Consiglio di Stato, Sentenza|15 marzo 2021| n. 2216.
La conformità dei manufatti alle norme urbanistico edilizie costituisce il presupposto indispensabile per il legittimo rilascio del certificato di agibilità, come si evince dagli artt. 24, comma 3, D.P.R. n. 380 del 2001 (T.U. Edilizia) e 35, comma 20, L. n. 47 del 1985, in quanto, ancor prima della logica giuridica, è la ragionevolezza ad escludere che possa essere utilizzato, per qualsiasi destinazione, un fabbricato non conforme alla normativa urbanistico edilizia e, come tale, in potenziale contrasto con la tutela del fascio di interessi collettivi alla cui protezione quella disciplina è preordinata.
Sentenza|15 marzo 2021| n. 2216
Data udienza 28 gennaio 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Interventi edilizi – Certificato di agibilità – Presupposti per il rilascio – Individuazione – Conformità dei manufatti alle norme urbanistico edilizie – Necessità
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 15 del 2018, proposto dal sig. Do. Fr., rappresentato e difeso dall’avvocato Do. Fo., con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio Da. Dell’Aquila in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Sa. Gu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Ca. Ru. in Roma, via (…);
sul ricorso numero di registro generale 16 del 2018, proposto dal sig. Do. Fr., rappresentato e difeso dall’avvocato Do. Folino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Da. Dell’Aquila in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Sa. Gu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Ca. Ru. in Roma, via (…);
per la riforma
quanto al ricorso n. 15 del 2018:
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria (sezione seconda) n. 00824/2017, resa tra le parti, concernente l’annullamento degli atti e provvedimenti appresso indicati:
– provvedimento prot. n. 3480 del 14.08.2013 dell’Ufficio tecnico, sez. urbanistica, del Comune di (omissis) di revoca del certificato di agibilità prot. 3402 del 10.08.1999;
– nonché di ogni atto ad esso presupposto, connesso e consequenziale;
– nonché per la domanda al risarcimento dei danni e, in via gradata, all’indennizzo ex art. 21-quinquies, commi 1 e 1-bis, L. 241/1990, ovvero in via ancor gradata, sempre nell’ipotesi di rigetto delle azioni di annullamento e di risarcimento, all’accertamento dell’obbligo del Comune di (omissis) di provvedere alla liquidazione dell’indennizzo in favore dell’appellante.
quanto al ricorso n. 16 del 2018:
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria (sezione seconda) n. 00825/2017, resa tra le parti, concernente l’annullamento degli atti e provvedimenti appresso indicati:
– ordinanza n. 15 del 10.7.2014 del responsabile del servizio del Comune di (omissis), con il quale è stata ordinata la cessazione immediata dell’attività ricettiva (alberghiera o extralberghiera) e di ristorazione, rilevata con verbale n. 7/45/2014 di prot.llo del 24/06/2014;
– nonché di ogni atto ad esso presupposto, connesso e consequenziale.
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis) in entrambi i ricorsi;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del giorno 28 gennaio 2021 il consigliere Andrea Pannone e uditi per le parti gli avvocati indicati in verbale.
L’udienza si svolge ai sensi dell’art. 4, comma1, del Decreto Legge n. 28 del 30 aprile 2020 e dell’art. 25, comma 2, del Decreto Legge n. 137 del 28 ottobre 2020 attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto dalla circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa. L’udienza si svolge ai sensi dell’art. 4, comma1, del Decreto Legge n. 28 del 30 aprile 2020 e dell’art. 25, comma 2, del Decreto Legge n. 137 del 28 ottobre 2020 attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto dalla circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
A) Il sig. Do. Fr. ha impugnato, per violazione di legge ed eccesso di potere, il provvedimento 14 agosto 2013, n. 3480, con cui l’Ufficio tecnico del Comune di (omissis) ha revocato, per abusi edilizi, il certificato di agibilità prot. 3402 del 10.8.1999, rilasciato in favore dell’unità immobiliare per civile abitazione contraddistinta al N.C.E.U. al foglio n. (omissis), p.lla (omissis).
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile (e comunque respinto) con sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, 22 maggio 2017, n. 824.
Il giudice di primo grado ha osservato:
“È necessario evidenziare che il ricorrente agisce in qualità di promissario acquirente che, in data 16 luglio 2013, ha presentato al Comune di (omissis) una SCIA per l’avvio dell’attività di affittacamere (ex art. 16 legge regionale “Calabria” n. 4/1995) nel predetto immobile.
Ciò premesso, il ricorso è da ritenersi inammissibile, giacché proposto avverso provvedimenti di natura edilizia (e non commerciale): invero, pur dopo la stipula del preliminare di vendita, la titolarità dell’immobile continua ad ascriversi sempre in capo al promittente acquirente (T.A.R. Puglia, Bari, n. 1195/2012).
Il ricorso è, in ogni caso, infondato e va respinto nel merito, già sulla scorta della prospettazione del fatto operata da parte istante.
La revoca viene motivata sul presupposto che il certificato di collaudo del 7.8.1998, sulla cui base è stato rilasciato il certificato di agibilità revocato, ha ad oggetto un immobile composto solo da un piano terra, mentre dall’accatastamento del fabbricato si evince la presenza anche di un piano rialzato e di un seminterrato, ad uso cantina.
Risulta inoltre che, riguardo a tali ultime porzione immobiliari, è stata presentata, dal proprietario D’E. Ni., un’istanza di condono (prot. 4840 del 10.12.2004), mai andata definita.
Orbene, sostiene il ricorrente, da ultimo nella memoria conclusionale depositata il 26 aprile 2017, che “l’immobile, al momento del rilascio dell’agibilità (10.8.1999), era del tutto conforme al progetto e, tuttavia, se vi è stato un mutamento della situazione di fatto, detto mutamento è avvenuto solo in epoca successiva al rilascio dell’agibilità, allorché il proprietario D’E. ha realizzato le opere di ampliamento delle superfici e dei volumi denunciate con l’istanza di condono assunta al prot. 4840 del 10.12.2004 del Comune di (omissis) e, quindi, realizzate tra il 10.8.1999 (data del certificato di agibilità ) e in epoca anteriore 10.12.2004″. Tuttavia, anche a tener per buone tali asserzioni, appare evidente al collegio come, dopo la concessione dell’agibilità, il venir meno delle condizioni a suo tempo valutate impone all’autorità comunale di adottare un provvedimento di revoca e che questo provvedimento, avente carattere sanzionatorio, ha carattere vincolato.
Le spese del processo possono essere compensate, stante la particolarità della vicenda e la non certa attribuibilità dell’abuso al ricorrente”.
B) Il signor Do. Fr. ha impugnato, per violazione di legge ed eccesso di potere, l’ordinanza del responsabile del servizio n. 15 del 10 luglio 2014, con la quale è stata ordinata la cessazione immediata dell’attività ricettiva (alberghiera o extralberghiera) e di ristorazione, rilevata con verbale n. 7/45/2014 di prot.llo del 24 giugno 2014, con riferimento ad un immobile per il quale era stato in precedenza revocato il certificato di agibilità .
Il ricorso è stato respinto con sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, 22 maggio 2017, n. 825 sulla base delle seguenti considerazioni.
“Occorre premettere che, in relazione all’immobile presso il quale il ricorrente esercita l’attività di affittacamere, è intervenuto un provvedimento di revoca del certificato di agibilità, impugnato dinanzi a questo Tribunale con ricorso n. 1669/2013 R.G..
Ne deriva che, in assenza dell’attestazione legale che l’immobile risulta realizzato nel rispetto delle norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità ed igiene (cfr. T.A.R. Toscana, Sez. II, 9 maggio 2012 n. 903), resta preclusa al titolare qualsiasi destinazione di tipo commerciale sul bene.
In tale materia, invero, proprio questa Sezione, con recente sentenza n. 1611/2016, ha affermato che “la conformità dei manufatti alle norme urbanistico edilizie costituisce il presupposto indispensabile per il legittimo rilascio del certificato di agibilità, come si evince dagli artt. 24, comma 3, D.P.R. n. 380 del 2001 (T.U. Edilizia) e 35, comma 20, L. n. 47 del 1985, in quanto, ancor prima della logica giuridica, è la ragionevolezza ad escludere che possa essere utilizzato, per qualsiasi destinazione, un fabbricato non conforme alla normativa urbanistico edilizia e, come tale, in potenziale contrasto con la tutela del fascio di interessi collettivi alla cui protezione quella disciplina è preordinata”.
Ciò in quanto, il suddetto certificato attesta la conformità dell’opera alla normativa edilizio-urbanistica, oltre che “la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, nonché la conformità dell’opera al progetto approvato e la sua agibilità “, come dispone 1’art. 24, comma 1, del T.U. Edilizia.
La mancanza di tale certificato ha, per altro, legittimato il Comune a rigettare le segnalazioni certificate presentate, con le quali il Fr. comunicava l’avvio dell’attività di affittacamere, posto che l’art. 16, comma 6, della 1.r. n. 4/1995, prevede che “i locali destinati all’esercizio di affittacamere devono possedere le caratteristiche strutturali ed igienico edilizie previste per i locali di abitazione e regolamento igienico edilizio comunale”.
In seguito, aggiungasi che il Fr. ha realizzato, senza alcuna autorizzazione comunale, ulteriori lavori edilizi e non ha ottemperato all’ordinanza n. 4/2014 del Comune, di rimozione delle opere difformi e di rimessa in pristino dello stato dei luoghi.
In relazione ad essi, in sostituzione del certificato comunale di agibilità, il ricorrente ha prodotto un’attestazione del 16 agosto 2013, redatta da un geometra professionista, attestante la conformità del piano terra dell’immobile in questione al progetto presentato e la sua agibilità, in attuazione dell’art. 24, comma 4-bis, T.U. Edilizia, che prevede l’agibilità parziaria di singole porzioni della costruzione e dell’art. 25, comma 5-bis, T.U. Edilizia, che stabilisce la possibilità che un professionista attesti l’agibilità di un edificio.
Tuttavia, il Comune non ha ritenuto valida la prescritta attestazione di agibilità, in quanto non conforme al dettato del citato art. 25, comma 5-bis, T.U. Edilizia (oggi abrogato), oltre che per mancata allegazione della documentazione ivi indicata alla dichiarazione del professionista e per il fatto che la Regione Calabria non avesse ancora disciplinato con legge le modalità di attuazione.
Osserva, infine, il ricorrente che, in data 19 febbraio 2015, egli ha presentato al Comune un’istanza per ottenere l’attestazione di agibilità . E poiché l’Amministrazione locale non ha adottato alcun provvedimento espresso e, secondo il promissario acquirente, si sarebbe formato un atto di agibilità per silenzio- assenso, ai sensi del IV° comma dell’art. 25 T.U. Edilizia.
Ma anche questa tesi non può essere condivisa, posto che l’agibilità si intende attestata per silenzio-assenso, solo se l’A.S.L. abbia rilasciato il parere di cui all’art. 4, comma 3″.
C) Il signor Fr. ha impugnato la sentenza n. 824/2017 per i seguenti motivi:
“I. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 24, comma 3, T.U.E.. Legittimazione dell’appellante promittente acquirente a far valere le proprie ragioni circa la mancanza del formale certificato di abitabilità .
Il promissario acquirente di un immobile e detentore dello stesso in forza di contratto preliminare di compravendita è legittimato a far valere le proprie ragioni circa la mancanza del formale certificato di abitabilità (C.d.S., sez. IV, n. 5450/2012).
II. Omessa pronuncia sull’eccezione di cessazione della materia del contendere del giudizio impugnatorio del provvedimento di revoca dell’agibilità (giudizio n. 1669/2013 N.R.G.) in violazione e/o falsa applicazione dell’art. 25, comma 4, T.U.E.
In ordine al giudizio impugnatorio, dopo la revoca dell’agibilità, si era formato il provvedimento di agibilità per silenzio assenso, con la conseguenza che il giudice a quo avrebbe dovuto dichiarare la cessazione della materia del contendere del solo giudizio impugnatorio e decidere il ricorso ai soli fini risarcitori e di indennizzo.
“Posto che istanza del 19 febbraio 2015 assunta in data 23 febbraio al prot. n. 620 del Comune di (omissis) era correlata da tutta documentazione prescritta dall’art. 25 T.U.E., ivi compresa la dichiarazione di conformità al progetto approvato e l’autodichiarazione sostitutiva del parere dell’A.S.L., si era formato il provvedimento tacito di agibilità per silenzio assenso, con la conseguenza che erroneamente l’impugnata sentenza non ha dichiarato la cessazione della materia del contendere del giudizio impugnatorio”.
III. Violazione degli artt. 21/quinquies e/o 21/novies L. 241/1990 L. 241/1990.
L’impugnata sentenza ha erroneamente ricostruito i fatti, affermando la coincidenza tra le opere oggetto del primo presupposto (piano rialzato e piano seminterrato) e le opere oggetto dell’istanza di condono (coincidenza smentita dallo stesso Comune). Pertanto, qualora fosse sussistito il primo presupposto del provvedimento impugnato, l’Amministrazione avrebbe dovuto emettere un atto di annullamento d’ufficio e non di revoca.
IV. Eccesso di potere sotto i profili di travisamento e/o erronea valutazione dei fatti, istruttoria manifestamente carente e difettosa, motivazione omessa e/o insufficiente e/o incongrua e/o errata e/o manifestamente illogica e/o irragionevole e/o contraddittoria.
Il primo presupposto posto a fondamento del provvedimento di revoca impugnato in primo grado è insussistente, mentre la mera presenza di un’istanza di condono non determina automaticamente la revoca dell’agibilità di un immobile.
V. Eccesso di potere sotto i profili di sviamento dal fine e disparità di trattamento.
Il resistente Comune in casi identici (immobili con istanze di condono non definite) non ha revocato l’agibilità .
Il provvedimento di revoca è intervenuto a distanza di pochi giorni dalla richiesta di terzi e ciò dimostra il fine distorto perseguito dal Comune di favorire attività concorrenziali.
VI. Illegittimità del provvedimento impugnato e fondatezza della domanda risarcitoria.
L’impugnata sentenza, qualora avesse dichiarato la cessazione della materia del contendere limitatamente al giudizio impugnatorio o qualora avesse annullato il provvedimento impugnato in primo grado, considerata la sua palese illegittimità per i motivi che precedono, in ogni caso avrebbe dovuto accogliere la connessa domanda risarcitoria.
VII. Omessa pronuncia sull’istanza di indennizzo in violazione dell’art. 21-quinquies, commi 1 e 1-bis, L. 241/1990.
L’impugnata sentenza, dopo avere ritenuto legittimo il provvedimento di revoca dell’agibilità, ha omesso di liquidare l’indennizzo ex art. 21-quinquies, comma 1 e comma 1 bis, L. 241/1990 o, in subordine, di accertare l’obbligo dell’appellata Amministrazione comunale di provvedere all’indennizzo in favore dell’appellante direttamente interessato dalla revoca dell’agibilità dell’immobile che deteneva e che aveva promesso di acquistare”.
D) Il signor Fr. ha impugnato la sentenza n. 825/2017 per i seguenti motivi:
I. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 24, comma 4-bis, e dell’art. 25, comma 5-bis, T.U. Edilizia, come modificato dal D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98 (c.d. decreto del fare).
L’istituto dell’agibilità parziale attestata dal tecnico abilitato era vigente all’epoca di presentazione del ricorso e la relativa attestazione costituisce un valido titolo per l’utilizzazione dell’immobile anche come affittacamere.
II. Omessa pronuncia in ordine al secondo presupposto sul quale si fonda il provvedimento impugnato in primo grado, ovverosia sulla mancanza del titolo di disponibilità dell’immobile.
La situazione di detenzione qualificata che la giurisprudenza civile (cfr. Cass. Civ., Sez. U, Sentenza n. 7930 del 27/03/2008) riconosce all’appellante, in qualità di promittente acquirente, dimostra la disponibilità dell’immobile in capo allo stesso, donde deve ritenersi che il contratto preliminare costituisca un valido titolo attestante la disponibilità dell’immobile da parte dell’appellante ai fini dell’esercizio dell’attività di affittacamere.
DIRITTO
A) I ricorsi in appello, così come richiesto da parte appellante e senza opposizione di parte appellata, possono essere riuniti perché essi sono stati proposti in ordine alla medesima richiesta, formulata dall’appellante, di esercizio dell’attività di affittacamere.
B) Può essere quindi esaminato il primo ricorso in appello (RG 15/2018).
B1) Il primo motivo può essere accolto riconoscendosi la legittimazione a ricorrere sia in primo che in secondo grado anche al sig. Fr., odierno appellante, oltreché al proprietario dell’immobile.
B2) Il secondo motivo è infondato.
Questo Collegio non può che confermare quanto affermato dal TAR per la Calabria, con la sentenza n. 825/2017 (oggetto del ricorso in appello n. 16/2018): l’agibilità si intende attestata per silenzio- assenso, solo se l’A.S.L. abbia rilasciato il parere di cui all’art. 4, comma 3, rilascio mai intervenuto.
Tale capo di sentenza (come si vedrà ) non ha formato oggetto (nel secondo ricorso in appello) di specifica censura, cosicché il decisum vincola il giudice d’appello.
B3) Il terzo motivo è inammissibile per difetto di interesse: l’appellante non esplicita quale utilità avrebbe ricevuto se l’Amministrazione avesse adottato un atto di annullamento d’ufficio in luogo della disposta revoca.
B4) Il quarto motivo di ricorso è infondato.
L’alterazione dei luoghi (riconosciuto con la presentazione di una domanda di condono) imponeva la revoca del certificato di agibilità che non poteva che riferirsi alle opere realizzate nel loro complesso, e quindi non poteva continuare a rendere utilizzabili solo una parte di esse.
B5) Il quinto motivo è inammissibile.
La circostanza dedotta costituisce sintomo dell’illegittimità dell’attività amministrativa (se effettivamente l’amministrazione abbia omesso di adottare i pertinenti provvedimenti), ma non può costituire (al contrario) presupposto per ottenere l’annullamento di un atto intrinsecamente legittimo.
B6) Il sesto motivo, con il quale parte appellante rivendica una condanna dell’amministrazione resistente al risarcimento del danno, è inammissibile.
Il medesimo appellante riconosce che tale condanna poteva conseguire solo a un annullamento del provvedimento impugnato che, al contrario, il giudice (anche d’appello) ha ritenuto di non poter pronunciare.
B7) È invece inammissibile il settimo motivo con il quale parte appellante rivendica l’indennizzo ai sensi dell’art. 21-quinquies, commi 1 e 1-bis, L. 241/1990.
Il riconoscimento della legittimazione (unitamente al titolare del certificato) a impugnare il provvedimento di revoca del certificato di agibilità non può estendersi sino al riconoscimento della legittimazione a richiedere l’indennità prevista dalla norma invocata in luogo del proprietario del bene (il sig. D’E. Ni.) al quale era stato rilasciato il predetto certificato.
C) Può essere quindi esaminato il secondo ricorso in appello (RG 16/2018).
C1) Il primo motivo è inammissibile perché è stato dedotto per la prima volta in appello (art. 104 del Cod. proc. amm.).
C2) Il secondo motivo non può condurre all’accoglimento del ricorso in appello e, conseguentemente, all’annullamento degli atti impugnati in primo grado.
“Allorquando una sentenza si fondi su una pluralità di capi autonomi e tutti convergenti verso il medesimo risultato processuale, è sufficiente accertare la resistenza di uno solo di essi ai mezzi di impugnazione per escluderne la riforma” (CdS, V, 14 agosto 2020, n. 5038).
Nel caso di specie la sentenza impugnata ha motivato il rigetto del ricorso di primo grado sulla natura abusiva (sotto il profilo edilizio) dell’opera ove esercitare l’attività .
Il ricorso in appello non contiene alcuna censura avverso l’impianto della sentenza, cosicché risulta precluso il suo accoglimento.
D) Sussistono nondimeno giusti motivi per compensare le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sugli appelli (RG 201800015 e RG 201800016), come in epigrafe proposti, previa loro riunione, li rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2021 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro – Presidente
Andrea Pannone – Consigliere, Estensore
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Leave a Reply