubblicazione di bando, delibata dalla sentenza impugnata, tuttavia, non poteva essere ricondotta all’ambito applicativo dell’articolo 353 c.p., in assenza del bando o di “altro atto equipollente” ai sensi del Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163, articolo 64, commi 1, 2, e 3.
Il reato di turbata liberta’ degli incanti e’, del resto, configurabile solo ove si sia una procedura di gara; nella specie, invece, le condotte delittuose erano intervenute in assenza di una gara e, segnatamente, secondo il lessico della sentenza impugnata, nel contesto di una “procedura negoziata senza pubblicazione di bando” posta in essere ai sensi del Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163, articolo 57, comma 6, richiamato dall’articolo 122, comma 7 bis, del medesimo decreto.
3. Tale doglianza si rivela, tuttavia, manifestamente infondata.
Ad onta della formulazione letterale della fattispecie di cui all’articolo 353 c.p., che mutua il lessico del legislatore storico sulla contabilita’ generale dello Stato e del relativo regolamento, l’ambito applicativo di tale fattispecie non e’ limitato esclusivamente alle turbative che intervengono nei pubblici incanti e nella licitazione privata.
Il delitto di turbata liberta’ degli incanti, nella costante interpretazione della giurisprudenza di legittimita’, e’, infatti, configurabile in ogni situazione in cui vi sia una procedura di gara, anche informale e atipica, quale che sia il nomen iuris adottato ed anche in assenza di formalita’, mediante la quale la P.A. proceda all’individuazione del contraente, a condizione, tuttavia, che l’avviso informale di gara o il bando, o comunque l’atto equipollente, previamente indichi i criteri di selezione e di presentazione delle offerte, ponendo i potenziali partecipanti nella condizione di valutare le regole che presiedono al confronto ed i criteri in base ai quali formulare le proprie offerte (Sez. 6, n. 8044 del 21/01/2016, Cerada, Rv. 266118; Sez. 6, n. 29581 del 24/05/2011, Tato’, Rv. 250732; Cass. Sez. 6, n. 13124 del 28/1/2008, Mancianti, Rv. 239314).
Tale principio, peraltro, non costituisce applicazione analogica in malam partem della fattispecie incriminatrice di cui all’articolo 353 c.p., ma interpretazione del precetto nel solco della sua ratio, che e’ quella di garantire il regolare svolgimento sia dei pubblici incanti e delle licitazioni private che quello delle gare informali o c.d. di consultazione, che finiscono per realizzare, sostanzialmente, delle licitazioni private (come rilevato da Sez. 6, n. 12238 del 30/9/1998, De Simone, Rv. 213033).
Le locuzioni “gara nei pubblici incanti” o “licitazione privata”, pertanto, non hanno, propriamente, un significato normativo mutuato dalle procedure per l’aggiudicazione degli appalti per pubbliche forniture e con l’osservanza dei termini e delle disposizioni legislative sulla contabilita’ di Stato, ma vanno riferite ad ogni procedura di gara, anche informale ed atipica, mediante la quale la singola pubblica amministrazione decida di individuare il contraente e concludere un contratto, assicurando una libera competizione tra piu’ concorrenti (Sez. 6, n. 13124 del 28/01/2008, Mancianti, Rv. 239314).
La fattispecie di cui all’articolo 353 c.p., non puo’, invece, trovare applicazione quando manchi una qualsiasi forma di libera contesa tra concorrenti e, pertanto, ad esempio, quando vi sia una trattativa privata che sia svincolata da ogni schema concorsuale (Sez. 6, n. 12238 del 30/09/1998, De Simone, Rv. 213033), quando, sia prevista solo una comparazione di offerte che la P.A. e’ libera di valutare, in mancanza di precisi criteri di selezione (Sez. 6, n. 8044 del 21/01/2016, Cerada, Rv. 266118) o quando, nonostante la pluralita’ di soggetti interpellati, ciascuno presenti indipendentemente la propria offerta e l’amministrazione conservi piena liberta’ di scegliere secondo criteri di convenienza e di opportunita’ propri della contrattazione tra privati (Sez. 6, n. 9385 del 13/04/2017, Giugliano, Rv. 272227).
La Corte di appello di Brescia ha, pertanto, fatto buon governo di tali principi, ritenendo che la “procedura negoziata senza previa pubblicazione di bando” nella quale sono state poste le condotte di turbativa accertate non esuli dall’ambito applicativo della fattispecie incriminatrice di cui all’articolo 353 c.p.; tale procedimento, infatti, integra pur sempre una “gara”, nel senso sopra precisato, essendo finalizzato a porre in essere una comparazione tra i diversi imprenditori inviati ad offrire dalla stazione appaltante pubblica, mediante la previa indicazione dei criteri di selezione e di presentazione delle offerte.
La giurisprudenza di legittimita’ ha, peraltro, affermato che la procedura negoziata senza previa pubblicazione di bando descritta dal Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163, articolo 57, comma 6, imponendo criteri legali di scelta del contraente, integra pur sempre l’espletamento di una gara e non una semplice indagine di mercato (Sez. 6, n. 24 maggio 2011, n. 29581, Tato’, Rv. 250732; il principio e’ stato ribadito, con riferimento a procedura negoziata, senza previa pubblicazione del bando di gara, gestita direttamente dal privato ai sensi del Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163, articolo 32, comma 1, lettera g), da Sez. 6, n. 49266 del 10/10/2017, Gabbiadini, Rv. 271571).
4. Il primo ed il secondo motivo possono essere delibati congiuntamente, in quanto, traendo origine dal medesimo fondamento concettuale, si rivelano strettamente connessi.
Con il primo motivo i ricorrenti censurano la inosservanza e la erronea applicazione della legge penale, nonche’ la manifesta illogicita’ della motivazione nella parte in cui la Corte di appello di Brescia aveva ritenuto la sussistenza del reato di turbata liberta’ degli incanti cui all’articolo 353 c.p., dandone, tuttavia, una descrizione in fatto compatibile soltanto con la differente fattispecie di turbata liberta’ del procedimento di scelta del contraente di cui articolo 353 bis c.p., gia’ esclusa in primo grado.
La Corte di appello, conformemente alle statuizioni rese all’esito del giudizio di primo grado dal Tribunale di Bergamo, aveva, infatti, ritenuto gli imputati responsabili del delitto di cui all’articolo 353 c.p., per aver turbato il regolare svolgimento del procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto della deliberazione di indizione di una gara di appalto e degli atti successivi, cui era conseguito il condizionamento nella scelta del contraente da parte della Pubblica Amministrazione.
La Corte di appello, tuttavia, aveva ritenuto comprovate condotte che dovevano essere ricondotte alla fattispecie incriminatrice di cui all’articolo 353 bis c.p., in quanto poste in essere prima della scelta del contraente privato, sin dalla delibera d’indizione della gara d’appalto.
Secondo il criterio discretivo accolto dalla giurisprudenza di legittimita’, del resto, il delitto di turbata liberta’ del procedimento di scelta del contraente di cui all’articolo 353 bis c.p., incrimina le condotte di turbativa antecedenti all’espletamento della gara, laddove la fattispecie di turbata liberta’ degli incanti sanziona le condotte contestuali o successive.
Secondo i ricorrenti, pertanto, essendo insussistente il delitto di cui all’articolo 353 c.p., alla stregua delle condotte accertate in fatto dalla Corte di appello ed essendo stato escluso il delitto di cui all’articolo 353 bis c.p., con statuizione del Tribunale di Bergamo divenuta medio tempore irrevocabile sul punto, la sentenza impugnata doveva essere cassata senza rinvio.
Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano, inoltre, la inosservanza e la erronea applicazione della legge penale, nella parte in cui la Corte di appello aveva ritenuto la sussistenza del reato di cui all’articolo 353 c.p., nonostante le condotte incriminate siano intervenute nella fase antecedente alla gara.
Secondo quanto ritenuto dalla Corte di appello, infatti, la condotta illecita si era concretata, essenzialmente nella scelta di candidati che non erano realmente in condizioni di eseguire le opere richieste, ad eccezione della (OMISSIS) S.r.l., di seguito designata.
Tale condotta, tuttavia, era stata posta in essere prima della emissione della delibera di indizione, nella fase della ricerca di mercato, atteso che l’elenco dei candidati da invitare, con il capitolato speciale di appalto, era allegato alla delibera.
5. Tali censure, che, peraltro, ove accolte determinerebbero solo la riqualificazione delle condotte contestate quale turbata liberta’ del procedimento di scelta del contraente ai sensi dell’articolo 353-bis cod. pen. e non gia’ l’annullamento della sentenza impugnata, si rivelano manifestamente infondate.
Il rapporto tra le fattispecie incriminatrici degli articoli 353 e 353 bis c.p., infatti, non puo’ essere ricostruito, come ritengono i ricorrenti, mediante una sorta di saldatura “cronologica” tra le due fattispecie, l’una diretta a punire le condotte prodromiche alla indizione della gara e l’altra quelle ad essa susseguenti, secondo una progressione criminosa, che trova nella effettiva pubblicazione del bando l’elemento di discrimine.
La fattispecie incriminatrice di cui all’articolo 353 bis c.p., introdotta dalla L. 13 agosto 2010, n. 136, articolo 10, ha, infatti, la chiara funzione di anticipare la tutela penale, ma in modo peraltro chiaramente residuale (come dimostra la clausola di riserva contenuta nell’incipit della stessa), rispetto all’ambito applicativo delineato dalla fattispecie di cui all’articolo 353 c.p..
La clausola di riserva (ed il trattamento sanzionatorio equiparato a quello previsto dall’articolo 353 c.p.) rende, infatti, evidente che il legislatore abbia voluto sanzionare nell’ambito della nuova fattispecie condotte prodromiche all’indizione della gara ma che non siano riconducibili al perimetro applicativo dell’articolo 353 c.p..
Pertanto, un constante orientamento giurisprudenziale, dal quale non vi e’ ragione per discostarsi, ritiene applicabile la fattispecie incriminatrice della turbata liberta’ degli incanti in luogo di quella della turbata liberta’ di scelta del contraente nelle ipotesi in cui le condotte manipolatrici precedenti l’emissione del bando vizino ab origine l’intero sviluppo del procedimento, ove la gara venga indetta o comunque il bando ne sia effettivamente influenzato.
In tema di turbata liberta’ degli incanti, la turbativa illecita di cui all’articolo 353 c.p., puo’, infatti, essere realizzata anche nella procedura che precede la indizione della gara, purche’ essa abbia idoneita’ ad alternarne il risultato finale (Sez. 6, n. 653 del 14/10/2016 (dep. 10/01/2017), Venturini, Rv. 269525, in una fattispecie relativa a comportamenti strumentali a minare la regolarita’ delle gare, fin dalle fasi finalizzate alla individuazione dei relativi requisiti per la partecipazione).
Integrano, pertanto, il reato previsto dall’articolo 353 c.p., i comportamenti manipolatori che incidono sulla formazione di un bando di gara poi adottato, non rilevando che essi siano stati commessi prima dell’articolo 353 bis c.p., atteso che in quest’ultima fattispecie incriminatrice rientrano, invece, le condotte manipolatorie del procedimento non seguite dalla emissione del bando e quelle di manipolazione dell’iter procedurale che non abbiano, tuttavia, influenzato la legittimita’ del bando poi adottato (Sez. 6, n. 6529 del 27/01/2016, Bellinazzo, Rv. 266313; Sez. 2, n. 47444 del 17/10/2014, Colombini, Rv. 260958).
La fattispecie di cui all’articolo 353 bis c.p., interviene, pertanto, in quelle situazioni in cui il turbamento, manifestatosi con l’illecita interferenza nel procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando (o di atto equipollente) della gara, non determini in definitiva alcuna lesione, neppure potenziale, alla gara stessa e resti pertanto al di fuori del perimetro dell’area di applicazione dell’articolo 353 c.p.: il che si verifica solo qualora la gara non sia, per qualsiasi causa, indetta o il bando non si presenti “in concreto” influenzato dai comportamenti contestati a produrre la turbativa della gara.
Il delitto di cui all’articolo 353 bis c.p., pertanto, assolve alla funzione di rendere punibili come reati consumati condotte che, in sua assenza, avrebbero potuto ritenersi come meramente preparatorie o, al piu’, idonee ad integrare il tentativo del delitto di turbata liberta’ degli incanti.
La Corte di appello di Brescia ha, pertanto, fatto buon governo di tali principi, ritenendo che le condotte agli imputati dovessero essere sussunte nella fattispecie incriminatrice di cui all’articolo 353 c.p., in quanto le stesse non erano state volte soltanto al condizionamento nella scelta del contraente, ma anche alla alterazione del regolare svolgimento della gara.
6. Con il quarto motivo i ricorrenti censurano la inosservanza e la erronea applicazione della legge penale, nonche’ la manifesta illogicita’ della motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di appello aveva ritenuto integrato il reato di cui all’articolo 353 c.p., pur a fronte della prova che la collusione era intervenuta prima dell’espletamento della gara tra i privati concorrenti.
La sentenza impugnata aveva, infatti, accertato che tutte le imprese invitate avevano colluso per favorire chi tra loro avrebbe offerto un ribasso del 3% e, dunque, la (OMISSIS) s.r.l., e che tre delle imprese gia’ colludenti avevano scelto di non presentare l’offerta che era stata coordinata e concordata.
Il favoritismo di cui la (OMISSIS) S.r.l. aveva asseritamente beneficiato, pertanto, era stato posto in essere dopo che le cinque societa’ invitate si erano gia’ accordate tra loro per presentare offerte concordate a vantaggio della prima.
Secondo la giurisprudenza di legittimita’, tuttavia, in tali situazioni in presenza di una turbativa d’asta posta in essere dai privati, cui il pubblico ufficiale sia rimasto estraneo, questo non puo’ che essere sanzionato a titolo di abuso di ufficio, non potendo la propria condotta essere considerata come integratrice di una ipotesi concorrente di turbativa d’asta, essendo l’interesse tutelato dalla norma gia’ pregiudicato dall’altrui autonoma condotta.
7. Anche tale censura si rivela manifestamente infondata.
La doglianza si risolve, infatti, nella proposizione, inammissibile in sede di legittimita’, di una ricostruzione alternative e piu’ favorevole dei fatti di causa.
I ricorrenti hanno, del resto, posto a fondamento il principio di diritto enunciato da Sez. 6, n. 1 del 2/12/2014 (dep. 02/01/2015), Pedrotti, non massimata sul punto, e da Sez. 6, n. 1542 del 13/12/1994 Ud. (dep. 14/02/1995), Rollandin, Rv. 200539 secondo il quale “in presenza di una turbativa d’asta di privati al cui accordo il pubblico ufficiale sia rimasto estraneo, ove questi venga a formare un atto del procedimento relativo alla gara, ovvero a compiere un’operazione ad essa relativa, al fine di favorire i predetti privati autori della turbativa in danno della pubblica amministrazione, il soggetto pubblico e’ colpevole del delitto di abuso di ufficio, non potendo detta condotta essere considerata anche come integratrice di un’ipotesi concorrente di turbativa d’asta, gia’ risultando pregiudicato l’interesse tutelato dall’articolo 353 c.p., dall’altrui autonoma condotta”.
Tale principio di diritto non pare, tuttavia, applicabile nella specie, in quanto la sentenza impugnata ha accertato che gli imputati avevano alterato il procedimento di scelta del contraente prima ed indipendentemente dalle condotte collusive poste in essere dalle imprese partecipanti alla gara.
8. Il quinto ed il settimo motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente in quanto evidenziano una comune matrice concettuale.
Con il quinto motivo i ricorrenti deducono la inosservanza e la erronea applicazione della legge penale, nonche’ la manifesta illogicita’ della motivazione nella parte in cui la Corte di appello di Brescia aveva ritenuto sussistente il dolo del delitto di cui all’articolo 353 c.p., descrivendo una condotta altrimenti finalizzata alla frode in danno della Regione.
Nella sentenza impugnata si evidenziava, infatti, come il fine degli imputati fosse stato quello di eludere l’applicazione delle regole di sistema della Regione Lombardia che, imponendo il principio della parita’ di bilancio, avrebbe comportato la restituzione al Sistema Sanitario dell’avanzo dei fondi destinati alle spese correnti di gestione.
Tali somme, al contrario, erano state dirottate per investimenti in conto capitale e, segnatamente, tra l’altro, per realizzare gli ascensori ed il rifacimento delle facciate del Presidio Ospedaliero di (OMISSIS).
La predisposizione del bando ad hoc, mediante la irregolare individuazione delle imprese “candidate” in violazione dei principi di trasparenza e concorrenza, e la previsione di termini incongrui per l’esecuzione dei lavori, presidiati da esose penali in caso di ritardo, erano, infatti, finalizzate ad imporre la scelta della (OMISSIS) S.r.l..
Tale favoritismo si era reso necessario atteso che la societa’ aveva accettato di emettere la fattura per una parte dei lavori aggiudicati, secondo le esigenze segnalate dall’azienda ospedaliera, ovvero entro il 31 dicembre 2010 ed a prescindere dal completamento delle opere, condotta che avrebbe comportato oneri fiscali ed il rischio penale legato alla fatturazione per operazione inesistente.
Secondo i ricorrenti, tuttavia, alla stregua della motivazione svolta dalla Corte di appello, il dolo di favorire taluno, previsto dalla fattispecie di turbata liberta’ degli incanti, risulterebbe assorbito dal fine di frodare la Regione; qualunque operatore, tra gli invitati, avesse, infatti aderito al bando, avrebbe consentito la realizzazione del fine di frode.
La motivazione della sentenza impugnata, pertanto, si rivelava manifestamente illogica e violava il contenuto precettivo dell’articolo 353 c.p., nella parte in cui pretendeva di ravvisare il dolo degli imputati nel predetto rapporto di mezzo a fine.
Con il settimo motivo i ricorrenti censurano, inoltre, la mancanza e la manifesta illogicita’ della motivazione nella parte in cui la Corte di appello aveva ritenuto che ad animare la condotta degli imputati fosse stata una finalita’ di frode in danno della Regione, di necessita’ da compiersi con il concorso dell’aggiudicatario, a tal fine preliminarmente prescelto.
Non vi era stata, infatti, alcuna frode in danno della regione, bensi’ una condotta virtuosa, in quanto l’azienda ospedaliera, avvedutasi di aver un avanzo di gestione, aveva deliberato di imputarne una parte ad opere di manutenzione straordinaria.
Il completo utilizzo delle risorse disponibili per eseguire lavori di messa in sicurezza di impianti vetusti e gia’ segnalati come necessari dal 2006, ridondava a vantaggio, della collettivita’ amministrata e, pertanto, integrava una condotta virtuosa.
Escluso, peraltro, il fine di frode, veniva anche meno la necessita’ di ricercare il concorso dell’aggiudicatario.
Nessuna condotta di emissione di fattura per operazioni inesistenti era, inoltre, sussistente, in quanto per le imprese l’IVA e’ una imposta neutra e le imposte dirette devono essere pagate nella seconda meta’ dell’esercizio in cui la dichiarazione dei redditi sia presentata.
L’operazione dedotta in fattura era, pertanto, esistente perche’ l’aggiudicazione ed il contratto erano reali ed il pagamento anticipato del corrispettivo dei lavori era espressamente consentito dal Decreto del Presidente della Repubblica 11 novembre 1972, n. 633, articolo 6, comma 4.
9.Tali motivi si rivelano, tuttavia, manifestamente infondati.
La Corte di appello di Brescia ha congruamente rilevato come il fine degli imputati nel favorire la (OMISSIS) S.r.l. fosse quello di frodare le disciplina di sistema della Regione Lombardia, che, imponendo il principio della parita’ di bilancio, avrebbe comportato la restituzione al sistema sanitario dell’avanzo dei fondi destinati alle spese correnti di gestione.
Tali somme erano, pertanto, state dirottare per investimenti in conto capitale, ponendo in essere le condotte di turbativa d’asta accertate nel corso del giudizio.
La Corte di appello ha, tuttavia, correttamente rilevato come il perseguimento di tale finalita’ non potesse certo escludere la sussistenza del dolo del delitto contestato.
Ai fini dell’integrazione del reato di turbata liberta’ degli incanti e’, infatti, sufficiente il dolo generico, consistente nella coscienza e volonta’ di impedire, turbare la gara o allontanare gli offerenti (ex plurimis: Sez. 6, n. 653 del 14/10/2016 (dep. 10/01/2017), Venturini, Rv. 269525, in motivazione la Corte ha precisato che non rileva, ai fini della esclusione dell’elemento soggettivo del reato previsto dall’articolo 353 c.p., la compresenza, accanto all’intento di favorire qualcuno, dell’interesse pubblico sulla scelta delle regole della gara; Sez. 2, n. 13505 del 13/03/2008, Gennaro, Rv. 239794).
La Corte di appello ha, pertanto, correttamente dato applicazione alla fattispecie di cui all’articolo 353 c.p., ritenendo comprovato il dolo degli imputati in ragione della acclarata volontarieta’ delle condotte di condizionamento delle attivita’ di gara, mediante la capziosa predisposizione delle clausole del capitolato e la alterazione degli atti successivi.
Parimenti nessuna illogicita’ della motivazione e’ ravvisabile, tanto meno manifesta, in quanto la finalita’ di reinvestire l’avanzo dei fondi destinati alle spese correnti di gestione non esclude il dolo generico del delitto di turbata liberta’ degli incanti, ma esaurisce la propria rilevanza esclusivamente sotto il profilo dei motivi dell’azione.
La allegazione del carattere virtuoso della condotta dei ricorrenti si risolve, peraltro, nella prospettazione di una ipotesi ricostruttiva alternativa.
Tale censura si rivela, peraltro, inidonea a dimostrare la illogicita’ dei rilievi operati dalla Corte di appello, muovendo dall’accertamento congruamente motivato delle turbative poste in essere dagli imputati e della annotazione nella contabilita’ dell’azienda sanitaria della fattura emessa (OMISSIS) S.r.l. in data 29 dicembre 2010 per l’importo di Euro 407.876,70, relativo ad opere di appalto non ancora iniziata.
10. Con il sesto motivo i ricorrenti lamentano la inosservanza e la erronea applicazione della legge penale, nonche’ la mancanza della motivazione nella parte in cui la Corte di appello di Brescia aveva omesso integralmente di pronunziarsi sopra il motivo di impugnazione relativo alla illegittima applicazione agli imputati della pena accessoria di cui all’articolo 32 quater c.p..
Il Tribunale, infatti, nel complessivo trattamento sanzionatorio inflitto, aveva dichiarato gli imputati, a norma dell’articolo 32 quater c.p., incapaci di contrattare con la Pubblica Amministrazione per un anno, ancorche’ tale pena accessoria possa gravare solo su chi possa porre in essere tali contrattazioni e, pertanto, non sia legato da un rapporto di servizio con la pubblica amministrazione.
La Corte di appello di Brescia aveva inoltre, omesso di motivare in ordine alla specifica doglianza formulata sul punto nell’atto di appello.
11. Manifestamente infondato si rivela anche tale motivo di ricorso.
La pena accessoria della incapacita’ di contrattare con la pubblica amministrazione di cui all’articolo 32 quater c.p., non e’, infatti, strutturalmente incompatibile con il rapporto di servizio con la pubblica amministrazione, in quanto la stessa non contempla alcuna limitazione sotto il profilo soggettivo, come risulta dal sintagma “delitti…. commessi in danno o a vantaggio di una attivita’ imprenditoriale”.
La nuova formulazione del criterio di collegamento introdotta dalla L. 19 marzo 1990, n. 55, articolo 21, chiarisce anzi che la incapacita’ di contrattare con la Pubblica Amministrazione puo’ applicarsi anche ai pubblici ufficiali che abbiano commesso uno dei delitti tassativamente contemplati dall’articolo 32 quater c.p..
Nella formulazione previgente, infatti, la applicazione della pena accessoria conseguiva ai delitti commessi “a causa” o “in occasione dell’esercizio dell’attivita’ imprenditoriale” e tali locuzioni, nella interpretazione dominante, limitavano i destinatari di tale sanzione ai soli soggetti che svolgevano attivita’ imprenditoriali.
Parimenti non e’ ravvisabile alcun profilo di incompatibilita’ funzionale, o, comunque, di inutilita’, nella applicazione della previsione di cui all’articolo 32 quater c.p., ai pubblici ufficiale.
Le pene accessorie, infatti, sono destinate ad essere applicate a pena espiata ai sensi dell’articolo 139 c.p., e, pertanto, la incapacita’ a contrattare puo’ esplicare la propria efficacia specialpreventiva anche nei confronti di soggetti che, al momento della condotta, erano legati da un rapporto di servizio con la Pubblica Amministrazione, ma che abbiano visto lo stesso reciso per effetto del sopravvenire del giudicato di condanna.
12. Con l’ottavo motivo i ricorrenti deducono la mancanza, la contraddittorieta’ e la manifesta illogicita’ della motivazione nella parte in cui la Corte di appello, individuato il movente, aveva indicato come indizi della collusione fatti univocamente orientati in senso contrario e, segnatamente:
a) l’individuazione delle ditte invitate senza previa verifica della titolarita’ delle attestazioni SOA;
b) la omissione da parte di tre delle societa’ invitate della presentazione dell’offerta;
c) la ristrettezza dei tempi imposti per l’esecuzione e la previsione di una penale;
d) la richiesta di emissione di fattura entro il 31 dicembre 2010;
e) la mancata osservanza del principio di rotazione nell’affidamento dei lavori;
f) la brevita’ dei tempi concessi per la formulazione dell’offerta.
La verifica della sussistenza della attestazione SOA, infatti, non era stata compiuta gia’ all’atto dell’invito al fine di svolgere una indagine aperta di mercato e la collusione tra le imprese rivelava, a rigore, l’assenza di collusione con i pubblici impiegati.
Le penali non erano, inoltre, esose e la deposizione del direttore dei lavori (OMISSIS) aveva dimostrato come i ritardi fossero stati dovuti alle interruzioni dei lavori cagionati dalla direzione medica.
La fatturazione anticipata alla data del 31 dicembre 2010 era, inoltre, perfettamente legittima ed era finalizzata a rendere evidente in bilancio che le opere di manutenzione straordinaria erano state poste in essere con avanzi derivanti dai risparmi conseguiti sopra le spese correnti. Il pagamento, peraltro, sarebbe avvenuto solo all’esito del collaudo delle opere.
L’invito rivolto alla (OMISSIS) S.r.l., inoltre, non aveva violato il principio di rotazione nell’affidamento dei lavori, in quanto l’esperienza contrattuale pregressa presso la stazione appaltante puo’ costituire ragione di preferenza ai fini della individuazione delle imprese da invitare alle procedure negoziate.
I tempi per la formulazione delle offerte, inoltre, non erano brevi, ma piu’ che sufficienti per elaborare una proposta contrattuale.
Tutti gli elementi probatori posti a fondamento della dimostrazione della collusione erano, pertanto, stati illogicamente valutati dalla Corte di appello di Brescia che aveva dato per presupposto cio’ che per contro doveva essere provato e, cioe’, la volonta’ di favorire la (OMISSIS) S.r.l..
Tali elementi non solo erano privi di valenza indiziaria, ma orientavano in senso alternativo, risultando idonei ad offrire una spiegazione incompatibile con l’adesione alla tesi accusatoria della collusione.
13. Tali doglianze si rivelano, tuttavia, inammissibili, in quanto, pur censurando formalmente asserite illogicita’ o carenze della motivazione della sentenza impugnata, si risolvono in una sollecitazione rivolta alla Corte di legittimita’ a pervenire ad una diversa e piu’ favorevole interpretazione degli elementi probatori analiticamente contestati.
I ricorrenti, infatti, nel censurare il vizio di motivazione, si limitano, invero, a parcellizzare i singoli elementi indiziari evidenziati nella sentenza impugnata ed a contestarne la rilevanza probatoria in fatto.
Sono, tuttavia, precluse al giudice di legittimita’ la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dai ricorrenti come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacita’ esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (ex multis: Sez. 6, n. 47204, del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482).
14. Alla stregua di tali rilievi i ricorsi devono, pertanto, essere dichiarati inammissibili.
I ricorrenti devono, pertanto, essere condannati, ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
In virtu’ delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi e’ ragione di ritenere che il ricorso siano stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, deve, altresi’, disporsi che ciascuno dei ricorrenti versi la somma, determinata in via equitativa, di duemila Euro, in favore della cassa delle ammende.
La cancelleria e’ tenuta alle comunicazioni di cui all’articolo 154 ter disp. att. c.p.p., essendo gli imputati ricorrenti lavoratori dipendenti di una amministrazione pubblica.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende. Manda alla cancelleria di eseguire le comunicazioni di cui all’articolo 154 ter disp. att. c.p.p..

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *