Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 10 settembre 2018, n. 40323.
La massima estrapolata:
La confisca obbligatoria può essere disposta anche nei confronti dell’emittente le fatture false se viene individuata la percezione di un compenso per l’esecuzione della condotta delittuosa che costituisce il prezzo del reato.
Sentenza 10 settembre 2018, n. 40323
Data udienza 15 dicembre 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAVALLO Aldo – Presidente
Dott. GALTERIO Donatella – rel. Consigliere
Dott. CERRONI Claudio – Consigliere
Dott. CIRIELLO Antonella – Consigliere
Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI ANCONA;
nei confronti di:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza in data 29.3.2017 del Tribunale di Macerata;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Donatella Galterio;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SALZANO Francesco, che ha concluso per l’annullamento con rinvio limitatamente all’omessa confisca dei beni costituenti profitto del reato.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza ex articolo 444 c.p.p. pronunciata in data 29.3.2017 il Tribunale di Macerata ha condannato, su concorde richiesta delle parti, (OMISSIS) imputato del reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8 per aver emesso e rilasciato, in qualita’ di l. r. della (OMISSIS) s.r.l., fatture per operazioni inesistenti al fine di consentire l’evasione delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto.
Avverso il suddetto provvedimento il Procuratore Generale Presso La Corte Di Appello di Ancona ha proposto ricorso per cassazione, articolando un unico motivo con il quale lamenta, in relazione al vizio di violazione di legge riferito alla L. n. 244 del 2007, articolo 1, comma 143 e articolo 322-ter c.p., la mancata disposizione della confisca per i beni costituenti il profitto del reato, prevista dal rinvio effettuato dalla L. n. 244 del 2007, articolo 1, comma 143 “nei casi di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articoli 2, 3, 4, 5, 8 e 10-bis, 10-ter, 10-quater ed 11” alle disposizioni di cui all’articolo 322-ter c.p., il quale prevede la confisca obbligatoria dei beni che hanno costituito il profitto o il prezzo del reato, pacificamente applicabile, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ai reati tributari in relazione ai beni che ne costituiscono il controvalore, inteso come utilita’ economica direttamente derivante dall’illecito. Richiede pertanto l’annullamento della sentenza impugnata, non avendo il giudice disposto la confisca, eventualmente nella forma per equivalente, dei beni costituenti il profitto del reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve ritenersi fondato.
Nella sentenza impugnata il giudice di merito ha applicato, su concorde richiesta delle parti, la pena finale di otto mesi di reclusione dichiarando l’imputato responsabile del reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8 per avere emesso una pluralita’ di fatture per operazioni inesistenti al fine di consentire l’evasione dell’imposta sui redditi o sul valore aggiunto, ma nulla ha disposto in ordine alla confisca dell’eventuale prezzo o profitto del reato, sebbene l’applicazione della suddetta misura di sicurezza sia prevista come obbligatoria. Invero, il Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 12-bis, che ha sostituito la analoga disposizione di cui alla L. 24 dicembre 2007, n. 244, articolo 1, comma 143, dispone che nel caso di condanna per uno dei reati previsti dallo stesso decreto e’ sempre ordinata la confisca dei beni, salvo che appartengano a persona estranea al delitto, che ne costituiscono il profitto od il prezzo (confisca diretta) ovvero, quando essa non e’ possibile, dei beni di cui il reo ha la disponibilita’ per un valore corrispondente (confisca per equivalente). Misura questa che deve essere pertanto obbligatoriamente disposta, rispondendo alla ratio di privare il reo di un qualunque beneficio economico derivante dall’attivita’ criminosa, anche di fronte all’impossibilita’ di aggredire l’oggetto principale, nella convinzione della capacita’ dissuasiva e disincentivante di tale strumento, che assume “i tratti distintivi di una vera e propria sanzione” (Sez. U, n. 26654 del 27/03/2008 – dep. 02/07/2008, Fisia Italimpianti Spa e altri, Rv. 239925), anche quando non sia stata preceduta in fase cautelare dal sequestro preventivo dei beni medesimi (Sez. 5, n. 9738 del 02/12/2014 – dep. 05/03/2015, Giallombardo, Rv. 26289301; Sez. 5, n. 31450 del 20/01/2017 – dep. 23/06/2017, Lanza, Rv. 272111).
Sebbene non possa essere disposto il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, sui beni dell’emittente fatture per operazioni inesistenti per il valore corrispondente al profitto conseguito dall’utilizzatore delle fatture medesime, in quanto il regime derogatorio previsto dal Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 9 – escludendo la configurabilita’ del concorso reciproco tra chi emette le fatture per operazioni inesistenti e chi se ne avvale – impedisce l’applicazione in questo caso del principio solidaristico, valido nei soli casi di illecito plurisoggettivo, cio’ non toglie che la suddetta misura debba essere applicata sul prezzo o profitto del delitto, da identificarsi nell’utilita’ economica derivante dalla commissione del reato (Sez. 3, n. 43952 del 05/05/2016 – dep. 18/10/2016, P.M. in proc. Sanna e altro, Rv. 267925 dove la S.C. ha chiarito che il vincolo nei confronti dell’emittente puo’ essere imposto in relazione al solo prezzo del delitto di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8).
E’ ben vero che solo l’utilizzatore delle fatture relative ad operazioni inesistenti ottiene automaticamente un profitto pari al risparmio di imposta che consegue con l’inserimento nella dichiarazione dei redditi o sul valore aggiunto delle fatture per operazioni inesistenti realizzando l’accrescimento, per l’appunto fittizio, dei costi, e che altrettanto non avviene per l’emittente che, realizzando invece una divergenza tra la realta’ commerciale e l’espressione documentale della stessa, non acquisisce con l’emissione della falsa fattura alcun vantaggio fiscale: ma non per questo puo’ omettersi di considerare che il reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8, proprio perche’ finalizzato a consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, implica, di norma, l’incameramento da parte del suo autore di un compenso, quand’anche inferiore al profitto, ovverosia al risparmio di imposta, conseguito dall’utilizzatore delle fatture ideologicamente false, corrispondente al prezzo del reato medesimo.
Poiche’ nella specie nulla e’ stato disposto ne’ argomentato dal giudice di merito in ordine alla confisca obbligatoriamente prevista, ne’ sono state evidenziate le ragioni che imponessero di escludere l’applicazione della misura ablatoria, deve disporsi l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente a tale punto, con conseguente rinvio al Tribunale di Macerata.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alle statuizioni sulla confisca e rinvia per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Macerata.
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