La delibazione della commissione medica ospedaliera

Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 9 luglio 2020, n. 4399.

La massima estrapolata:

La delibazione della commissione medica ospedaliera costituisce espressione di un apprezzamento tecnico-discrezionale non sindacabile dal giudice amministrativo, se non per manifesta abnormità e che, comunque, non è sostituibile con valutazioni espresse da sanitari civili.

Sentenza 9 luglio 2020, n. 4399

Data udienza 2 luglio 2020

Tag – parola chiave: Guardia di finanza – Aspettativa – Superamento – Collocamento in congedo – Commissione medica ospedaliera – Delibazione – Sindacato – Limiti

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9881 del 2019, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Fr. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
contro
Guardia di Finanza – Comando Generale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliato ex lege in Roma, via (…);
Ministero dell’Economia e delle Finanze, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Seconda n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente collocamento in congedo per superamento periodo massimo di aspettativa
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Guardia di Finanza – Comando Generale;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 84 del decreto legge n. 18 del 2020;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 2 luglio 2020, il Cons. Giuseppa Carluccio;

FATTO e DIRITTO

1.Un appuntato della Guardia di Finanza, affetto da disturbi psicotici dal novembre 2011, con ricorso al T.a.r. (del quale ha richiesto la notifica il 22 dicembre 2016) ha impugnato gli atti con i quali l’Amministrazione ha disposto la cessazione dal servizio, unitamente al collocamento in congedo nella riserva, a decorrere dal 30 dicembre 2014 (provvedimento del 6 novembre 2015). La cessazione del servizio è stata preceduta dal calcolo del periodo di aspettativa goduto, per infermità non dipendente da causa di servizio, pari a due anni nel quinquennio, nonché dal verbale del 3 novembre 2015 della CMO di non idoneità al servizio.
1.1. Dinanzi al primo giudice, il ricorrente, anche con motivi aggiunti, ha dedotto che: a) il ricorso era solo apparentemente tardivo ed ha chiesto la rimessione in termini, per via della propria incapacità di intendere e di volere nel periodo di interesse; b) non era stata garantita la partecipazione al procedimento; c) il verbale della CMO non poteva fondare validamente il giudizio di non idoneità al servizio, per non essere stato sottoscritto dall’interessato e per essere stato questi identificato con una patente di guida, della quale si era denunciato lo smarrimento; c1) con la conseguenza, che non poteva dirsi valutata la possibilità di transito nei ruoli civili.
2. Il primo giudice, con la sentenza n. -OMISSIS-, ha dichiarato il ricorso inammissibile.
Ha fondato la decisione sulle essenziali argomentazioni che seguono:
a) non può essere riconosciuto l’errore scusabile, per il mancato rispetto del termine di decadenza, rispetto ad un ricorso proposto dopo oltre un anno dalla notifica del provvedimento, avvenuta il 9 novembre 2015.
b) la tesi del ricorrente, della transitoria e momentanea incapacità di intendere del destinatario del provvedimento al momento della notifica (che si è rifiutato di firmare), non ha pregio, perché :
a1) è documentato in atti che, in esito ad istanza di accesso a firma del padre, delegato dall’interessato, la documentazione richiesta è stata rilasciata al delegato il 14 dicembre 2015;
a2) anche ad ammettere la tesi prospettata, secondo la quale il ricorrente non aveva delegato il proprio genitore e, comunque, la conoscenza da parte di quest’ultimo non poteva essere equiparata alla conoscenza del destinatario, in ogni caso, non è stata fornita alcuna dimostrazione della diversa data (compatibile con la rituale proposizione del ricorso) nella quale egli avrebbe conseguito la piena conoscenza degli atti impugnati;
c) comunque, le condizioni di transitoria e momentanea incapacità di intendere del destinatario di un provvedimento amministrativo non sono sufficienti al fine di determinare l’ammissibilità di un ricorso tardivo;
c1) infatti, il regime processuale di decadenza per la proposizione di un ricorso, che è rivolto alla tutela di interessi generali non disponibili quali quello della continuità e stabilità dell’azione amministrativa mediante atti dotati di esecutorietà ed autoritatività, non contempla dilazioni dovute a condizioni soggettive del destinatario;
c2) del resto, per tali condizioni sono previsti istituti specifici (come la nomina di un amministratore di sostegno, ai sensi dell’art. 404 c.c.), nella specie, non attivati.
3. L’originario ricorrente ha appellato la sentenza con un unico motivo, deducendo “travisamento dei presupposti di fatto e di diritto – violazione del principio del giusto processo – falsa applicazione degli artt. 29 e 41, c. 2, c.p.a. circa la decadenza del termine di proposizione del ricorso – violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e giudicato – violazione del principio di cui all’art. 112 c.p.c.”.
3.1. In estrema sintesi, ha sostenuto che il primo giudice avrebbe errato per non aver preso in esame i motivi aggiunti, con i quali si era fatta valere l’incapacità di intendere e di volere, come accertata – sino al 2 dicembre 2016 – dalla sentenza del Tribunale penale di Nola del maggio 2017.
Secondo l’appellante, l’incapacità di intendere e di volere sino al dicembre 2016 ed il successivo riacquisito delle facoltà mentali risulterebbero evidenti: – dai dati clinici obiettivi richiamati dalla sentenza del Tribunale di Nola suddetta; – dalla perizia del CTU, coerente con i dati clinici; – dalla perizia medico legale del Prof. -OMISSIS-. Con la conseguenza, che la data di proposizione del ricorso, alla fine del dicembre 2016, sarebbe compatibile con il riacquisto della “condizione di consapevolezza” da parte del ricorrente.
3.2. Inoltre, il giudice avrebbe errato nel dare rilievo al conferimento della delega al padre, posto che sarebbe immediatamente percepibile dal documento in argomento che la firma del delegante è artefatta.
4. L’appello è infondato sulla base delle argomentazioni che seguono:
a) la disciplina processuale della decadenza per la mancata tempestiva impugnazione di un provvedimento amministrativo, non ammette la rimessione in termini, a sensi dell’art. 37 c.p.a., per l’incolpevole non consapevolezza della lesività dell’atto;
b) l’accertamento della incapacità di intendere e di volere nell’ambito di un processo penale è unicamente finalizzata alla decisione in ordine alla imputabilità o meno del reato contestato;
c) l’art. 8 co. 2 c.p.a. riserva alla giurisdizione esclusiva dell’autorità giudiziaria ordinaria ogni questione pregiudiziale relativa alla capacità della persona;
d) l’ordinamento vigente prevede strumenti specifici a tutela della non consapevolezza, quale l’istituto dell’amministratore di sostegno, nella specie non attivato da parte dei parenti;
e) il carattere apocrifo della firma del ricorrente, quale delegante del padre per l’accesso agli atti, è solo apoditticamente affermato, in totale assenza di qualunque formale disconoscimento da parte del delegante.
4.1. Tanto è idoneo per rigettare l’appello e confermare la sentenza impugnata.
5. Solo per completezza, in considerazione della circostanza che l’appellante ha riproposto le censure di merito avanzate in primo grado, il Collegio ritiene opportuno rilevare che il ricorso sarebbe stato comunque infondato nel merito.
5.1. Il ricorrente non ha messo in discussione l’avvenuto superamento del periodo massimo di aspettativa per infermità non dipendente da causa di servizio, di due anni nel quinquennio.
5.1.1. Piuttosto, ha sostenuto che il verbale della CMO non poteva fondare validamente il giudizio di non idoneità al servizio, per non essere stato sottoscritto dall’interessato e per essere stato questi identificato con una patente di guida, della quale si era denunciato lo smarrimento; con la conseguenza, che non poteva dirsi valutata negativamente la possibilità di transito nei ruoli civili, quale presupposto necessario affinché il superamento del periodo di aspettativa si possa tradurre in congedo nella riserva.
5.2. Ai fini della infondatezza della censura, in primo luogo, rileva la circostanza che il ricorrente non ha mai dedotto di aver presentato domanda per il suddetto transito.
Inoltre, nel verbale della CMO, del 3 novembre 2015, l’interessato è stato giudicato “idoneo al collocamento nella categoria di congedo di appartenenza (riserva)” sulla base delle visita medica, degli accertamenti medici presenti agli atti, delle visite specialistiche effettuate.
D’altra parte, dagli atti risulta che il ricorrente è stato a disposizione della CMO per la durata di 280 giorni dall’ottobre 2013 al dicembre 2014; che è stato dichiarato temporaneamente non idoneo al servizio militare incondizionato per 180 giorni; che ha goduto di 44 giorni di licenza straordinaria di convalescenza; che ha usufruito della aspettativa massima per infermità non dipendente da causa di servizio.
A fronte di tali evidenze, ed in presenza di un soggetto che, affetto da disturbi psichici, si era rifiutato di firmare la ricezione del provvedimento, è ragionevolmente difficile attribuire qualche rilievo alla dedotta mancata sottoscrizione del verbale della CMO e all’esibizione di una patente di guida della quale si era denunciato lo smarrimento.
5.3. Va ricordato, infine, che la delibazione della commissione medica ospedaliera costituisce espressione di un apprezzamento tecnico-discrezionale non sindacabile dal giudice amministrativo, se non per manifesta abnormità e che, comunque, non è sostituibile con valutazioni espresse da sanitari civili (cfr. CdS, IV, 28 novembre 2012, n. 6030; 15 luglio 2011, n. 4307).
5.4. Resta da dire che il provvedimento di collocamento in congedo è vincolato nell’an e nel quid in presenza del superamento del periodo massimo di aspettativa per infermità non dipendente da causa di servizio e dell’esito della visita medica, con la conseguenza che perde rilievo qualunque vizio di partecipazione al procedimento dedotto; infatti, un ipotetico accoglimento dello stesso non avrebbe potuto condurre ad un diverso esito, favorevole all’interessato.
6. In conclusione, l’appello va rigettato.
7. In ragione della peculiarità delle questioni dibattute, le spese processuali del grado sono interamente compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Compensa integralmente le spese processuali del grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità dell’appellante.
Così deciso dal Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2020, ai sensi dell’art. 84 del decreto legge n. 18 del 2020, con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Castiglia – Presidente FF
Daniela Di Carlo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Roberto Caponigro – Consigliere
Giuseppa Carluccio – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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