La durata dell’usufrutto non può eccedere la vita dell’usufruttuario

Corte di Cassazione, civile, Sentenza 12 luglio 2022 n. 22011.

La durata dell’usufrutto non può eccedere la vita dell’usufruttuario

A norma degli artt. 979 e 980 c.c. la durata dell’usufrutto non può eccedere la vita dell’usufruttuario o, qualora sia concesso “pro quota” ad una pluralità di soggetti (e in assenza di usufrutto congiuntivo, che comporta l’accrescimento a favore dei superstiti), quella di ciascuno di essi per la quota attribuita; l’usufruttuario, peraltro, con atto “inter vivos”, può cedere il suo diritto (o la quota a lui spettante) per un certo tempo o per tutta la sua durata, sicché, in tale evenienza, il diritto limitato di godimento è suscettibile di successione “mortis causa” ove il cessionario deceda prima del cedente, perdurando fino a quando rimanga in vita quest’ultimo (Sez. 2, n. 8911, 04/05/2016, Rv. 639894).
In sede di legittimità si è più volte chiarito che la funzione del contratto preliminare è quella di impegnare i contraenti alla futura stipula, alle condizioni e nei termini in esso convenuti, di un successivo contratto definitivo, e la prestazione essenziale che ne forma oggetto è costituita da quel particolare “facere”, consistente nella stipulazione anzidetta, che deve esattamente corrispondere agli elementi predeterminati in sede di compromesso.(Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito, che aveva ritenuto insussistente l’inadempimento degli obblighi assunti con il preliminare, in una fattispecie in cui erano stati promessi in vendita diritti di comunione indivisa, e la promittente venditrice, anziché procurare alla parte acquirente il diritto reale assoluto in questione, aveva invece procurato un atto traslativo con effetti limitati “inter partes”, non iscrivibile nei registri tavolari, in relazione al quale il promissario acquirente avrebbe acquistato solo il godimento turnario del bene previo pagamento di un corrispettivo, sia pure a tariffa scontata) – Sez. 2, n. 7273, 29/03/2006, Rv. 588789 -.

Ed ancora, in caso di preliminare di vendita di un bene immobile, concluso da uno solo dei comproprietari “pro indiviso”, si deve escludere la facoltà del promissario acquirente di richiedere ex art. 2932 cod. civ. il trasferimento coattivo, limitatamente alla quota appartenente allo stipulante, non essendo consentito, in via giudiziale, costituire un rapporto giuridico diverso da quello voluto dalle parti con il preliminare, in quanto l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto è ammessa, ex art. 2932, primo comma, cod. civ. solo “qualora sia possibile” (Sez. 2, n. 6308, 10/03/2008, Rv. 602526; conf., Sez. 6, n. 21286, 08/10/2014, Rv. 632332; Sez. 6 – 2, n. 21938, 10/09/2018, Rv. 650079).

Si è poi nitidamente spiegato che la sostanziale identità del bene oggetto del trasferimento costituisce elemento indispensabile di collegamento tra contratto preliminare e contratto definitivo. Ne consegue che, in tema di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto, ai sensi dell’art. 2932 cod. civ., la sentenza che tiene luogo del contratto definitivo non concluso deve necessariamente riprodurre, nella forma del provvedimento giurisdizionale, il medesimo assetto di interessi assunto dalle parti quale contenuto del contratto preliminare, senza possibilità di introdurvi modifiche (Sez. 2, n. 2824, 25/02/2003, Rv. 560698; conf. Sez. 2, n. 937, 20/01/2010, Rv. 611232; da ultimo, in motivazione, Cass. n. 2111/2021).

SENTENZA 12 luglio 2022 N. 22011. La durata dell’usufrutto non può eccedere la vita dell’usufruttuario

 

1. La ricorrente denuncia violazione dell’art. 2932 cod. civ., assumendo che > (cita Cass. n. 18050/2012). Il mutamento in discorso era indubbio, poiché la Desiderio era divenuta essa usufruttuaria, avendo ceduto la nuda proprietà alla figlia per i 20/24. Infine, chiarisce la ricorrente, non potevasi affermare, come aveva fatto la Corte di merito, che si trattava pur sempre di usufrutto, del quale la usufruttuaria poteva disporre, stante che l’usufrutto oramai disponibile era quello commisurato alla vita della Desiderio e non già, come previsto nel contratto preliminare, alla vita del Gallucci.
2. Il ricorso è fondato.
La Corte d’appello, per vero, risulta avere violato l’art. 2932 cod. civ., costituente norma speciale evocabile solo ove ciò (sostituire alla volontà della parte inadempiente il “dictum” del giudice) “sia possibile”. Qui, l’impossibilità deriva dalla radicale diversità del bene della vita: non più il diritto d’usufrutto sul 50% dell’immobile, commisurato alla durata della vita del promissario acquirente, bensì il diritto d’usufrutto, commisurato alla durata della vita della promittente alienante per i 20/24, quota della quale costei era rimasta solo usufruttuaria; residuando la possibilità di trasferire l’usufrutto, siccome pattuito col preliminare, in relazione alla durata della vita del promissario acquirente solo per i residui 4/24.
È appena il caso di soggiungere che la durata dell’usufrutto non può eccedere la vita dell’usufruttuario (art. 979 cod. civ.) e la eventuale cessione di esso, ovviamente, può durare al massimo per la durata della vita del cedente (art. 980 cod. civ.). A norma degli artt. 979 e 980 c.c. la durata dell’usufrutto non può eccedere la vita dell’usufruttuario o, qualora sia concesso “pro quota” ad una pluralità di soggetti (e in assenza di usufrutto congiuntivo, che comporta l’accrescimento a favore dei superstiti), quella di ciascuno di essi per la quota attribuita; l’usufruttuario, peraltro, con atto “inter vivos”, può cedere il suo diritto (o la quota a lui spettante) per un certo tempo o per tutta la sua durata, sicché, in tale evenienza, il diritto limitato di godimento è suscettibile di successione “mortis causa” ove il cessionario deceda prima del cedente, perdurando fino a quando rimanga in vita quest’ultimo (Sez. 2, n. 8911, 04/05/2016, Rv. 639894). In sede di legittimità si è più volte chiarito che la funzione del contratto preliminare è quella di impegnare i contraenti alla futura stipula, alle condizioni e nei termini in esso convenuti, di un successivo contratto definitivo, e la prestazione essenziale che ne forma oggetto è costituita da quel particolare “facere”, consistente nella stipulazione anzidetta, che deve esattamente corrispondere agli elementi predeterminati in sede di compromesso.(Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito, che aveva ritenuto insussistente l’inadempimento degli obblighi assunti con il preliminare, in una fattispecie in cui erano stati promessi in vendita diritti di comunione indivisa, e la promittente venditrice, anziché procurare alla parte acquirente il diritto reale assoluto in questione, aveva invece procurato un atto traslativo con effetti limitati “inter partes”, non iscrivibile nei registri tavolari, in relazione al quale il promissario acquirente avrebbe acquistato solo il godimento turnario del bene previo pagamento di un corrispettivo, sia pure a tariffa scontata) – Sez. 2, n. 7273, 29/03/2006, Rv. 588789 -. Ed ancora, in caso di preliminare di vendita di un bene immobile, concluso da uno solo dei comproprietari “pro indiviso”, si deve escludere la facoltà del promissario acquirente di richiedere ex art. 2932 cod. civ. il trasferimento coattivo, limitatamente alla quota appartenente allo stipulante, non essendo consentito, in via giudiziale, costituire un rapporto giuridico diverso da quello voluto dalle parti con il preliminare, in quanto l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto è ammessa, ex art. 2932, primo comma, cod. civ. solo “qualora sia possibile” (Sez. 2, n. 6308, 10/03/2008, Rv. 602526; conf., Sez. 6, n. 21286, 08/10/2014, Rv. 632332; Sez. 6 – 2, n. 21938, 10/09/2018, Rv. 650079).
Si è poi nitidamente spiegato che la sostanziale identità del bene oggetto del trasferimento costituisce elemento indispensabile di collegamento tra contratto preliminare e contratto definitivo. Ne consegue che, in tema di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto, ai sensi dell’art. 2932 cod. civ., la sentenza che tiene luogo del contratto definitivo non concluso deve necessariamente riprodurre, nella forma del provvedimento giurisdizionale, il medesimo assetto di interessi assunto dalle parti quale contenuto del contratto preliminare, senza possibilità di introdurvi modifiche (Sez. 2, n. 2824, 25/02/2003, Rv. 560698; conf. Sez. 2, n. 937, 20/01/2010, Rv. 611232; da ultimo, in motivazione, Cass. n. 2111/2021).
3. Ovviamente, in disparte, è appena il caso di soggiungere che al contraente che intenda adempiere, rimasto frustrato dall’altrui condotta posta in violazione del contratto preliminare, compete, ove ve ne sussistano i presupposti la tutela del caso, ma non è questo il tema posto all’esame di questa Corte.
4. Il Giudice del rinvio regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma, altra composizione

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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