La confisca per equivalente del profitto

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 8 luglio 2019, n. 29533.

La massima estrapolata:

A seguito della condanna per un reato tributario, la confisca per equivalente del profitto è sempre obbligatoria anche se in precedenza non sia stato operato alcun sequestro. L’individuazione dei beni da apprendere compete al Pm e non al giudice, con l’unica limitazione che deve trattarsi di beni già nella disponibilità del condannato e non di beni futuri.

Sentenza 8 luglio 2019, n. 29533

Data udienza 4 aprile 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente

Dott. DI NICOLA Vito – Consigliere

Dott. CERRONI Claudio – Consigliere

Dott. GAI Emanuela – Consigliere

Dott. SCARCELLA Alessio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 12/09/2018 del TRIBUNALE di ROVERETO;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. SCARCELLA ALESSIO;
lette le conclusioni del PG, Dott. GAETA P., che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza, limitatamente al capo con cui e’ stata disposta la confisca.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza 12.09.2018, il tribunale di Rovereto applicava ex articolo 444 c.p.p. al (OMISSIS), in continuazione con la sentenza di condanna 10.11.2016 per frode fiscale, la pena di gg. 15 di reclusione, sostituita dalla multa di Euro 3.750,00 per il reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10-quater, in relazione all’indebita compensazione di un credito non spettante pari ad oltre 461mila Euro, quanto al periodo di imposta 2013, con riferimento all’IVA dovuta di oltre 260 mila Euro, disponendo la confisca per equivalente dei beni dell’imputato fino all’ammontare dell’imposta evasa.
2. Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, iscritto all’Albo speciale previsto dall’articolo 613 c.p.p., articolando un unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. c.p.p..
2.1. Deduce, con tale unico motivo, violazione di legge in relazione al combinato disposto degli articoli 240, 322-ter c.p., L. n. 244 del 2007, articolo 1, comma 143, e Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 12-bis.
In sintesi, si censura la sentenza impugnata per aver il giudice disposto la confisca per equivalente del profitto del reato tributario in assenza di un precedente sequestro e per il mancato accertamento di disponibilita’ di beni in capo all’imputato, dunque senza individuare alcun bene sottoposto a confisca. Il giudice non potrebbe prescindere dall’effettiva e concreta disponibilita’ in capo al reo di beni che si intendono confiscare, e dalla conseguente precisa individuazione dei medesimi. Attesa la natura sanzionatoria, il presupposto dunque e’ che il bene costituente il profitto o il prezzo del reato sia confiscabile, ossia che la confisca di valore potrebbe riguardare solo beni che gia’ si trovino nella disponibilita’ dell’imputato e non beni futuri non ancora individuabili, in tal senso richiamando giurisprudenza di questa Corte. Lo stesso Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 12-bis, ha chiarito che la confisca per equivalente ha ad oggetto beni di cui il reo abbia la disponibilita’, che dunque non puo’ riferirsi che al momento dell’adozione del provvedimento ablativo. Diversamente, il giudice ha ritenuto di poter disporre la confisca in assenza di qualsiasi disponibilita’ di beni in capo all’imputato, donde l’illegittimita’ della sentenza nel capo che ha disposto la confisca.
3. Con requisitoria scritta depositata in data 12.03.2019, il Procuratore Generale presso questa Corte, in persona del Dott. P. Gaeta, ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza, limitatamente al capo con cui e’ stata disposta la confisca. In sintesi, nel richiamare una recente decisione di questa Corte, la n. 4097 del 2016, il PG ha rilevato che la misura in esame puo’ essere imposta, per un valore corrispondente al prezzo o al profitto del reato, solo sui beni di cui l’indagato abbia effettiva disponibilita’, dunque non solo sul denaro o sui cespiti di cui il soggetto sia formalmente titolare, ma anche su quelli rispetto ai quali egli possa vantare un potere informale, ma diretto ed oggettivo. Nel caso di specie, come evidenziato in ricorso, il giudice non ha tuttavia fornito alcuna indicazione in tal senso, omettendo dunque di motivare su quali beni, attualmente nella disponibilita’ di (OMISSIS), possa ritenersi applicata la misura ablativa. Omissione, questa, che induce a ritenere che la confisca sia stata in realta’ disposta non su beni gia’ esistenti nella sfera di disponibilita’ del predetto, quanto, virtualmente, su beni futuri, non allo stato individuati ne’ individuabili in forza di specifico criterio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso e’ infondato.
5. Al fine di meglio lumeggiare l’approdo cui e’ pervenuto questo Collegio, e’ utile richiamare quanto argomentato dal giudice nella sentenza che qui si impugna.
In particolare, procedendosi per il reato tributario di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10-quater, il giudice, nell’applicare la pena concordata, ha disposto la confisca per equivalente dei beni dell’imputato fino all’ammontare di Euro 260.428,00, pari al profitto del reato tributario (che si identifica nell’intero ammontare del tributo non versato: Sez. 6, n. 6705 del 16/12/2014 – dep. 16/02/2015, Libertone, Rv. 262394). Il giudice ha motivato richiamando il disposto del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 12 bis, ricordando la pacifica giurisprudenza di questa Corte secondo cui la confisca per equivalente del profitto del reato va obbligatoriamente disposta, anche con la sentenza di applicazione di pena ex articolo 444 c.p.p., pur laddove essa non abbia formato oggetto dell’accordo tra le parti, attesa la sua natura di vera e propria sanzione, non commisurata alla gravita’ della condotta ne’ alla colpevolezza dell’autore, ma diretta a privare quest’ultimo del beneficio economico tratto dall’illecito, anche di fronte all’impossibilita’ di aggredire l’oggetto principale dell’attivita’ criminosa (V., in tema di reati tributari: Sez. 3, n. 44445 del 09/10/2013 – dep. 04/11/2013, P.G. in proc. Cruciani, Rv. 257616; Sez. 3, n. 6047 del 27/09/2016 – dep. 09/02/2017, Zaini, Rv. 268829). Il ricorrente si duole per aver il giudice disposto detta confisca di valore sui beni del medesimo, sostenendo che il giudice non potrebbe prescindere dall’effettiva e concreta disponibilita’ in capo al reo di beni che si intendono confiscare, e dalla conseguente precisa individuazione dei medesimi. Sul punto, il Procuratore Generale, condividendo una decisione di questa Corte, nel ritenerla applicabile alla fattispecie in esame, ha ricordato che il sequestro funzionale alla confisca “per equivalente” ha natura san-zionatoria, sicche’ non sono sottoponibili a tale vincolo i beni futuri, non individuati ne’ individuabili, ma solo quelli che gia’ esistono nella sfera di disponibilita’ dell’imputato (Sez. 3, n. 4097 del 19/01/2016 – dep. 01/02/2016, Tomasi Canovo, Rv. 265844). Da cio’ consegue, per il PG, che la misura in esame puo’ essere imposta, per un valore corrispondente al prezzo o al profitto del reato, solo sui beni di cui l’indagato abbia effettiva disponibilita’, dunque non solo sul denaro o sui cespiti di cui il soggetto sia formalmente titolare, ma anche su quelli rispetto ai quali egli possa vantare un potere informale, ma diretto ed oggettivo. Nondimeno, prosegue il PG, di effettiva disponibilita’ si deve trattare, donde appare necessario che, nel disporre la confisca per equivalente, il giudice ponga il vincolo ablativo su beni individuati come disponibili in capo all’imputato, proprio in quanto, a differenza di quanto puo’ dirsi per il sequestro preventivo ex articolo 321 c.p.p., il sequestro “per equivalente” ha natura prettamente sanzionatoria.
6. Ritiene il Collegio di poter condividere in astratto le considerazioni svolte dal PG e sostenute dal ricorrente, che tuttavia non sono suscettibili di essere applicate alla fattispecie sub iudice.
Ed invero – premesso che la confisca per equivalente del profitto non deve necessariamente essere preceduta dal sequestro preventivo ad essa funzionale (Sez. 3, n. 17066 del 04/02/2013 – dep. 15/04/2013, Volpe e altri, Rv. 255113), donde non ha pregio la doglianza in tal senso svolta dalla difesa del ricorrente – non puo’ sindacarsi il provvedimento per non aver fornito alcuna indicazione circa i beni, attualmente nella disponibilita’ del ricorrente, su cui fosse possibile applicare la misura ablativa. Questa Corte, infatti, nella richiamata sentenza Tomasi Canovo, in una vicenda sostanzialmente analoga a quella oggetto del presente giudizio, ha ritenuto di dover accogliere la doglianza del ricorrente tenendo conto del provvedimento del GIP che aveva motivato la disposta confisca per equivalente ritenendo la confiscabilita’ di beni non individuati, non ricadenti pertanto nella disponibilita’ nota dell’imputato, ma che avrebbero potuto un giorno ricadervi ancorche’ acquisiti non con il profitto del reato del cui vantaggio si discute, ma del tutto lecitamente. Da qui, dunque, si legge nella predetta sentenza (pag. 11, § 9)) la necessita’ di rivedere la statuizione disposta ex articolo 322 ter c.p. nel senso che la stessa puo’ riguardare esclusivamente beni che gia’ esistono nella sua sfera di disponibilita’ e non beni futuri.
Nel caso oggi sottoposto all’esame di questa Corte, diversamente, il GIP ha disposto la confisca per equivalente, misura come ricordato obbligatoria, limitandosi ad indicare che la stessa doveva essere disposta sui beni dell’imputato, fino a concorrenza del profitto come determinato. Nessuna specificazione e’ invero contenuta nel provvedimento impugnato circa la sequestrabilita’ di beni futuri, donde deve intendersi che il provvedimento del GIP abbia riguardato esclusivamente beni che gia’ esistono nella sfera di disponibilita’ dell’imputato, demandandosi alla fase di esecuzione, curata dal PM, l’individuazione dei beni sequestrabili e facenti parte del patrimonio dell’imputato. Cio’ risponde, del resto, all’orientamento di questa Corte, che, sul punto, ha infatti affermato che in tema di reati tributari commessi dal legale rappresentante di una persona giuridica, e’ legittimo disporre la confisca per equivalente, ancorche’ non preceduta dal sequestro preventivo, del profitto del reato – corrispondente all’ammontare delle imposte o delle ritenute non versate al fisco – sul patrimonio dell’amministratore, nei casi in cui nulla risulti acquisito ovvero emergano indicazioni contrarie circa la disponibilita’ di beni in capo alla persona giuridica (Sez. 5, n. 31450 del 20/01/2017 – dep. 23/06/2017, Lanza, Rv. 272111).
La difesa del ricorrente, a tal proposito, non svolge alcuna censura su tale punto, non emergendo peraltro, dagli atti valutabili da questa Corte, che nel giudizio di merito fossero stati acquisiti elementi ovvero emergessero indicazioni circa la disponibilita’ di beni in capo alla persona giuridica. Nessuna preclusione, pertanto, vi era alla statuizione della confisca come disposta senza alcuna individuazione dei beni da apprendere, essendo infatti espressione di un orientamento consolidato il principio per cui in tema di confisca per equivalente, il giudice della cognizione, nei limiti del valore corrispondente al profitto del reato, puo’ disporre il provvedimento ablatorio anche in mancanza di un precedente provvedimento cautelare di sequestro e senza necessita’ di individuare i beni da apprendere, potendo il destinatario ricorrere al giudice dell’esecuzione qualora si ritenga pregiudicato dai criteri adottati dal P.M. nella selezione dei cespiti da confiscare (Fattispecie in tema di confisca disposta con sentenza di applicazione della pena ex articolo 444 c.p.p.: Sez. 5, n. 9738 del 02/12/2014 – dep. 05/03/2015, Giallombardo, Rv. 262893; conforme: Sez. 2, n. 24785 del 12/05/2015 – dep. 11/06/2015, Monti e altri, Rv. 264282).
In definitiva, dunque, il giudice che emette il provvedimento di confisca per equivalente non e’ tenuto ad individuare concretamente i beni da sottoporre alla misura ablatoria, ma puo’ limitarsi a determinare la somma di denaro che costituisce il profitto o il prezzo del reato o il valore ad essi corrispondente, mentre l’individuazione specifica dei beni da apprendere e la verifica della corrispondenza del loro valore al “quantum” indicato nel sequestro e’ riservata alla fase esecutiva demandata al pubblico ministero (in senso conforme: Sez. 6, n. 53832 del 25/10/2017 – dep. 29/11/2017, Cavicchi e altro, Rv. 271736).
7. Ne discende, conclusivamente, che non contenendo il provvedimento del GIP alcuna indicazione in ordine alla sequestrabilita’ di beni “futuri” (dunque non rientranti nell’effettiva disponibilita’ dell’imputato), il ricorso non coglie nel segno, atteso che solo successivamente alla materiale apprensione da parte del PM dei beni dell’imputato, quest’ultimo potra’ eventualmente far valere le proprie ragioni, ove non venissero attinti beni nella sua effettiva disponibilita’ o la confisca riguardasse beni il cui valore ecceda il profitto confiscabile, apparendo invero le doglianze svolte in questa sede premature in quanto antecedenti alla fase dell’esecuzione della disposta confisca.
8. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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