La destinazione di zona F a servizi corrisponde a destinazione di zona di PRG

Consiglio di Stato, Sentenza|4 febbraio 2022| n. 792.

La destinazione di zona F a servizi corrisponde a destinazione di zona di PRG.

La destinazione di zona F a servizi (attrezzature ed impianti di interesse generale) corrisponde a destinazione di zona di PRG di natura conformativa, correlato alle determinazioni di pianificazione urbanistica rientranti nella discrezionalità dell’Amministrazione, cui corrisponde un mero obbligo per i proprietari di rispetto della destinazione impressa all’area e non un vincolo finalizzato all’espropriazione . La destinazione ad attrezzature ed impianti di interesse generale è, infatti, categoria logico-giuridica distinta da quella delle opere pubbliche, compatibile con la realizzazione e gestione di strutture da parte di privati e, dunque, priva del carattere espropriativo.

Sentenza|4 febbraio 2022| n. 792. La destinazione di zona F a servizi corrisponde a destinazione di zona di PRG

Data udienza 1 febbraio 2022

Integrale

Tag- parola chiave: Urbanistica – PRG – Destinazione di zona a servizi – Natura conformativa – Effetti – Obbligo per i proprietari di rispetto – Ragioni

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7442 del 2017, proposto da
So. – Società It. Co. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ri. Lu., Pa. Mi., Al. Fe., con domicilio eletto presso lo studio Pa. Mi. in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Sa. Mi., domiciliato presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte Sezione Prima n. 00342/2017, resa tra le parti, concernente la reiezione del ricorso avverso l’atto prot. n. 6650 notificato a So. s.r.l. l’8 febbraio 2008 con cui il Dirigente Settore Urbanistica del Comune di (omissis) “ordina di non effettuare le opere previste di cui alla D.I.A. del 3.12.2007 per la realizzazione di DENUNCIA INIZIO ATTIVITA’ IN CORSO (omissis)”;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1 febbraio 2022 il Cons. Carmelina Addesso e viste le istanze di passaggio in decisione depositate dalle parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

La destinazione di zona F a servizi corrisponde a destinazione di zona di PRG

FATTO

1. L’appellante è proprietaria di alcuni locali facenti parte del complesso immobiliare sito in (omissis), corso (omissis). Il suddetto compendio, già sede di uffici En., ospitava la Direzione dell’Esercizio Dipartimentale Piemonte Occidentale, ove erano svolte anche attività commerciali e relazioni dirette con il pubblico.
1.1 All’epoca dei fatti per cui è causa, l’intera proprietà era ricompresa, in base al P.R.G.C. approvato con D.G.R. n. 33 – 204 del 12 giugno 2000, in Area Urbanistica Ft (art. 28 – 13 – 7 n. t.a.: area destinata ad impianti tecnologici di interesse generale) con vincolo di destinazione a servizi di interesse generale.
1.2 A seguito dell’adozione della delibera di Consiglio Comunale n. 72 del 29 giugno 2006, con cui, tra l’altro, il Comune dava atto di rinunciare “ad un’area a servizi Ft2, non più utilizzata dal gestore del servizio pubblico”, la So. S.r.l. presentava, in data 3 dicembre 2007, denuncia di inizio di attività per la realizzazione sulla proprietà di opere interne ed esterne di manutenzione straordinaria funzionali, nella prospettazione della dichiarante, a mantenere l’uso ad uffici dello stabile.
1.3 Con provvedimento prot. n. 6650 comunicato l’8 febbraio 2008, preceduto da preavviso di rigetto ex art 10 bis l. 241/1990, il Dirigente del Servizio Edilizia Privata ordinava alla società di “non effettuare le opere previste di cui alla D.I.A. del 3/12/2007”.
1.4 La So. S.r.l. impugnava il sopra indicato provvedimento con ricorso al TAR Piemonte che, con sentenza n. 342/2017 del 9 marzo 2017, lo respingeva, con compensazione delle spese, sulla scorta dei seguenti rilievi:
-la delibera di Consiglio Comunale n. 79/2006 ha valenza meramente programmatoria e, quindi, non è suscettibile di modificare la destinazione dell’area da impianti tecnologici di interesse generale a terziario;
– neppure si può ritenere che la destinazione urbanistica dell’area ex En. fosse equiparabile a una “zona bianca” per essere intervenuta la decadenza di un vincolo espropriativo prima esistente o in ragione di una sorta di rinuncia a tale destinazione manifestata dal Consiglio Comunale con la delibera n. 79/2006;
-l’art 28.13.7 delle NTA consente nelle zone Ft, tra cui l’area ex En., solo interventi edilizi finalizzati alla realizzazione di impianti tecnologici di dimensioni non modeste, con esclusione della destinazione a terziario.

 

La destinazione di zona F a servizi corrisponde a destinazione di zona di PRG

2.Con ricorso in appello notificato in data 6 ottobre 2017 e depositato in data 23 ottobre 2017 la So. S.r.l. chiede la riforma della sentenza di primo grado per i seguenti motivi:
1) Errore nell’individuazione della natura e delle caratteristiche del vincolo imposto sull’area e sull’immobile di proprietà . Erra il TAR Piemonte nell’affermare che il vincolo gravante sul compendio abbia natura conformativa e non espropriativa. Nelle aree Ft il PRG del Comune di (omissis) consente di realizzare solo impianti specifici (impianti di captazione, produzione e distribuzione acqua potabile, energia elettrica, gas, telecomunicazioni, depurazione acque luride, ecc.) che possono essere posti in essere solo da soggetti pubblici preordinati all’offerta del relativo servizio e, quindi, non dal soggetto privato accidentalmente proprietario dell’area. Ne discende che l’attuazione del vincolo è incompatibile con la proprietà privata e richiede il previo svolgimento di procedure ablative, trattandosi di un vincolo preordinato all’esproprio e non conformativo;
2) Errore circa i contenuti, la portata e gli effetti della deliberazione del Consiglio Comunale di (omissis) n. 72/2006. Anche se, come ritenuto dal TAR, il vincolo dovesse ritenersi conformativo, lo stesso sarebbe venuto meno a seguito della variante approvata con delibera di Consiglio Comunale n. 72/2006, con cui l’amministrazione ha rinunciato all’area a servizi Ft. La sentenza impugnata, che assegna una natura meramente programmatoria alla delibera, è gravemente pregiudizievole e ingiusta perché, a seguire il ragionamento del giudice di primo grado, pur avendo la P.A. riconosciuto, sin dal 2006, che il vincolo de quo non corrispondeva più ad una effettiva esigenza pubblica, lo avrebbe irragionevolmente mantenuto sino all’approvazione del Piano Particolareggiato avvenuta nel marzo 2012 e, quindi, per ben 6 anni;
3) Errore in merito alle caratteristiche e alla consistenza dell’intervento oggetto di d.i.a. con particolare riferimento alla destinazione d’uso e all’utilizzo dei locali. Errore in merito alla pretesa mancata dimostrazione, nel giudizio di primo grado, delle caratteristiche originarie del compendio e di quelle inerenti l’intervento oggetto della denuncia denegata. Il fabbricato è stato da subito adibito a centro direzionale dell’En. ed è stato da sempre utilizzato secondo una destinazione d’uso terziario/direzionale. I modesti interventi di cui alla d.i.a. del novembre 2007 erano volti a consentire l’uso (o, meglio, il “riuso / riutilizzo”) ad ufficio dei locali e, quindi, non avrebbero comportato alcun mutamento di destinazione d’uso degli stessi. Erroneamente il TAR ha ritenuto che la So. non avesse dimostrato la natura conservativa dell’intervento, che, invece, emerge da tutta la documentazione in atti.
2.1 Infine, la società appellante ripropone la domanda, già avanzata in primo grado, di risarcimento dei danni subiti a causa dell’illegittimo provvedimento del Comune e consistenti nelle spese sostenute per il mantenimento del bene (ivi comprese quelle connesse al regime fiscale, ai tributi locali ecc.) senza poterlo utilizzare.
3. In data 17 gennaio 2018 si è costituito il comune di (omissis) che, in data 31 dicembre 2021, ha depositato memoria, instando per la reiezione dell’appello.
3.1 L’appellante ha depositato memoria e memoria di replica, insistendo per l’accoglimento del ricorso.
4. All’udienza del 1 febbraio 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

 

La destinazione di zona F a servizi corrisponde a destinazione di zona di PRG

DIRITTO

5. Con il primo motivo di appello la So. S.r.l. censura il capo della sentenza di primo grado che ha qualificato il vincolo in area urbanistica Ft come vincolo conformativo, anziché espropriativo. Ciò in quanto sulle aree “Ft” potevano essere insediati esclusivamente specifici impianti (impianti di captazione, produzione e distribuzione acqua potabile, energia elettrica, gas, telecomunicazioni, depurazione acque luride, ecc.) realizzabili solo da soggetti pubblici preordinati all’offerta del relativo servizio e non dal soggetto privato accidentalmente proprietario dell’area, con la conseguenza che l’attuazione del vincolo era incompatibile con la proprietà privata e richiedeva il previo svolgimento di procedure ablative.
5.1 Il motivo è infondato.
5.2 Questo Consiglio di Stato ha chiarito che “la destinazione di zona F a servizi (attrezzature ed impianti di interesse generale) corrisponde a destinazione di zona di PRG di natura conformativa, correlato alle determinazioni di pianificazione urbanistica rientranti nella discrezionalità dell’Amministrazione, cui corrisponde un mero obbligo per i proprietari di rispetto della destinazione impressa all’area e non un vincolo finalizzato all’espropriazione (IV Sez., n. 4340/02)” (Cons. Stato sez. IV – 03/08/2010, n. 5155). La destinazione ad attrezzature ed impianti di interesse generale è, infatti, categoria logico-giuridica distinta da quella delle opere pubbliche, compatibile con la realizzazione e gestione di strutture da parte di privati e, dunque, priva del carattere espropriativo.
5.3 Più in generale, deve riconoscersi natura conformativa del diritto di proprietà esistente sui suoli a tutti quei vincoli che non solo non siano esplicitamente preordinati all’esproprio in vista della realizzazione di un’opera pubblica, ma nemmeno si risolvano in una sostanziale ablazione dei suoli medesimi, consentendo al contrario la realizzazione degli interventi su di essi previsti anche da parte di privati ed in regime di economia di mercato. In questi casi, la zonizzazione dei suoli non è espressione di potere espropriativo (neanche in senso lato), ma della più generale potestà di pianificazione del territorio spettante all’Amministrazione comunale, alla quale è connaturata la facoltà di limitare l’edificabilità su determinate aree a specifiche categorie e tipologie di opere (cfr., da ultimo, Cons Stato sez. 07/01/2022 n. 111; II 28/12/2021 n. 8686, id. 08/05/2020 n. 2893).
5.4 Nel caso di specie, il vincolo ad impianti tecnologici di interesse generale è stato impresso dal PRG con riferimento, in via generale, alle aree Ft conformemente alle finalità proprie della zonizzazione, né contrasta con la natura conformativa del vincolo in esame la deduzione difensiva secondo cui gli impianti in questione potrebbero essere realizzati esclusivamente dai soggetti pubblici preordinati all’offerta del relativo servizio, in quanto sovrappone e confonde i profili di titolarità dell’impianto (di interesse generale e non necessariamente di proprietà pubblica) con quelli afferenti alla successiva offerta del servizio (che, peraltro, nemmeno è riservata alla pubblica amministrazione: cfr. telecomunicazioni ed energia elettrica) e alla titolarità della rete che, in presenza di un monopolio naturale, garantisce la successiva trasmissione dell’output dell’impianto (es energia elettrica).
5.5 Il motivo deve, pertanto, essere respinto.
6. Con il secondo motivo l’appellante censura il capo della sentenza di primo grado che, assegnando alla delibera di Consiglio comunale n. 72/2006 natura meramente programmatoria, ne ha escluso il carattere di variante. Per contro, secondo l’appellante, con la suddetta delibera l’amministrazione comunale ha rinunciato espressamente al vincolo che, non corrispondendo più all’interesse pubblico, non avrebbe potuto sopravvivere, come invece asserito dal TAR, per ulteriori sei anni fino all’approvazione del piano particolareggiato nel 2012.
6.1 Il motivo è infondato.
6.2 Come correttamente rilevato dal giudice di primo grado, la delibera di Consiglio comunale n. 72/2006 ha natura meramente programmatoria, in quanto volta ad adeguare la disciplina urbanistica alla reale situazione di fatto mediante l’individuazione dell’area da assoggettare ad un piano particolareggiato di futura approvazione che, in variante al PRG, ne avrebbe consentito il riutilizzo con una diversa destinazione, previo pagamento dei relativi oneri di urbanizzazione.
6.3 La natura meramente programmatoria e non immediatamente precettiva emerge sia dall’analisi della base giuridica di riferimento sia dall’interpretazione letterale e sistematica dell’atto.
6.3.1 La delibera in questione rappresenta una c.d. “variante non variante” (in questo senso di spiega la denominazione, apparentemente contraddittoria, di “variante” contenuta nell’oggetto del provvedimento), in quanto assolve alla mera funzione di delimitazione della porzione di territorio da assoggettare alla formazione dello strumento urbanistico esecutivo ai sensi dell’art 17 comma 8 lett e) l.r. 56/1977. La disposizione da ultimo citata chiarisce testualmente che non costituiscono varianti al piano regolatore generale “le determinazioni volte ad assoggettare porzioni del territorio alla formazione di strumenti urbanistici esecutivi di iniziativa pubblica o privata e le delimitazioni delle stesse”. Già sulla base di tale previsione, pertanto, è escluso che, mediante l’adozione della delibera, il Comune di (omissis) abbia introdotto un’anomala variante “puntuale” al PRG, circoscritta alla sola eliminazione del vincolo di destinazione.
6.3.2 Dal punto di vista letterale la delibera, in coerenza con la disposizione di legge, sancisce che “è opportuno consentire il riutilizzo dell’immobile dismesso in Corso (omissis), previa predisposizione di un piano particolareggiato in variante al vigente PRGC che dovrà : definire le nuove destinazione d’uso consentite senza incremento della Superficie Lorda Pavimento (S.L.P.) legittima o legittimata esistente; consentire l’attuazione del sistema viario e delle retrostante aree a servizi pubblici già previste dal vigente PRCG”.
6.3.3 Sul piano sistematico, peraltro, il provvedimento, una volta delimitate le aree da assoggettare all’attuazione mediante Piano Particolareggiato in variante al PRG ai sensi dell’art 17 comma 8 L.R. 56/1977, prevede che:
1) il piano particolareggiato dovrà consentire il riutilizzo dell’immobile ex En., definendone le nuove destinazioni d’uso;
2) l’amministrazione rinuncia ad un’area a servizi Ft2 in quanto, attraverso la destinazione d’uso dell’immobile, oltre a essere garantite le necessarie aree per servizi generate dalla conversione d’uso, saranno, altresì, assolte le esigenze pregresse di aree per servizi in un ambito urbano ormai consolidato e saturo;
3) il piano particolareggiato in variante al PRG, in ragione del carico urbanistico generato dalla conversione di destinazione d’uso, dovrà quantificare sia gli oneri di urbanizzazione dovuti sia l’estensione delle aree a servizi che, in parte, saranno dismesse al comune a titolo gratuito direttamente dalla proprietà dell’immobile ex En. e, in parte, saranno monetizzate per sostenere le spese per le opere di urbanizzazione e per l’esproprio delle ulteriori aree da destinare a servizi.
6.3.4 L’assegnazione all’espressione “rinuncia” di un effetto decadenziale immediato del vincolo di destinazione priverebbe le rimanenti prescrizioni della delibera- da recepire nel piano particolareggiato di futura approvazione- di qualunque effetto utile, non avendo più senso demandare allo strumento attuativo né la previsione delle destinazioni d’uso di un immobile che la proprietà ha già utilizzato mediante destinazione a terziario, né la quantificazione degli oneri di urbanizzazione che non sarebbero più dovuti, nonostante l’incremento del carico urbanistico, attesa la già intervenuta conversione.
6.3.5 Verrebbe, in tal modo, frustrata non solo l’intera valenza programmatoria del provvedimento, ma anche la finalità perseguita con la sua redazione, consistente nella riqualificazione complessiva dell’area, non limitata all’immobile ex En., mediante il recupero del patrimonio edilizio esistente.
6.4 Privo di pregio è l’assunto difensivo secondo cui la decadenza del vincolo sarebbe insita nel riconoscimento, da parte dell’amministrazione comunale, del venir meno dell’interesse al mantenimento, in quanto siffatta circostanza se è idonea a giustificarne l’eliminazione mediante l’adozione di variante al PRG, non può determinare alcun un effetto estintivo immediato e atipico, svincolato da qualunque espressa e chiara modifica del quadro normativo vigente.
6.5 Il motivo deve, quindi, essere respinto.
7. Con il terzo motivo l’appellante censura il capo della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che le opere oggetto di d.i.a. determinassero un mutamento di destinazione d’uso, senza tener conto che l’immobile ha sempre avuto una destinazione a uffici, essendo stato adibito fin da subito a centro direzionale dell’En. e che nello stesso non sono mai stati insediati impianti tecnologici di interesse generale.
7.1 Il motivo è infondato.
7.2 Dalla disciplina urbanistica vigente all’epoca dei fatti emerge che gli interventi oggetto di d.i.a, lungi dal prevedere un mero cambio di destinazione da uffici pubblici a uffici privati, come tale urbanisticamente irrilevante, realizzano un mutamento da area destinata ad impianti tecnologici di interesse generale, e quindi a standard, ad area destinata a terziario privato.
7.3 Sotto tale profilo, non è dirimente quanto osservato dalla difesa della società appellata in ordine alla pregressa destinazione ad uffici dell’edificio già all’epoca in cui lo stesso ospitava la Direzione dell’Esercizio Dipartimentale del Piemonte Occidentale, in quanto siffatta destinazione è stata mutata dalla successiva pianificazione comunale, sicché, all’epoca degli interventi per cui è causa, l’area aveva perso, sul piano urbanistico, la precedente vocazione direzionale, sia essa pubblica o privata.
7.4 L’immobile ex En., infatti, era tipizzato, all’epoca della d.i.a, dal piano regolatore comunale approvato in data 12 giugno 2000 in area urbanistica Ft come “area destinata ad impianti tecnologici di interesse generale (En., GAS, Raccolta Rifiuti, Depuratori, etc)”. Dall’art 18.13.7 delle NTA si desume che nelle aree tipizzate Ft possono essere posti in essere solo interventi finalizzati alla realizzazione di impianti tecnologici di dimensioni non modeste, mentre non è prevista la possibilità di realizzare locali che non siano destinati ad ospitare impianti tecnologici. Tale destinazione vincolata è ulteriormente confermata dalla legenda che spiega le varie categorie delle destinazioni del Piano Regolatore e che, relativamente alle categorie F, rileva che si tratta di “parti del territorio come definite dal D.M. 2/4/1968 n. 1444 art. 2, comma primo lettera F, destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale, distinte nelle seguenti sottocategorie:…Ft: Aree destinate ad impianti tecnologici di interesse generale (captazione, produzione e distribuzione acqua potabile, energia elettrica, gas, telecomunicazioni, depurazione acque luride, ecc…)”.
7.5 Stante il vincolo di destinazione sopra indicato, le opere oggetto di d.i.a, in quanto funzionali all’insediamento di uffici di servizio privato imprimono indubbiamente una destinazione d’uso diversa, variandola da standard (art 21 l.r. 56/1977) a insediamento privato (art 8 l.r. 19/1999).
7.6 Il pregresso utilizzo di fatto dell’immobile in questione, già deputato ad ospitare uffici all’epoca della proprietà En. e successivamente non più utilizzato, non è idoneo a porre nel nulla la disciplina giuridica esistente, determinandone sic et simpliciter il superamento, poiché il riallineamento tra vocazione concreta e destinazione astratta del bene può essere realizzato solo mediante una variazione del PRG che quello scollamento ha determinato, come, in effetti, avvenuto con l’approvazione della delibera n. 72/2006 e con la previsione del successivo piano particolareggiato con contestuale variante.
7.7 L’insufficienza della mera pregressa utilizzazione quale presupposto idoneo al superamento del vincolo giuridico di destinazione non è sfuggita alle stesse società proprietarie dell’immobile ex En. (accanto alla So. S.r.l., anche la S.I. Spa), come emerge dalla relazione illustrativa alla delibera n. 72/2006, ove si legge che “i nuovi proprietari dell’immobile di cui trattasi, Società S.I. Spa di Torino, con nota del 21.07.2004 prot. 40440, evidenziando il cattivo stato di conservazione, chiedevano all’amministrazione comunale l’adozione di una specifica variante al PRG per rendere utilizzabile l’immobile in argomento”. La variante è, quindi, stata sollecitata dalla stessa proprietà, evidentemente consapevole di non poter procedere all’utilizzo a terziario sulla base della mera destinazione, antecedente al PRG 12 giugno 2000, ad uffici commerciali dell’En..
7.8 Poiché l’art 12 comma 2 NTA sancisce che negli edifici esistenti in aree previsti a pubblici servizi sono ammessi esclusivamente interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e senza variazione di destinazione d’uso, gli interventi oggetto di d.i.a., determinando una variazione di destinazione da impianti tecnologici a terziario privato, risultano in contrasto con la disciplina urbanistica all’epoca vigente.
8. Per le ragioni sopra indicate, anche il terzo motivo di appello deve essere respinto, in quanto infondato.
9. L’infondatezza dell’appello determina la reiezione della domanda risarcitoria, non sussistendo alcuna responsabilità in capo al Comune appellato.
10. Sussistono giustificati motivi, stante la particolarità della controversia, per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 febbraio 2022 con l’intervento dei magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo – Presidente
Italo Volpe – Consigliere
Francesco Frigida – Consigliere
Cecilia Altavista – Consigliere
Carmelina Addesso – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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