Corte di Cassazione, penale, Sentenza|22 aprile 2021| n. 15288.
La decisione di rigetto della richiesta di misura cautelare emessa dal giudice incompetente, anche in assenza di una formale pronuncia sulla competenza, non determina alcuna preclusione endoprocessuale connessa al c.d. giudicato cautelare formatosi sul primo provvedimento, sicché il pubblico ministero potrà riproporre al giudice territorialnnente competente una nuova, autonoma richiesta di misura cautelare.
Sentenza|22 aprile 2021| n. 15288
Data udienza 5 marzo 2021
Integrale
Tag – parola chiave: MISURE CAUTELARI – GIUDICE COMPETENTE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROCCHI Giacomo – Presidente
Dott. LIUNI Teresa – Consigliere
Dott. CENTOFANTI Francesco – Consigliere
Dott. ALIFFI Francesco – Consigliere
Dott. RENOLDI Carlo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo;
nel procedimento nei confronti di:
(OMISSIS), nato in (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Palermo in data 23/10/2020;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dr. Carlo Renoldi;
letta la requisitoria scritta trasmessa, ex Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, dal Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Zacco Franca, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
lette, per l’indagato, le conclusioni scritte trasmesse dall’avv. (OMISSIS), suo difensore di fiducia, con le quali e’ stato chiesto che il ricorso venga respinto.
RITENUTO IN FATTO
1. Con istanza depositata in data 8/9/2020, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo chiese la convalida del fermo eseguito in pari data, in Pordenone, nei confronti di (OMISSIS), gravemente indiziato di avere commesso i delitti di cui all’articolo 61 bis c.p., articolo 416 c.p., commi 1, 2, 3, 5 e 6, per essersi associato ad altri soggetti al fine di commettere piu’ delitti di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, di abusiva attivita’ di prestazione di servizi di pagamento e, comunque, delitti contro la persona, l’ordine pubblico, il patrimonio e la fede pubblica, contribuendo alla gestione dei flussi di denaro e alla creazione del sistema finanziario illecito, attraverso l’utilizzo del metodo hawala, di cui l’associazione si avvaleva anche per il pagamento dei viaggi dei migranti (capo A); di cui all’articolo 61 c.p., n. 2, articoli 81, 61-bis e 110 c.p., Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 131-ter e Decreto Legislativo n. 153 del 1997, articolo 5, comma 3, (in relazione al L. n. 52 del 1996, articolo 15, comma 1, lettera c) e Decreto Legislativo n. 374 del 1999, articolo 3), per avere, in concorso con altri soggetti, con piu’ condotte commesse in tempi diversi e in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, prestato servizi di pagamento senza l’autorizzazione di cui al Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 114-nonies e in violazione della riserva prevista dall’articolo 114-sexies del medesimo decreto, offrendo a soggetti terzi – attraverso il sistema denominato hawala – la possibilita’, previo pagamento di commissioni, di effettuare e ricevere pagamenti nonche’ di trasferire fondi all’estero e in Italia in elusione delle disposizioni del Testo Unico Bancario, che regolamentano simili operazioni bancarie e finanziarie (capo C). E contestualmente alla predetta istanza, il Pubblico ministero procedente, chiese l’applicazione, nei confronti dell’indagato, della misura cautelare della custodia in carcere.
1.1. Con ordinanza in data 10/9/2020, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pordenone non convalido’ il fermo e respinse la richiesta di applicazione della misura cautelare, rilevando l’esistenza di un quadro di gravita’ indiziaria limitatamente al delitto di cui al capo C), l’insussistenza del prospettato quadro di cautela probatoria e la probabile applicazione, all’esito del giudizio, di una pena condizionalmente sospesa, considerato il regime edittale della predetta violazione e la condizione di incensuratezza del soggetto. Nel frangente, inoltre, il Giudice procedente, non pronunciandosi espressamente sulla propria competenza territoriale, trasmise gli atti al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pordenone, per le sue valutazioni in ordine alla competenza.
1.2. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, cui erano stati trasmessi gli atti dall’omologo friulano, reitero’ la richiesta di applicazione della misura cautelare nei confronti di (OMISSIS) al Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale, il quale, con ordinanza in data 28/9/2020, dispose la custodia in carcere.
1.3. Presentata, nell’interesse dell’indagato, l’impugnazione avverso il provvedimento genetico, il Tribunale del riesame di Palermo, con ordinanza in data 23/10/2020, annullo’ l’ordinanza cautelare, accogliendo l’eccezione difensiva di violazione del divieto di bis in idem in relazione alla richiesta di applicazione della misura, gia’ rigettata da parte del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pordenone in sede di convalida del fermo.
In particolare, il Tribunale del riesame rilevo’ che, secondo un primo indirizzo giurisprudenziale, il provvedimento emesso dal giudice della convalida del fermo avrebbe sempre natura provvisoria e sarebbe, anche ove manchi la formale dichiarazione di incompetenza, inidoneo a determinare la formazione del c.d. giudicato cautelare. In ogni caso, la misura eventualmente adottata sarebbe, comunque, destinata a divenire inefficace in assenza della ratifica da parte del giudice competente nel termine perentorio di cui all’articolo 27 c.p.p..
Nondimeno, secondo altro orientamento, condiviso dal Collegio palermitano e avallato delle Sezioni unite, la dichiarazione di incompetenza da parte del giudice della convalida avrebbe, ai fini dell’articolo 27 c.p.p., valore costitutivo: di tal che, ove l’incompetenza non sia stata dichiarata, la decisione cautelare emessa a seguito del procedimento di convalida non avrebbe carattere provvisorio. Dunque, gli effetti della misura cautelare cesserebbero solo se l’incompetenza venga dichiarata contestualmente all’applicazione della misura, essendo irrilevante, per l’efficacia della misura cautelare in corso di esecuzione, la sola trasmissione degli atti tra differenti uffici del pubblico ministero. Parimenti, il provvedimento di rigetto della richiesta di applicazione della misura cautelare, da parte del giudice territorialmente incompetente, assumerebbe carattere interinale soltanto in presenza dell’esplicita dichiarazione di incompetenza. Inoltre, stante la possibilita’ di presentare apposita impugnazione avverso il provvedimento del giudice incompetente, la parte pubblica potrebbe sempre sollecitare il giudice competente a svolgere una rinnovata e autonoma valutazione in ordine ai presupposti della misura cautelare.
Su tali basi, il Tribunale del riesame, rilevando la mancata impugnazione dell’ordinanza con cui, non convalidato il fermo, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pordenone aveva rigettato la richiesta di misura cautelare e non si era dichiarato incompetente, ritenne che si fosse determinato il giudicato cautelare, con conseguente divieto di bis in idem, violato dal provvedimento applicativo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo. E per l’effetto dispose l’annullamento dell’ordinanza genetica.
2. Avverso il provvedimento emesso in sede di riesame ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, formulando due distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. c.p.p..
2.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), la contraddittorieta’ e la manifesta illogicita’ della motivazione. In particolare, si evidenzia come l’interpretazione accolta, secondo cui la mancata impugnazione del provvedimento di rigetto della richiesta di applicazione della misura non consentirebbe al pubblico ministero che procede di reiterare la richiesta cautelare al giudice competente, finirebbe per vulnerarne le prerogative in maniera irragionevole.
Inoltre, a nulla rileverebbe che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pordenone non si sia espressamente dichiarato incompetente, posto che, nella fase delle indagini preliminari, non sarebbe configurabile alcun conflitto positivo di competenza tra giudici per le indagini preliminari appartenenti a uffici giudiziari diversi che applichino una misura cautelare nei confronti di uno stesso soggetto e per lo stesso fatto, essendo in tal caso operante l’articolo 297 c.p.p., comma 3, per quanto riguarda il decorso del termine di efficacia della stessa.
Su tali premesse, il ricorrente ritiene non corretto il richiamo, operato dall’ordinanza impugnata, alla pronuncia delle Sezioni unite concernente la questione relativa alla inefficacia sopravvenuta dell’ordinanza cautelare emessa dal giudice della convalida anche in mancanza di una formale declaratoria di incompetenza, quando il luogo dell’arresto o del fermo sia diverso da quello di commissione del reato. Nel caso di specie, non avendo il Giudice della convalida applicato alcuna misura cautelare, non si potrebbe discutere dell’efficacia provvisoria o meno della stessa; e il rigetto della richiesta di misura cautelare, disposto dal giudice della convalida del fermo eseguito fuori dal circondario, sarebbe privo di effetto preclusivo rispetto alla reiterazione della richiesta cautelare da parte del pubblico ministero al giudice territorialmente competente, essendo il provvedimento emesso da quest’ultimo del tutto autonomo rispetto al primo, il quale, non essendo impugnabile, non sarebbe idoneo a determinare la formazione di un giudicato cautelare.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), la mancanza della motivazione del provvedimento impugnato in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari a carico di (OMISSIS).
3. In data 17/2/2021, e’ pervenuta in Cancelleria la requisitoria scritta del Procuratore generale presso questa Corte, con la quale e’ stato chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
4. In data 1/3/2021 e’ pervenuta, infine, una memoria di replica a firma dell’avv. (OMISSIS), con la quale e’ stata evidenziata l’infondatezza delle ragioni poste alla base dell’impugnazione e della requisitoria del Procuratore generale e si e’ concluso per la reiezione del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato nei termini di seguito indicati.
2. In materia di fermo di indiziato di delitto e di arresto in flagranza, la competenza per la convalida, in capo al giudice per le indagini preliminari del luogo dove il fermo – o l’arresto – e’ stato eseguito, e’ assolutamente inderogabile, in ragione della preminente esigenza di celerita’ del controllo (Sez. 2, n. 5226 del 16/11/2006, dep. 2007, Lomanto, Rv. 235813 – 01).
Nondimeno, il potere di emettere la misura cautelare attribuito al giudice della convalida dall’articolo 391 c.p.p., comma 5, configura un intervento surrogatorio in via d’urgenza e non comporta alcuna deroga alle regole ordinarie in materia di competenza territoriale, sicche’ ove quest’ultima spetti ad altro giudice, la misura necessita di rinnovazione, ex articolo 27 c.p.p., da parte del giudice territorialmente competente, di tale che qualora nel termine di legge la misura non venga rinnovata, la sua efficacia viene meno (Sez. U, n. 17 del 14/7/1999, Salzano, Rv. 214239).
Si e’, quindi, posto il problema di stabilire se il suddetto termine decorra dall’emissione del provvedimento ovvero dalla formale dichiarazione di incompetenza da parte del giudice che abbia applicato la misura; e le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno ritenuto che il presupposto di applicabilita’ dell’articolo 27 c.p.p. debba essere rinvenuto proprio nell’avvenuta declaratoria di incompetenza da parte del giudice che emette la misura cautelare, sicche’ la cessazione degli effetti della stessa non dipende dall’incompetenza sostanziale del giudice che la ha applicata, quanto dalla pronuncia della dichiarazione di incompetenza nell’ordinanza di trasmissione degli atti (Sez. U, n. 12823 del 25/3/2010, Mones, Rv, 246273 – 01). Una conclusione, questa, che del resto trova riscontro nell’inequivoco tenore letterale dell’articolo 27 c.p.p., il quale individua una necessaria correlazione tra la declaratoria espressa di incompetenza da parte del giudice della convalida e l’applicazione della misura cautelare.
3. Chiarita la portata della sentenza delle Sezioni unite da ultimo citata, non puo’ condividersi il percorso ricostruttivo seguito dal Tribunale del riesame laddove fa discendere da essa la conseguenza che l’omessa formale dichiarazione di incompetenza da parte del giudice della convalida, unitamente alla mancata impugnazione, da parte del pubblico ministero, dell’ordinanza di rigetto della richiesta di applicazione della misura cautelare, precluda all’organo requirente di reiterare la richiesta al giudice territorialmente competente.
3.1. In realta’, il principio dettato dalle Sezioni Unite, secondo cui ove la formale dichiarazione di incompetenza non intervenga, si produrrebbe, sull’ordinanza non impugnata, il cd. giudicato cautelare, si riferisce soltanto all’ipotesi in cui la misura cautelare sia stata disposta dal giudice della convalida sostanzialmente incompetente e la misura cautelare non sia stata rinnovata dal giudice competente nei venti giorni dall’ordinanza di trasmissione degli atti.
3.2. Viceversa, nell’ipotesi in cui, come nel caso qui in rilievo, il giudice della convalida abbia rigettato la richiesta di applicazione della misura cautelare senza pronunciarsi sulla competenza, detto principio non opera.
Cio’ in quanto prima della conclusione delle indagini preliminari, il giudice per le indagini preliminari puo’ dichiarare la propria incompetenza con effetti limitati al provvedimento richiesto, provvedendo, ai sensi dell’articolo 22 c.p.p., alla restituzione degli atti al pubblico ministero; mentre quest’ultimo, come ricordato dalle Sezioni Unite, conserva il potere di proseguire nell’indagine e non e’ tenuto a trasmettere a sua volta gli atti al corrispondente ufficio presso il giudice indicato come competente (Sez. U, n. 42030 del 17/7/2014, Giuliano, in motivazione), come peraltro si desume anche dall’articolo 54 c.p.p., comma 1, che subordina tale trasmissione all’autonoma valutazione sul punto dell’organo procedente. Ne consegue, ulteriormente, che a fronte della trasmissione degli atti da un ufficio del pubblico ministero a un altro, l’efficacia della decisione del giudice incompetente e’ comunque delimitata alla fase del procedimento nell’ambito del quale si colloca il provvedimento richiesto. E cio’ anche in quanto il giudicato cautelare ha, in ogni caso, natura “endoprocessuale” (cfr. Sez. U, n. 14535 del 19/12/2006, dep. 2007, Librato, Rv. 2359080 e di recente sul profilo specifico Sez. 6, n. 54045 del 27/9/2017, Cao, Rv. 271734) e non puo’ riverberarsi sul diverso procedimento in cui sia stata autonomamente esercitata l’azione cautelare.
3.3. Pertanto, la decisione di rigetto della richiesta di misura cautelare emessa dal giudice incompetente non determina alcuna preclusione endoprocessuale connessa al c.d. giudicato cautelare formatosi sul primo provvedimento, sicche’ il pubblico ministero potra’ riproporre al giudice territorialmente competente una nuova, autonoma richiesta di misura cautelare (Sez. U, n. 15 del 18/6/1993, Silvano, Rv. 194315; in senso conforme Sez. 6, n. 24639 del 28/4/2006, Lepre, Rv. 235187; Sez. 2, n. 14871 del 2/4/2009, Amato, non massimata; Sez. 5, n. 30105 del 11/6/2010, Montella, non massimata; Sez. 1, n. 11467 del 22/12/2010, dep. 2011, Ferraro, non massimata; Sez. 5, n. 14515 del 21/2/2011, Longobardi; Sez. 1, n. 33129 14/7/2011, Filardo, non massimata; Sez. 1, n. 36246 del 29/5/2012, Ferraro, non massimata; Sez. 1, n. 53538 del 10/12/2014, Barbetta, non massimata; Sez. 1, n. 21202 del 2/12/2015, dep. 2016, Barone, non massimata; Sez. 6, n. 21328 del 16/4/2015, Spataro, Rv. 263412; Sez. 1, n. 49829 del 15/7/2016, De Rose, non massimata; Sez. 4, n. 28138 del 11/6/2019, Campisi, non massimata; Sez. 4, n. 29546 del 26/2/2019, Hamza, non massimata; Sez. 6, n. 46495 del 30/10/2019, Giacobbe, non massimata; Sez. 1, n. 1773 del 11/9/2019, dep. 2020, Scibelli, non massimata; Sez. U, n. 19214 del 23/4/2020, Giacobbe, in motivazione).
4. Dall’accoglimento del primo motivo deriva l’assorbimento del secondo profilo di doglianza, relativo ai gravi indizi di colpevolezza e alle esigenze cautelari, rispetto ai quali deve ritenersi impregiudicata ogni valutazione da parte dei Giudici di merito in sede di rinvio.
6. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto, sicche’ l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio, per nuovo giudizio, al Tribunale del riesame di Palermo.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Palermo competente ai sensi dell’articolo 309 c.p.p., comma 7.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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