La fattispecie del dolo processuale revocatorio della parte è estensibile al cessionario del diritto controverso

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|31 gennaio 2023| n. 2862.

La fattispecie del dolo processuale revocatorio della parte è estensibile al cessionario del diritto controverso

La fattispecie del dolo processuale revocatorio della parte è estensibile al cessionario del diritto controverso ove la sentenza sia stata determinata da una condotta dolosa, seppur materialmente riferibile al cedente, di cui il cessionario abbia oggettivamente beneficiato ai danni del debitore ceduto, al fine di alterare l’esito della decisione, poiché la funzione della revocazione non è quella di sanzionare la parte avvantaggiata in quanto autrice della condotta dolosa, ma è quella di impedire che la controparte subisca il danno derivante dal fatto oggettivo che al giudice è stato impedito di formarsi correttamente il proprio prudente convincimento. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva ritenuto non configurabile il caso di revocazione di cui all’art. 395, n. 1, c.p.c. nei confronti del cessionario di un credito, nonostante questi si fosse giovato della condotta dolosa posta in essere dal creditore cedente, consistita nella falsificazione di una diffida con effetto interruttivo della prescrizione, al fine di conservare il diritto azionato, altrimenti prescritto).

Ordinanza|31 gennaio 2023| n. 2862. La fattispecie del dolo processuale revocatorio della parte è estensibile al cessionario del diritto controverso

Data udienza 16 dicembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Impugnazioni – Debitore ceduto – Esercizio dell’azione di revocazione ex articolo 395, n. 1, c.p.c. – Dolo di una parte – Azione verso il creditore cessionario di un credito – Utilizzo della condotta dolosa posta in essere dal creditore cedente – Impedimento della corretta formazione del convincimento del giudice – Giudizio instaurato dal cessionario nei confronti del debitore ceduto – Condanna al risarcimento dei danni

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Presidente

Dott. MELONI Marina – Consigliere

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere

Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 32360/2020 proposto da:
(OMISSIS) S.p.a. Societa’ con Socio Unico, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura;
– ricorrente –
nonche’ contro
(OMISSIS) Ltd, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), e (OMISSIS), giusta procura;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
nonche’ contro
(OMISSIS) per Azioni, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 6029/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 01/12/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/12/2022 dal cons. ANTONIO PIETRO LAMORGESE.

La fattispecie del dolo processuale revocatorio della parte è estensibile al cessionario del diritto controverso

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Roma, con sentenza dell’11 dicembre 2017, rigettava il gravame dell'(OMISSIS) avverso l’impugnata sentenza del Tribunale di Roma n. 10115/2016 che l’aveva condannata a pagare alle societa’ attrici ” (OMISSIS) per Azioni” e “(OMISSIS) Ltd” (quest’ultima succeduta in tutti i rapporti patrimoniali, i diritti e le azioni a tutela del gruppo ” (OMISSIS)” e della (OMISSIS)) l’importo di Euro 43.489.000,00, oltre accessori, a titolo risarcitorio per responsabilita’ in via contrattuale nei confronti delle societa’ facenti capo alla holding (OMISSIS) che, avendo intrattenuto rapporti contrattuali con l'(OMISSIS) per l’esecuzione di appalti pubblici, ne avevano subito gli inadempimenti che erano all’origine del dissesto del gruppo societario e, in via extracontrattuale, nei confronti delle societa’ che, non avendo avuto rapporti contrattuali con l'(OMISSIS), avevano subito danni in via indiretta; la sentenza aveva rigettato l’eccezione di prescrizione (rispettivamente decennale e quinquennale), essendo i relativi termini interrotti da varie istanze, tra le quali una lettera del 10 novembre 1999 che invitava l'(OMISSIS) a risarcire i danni, a firma dell’avvocato (OMISSIS), in nome e per conto degli azionisti del gruppo (OMISSIS), della stessa (OMISSIS), in proprio e quale capogruppo controllante varie societa’ ( (OMISSIS) sarebbe il dominus di alcune, la (OMISSIS), la (OMISSIS) e la (OMISSIS)).
Il ricorso per cassazione veniva dichiarato intempestivo e, quindi, inammissibile con sentenza n. 13446 del 2020.
La menzionata sentenza della Corte d’appello del 2017 veniva impugnata con citazione in revocazione notificata il 22 febbraio 2018, in quanto ritenuta “effetto del dolo di una delle parti in danno dell’altra”, ex articolo 395 c.p.c., n. 1.
L'(OMISSIS) rappresentava che, nel mese di novembre 2017, l’avvocato (OMISSIS) e, per suo tramite, l’avvocato (OMISSIS) erano venuti a conoscenza dell’avvenuta falsificazione materiale del protocollo (OMISSIS) di ricezione della predetta lettera del novembre 1999, mai pervenuta all'(OMISSIS), postuma e artefatta ad opera di un soggetto qualificatosi come il signor (OMISSIS), il quale aveva riferito che la sua volonta’ di autoaccusarsi scaturiva dal mancato rispetto da parte del signor (OMISSIS) (dominus di (OMISSIS)) di accordi economici tra loro intercorsi; che gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Roma in data 14 dicembre 2017 e l’avvocato (OMISSIS) aveva riferito la vicenda alla Direzione legale dell'(OMISSIS) in data 25 gennaio 2018; che la rilevanza della predetta lettera ai fini interruttivi della prescrizione risultava dal fatto che il termine quinquennale – riferibile all’azione di responsabilita’ extracontrattuale delle societa’ del gruppo che non avevano avuto rapporti contrattuali con l'(OMISSIS) – decorreva dal (OMISSIS) (data della dichiarazione di fallimento della (OMISSIS), societa’ operativa del gruppo, come riferito dagli stessi attori in primo grado e ritenuto dal Tribunale che da quella data aveva fatto decorrere gli interessi e la rivalutazione).

La fattispecie del dolo processuale revocatorio della parte è estensibile al cessionario del diritto controverso

La Corte romana, premesso che la revocazione proposta con citazione era tempestiva (la scoperta del dolo era avvenuta in data 9 febbraio 2018, quando gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) comunicarono formalmente all'(OMISSIS) i fatti riferiti dal signor (OMISSIS) e non prima del 25 gennaio 2018, quando l’avvocato (OMISSIS) li riferi’ informalmente alla direzione legale dell’ente), la rigettava.
Avverso questa sentenza l'(OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, resistito da (OMISSIS) e da (OMISSIS) con distinti controricorsi e ricorsi incidentali. Le parti hanno depositato memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

La controricorrente (OMISSIS) ha eccepito preliminarmente l’inammissibilita’ del ricorso per difetto di jus postulandi del difensore dell'(OMISSIS), stante la mancata documentazione di un apposito atto deliberativo dell’ente che si configurerebbe come un requisito indispensabile per la validita’ del mandato difensivo conferito a un avvocato del libero foro, con conseguente nullita’ della procura speciale, ai sensi del Regio Decreto n. 1611 del 1933, articolo 43 richiamato dal Decreto Legge n. 138 del 2002, articolo 7 convertito dalla L. n. 178 del 2002 (che trasformava l'(OMISSIS) in societa’ per azioni).
L’eccezione e’ infondata.
L’articolo 7, comma 11, Decreto Legge del 2002 cit., prevedendo che “L'(OMISSIS) Spa puo’ avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, ai sensi dell’articolo 43 del testo unico (del 1933) e successive modificazioni”, e’ chiaro nell’intento di consentire all’Azienda di essere difesa in giudizio dall’Avvocatura dello Stato o, alternativamente, da un avvocato del libero foro, senza necessita’ di giustificare la scelta con apposita delibera condizionante la validita’ della procura alle liti.
L'(OMISSIS) non e’, quindi, un ente per il quale la difesa dell’Avvocatura dello Stato sia prevista “in via organica ed esclusiva” ed il rinvio al Regio Decreto n. 1611 del 1933 si spiega per essere questo il testo unico sull’ordinamento dell’Avvocatura dello Stato e non per la volonta’ di estendere all'(OMISSIS) il regime del cd. patrocinio “autorizzato”, al fine di giustificare – nell’ottica difensiva del controricorrente – l’applicazione del rigoroso orientamento giurisprudenziale formatosi sull’articolo 43 Regio Decreto cit. (come modificato dalla L. n. 103 del 1979, articolo 11) che ammette la deroga al patrocinio dell’Avvocatura solo “in casi speciali”, previa adozione da parte dell’ente di “apposita motivata delibera da sottoporre agli organi di vigilanza”, con onere di produzione in giudizio, ai fini del riscontro della validita’ della procura rilasciata a un avvocato del libero foro (cfr. SU n. 24876 del 2017, con riferimento a una universita’, e successive decisioni conformi).
Tale orientamento e’ stato gia’ mitigato con riferimento ad un ente con patrocinio “autorizzato” soggetto a disciplina speciale (Decreto Legge n. 193 del 2016, articolo 1, comma 8, convertito con modificazioni dalla L. n. 225 del 2016), qual e’ l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, avendo questa Corte evidenziato la necessita’ di “una sua ricostruzione piu’ flessibile rispetto a quella tradizionale finora elaborata” (Cass. SU n. 30008 del 2019, p. 15). In particolare, le Sezioni Unite hanno affermato, nei giudizi diversi da quelli “riservati su base convenzionale” all’Avvocatura erariale (cfr R.Decreto Legge n. 34 del 2019, convertito con L. n. 58 del 2019, articolo 4 novies), la facolta’ dell’Agenzia di avvalersi di avvocati del libero foro “senza bisogno di formalita’, ne’ della delibera prevista dal richiamato articolo 43, comma 4 Regio Decreto cit.”, con l’ulteriore precisazione che “la costituzione (dell’ente) a mezzo dell’una (Avvocatura erariale) o dell’altro (avvocato del libero foro) postula necessariamente ed implicitamente la sussistenza del relativo presupposto di legge, senza bisogno di allegazione e di prova al riguardo, nemmeno nel giudizio di legittimita’” (SU del 2019, p. 33; sez. 1 n. 16314 del 2021). L'(OMISSIS), analogamente, puo’ avvalersi del patrocinio di avvocati del libero foro, in forza del Decreto Legge n. 138 del 2002, articolo 11, comma 7, senza necessita’ di apposita delibera, la quale integrerebbe comunque un fatto interno all’ente patrocinato, non rilevante nei rapporti (processuali) con i terzi.

La fattispecie del dolo processuale revocatorio della parte è estensibile al cessionario del diritto controverso

Venendo all’esame del ricorso, l'(OMISSIS) denuncia con due motivi la violazione dell’articolo 395 c.p.c., n. 1, per avere la sentenza impugnata ritenuto decisiva, al fine di escludere il “dolo di una delle parti in danno dell’altra”, l’assenza di un accertato collegamento tra la (OMISSIS) e il (OMISSIS), con la conseguenza che la condotta dolosa di (OMISSIS) (quale dominus del gruppo (OMISSIS)) non sarebbe imputabile a (OMISSIS) e ne farebbe escludere la rilevanza nei confronti di quest’ultima, trattandosi di condotta antecedente alle cessioni delle azioni del gruppo (OMISSIS). La Corte di merito avrebbe trascurato di verificare se la cessione delle azioni abbia comportato una successione a titolo universale o a titolo particolare (la ricorrente evidenzia che la stessa (OMISSIS) aveva riferito di essere stata la mandante di una societa’ fiduciaria, la (OMISSIS), per l’acquisto degli “attivi del concordato preventivo della (OMISSIS) s.p.a., di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)” e il trasferimento alla mandante (OMISSIS) del rapporto giuridico controverso). Non sarebbe concepibile – ad avviso della ricorrente – che, in relazione a un fatto (la cessione da (OMISSIS) a (OMISSIS)) al quale e’ estraneo il debitore ceduto ((OMISSIS)), a quest’ultimo sia impedito di opporre al cessionario tutte le eccezioni che avrebbe potuto opporre al creditore originario (cedente).
Il ricorso e’ fondato nei termini che saranno illustrati.
La Corte romana ha condiviso la tesi difensiva della (OMISSIS) secondo cui quello rappresentato non costituiva un fatto doloso da essa cagionato quale parte processuale, in quanto realizzato – secondo l'(OMISSIS) – nell’anno 2001, quindi in epoca precedente alle cessioni delle azioni del gruppo (OMISSIS) a (OMISSIS) realizzate con atti negoziali del 28 marzo e 20 aprile 2003, con la conseguenza che quest’ultima era verosimilmente all’oscuro dell’azione fraudolenta da accertare in sede penale (era stato emesso decreto di rinvio a giudizio di (OMISSIS) e (OMISSIS)); inoltre, era contestato – e non provato dall'(OMISSIS) – il collegamento tra la (OMISSIS) e il (OMISSIS), su incarico del quale avrebbe operato il (OMISSIS), anche alla luce della richiesta di archiviazione del pubblico ministero di Genova, che aveva escluso l’ipotesi che “la societa’ di diritto inglese (OMISSIS) (fosse) societa’ schermo della famiglia (OMISSIS)”.
Entrambe le predette rationes decidendi ruotano intorno all’assunto della non imputabilita’ alla (OMISSIS) – parte attrice del processo svoltosi dinanzi al Tribunale di Roma e conclusosi in via definitiva con la condanna dell'(OMISSIS) al risarcimento dei danni – della condotta dolosa imputabile, invece, alle societa’ del gruppo (OMISSIS) (originarie titolari del credito ceduto) grazie all’azione coordinata dei signori (OMISSIS) e (OMISSIS), consistente nella falsificazione del protocollo (OMISSIS) di ricezione della lettera del novembre 1999 e, in tal modo, nell’abusiva “creazione” di un atto interruttivo della prescrizione, al fine di mantenere vive le pretese di responsabilita’ extracontrattuale verso l'(OMISSIS) altrimenti prescritte (inerenti ai diritti e beni ceduti). In altri termini, la (OMISSIS) non sarebbe ne’ autrice ne’ consapevole della condotta dolosa imputabile ad altri soggetti e, quindi, non sarebbe configurabile la fattispecie del dolo revocatorio che dev’essere riferibile ad “una delle parti in danno dell’altra”, ai sensi dell’articolo 395 c.p.c., n. 1.
Tuttavia, la controversia dev’essere esaminata alla luce della peculiarita’ della fattispecie, nella quale la (OMISSIS) ha agito in giudizio nella veste di cessionaria e successore (se non a titolo universale, come sostenuto dall'(OMISSIS)) a titolo particolare, per effetto della cessione delle azioni delle societa’ del gruppo (OMISSIS), nell’interesse del quale e’ (o sarebbe) stata compiuta l’azione dolosa dei signori (OMISSIS) e (OMISSIS).
E’ noto che nel caso di cessione del credito il debitore ceduto ((OMISSIS)) diviene obbligato verso il cessionario allo stesso modo in cui lo era verso il creditore originario e, pertanto, puo’ opporre al cessionario tutte le eccezioni sia dirette a far valere l’invalidita’ del titolo del credito e dell’originario rapporto sia i fatti estintivi e modificativi (pagamento e prescrizione) – anche anteriori al trasferimento – che avrebbe potuto opporre all’originario creditore cedente (ex plurimis, Cass. n. 9842 del 2018 e n. 1257 del 1988). Tale identica posizione il debitore ceduto conserva nel giudizio promosso dal cessionario, non potendo sostenersi che, in conseguenza di un fatto inter alios qual e’ la cessione del credito, le sue facolta’ e diritti processuali vengano sacrificati rispetto a quelli che avrebbe avuto ove avesse agito il creditore originario.

La fattispecie del dolo processuale revocatorio della parte è estensibile al cessionario del diritto controverso

Il successore a titolo particolare – se e’ questa la causa della successione di (OMISSIS), in forza della quale e’ iniziato il giudizio definito dalla Corte d’appello nel 2017 (sara’ il giudice di rinvio a verificarlo) – non puo’ essere considerato terzo poiche’ e’ l’effettivo titolare del diritto in contestazione, assumendo la stessa posizione del suo dante causa, come conformata anche probatoriamente da quest’ultimo, e venendo a profittare di tutti i diritti, le azioni e le facolta’ inerenti al titolo (e’ significativo che anche l’erede, successore nella situazione giuridica del defunto, non sia titolare di un diritto autonomo, ma di un diritto derivativo che lo legittima ad impugnare per revocazione o con l’opposizione di terzo una sentenza effetto di dolo o collusione ai danni del suo autore, tanto che se a costui sia rimasto precluso l’esercizio delle azioni trasmissibili con l’eredita’, la medesima preclusione vale anche per il successore, cfr. Cass. n. 8284 del 2016).
La successione a titolo particolare per cessione del credito ha ad oggetto la somma delle utilita’ che il creditore puo’ trarre dall’esercizio del diritto ceduto, cioe’ ogni situazione giuridica direttamente collegata con il diritto stesso, comprensiva degli strumenti processuali inerenti al rapporto sostanziale in contestazione, del quale e’ parte anche il debitore ceduto, cui deve riconoscersi il diritto di agire (ex articolo 395 c.p.c., n. 1) nei confronti della propria controparte processuale (il cessionario) quando si scopra che la sentenza sia stata determinata da una condotta dolosa, seppur materialmente riferibile al dante causa, di cui il cessionario abbia oggettivamente beneficiato ai suoi danni, al fine di alterare l’esito della decisione.
Se nel caso della successione a titolo particolare nel diritto controverso anteriormente al processo non e’ ammessa l’impugnazione ordinaria, ex articolo 111 c.p.c., u.c., ma il successore e’ legittimato (ex articolo 344 c.p.c. e articolo 404 c.p.c., comma 2) ad impugnare la sentenza pronunciata tra il suo dante causa ed un terzo, nonche’ ad intervenire nel procedimento di impugnazione gia’ instaurato, quando la sentenza impugnata sia effetto di dolo o collusione a suo danno (cfr. Cass. n. 4130 del 1976), non vi e’ ragione di ritenere che il debitore ceduto non sia legittimato ad impugnare per revocazione la sentenza di condanna nei suoi confronti che costituisca effetto di dolo del dante causa della controparte che ne abbia beneficiato nel processo.
Come osservato dall'(OMISSIS) nella memoria, “il diritto trasferito da (OMISSIS) alla (OMISSIS) e’ quello – inquinato dal dolo – del quale il dante causa, sig. (OMISSIS), disponeva: “imputabile alla parte” non significa che la parte debba essere autrice materiale del fatto doloso, ma che il fatto doloso “provenga” da essa. Se il diritto trasferito dal dante causa – qui quello al risarcimento – era stato tenuto in vita dal (OMISSIS) grazie alla dolosa e fraudolenta “creazione” di un atto interruttivo della prescrizione, esso e’ pervenuto tal quale, con quella fraudolenta sua caratteristica, all’avente causa (OMISSIS): e certamente il fatto della cessione non ha mondato il diritto trasferito della sua dolosa e fraudolenta connotazione”, non potendo ammettersi che le difese opponibili dalla parte ceduta siano menomate per effetto della cessione intervenuta tra altri soggetti.
Nella giurisprudenza di questa Corte e’ costante l’affermazione secondo cui per integrare la fattispecie del dolo processuale revocatorio ai sensi dell’articolo 395 c.p.c., n. 1, non e’ sufficiente la sola violazione dell’obbligo di lealta’ e probita’ previsto dall’articolo 88 c.p.c., ne’ sono di per se’ sufficienti il mendacio, le false allegazioni o le reticenze, ma e’ richiesta, invece, un’attivita’ intenzionalmente fraudolenta, che si concretizzi in artifici o raggiri soggettivamente diretti e oggettivamente idonei a paralizzare la difesa avversaria e a impedire al giudice l’accertamento della verita’, pregiudicando l’esito del procedimento (ex plurimis, Cass. n. 41792 del 2021).
La eventuale falsificazione di un documento dimostrativo di un fatto decisivo per il giudizio (l’interruzione della prescrizione) integra un’attivita’ di “macchinazione” intenzionalmente fraudolenta che, se non gia’ accertata con sentenza definitiva, e’ astrattamente configurabile come ipotesi del dolo della parte, ai sensi dell’articolo 395 c.p.c., n. 1.
Come osservato dal ricorrente, la funzione della revocazione non e’ quella di sanzionare la parte avvantaggiata in quanto, e perche’, autrice della condotta dolorosa, ma e’ quella di impedire che l’altra parte subisca il danno derivante dal fatto oggettivo che al giudice e’ stato impedito di formarsi correttamente il proprio prudente convincimento. Ed infatti, “l’ipotesi di cui al cit. articolo 395 c.p.c., n. 1 richiede che la sentenza sia “l’effetto del dolo di una delle parti in danno dell’altra”, nel senso che essa avrebbe avuto un diverso contenuto in assenza della condotta fraudolenta” (Cass. n. 4958 del 2016).
In conclusione, la decisione della Corte romana non e’ compatibile con il principio – che si deve qui formulare – secondo cui al debitore ceduto e’ consentito di esercitare l’azione di revocazione ex articolo 395 c.p.c., n. 1 (per dolo di una parte) verso il creditore cessionario di un credito (nella specie, per responsabilita’ extracontrattuale e/o contrattuale), il quale si sia avvalso della condotta dolosa posta in essere dal creditore cedente (mediante falsificazione di una lettera con effetto interruttivo della prescrizione, al fine di tenere viva la pretesa risarcitoria altrimenti prescritta), con l’effetto di impedire la corretta formazione del convincimento del giudice nel giudizio instaurato dal cessionario nei confronti del debitore ceduto e di determinare la condanna di quest’ultimo al risarcimento dei danni.
I controricorrenti hanno orientato le difese a sostegno della fondatezza della sentenza di condanna di (OMISSIS) – che, tuttavia, devono essere valutate nel prisma delle doglianze formulate nel ricorso per revocazione – e del rigetto della revocazione in forza di ragioni (vd. questioni della decorrenza della prescrizione, della rilevanza o diversa datazione della lettera del 10 novembre 1999, ecc.) ulteriori rispetto a quelle valorizzate dalla Corte romana, che potranno essere esaminate nel giudizio di rinvio.

La fattispecie del dolo processuale revocatorio della parte è estensibile al cessionario del diritto controverso

In conclusione, il ricorso principale e’ accolto e i ricorsi incidentali sono assorbiti (riguardanti, quello di (OMISSIS), la richiesta di condanna di (OMISSIS) ex articolo 96 c.p.c. e, quello di (OMISSIS), il governo delle spese nel rapporto processuale con l'(OMISSIS)).
La sentenza impugnata e’ cassata con rinvio alla Corte di merito per un nuovo esame e per le spese.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, dichiara assorbiti i ricorsi incidentali, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese della presente fase.

 

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