La controversia avente ad oggetto l’applicazione di una disposizione che regola il potere di ammissione al beneficio della riduzione di sanzioni

Consiglio di Stato, Sezione terza, Sentenza 25 giugno 2020, n. 4089.

La massima estrapolata:

Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo la controversia avente ad oggetto l’applicazione di una disposizione che regola il potere di ammissione al beneficio della riduzione di sanzioni correlate ai controlli esterni in ambito sanitario ai sensi dell’art. 9, commi 2, 3 e 4, l. reg. Lazio 28 dicembre 2018, n. 13, potere autoritativo peraltro previsto da una disciplina finalizzata alla riduzione del contenzioso, e dunque connesso a profili di gestione che involgono valutazioni tipicamente pubblicistiche sottese alla cura, nel modo migliore, dell’interesse della collettività di cui l’amministrazione è in questa materia attributaria.

Sentenza 25 giugno 2020, n. 4089

Data udienza 11 giugno 2020

Tag – parola chiave: Giurisdizione – Sanità – Struttura sanitaria accreditata – Controlli esterni in ambito sanitario – Lazio – Riduzione di sanzioni – Controversia – Giurisdizione del giudice amministrativo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 3172 del 2020, proposto dalla Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. Al., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri – Commissario straordinario per l’attuazione del Piano di rientro del settore sanitario della Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
Gi. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ra. Iz., Al. Vi. Or., Li. Ci., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Ra. Iz. in Roma, via (…);
nei confronti
Asl Latina non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Terza n. 02657/2020, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Commissario straordinario per l’attuazione del Piano di rientro del settore sanitario della Regione Lazio, e di Gi. S.p.A.;
Visti gli artt. 105, comma 2, e 87, comma 3, cod. proc. amm;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 11 giugno 2020 il Cons. Giovanni Tulumello, uditi per le parti gli avvocati presenti secondo la legge come da delega in atti, e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 84, comma 5, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, e dell’art. 4, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28;
1. Con sentenza n. 2657/2020 il T.A.R Lazio, sede di Roma, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sul ricorso proposto dalla Gi. S.p.A., volto ad accertare il silenzio-inadempimento della Regione Lazio sull’istanza della ricorrente “di essere ammessa al pagamento delle sanzioni amministrative irrogate in misura pari a un terzo, fermo restando il pagamento del debito integrale ai sensi della L.R. n. 13/2018 in materia di controlli esterni in ambito sanitario (….)”.
La Regione Lazio, con ricorso in appello notificato e depositato il 15 aprile 2020, ha impugnato la sentenza indicata, chiedendone preliminarmente la sospensione degli effetti.
Si è costituita in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Commissario straordinario per l’attuazione del Piano di rientro del settore sanitario della Regione Lazio, aderendo alla posizione dell’appellante nel senso dell’affermazione della giurisdizione del giudice amministrativo, e chiedendo che il ricorso in appello fosse deciso con sentenza in forma semplificata alla camera di consiglia fissata per l’esame dell’incidente cautelare.
Si è altresì costituita in giudizio la Gi. S.p.A., per resistere all’appello e per chiedere la conferma della sentenza declinatoria della giurisdizione.
Alla camera di consiglio dell’11 giugno 2020, fissata per l’esame della domanda incidentale di sospensione cautelare, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
2. Preliminarmente il Collegio ritiene che la causa possa essere decisa con sentenza in forma semplificata all’esito della camera di consiglio fissata per l’incidente cautelare, in ragione della ritualità delle modalità di instaurazione del contraddittorio e della superfluità di ogni ulteriore istruzione (omesso ogni avviso alle parti ai sensi dell’art. 84, comma 5, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito dalla legge 24 aprile 2020, n. 27): considerato peraltro che l’espressa domanda in tal senso della Presidenza del Consiglio dei Ministri non ha trovato la successiva opposizione o contestazione delle altre parti.
3. Il primo giudice ha affermato il difetto di giurisdizione in relazione al silenzio-inadempimento sull’istanza “di essere ammessa al pagamento delle sanzioni amministrative irrogate in misura pari a un terzo, fermo restando il pagamento del debito integrale ai sensi della L.R. n. 13/2018 in materia di controlli esterni in ambito sanitario (…)”; la pronuncia motiva con riferimento all’orientamento delle SS.UU. della Corte di Cassazione, che con “recente sentenza n. 31029 del 27 novembre 2019, ha definito un regolamento preventivo di giurisdizione in materia di sanzioni applicate dall’amministrazione sanitaria nel caso di “inappropriatezza” dei ricoveri effettuati, con incidenza sulla remunerazione della struttura privata, affermando la spettanza della giurisdizione su tale materia all’autorità giudiziaria ordinaria”.
Il T.A.R. ha quindi ritenuto che l’istanza in questione “non può essere considerata come atto propulsivo di un procedimento amministrativo strictu sensu, atteso che l’atto conclusivo dello stesso non è un atto autoritativo e vincolante di programmazione e di organizzazione sull’appropriatezza dei ricoveri, incidente su interessi legittimi, bensì una disposizione che, sebbene espressa in forma provvedimentale, ha sostanza e contenuto non già di manifestazione di potere autoritativo, bensì esclusivamente di quantificazione del corrispettivo spettante alla struttura sanitaria per l’espletamento dell’attività prestata in regime di concessione. Pertanto, alla luce dei principi affermati dalla giurisprudenza, si deve affermare che – poiché il comportamento contestato, attenendo alla fase paritetica del rapporto concessorio, resta escluso dalla giurisdizione amministrativa esclusiva in ragione del disposto dell’art. 133 comma 1 lett. b), in quanto vertente proprio su “indennità, canoni ed altri corrispettivi” (cfr. da ultimo TAR Roma n. 2198/2020) – anche il rimedio contro il silenzio serbato dall’Amministrazione deve essere ricondotto alla giurisdizione del giudice ordinario, essendo propedeutico all’adozione di un provvedimento che deve essere conosciuto dal medesimo giudice ordinario”.
4. L’appellante deduce “Error in Iudicando: fraintendimento nell’interpretazione; erronea qualificazione giuridica della situazione di fatto”, affermando l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha declinato la giurisdizione sulla base di una qualificazione della sottostante fattispecie non adeguatamente consapevole – anche a causa del rinvio alla sentenza n. 31029/2019 delle SS.UU. civili della Corte di cassazione – dei profili implicati.
5. Per costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, il giudice amministrativo ha giurisdizione in materia di azione volta a far dichiarare l’illegittimità del silenzio-inadempimento, nella misura in cui sia fornito di giurisdizione con riferimento alla pretesa sottostante (ex multis, IV Sezione, sentenze n. 987/2016 e n. 4689/2018).
Il problema è dunque la qualificazione della situazione giuridica soggettiva dell’istante e, in caso di qualificazione della stessa come diritto soggettivo, la sua riconducibilità o meno ad una ipotesi di giurisdizione esclusiva.
Nel caso di specie la fattispecie sostanziale è disciplinata dall’art. 9 – commi 2, 3 e 4 – della legge regionale del Lazio 28 dicembre 2018, n. 13:
“2. Allo scopo di agevolare la definizione del contenzioso pendente in materia di controlli esterni in ambito sanitario di cui all’articolo 8-octies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) e successive modifiche, per prestazioni rese nel periodo antecedente all’entrata in vigore del decreto del Commissario ad acta 8 giugno 2017, n. 218, ovvero per prevenirne l’attivazione e consentire la stabilizzazione degli effetti economici, la struttura sanitaria interessata può richiedere all’amministrazione regionale di essere ammessa al pagamento della sanzione amministrativa in misura pari a un terzo, fermo il pagamento integrale della differente remunerazione sul singolo ricovero. La richiesta è formulata nel termine di sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente disposizione per i controlli la cui valorizzazione è stata già comunicata, ovvero entro sessanta giorni dalla comunicazione della valorizzazione degli stessi.
3. La misura è accordata dall’amministrazione esclusivamente in caso di compresenza delle seguenti condizioni:
a) riconducibilità delle sanzioni agli abbattimenti applicati per i controlli non concordati, anche in parte;
b) effettuazione del pagamento integrale del debito nei termini previsti al comma 4;
c) rinuncia da parte della struttura al procedimento amministrativo di risoluzione delle discordanze e all’azione giudiziaria pendente o futura.
4. La struttura deve provvedere al pagamento integrale del debito entro i sessanta giorni successivi all’accoglimento dell’istanza, ovvero entro il termine massimo di venti mesi in caso di richiesta di rateizzazione, con corresponsione degli interessi legali, pena la decadenza dal beneficio”.
Dalla riportata disciplina dell’istituto emerge che il potere regionale di assentire o meno l’istanza debba essere esercitato tenendo conto di tre condizioni [lettere a), b) e c) del comma 3]: due delle quali [lettere b) e c)] riconducono le modalità di produzione dell’effetto giuridico considerato allo schema norma-fatto-effetto, mentre la prima [lettera a)] appare invece qualificabile nel diverso schema norma-potere-effetto.
L’effetto giuridico dell’ammissione al beneficio suppone infatti l’esercizio di un potere autoritativo di valutazione dell’amministrazione da cui dipende l’ubi consistam della posizione del soggetto privato, con conseguente qualificazione come interesse legittimo della sottostante situazione giuridica soggettiva dell’istante, e giurisdizione del giudice amministrativo secondo il criterio del petitum sostanziale.
6. Non possono trarsi argomenti di segno contrario dalla sentenza (rectius: ordinanza) delle Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione, 27 novembre 2019, n. 31029, come invece ritenuto dal primo giudice.
Alle SS.UU. era stato infatti devoluto un regolamento preventivo di giurisdizione relativo “all’individuazione del giudice competente nella controversia avente ad oggetto l’impugnazione della sanzione pecuniaria, nel caso di “inappropriatezza” dei ricoveri effettuati, in relazione all’entità della remunerazione dovuta ad una clinica privata accreditata presso il Servizio sanitario regionale, allorché venga in rilievo la “congruità ” dei ricoveri effettuati”.
In quel giudizio si contestava dunque il provvedimento di irrogazione delle sanzioni: nel presente giudizio, invece, non si contesta tale provvedimento, né la pretesa allo stesso correlata, ma si controverte in merito all’applicazione di una disposizione che regola il potere di ammissione al beneficio della riduzione della sanzione: potere autoritativo peraltro previsto da una disciplina finalizzata alla riduzione del contenzioso, e dunque connesso a profili di gestione che involgono valutazioni tipicamente pubblicistiche sottese alla cura, nel modo migliore, dell’interesse della collettività di cui l’amministrazione è in questa materia attributaria.
Oltre alla diversità strutturale e funzionale fra le due fattispecie, appare risolutivo il rilievo che l’invocata ordinanza delle SS.UU. argomenta l’affermazione della giurisdizione del giudice ordinario sulla base della riconducibiltà di quella fattispecie alla materia delle conseguenze patrimoniali (indennità, canoni ed altri corrispettivi) del rapporto concessorio: laddove, nel caso di specie, a venire in considerazione è un potere di natura autoritativa necessario per la costituzione dell’effetto giuridico avuto di mira.
In ogni caso appaiono condivisibili i rilievi critici rivolti in memoria dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri a tale arresto del giudice della giurisdizione, perché esso introduce una regola di riparto che andrebbe “a riguardare l’attività di vigilanza e controllo sui soggetti accreditati con il S.S.R. in maniera parcellizzata, differenziandola – in punto di giurisdizione – a seconda dell’occasione con cui il relativo potere (pacificamente pubblicistico) viene esercitato”.
L’ordinanza delle Sezioni Unite su cui si fonda la decisione del T.A.R. si pone poi in diretto contrasto con la (di poco) precedente ordinanza n. 23540 del 20 settembre 2019 delle stesse SS.UU. civili della Corte di Cassazione, contestata nella parte in cui afferma che “il giudice ordinario sarebbe privo di giurisdizione a giudicare degli interessi legittimi che possono essere implicati nelle vicende patrimoniali relative alle controversie in materia concessoria”, sicché al contrario “il giudice ordinario può (e deve) conoscere anche degli interessi legittimi, quando ciò sia necessario per giudicare di diritti soggettivi prevalenti” (Corte di Cassazione, SS.UU. civili, ordinanza n. 31029/2019, cit).
Al di là di quanto già osservato in punto di diversità strutturale fra la fattispecie dedotta nel presente giudizio e quella oggetto di tale decisione del giudice del riparto, appare comunque difficilmente contestabile, avuto riguardo alla disciplina positiva e alle sue implicazioni sistematiche e dogmatiche, la diversa conclusione cui era pervenuta l’ordinanza n. 23540/2019, dal momento che la (riconosciuta) consistenza di interesse legittimo della posizione soggettiva del privato non dovrebbe comunque porre dubbio alcuno in merito all’individuazione del giudice fornito di giurisdizione.
Eventuali dubbi in sede di esegesi delle disposizioni regolanti la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo riguardano infatti i diritti soggettivi implicati dall’esercizio del potere, ma non anche gli interessi legittimi, giustiziabili davanti al giudice amministrativo secondo la generale regola di riparto collegata al petitum sostanziale, nell’ambito della c.d. giurisdizione generale di legittimità (salvo diversa e specifica previsione normativa, qui peraltro non sussistente).
7. L’appellata Gi. S.p.A., ricorrente in primo grado, chiede, nell’atto di costituzione depositato il 4 maggio 2020, “il rigetto dell’istanza cautelare così come del ricorso in quanto inammissibili e, in ogni caso, infondati, nonché, per l’effetto, la conferma della sentenza impugnata”.
Con successiva memoria depositata l’8 giugno 2020 la Gi.:
a) solleva un’eccezione di “Inammissibilità del ricorso per mancata impugnazione del capo della sentenza recante la qualificazione della fattispecie concreta e la conseguente declaratoria del difetto di giurisdizione. Inammissibilità del ricorso per genericità della censura”;
b) invoca nel senso dell’infondatezza dell’appello, e dunque del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, la sentenza di questa Sezione n. 3454/2020.
8. L’eccezione d’inammissibilità è infondata: l’appellante ha gravato esattamente il capo della sentenza che, muovendo dalla qualificazione della fattispecie sostanziale, ne ha fatto discendere l’affermato difetto di giurisdizione, e il relativo motivo di appello non risulta affatto generico ma censura la pronuncia di primo grado.
9. Inconferente è pure il richiamo alla sentenza di questa Sezione n. 3454/2020.
Essa, per come riferita dalla stessa memoria, ha “confermato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e la giurisdizione del giudice ordinario sull’appropriatezza o meno delle prestazioni erogate dalle strutture accreditate in forza del contratto con il SSR”: si tratta dunque di una materia diversa.
L’indirizzo giurisprudenziale di questa Sezione è infatti nel senso dell’affermazione della giurisdizione del giudice ordinario nei casi in cui vi sia contestazione sulle somme da pagare in relazione al profilo della contabilizzazione delle stesse: nel caso in esame, viceversa, viene in considerazione l’applicazione o meno di un beneficio di legge che presuppone un sindacato del giudice amministrativo sulla corretta applicazione del parametro legale di esercizio del potere, rispetto al quale il calcolo è mera conseguenza (si veda in tal senso, tra le altre, la sentenza n. 1839/2019).
10. Va peraltro osservato che era stata però proprio la Gi. S.p.A. ad adire in primo grado il giudice amministrativo: sicchè le domande proposte nel presente giudizio, tendenti alla conferma della sentenza di primo grado (declinatoria della giurisdizione) costituiscono un venire contra factum proprium che per costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato configura un abuso del processo (ex multis, IV Sezione, sentenza n. 5403/2016).
11. L’appello è pertanto fondato e come tale deve essere accolto, con conseguente annullamento della sentenza impugnata e rinvio al primo giudice, ai sensi dell’art. 105 cod. proc. amm.
Le spese, liquidate come in dispositivo, secondo la regola della soccombenza vanno poste a carico della parte appellata che ha resistito al gravame, mentre possono essere compensate fra la Regione Lazio e la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Commissario straordinario per l’attuazione del Piano di rientro del settore sanitario della Regione Lazio, avendo quest’ultima sostanzialmente aderito al gravame.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello, come in epigrafe trascritto, lo accoglie, e per l’effetto annulla la sentenza impugnata, rimettendo la causa al giudice di primo grado.
Condanna la Gi. S.p.A. al pagamento in favore della Regione Lazio delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro duemilacinquecento/00, oltre accessori come per legge; compensa le spese nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Commissario straordinario per l’attuazione del Piano di rientro del settore sanitario della Regione Lazio.
Ordina che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente decisione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 giugno 2020, tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza (ai sensi dell’art. 84, comma 6, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito dalla legge 24 aprile 2020, n. 27), con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Raffaello Sestini – Consigliere
Solveig Cogliani – Consigliere
Giovanni Tulumello – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *