Corte di Cassazione, penale, Sentenza|12 novembre 2020| n. 31833.
Integra il delitto di cui all’art. 483 cod. pen. la falsa dichiarazione di trasferimento della propria dimora abituale resa ai fini della iscrizione anagrafica per mutamento della residenza, trattandosi di dichiarazione sostitutiva di atto notorio ai sensi dell’art. 47 del d.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445. (In motivazione la Corte ha precisato che, ai fini della configurabilità del reato, non rileva la qualificazione della dichiarazione mendace ai sensi dell’art. 46 o dell’art. 47 del d.P.R. n. 445 del 2000, atteso che l’art. 76 del medesimo d.P.R. punisce indifferentemente le falsità compiute negli atti elencanti nelle suddette norme).
Sentenza|12 novembre 2020| n. 31833
Data udienza 14 ottobre 2020
Integrale
Tag – parola chiave: Reati ex artt. 483 c.p. , 46 e 76 dpr 445/2000 – Falsa autocertificazione in ordine alla residenza/dimora abituale – Condotta tipica punibile – Causa di non punibilità ex art. 131 bis c.p. – Applicazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SABEONE Gerardo – Presidente
Dott. MICCOLI Grazia – Consigliere
Dott. SCARLINI Enrico V. S. – Consigliere
Dott. PISTORELLI Luca – rel. Consigliere
Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 16/5/2019 della Corte d’appello di Trento sez. dist. di Bolzano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Tassone Kate, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per l’imputa l’avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Trento sez. dist. di Bolzano ha confermato la condanna di (OMISSIS) per il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, articoli 46 e 76 e articolo 483 c.p. per aver falsamente autocertificato di avere trasferito la propria abituale dimora nel territorio del comune di San Genesio al fine di ottenere la residenza presso il suddetto comune.
2. Avverso la sentenza ricorre l’imputata articolando quattro motivi.
2.1 Con il primo deduce erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione in merito alla configurabilita’ del reato. In tal senso rileva come l’imputata nella dichiarazione ritenuta falsa si sia limitata ad affermare di aver trasferito la propria dimora abituale e non la propria residenza, mentre il Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 punisce per l’appunto esclusivamente le mendaci dichiarazioni relative alla residenza. Ne’ rileva in senso contrario che ai sensi dell’articolo 43 c.c. la residenza e’ nel luogo in cui la persona ha la sua dimora abituale, trattandosi di disposizione certamente ignorata dalla (OMISSIS), ne’ la Corte territoriale ha tenuto conto di quelle che potevano essere le effettive conoscenze della medesima ai fini del giudizio sulla sua colpevolezza. Ed in proposito la sentenza nemmeno avrebbe tenuto conto del fatto che fu la stessa (OMISSIS) ad avvisare il funzionario comunale di non essere in possesso al momento della dichiarazione di un valido contratto di locazione. Peraltro le dichiarazioni di cui all’articolo 46 del citato decreto hanno secondo la ricorrente la funzione di sostituire il certificato al posto del quale sono prodotte e non gia’ di attestare uno stato o un fatto. Pertanto, non essendo la (OMISSIS) in possesso dei requisiti per conseguire il certificato di dimora abituale nel comune di San Genesio nemmeno poteva rilasciare una dichiarazione sostitutiva del suddetto certificato. Non di meno il reato contestato presuppone che la P.A. che riceva la dichiarazione sostitutiva debba affidarsi alla dichiarazione dell’interessato, posto che dall’articolo 71 del citato decreto si evince come eventuali controlli siano solo facoltativi. Per converso la dichiarazione rilasciata dall’imputata era funzionale alla richiesta di iscrizione anagrafica, provvedimento che presuppone una verifica preventiva e obbligatoria della sussistenza del requisito della dimora abituale, che dunque il privato non attesta, ma semplicemente indica.
2.2 Con il secondo motivo vengono denunziati analoghi vizi in merito al mancato accertamento del dolo del reato contestato, mentre con il terzo si lamenta che la responsabilita’ dell’imputata sia stata affermata sulla base delle mere dichiarazioni del proprietario dell’immobile nel quale ella dimorava senza che siano stati assunti i necessari riscontri alle medesime, posto che questi ha fatto riferimento ad una corrispondenza con la (OMISSIS) mai acquisita al processo. Non di meno il mero fatto che l’alloggio fosse stato affittato solo come “casa vacanza” non sarebbe comunque di ostacolo alla sua elezione a luogo di stabile dimora, poiche’ ai fini della residenza e’ irrilevante la destinazione d’uso dell’immobile in cui questa viene radicata.
2.3 Con il quarto ed ultimo motivo vengono infine dedotti ulteriori vizi di motivazione in merito al denegato riconoscimento della causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131-bis c.p. esclusivamente in ragione dei precedenti penali da cui l’imputata risulta gravata, circostanza che invece la giurisprudenza di legittimita’ non ritiene ostativa all’applicazione della disposizione citata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato negli esclusivi termini di seguito esposti.
2. La Corte territoriale ha correttamente ritenuto che la falsa dichiarazione rilasciata dall’imputata circa il trasferimento della propria dimora abituale nel comune di San Genesio integri il reato previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, articolo 76 e articolo 483 c.p., ancorche’ per ragioni parzialmente diverse da quelle esposte nella sentenza, il che peraltro non inficia la validita’ di quest’ultima, atteso che eventuali difetti o lacune riscontrabili nella motivazione in punto di qualificazione giuridica del fatto non rilevano se la stessa e’ esatta, come nel caso di specie.
Infatti, come gia’ questa Corte ha avuto modo di precisare (v. Sez. 5, n. 29469 del 07/05/2018, Fabbrocino, Rv. 273331), la dichiarazione di trasferimento della residenza funzionale all’iscrizione nelle liste anagrafiche e’ una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorieta’, giacche’ contiene una attestazione da parte del privato in merito a fatti che sono di sua diretta conoscenza (il trasferimento della residenza quale conseguenza del trasferimento della propria dimora abituale), anche eventualmente riguardanti altri soggetti, come richiesto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, articolo 47. Erroneamente la suddetta dichiarazione e’ stata dunque intesa come una dichiarazione sostitutiva del certificato di residenza ai sensi dell’articolo 46 del citato decreto. Errore che, come detto, cadendo sulla qualificazione giuridica dell’oggetto materiale della condotta non vizia le conclusioni cui sono pervenuti i giudici del merito, posto che il Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, articolo 76 punisce, attraverso il rinvio all’articolo 483 c.p., indifferentemente le falsita’ compiute tanto negli atti elencati dall’articolo 46, quanto in quelli di cui all’articolo 47 del decreto.
Ne’ puo’ ritenersi che alla diversa qualificazione giuridica operata in questa sede di uno degli elementi del fatto – la quale, ai sensi dell’articolo 521 c.p.p., in ogni stato e grado e’ sempre riservata al giudice – consegua una lesione del diritto di difesa dell’imputata, posto che il fatto storico contestato non subisce alcuna immutazione, mentre il piu’ corretto inquadramento giuridico dell’atto contenente il mendacio (come detto irrilevante ai fini dell’individuazione della norma incriminatrice) era sviluppo processuale ampiamente prevedibile dalla difesa e sostanzialmente previsto alla luce delle stesse censure proposte con il ricorso.
3. Chiarito dunque che l’oggetto del mendacio e’ costituito proprio dalla falsa attestazione da parte della (OMISSIS) di aver trasferito la propria dimora abituale nel comune di San Genesio, irrilevanti sono le censure relative all’eventuale difetto di colpevolezza dell’imputata in ragione della presunta ignoranza dell’articolo 43 c.c. Ed infatti, anche qualora volesse ritenersi il Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, articoli 46 e 47 norme extrapenali non integranti il precetto, comunque non sarebbe invocabile dell’articolo 47 c.p., il comma 3 – giacche’ a tale ipotesi si e’ implicitamente riferita la ricorrente – posto che il modulo di dichiarazione (allegato al ricorso) richiedeva all’imputata proprio di attestare l’avvenuto trasferimento della propria abituale dimora, quale presupposto per il riconoscimento formale della residenza attraverso l’iscrizione nelle liste anagrafiche del comune di San Genesio. E’ dunque escluso che la stessa non fosse consapevole di attestare il falso e peraltro anche del significato giuridico della sua condotta, posto che lo stesso modulo conteneva l’avvertenza delle conseguenze di eventuali false dichiarazioni.
Parimenti infondate sono le obiezioni difensive relative alla presunta impossibilita’ per la (OMISSIS) di conseguire la residenza in carenza del presupposto della stabilita’ della dimora, posto che per l’appunto il reato e’ stato realizzato attraverso la falsa attestazione proprio su tale ultima circostanza, dovendosi in proposito ricordare che si tratta di reato di pericolo. Irrilevante dunque e’ il fatto che l’amministrazione comunale fosse comunque tenuta alla verifica dell’effettivita’ della dimora.
Quanto all’accertamento del fatto, manifestamente infondati e generici sono i rilievi difensivi in merito all’affidamento prestato dai giudici del merito alle dichiarazioni del proprietario dell’abitazione indicata nella dichiarazione dall’imputata. Infatti il ricorso, nel lamentare l’omessa acquisizione di riscontri a queste ultime, non ha saputo indicare, se non in maniera evanescente, le ragioni logiche di un eventuale dubbio sull’attendibilita’ del teste, tanto piu’ che con il ricorso nemmeno si e’ contestato che la dichiarazione della (OMISSIS) fosse falsa o comunque che effettivamente quella indicata non fosse la sua dimora abituale, concetto che nulla ha a che fare con la tipologia di alloggio, ma per l’appunto con la stabilita’ dello stesso, talche’ l’occupazione temporanea di una abitazione non e’ circostanza idonea al radicamento della residenza difettando il requisito della stabilita’ della dimora.
4. Colgono invece nel segno le censure svolte con il quarto motivo. Questa Corte ha gia’ avuto modo di precisare come la mera presenza di precedenti penali non giustifica ex se la mancata applicazione della causa di esclusione della non punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto, dovendo la relativa motivazione tener conto dei parametri normativi di cui all’articolo 131-bis c.p., inerenti alla gravita’ del fatto ed al grado di colpevolezza ed assumendo i precedenti valenza ostativa solo qualora possa ritenersi che gli stessi siano sintomatici dell’abitualita’ del comportamento sub iudice (Sez. 6, n. 605 del 03/12/2019, dep. 2020, Alberto, Rv. 278095; Sez. 3, n. 35757 del 23/11/2016, dep. 2017, Sacco, Rv. 270948). Deve allora rilevarsi l’insufficienza della laconica motivazione con la quale i giudici del merito hanno negato l’operativita’ dell’esimente sulla base del mero riferimento ai precedenti penali dell’imputata, nemmeno analizzati nel loro dettaglio, tanto da doversi escludere che la Corte abbia fatto implicito riferimento alla loro sintomaticita’ nel senso sopra descritto.
Conseguentemente limitatamente a tale profilo la sentenza deve essere annullata con rinvio alla Corte di appello di Trento per nuovo esame sul punto, mentre nel resto il ricorso deve essere rigettato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131 bis c.p. con rinvio alla Corte di appello di Trento per nuovo esame sul punto. Rigetta il ricorso nel resto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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