La condanna per lite temeraria ex art. 96, comma 3, c.p.c., non richiede il dolo o la colpa grave bensì una condotta valutabile come abuso del processo.

Corte di Cassazione, sezione sesta civile, Ordinanza 10 settembre 2018, n. 21943.

La massima estrapolata:

La condanna per lite temeraria ex art. 96, comma 3, c.p.c., non richiede il dolo o la colpa grave bensì una condotta valutabile come abuso del processo.
La condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c., applicabile d’ufficio in tutti i casi di soccombenza, configura una sanzione di carattere pubblicistico, autonoma ed indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilità aggravata ex art. 96, commi 1 e 2, c.p.c. e con queste cumulabile, volta al contenimento dell’abuso dello strumento processuale; la sua applicazione, pertanto, non richiede, quale elemento costitutivo della fattispecie, il riscontro dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensì di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di “abuso del processo”, quale l’aver agito o resistito pretestuosamente e cioè nell’evidenza di non poter vantare alcuna plausibile ragione.

Ordinanza 10 settembre 2018, n. 21943

Data udienza 29 maggio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere

Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27272-2017 R.G. proposto da:
(OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SRL in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– controricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimato –
per regolamento di competenza avverso il provvedimento del TRIBUNALE di PISA, depositato il 12/10/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 29/05/2018 dal Consigliere Dott. MARIO CIGNA;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che chiede che la Corte di Cassazione, in camera di consiglio, dichiari il ricorso inammissibile, con le conseguenze di legge.

FATTI DI CAUSA

La (OMISSIS) srl propone regolamento di competenza avverso l’ordinanza 12-10-2017 con cui il Tribunale di Pisa, dopo avere ritenuto la sollevata eccezione di incompetenza territoriale “decidibile con il merito”, ha dichiarato il decreto ingiuntivo opposto (emesso dallo stesso Tribunale nei confronti della detta societa’ su istanza di (OMISSIS) srl) provvisoriamente esecutivo, concedendo alle parti i termini ex articolo 183 c.p.c., comma 6 e rinviando per l’ammissione delle richieste istruttorie.
Resiste (OMISSIS) srl.
Il P.G. ha chiesto di dichiarare inammissibile l’istanza di regolamento di competenza.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il regolamento e’ inammissibile.
Come gia’ piu’ volte chiarito da questa S.C., invero, il regolamento di competenza (col solo limite del regolamento di competenza d’ufficio, nei casi in cui e’ consentito: articolo 44 c.p.c.) e’ un mezzo d’impugnazione ordinario che puo’ essere proposto contro i provvedimenti che pronunciano sulla competenza (articolo 42 c.p.c.), ossia contro provvedimenti che, se non impugnati, sono suscettibili di rendere incontestabile la competenza (o l’incompetenza) del giudice adito.
L’ordinanza impugnata, con la quale il Tribunale ha solo ritenuto “decidibile con il merito” la sollevata questione di incompetenza, anche ammesso che il Giudice abbia sommariamente (ed implicitamente) delibato la questione sulla competenza allo scopo di decidere sulla concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, non e’, invece, idonea a risolvere definitivamente la questione sulla competenza, in quanto e’ stata adottata in sede di decisione sull’istanza di provvisoria esecuzione del d.i. opposto; si tratta, quindi, di un provvedimento inidoneo ad interferire sulla definizione della causa, il quale opera con l’interinalita’ propria dei provvedimenti cautelari e produce effetti destinati ad esaurirsi con la sentenza che pronuncia sull’opposizione (conf. Cass. 13255/1999; 23191/04; 13596/2014).
A tale decisione segue la condanna della societa’ ricorrente al pagamento delle spese del presente regolamento, liquidate in conformita’ al Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55.
Ricorrono, inoltre, i presupposti di cui all’articolo 96 c.p.c., u.c..
Questa Corte ha recentemente riesaminato la questione relativa alla funzione sanzionatoria della condanna per lite temeraria prevista dalla norma teste’ richiamata, in relazione sia alla necessita’ di contenere il fenomeno dell’abuso del processo sia alla evoluzione della fattispecie dei “danni punitivi” che ha progressivamente fatto ingresso nel nostro ordinamento.
Al riguardo, e’ stato affermato che “la condanna ex articolo 96 c.p.c., comma 3, applicabile d’ufficio in tutti i casi di soccombenza, configura una sanzione di carattere pubblicistico, autonoma ed indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilita’ aggravata ex articolo 96 c.p.c., commi 1 e 2 e con queste cumulabile, volta al contenimento dell’abuso dello strumento processuale; la sua applicazione, pertanto, non richiede, quale elemento costitutivo della fattispecie, il riscontro dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensi’ di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di “abuso del processo”, quale l’aver agito o resistito pretestuosamente (Cass. 27623/2017) e cioe’ nell’evidenza di non poter vantare alcuna plausibile ragione (v. anche Cass. SSUU 16601/2017).
In tali ipotesi, invero, il ricorso per cassazione integra un ingiustificato sviamento del sistema giurisdizionale, essendo non gia’ finalizzato alla tutela dei diritti ed alla risposta alle istanze di giustizia, ma destinato soltanto ad aumentare il volume del contenzioso e, conseguentemente, ad ostacolare la ragionevole durata dei processi pendenti ed il corretto impiego delle risorse necessarie per il buon andamento della giurisdizione.
Nel caso di specie non vi e’ dubbio che il ricorso e’ stato proposto pretestuosamente, essendo assolutamente evidente la non impugnabilita’ per regolamento di competenza di una ordinanza, quale quella in questione, che, statuendo sulla concessione della provvisoria esecuzione di d.i., non solo non decide sulla competenza, ma, al contrarlo, espressamente rimanda al merito la detta decisione.
Deve pertanto concludersi per la condanna della ricorrente, d’ufficio, al pagamento in favore della controparte, in aggiunta alle spese di lite, di una somma equitativamente determinata in Euro 2.000,00, pari, all’incirca, in termini di proporzionalita’ (cfr. Cass. SU 16601/2017 sopra richiamata) alla meta’ del massimo dei compensi liquidabili in relazione al valore della causa.
Sussistono altresi’ le condizioni di cui del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte della societa’ ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il regolamento di competenza; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita’, che si liquidano in Euro 2.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; condanna, inoltre, la societa’ ricorrente al risarcimento del danno ex articolo 96 c.pc.., u.c., in favore della resistente, che liquida in Euro 2.000,00.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della societa’ ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

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