Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|24 marzo 2021| n. 8213.
In tema di spese processuali, la condanna ex articolo 96, comma 3, cod. proc. civ., applicabile d’ufficio in tutti i casi di soccombenza, configura una sanzione di carattere pubblicistico, autonoma ed indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilità aggravata ex articolo 96, commi 1 e 2, cod. proc. civ., e con queste cumulabile, volta alla repressione dell’abuso dello strumento processuale; la sua applicazione, pertanto, richiede, quale elemento costitutivo della fattispecie, il riscontro non dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensì di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di “abuso del processo”, quale l’avere agito o resistito pretestuosamente, senza nulla aggiungere rispetto ad argomentazioni già esaminate dal giudice di legittimità ed in evidente contrasto con consolidati precedenti inerenti alla medesima fattispecie, il che pone in evidenza il mancato impiego della doverosa diligenza ed accuratezza nel reiterare utilmente l’impugnazione. In tali ipotesi, infatti, si determina uno sviamento del sistema giurisdizionale dai suoi fini istituzionali ed un ingiustificato aumento del contenzioso che ostacolano la ragionevole durata dei processi pendenti ed il corretto impiego delle risorse necessarie per il buon andamento della giurisdizione.
Ordinanza|24 marzo 2021| n. 8213
Data udienza 18 febbraio 2021
Integrale
Tag/parola chiave: Spese processuali – Condanna ex articolo 96, comma 3, c.p.c. – Applicazione di ufficio in tutti i casi di soccombenza – Sanzione di carattere pubblicistico – Condotta oggettivamente valutabile alla stregua di “abuso del processo” – Presupposto
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente
Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4631-2020 proposto da:
(OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
– ricorrenti –
contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4152/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 19/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 18/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCA FIECCONI.
RILEVATO
che:
1. (OMISSIS) e altri medici propongono ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza n. 4152/2019 della Corte d’Appello di Roma. Con controricorso, resistono la Presidenza del Consiglio dei Ministri e i Ministeri della salute, dell’istruzione e dell’economia.
2. Gli odierni ricorrenti, quali laureati in medicina, assumendo di aver frequentato vari corsi di specializzazione in diversi periodi a partire dall’anno accademico 1991-1992 fino all’anno accademico 2005-2006, convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, le Amministrazioni in epigrafe, chiedendo il risarcimento del danno subito per l’omesso e/o tardivo recepimento, nei loro confronti, dell’acquis communautaire e, in particolare, delle Dir. n. 75/362/CEE, Dir. n. 75/363/CEE, Dir. n. 82/76/CEE, Dir. n. 93/16/CEE; nonche’, per la mancata corresponsione di adeguata remunerazione, anche in misura corrispondente a figure professionali analoghe, ovvero a quella percepita dai medici specializzandi a partire dall’anno accademico 2006-2007; per la mancata applicazione dei benefici previsti a titolo di carriera e di quelli contributivi; e, infine, per la mancata indicizzazione e rideterminazione triennale delle somme ricevute. Il Tribunale rigettava le domande attoree.
3. La pronuncia di prime cure e’ stata confermata in sede di gravame, con la sentenza qui impugnata, resa in seguito all’appello interposto dai medici. La Corte d’Appello di Roma, operando una valutazione del trattamento economico effettivamente percepito dai medici appellanti, confrontandolo con quello praticato agli iscritti alle scuole di specializzazione negli anni accademici successivi e precedenti, lo ha ritenuto adeguato. Cio’, in specie, sull’assunto preliminare per cui la disciplina comunitaria non contiene una definizione di “retribuzione adeguata”, ne’ dispone i criteri per la sua determinazione. Talche’, il legislatore, nel corso del tempo, puo’ attribuire a determinate categorie un trattamento retributivo diverso e anche di gran lunga migliorativo rispetto al passato, spettando ad esso il necessario confronto con le esigenze dettate dalla differente organizzazione del servizio, dal diverso impegno richiesto agli specializzandi e dalle esigenze complessive del Bilancio dello Stato. Sul solco di tali considerazioni, ha ritenuto non irragionevole anche il blocco dell’indicizzazione annuale del compenso e il mancato adeguamento triennale della borsa di studio.
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo si denuncia la “Violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di risarcimento del danno derivante da omesso e/o tardivo recepimento di direttive comunitarie nonche’ del Trattato CEE, articoli 5 e 189, delle Dir. n. 75/362/CEE, Dir. n. 75/363/CEE, Dir. n. 82/76/CEE, Dir. n. 93/16/CEE e Dir. n. 05/36/CE, dell’articolo 10 Cost., degli articoli 1, 10, 11 e 12 preleggi, del Decreto Legislativo 8 agosto 1991, n. 257, articolo 6 (in Gazz. Uff., 16 agosto, n. 191), della L. n. 370 del 1999, articolo 11, del Decreto Legislativo 17 agosto 1999, n. 368, articoli 37, 38, 39, 40, 41, 45 e 46, del Decreto Legislativo 21 dicembre 1999, n. 517, articolo 8 e della L. 23 dicembre 2005, n. 266, articolo 1, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3”. La Corte d’Appello avrebbe errato nel ritenere non sussistente alcuna responsabilita’ dello Stato per la mancata attuazione delle Direttive comunitarie, argomentando che la disciplina introdotta dal Decreto Legislativo n. 368 del 1999, e’ il risultato di una scelta discrezionale, esclusivamente riservata al legislatore nazionale; diversamente, il giudice di merito avrebbe dovuto ispirarsi alla lettera e allo scopo delle direttive, al fine di non svuotare di contenuto il principio di “adeguata retribuzione” di matrice sovranazionale. Si assume, peraltro, che lo stesso legislatore avrebbe preso atto dell’inadeguatezza della borsa di studio Decreto Legislativo n. 257 del 1991, ex articolo 6, percepita dagli attuali ricorrenti, quando con il Decreto Legislativo n. 368 del 1999, dando finalmente attuazione alle direttive comunitarie, ha introdotto il contratto di formazione per gli specializzandi, prevedendo una remunerazione superiore, tuttavia, differendone la concreta operativita’, quanto agli effetti economici, ai soli iscritti a partire dall’anno accademico 2006-2007; tale presa di coscienza del legislatore, inoltre, sarebbe evidente anche in quanto lo stesso Decreto Legislativo n. 257 del 1991, articolo 6, comma 1, prevedeva dei meccanismi di difesa del potere di acquisto delle borse di studio, tuttavia, sospesi gia’ a partire dal 1992; anche il blocco delle indicizzazioni, dunque, rappresenterebbe un inadempimento successivo alle direttive e, in quanto tale, risarcibile in favore degli odierni ricorrenti.
2. Con il secondo motivo si denuncia la “Violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di risarcimento del danno derivante da omesso e/o tardivo recepimento di direttive comunitarie nonche’ del Trattato CEE, articoli 5 e 189, delle Dir. n. 75/362/CEE, Dir. n. 75/363/CEE, Dir. n. 82/76/CEE, Dir. n. 93/16/CEE e Dir. n. 05/36/CE, dell’articolo 10 Cost., degli articoli 1, 10, 11 e 12 preleggi, del Decreto Legislativo 8 agosto 1991, n. 257, articolo 6 (in Gazz. Uff., 16 agosto, n. 191), della L. n. 370 del 1999, articolo 11, del Decreto Legislativo 17 agosto 1999, n. 368, articoli 37, 38, 39, 40, 41, 45 e 46, del Decreto Legislativo 21 dicembre 1999, n. 517, articolo 8, e della L. 23 dicembre 2005, n. 266, articolo 1, dell’articolo 7, comma 5, prorogato fino al 31 dicembre 2005 per effetto della L. n. 537 del 1993, articolo 3, comma 36, della L. n. 549 del 1995, articolo 1, comma 33, della L. n. 488 del 1999, articolo 22 e della L. n. 289 del 2002, articolo 36, della L. n. 549 del 1995, articolo 1, comma 33, e dell’articolo 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4”. Si lamenta il rigetto della domanda risarcitoria, disposto con la sentenza impugnata, avente ad oggetto la condanna dello Stato alla differenza tra quanto effettivamente percepito dai medici appellanti e quanto avrebbero percepito ove gli importi fossero stati incrementati secondo il tasso annuale di inflazione, nonche’ ove fosse stata applicata la rideterminazione triennale prevista in funzione del miglioramento tabellare minimo di cui alla contrattazione collettiva del personale medico dipendente del SSN.
3. Il ricorso, i cui motivi sono da esaminare congiuntamente per connessione, e’ palesemente infondato ai sensi dell’articolo 360-bis c.p.c., n. 1, in quanto la Corte d’Appello ha pronunciato secondo i principi piu’ volte ribaditi da questa Corte.
3.1. Occorre premettere che gli attuali ricorrenti hanno frequentato vari corsi di specializzazione in diversi periodi a partire dall’anno accademico 1991-1992 fino all’anno accademico 2005-2006 (ricorso: p. 2), ricevendo la borsa di studio Decreto Legislativo n. 257 del 1991, ex articolo 6.
3.2. Nei loro confronti, dunque, non sussiste alcun omesso o tardivo recepimento delle Direttive comunitarie che hanno previsto una “adeguata remunerazione” per la frequenza delle scuole di specializzazione (direttive n. 75/362, n. 75/363 e n. 82/76, non applicabili direttamente nell’ordinamento interno, in considerazione del loro carattere non dettagliato) poiche’, invero, tale recepimento e’ avvenuto con la L. n. 428 del 1990 e, per l’appunto, con il Decreto Legislativo n. 257 del 1991 (che ha riconosciuto agli specializzandi, tra cui gli attuali ricorrenti, una borsa di studio pari a Euro 11.603,52 annui).
3.3. Pertanto, i ricorrenti non colgono nel segno ove lamentano che il recepimento delle direttive comunitarie de quibus sia avvenuto solo con il nuovo ordinamento delle scuole di specializzazione di cui al Decreto Legislativo n. 368 del 1999. Quest’ultimo decreto, nel recepire la Dir. n. 93/16/CEE (che ha codificato, raccogliendole in un unico testo, le precedenti Dir. nn. 75/362 e 75/363, con le relative successive modificazioni), ha riorganizzato l’ordinamento delle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia, istituendo e disciplinando un vero e proprio contratto di formazione da stipulare, e rinnovare annualmente, tra Universita’ (e Regioni) e medici specializzandi, con un meccanismo di retribuzione articolato in una quota fissa e in una variabile, in concreto periodicamente determinate da successivi decreti ministeriali.
3.4. Tale contratto, secondo l’indirizzo ormai consolidato di questa Corte, non da’ luogo ad un rapporto inquadrabile nell’ambito del lavoro subordinato, ne’ e’ riconducibile alle ipotesi di parasubordinazione, non essendo ravvisabile una relazione sinallagmatica di scambio tra l’attivita’ degli specializzandi e gli emolumenti previsti dalla legge, restando conseguentemente inapplicabili l’articolo 36 Cost. e il principio di adeguatezza della retribuzione ivi contenuto (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. L -, Ordinanza n. 18670 del 27/7/2017; Sez. L, Sentenza n. 20403 del 22/9/2009; Sez. L, Sentenza n. 27481 del 19/11/2008; in motivazione, Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 26932 del 27/11/2020, p. 5; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 6355 del 14/3/2018, § 2., p. 5).
3.5. Ai sensi della L. n. 266 del 2005, articolo 1, comma 300, peraltro, gli effetti delle nuove disposizioni, contenute nel Decreto Legislativo n. 368 del 1999, articoli da 37 a 42 (le quali prevedono sia la stipula del nuovo contratto di formazione, con gli specifici obblighi che ne derivano, sia il corrispondente trattamento economico), sono applicabili solo a decorrere dall’anno accademico 2006-2007. E, il trattamento economico effettivamente spettante ai medici specializzandi in base al contratto di formazione specialistica e’ stato in concreto fissato con i D.P.C.M. 7 marzo, D.P.C.M. 6 luglio e D.P.C.M. 2 novembre 2007.
3.6. Per gli iscritti alle scuole di specializzazione negli anni accademici precedenti al 2006-2007, come i ricorrenti, e’ stato espressamente disposto che continuasse ad operare la precedente disciplina di cui al Decreto Legislativo n. 257 del 1991, sia sotto il profilo ordinamentale che sotto il profilo economico.
3.7. In subiecta materia, dunque, e’ oramai consolidato l’orientamento di questa Corte per cui “La disciplina del trattamento economico dei medici specializzandi, prevista dal Decreto Legislativo n. 368 del 1999, articolo 39, si applica, per effetto di ripetuti differimenti, in favore dei medici iscritti alle relative scuole di specializzazione solo a decorrere dall’anno accademico 2006-2007 e non a quelli iscritti negli anni antecedenti, che restano soggetti alla disciplina di cui al Decreto Legislativo n. 257 del 1991, sia sotto il profilo ordinamentale che economico, giacche’ la Dir. n. 93/16/CEE, non introduce alcun nuovo ed ulteriore obbligo con riguardo alla misura della borsa di studio di cui al Decreto Legislativo cit.” (ex plurimis, Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 14168 del 24/5/2019; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 13445 del 29/5/2018; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 6355 del 14/3/2018).
3.8. Difatti, la Dir. CEE n. 93/16 che costituisce, dichiaratamente, un testo meramente compilativo, di coordinamento e aggiornamento delle precedenti disposizioni comunitarie gia’ vigenti, non ha carattere innovativo con riguardo alla misura dei compensi da riconoscersi agli iscritti alle scuole di specializzazione. La previsione di una adeguata remunerazione per i medici specializzandi e’, infatti, contenuta nelle precedenti Dir. n. 75/362, Dir. n. 75/363 e Dir. n. 82/76 (le cui disposizioni la Dir. n. 93/16 si limita a recepire e riprodurre senza alcuna modifica) e, come dianzi rilevato, i relativi obblighi risultano gia’ attuati dallo Stato italiano con l’introduzione della borsa di studio di cui al Decreto Legislativo n. 257 del 1991.
3.9. L’importo della predetta borsa di studio e’ da ritenersi di per se’ sufficiente e idoneo ad adempiere gli obblighi comunitari, rimasti immutati dopo la Dir. n. 93/16/CEE, quanto meno sotto il profilo economico, come confermano le pronunce di questa Corte che ne hanno riconosciuto l’adeguatezza, nella sua iniziale misura, anche a prescindere dagli ulteriori incrementi connessi alla svalutazione monetaria, originariamente previsti dallo stesso Decreto Legislativo n. 257 del 1991 e, poi, sospesi dalla successiva legislazione; cio’, sul presupposto per cui “nella disciplina comunitaria non e’ rinvenibile una definizione di retribuzione adeguata, ne’ sono posti i criteri per la determinazione della stessa” (cfr. Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 26932 del 27/11/2020; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 6355 del 14/3/2018; Sez. L, Sentenza n. 18710 del 23/9/2016).
L’indirizzo de quo, peraltro, trova indiretta conferma nella stessa sentenza n. 432 del 23 dicembre 1997 della Corte Costituzionale, che ha escluso l’illegittimita’ costituzionale delle disposizioni legislative che avevano disposto la sospensione degli adeguamenti della borsa alla svalutazione monetaria, ritenendo che tale blocco, lungi dal perseguire intenti discriminatori nei confronti degli specializzandi, fosse dettato dall’esigenza di bilanciare i loro interessi con le fondamentali scelte di politica economica dello Stato; nonche’, nelle stesse sentenze della Corte di Giustizia UE che, anche recentemente, con la sentenza 24 gennaio 2018, cause riunite C-616/16 e C-617/16, Pantuso, ha ribadito, richiamando i propri precedenti, che “la Dir. n. 75/363 come modificata non reca alcuna definizione ne’ per quanto riguarda la remunerazione da considerarsi adeguata ne’ in merito ai metodi di fissazione di tale remunerazione. Simili definizioni rientrano, in linea di principio, nella competenza degli Stati membri, i quali devono, in questo settore, adottare misure di attuazione particolari (v., in tal senso, sentenze del 25 febbraio 1999, Carbonari e a., C-131/97, EU:C:1999:98, punto 45, nonche’ del 3 ottobre 2000, Gozza e a., C-371/97, EU:C:2000:526, punto 36)”.
3.10. Tanto premesso, il nuovo ordinamento delle scuole universitarie
di specializzazione in medicina e chirurgia introdotto con il Decreto Legislativo n. 368 del 1999 (a decorrere dall’anno accademico 2006-2007, in base alla L. n. 266 del 2005), e il relativo meccanismo di retribuzione, non possono ritenersi il primo atto di effettivo recepimento e adeguamento dell’ordinamento italiano agli obblighi derivanti dalle direttive comunitarie.
L’inadempimento dell’Italia agli obblighi comunitari, dunque, sotto il profilo in esame, e’ cessato con l’emanazione del Decreto Legislativo n. 257 del 1991, sulla base della cui disciplina gli odierni ricorrenti hanno ricevuto la relativa borsa di studio, senza – peraltro – che rilevino le scelte ordinamentali afferenti alla mancata rideterminazione triennale delle stesse e al blocco delle indicizzazioni. In particolare, il blocco della indicizzazione e’ stato, quindi, legittimamente prorogato anche per il triennio 2005-2008 dalla L. n. 266 del 2006, articolo 1, comma 212 (cfr., anche di recente, Cass., 23/02/2018, n. 4449, specie punto 45 nonche’ 53 e seguenti, Cass., 19/02/2019, n. 4809, Cass., 20/05/2019, n. 13572, e succ. conf.); inoltre, ai sensi della L. 27 dicembre 1997, n. 449, articolo 32, comma 12 e della L. 27 dicembre 2002, n. 289, articolo 36, comma 1, l’importo delle borse di studio dei medici specializzandi iscritti negli anni accademici dal 1998 al 2005 non e’ soggetto all’adeguamento triennale previsto dal Decreto Legislativo n. 257 del 1991, articolo 6, comma 1 (cfr. la stessa giurisprudenza appena richiamata).
3.11. La misura della remunerazione, anche avendo riguardo alla sospensione dei meccanismi di rivalutazione monetaria, e’ il frutto di una scelta legislativa legittima in quanto non vincolata o condizionata a livello sovranazionale, nei termini dianzi indicati.
3.12. Stante quanto sopra, non e’ ravvisabile alcuna violazione della normativa sovranazionale, e alcuna irragionevolezza o disparita’ di trattamento, posto che l’incremento previsto nell’esercizio della discrezionalita’ legislativa per i corsi di specializzazione collocati in tempi successivi, non escludendo l’adeguatezza della remunerazione precedente, e’ stato espressione dell’opzione legislativa di regolare diversamente situazioni successive nel tempo (cfr., anche, di recente, Cass., 19/02/2019, n. 4809, cit.).
4. Conclusivamente, il ricorso e’ inammissibile; le spese vanno poste a carico dei ricorrenti e vengono liquidate come in dispositivo sulla base delle tariffe vigenti. Sussistono i presupposti per condannare ex articolo 96 c.p.c., stante il definitivo consolidamento della giurisprudenza in materia rispetto al tempo di proposizione del ricorso, avvenuta nel 2020, circostanza che dimostra la pretestuosita’ dell’impugnazione.
4.1. La condanna ex articolo 96 c.p.c., comma 3, applicabile d’ufficio in tutti i casi di soccombenza, configura una sanzione di carattere pubblicistico, autonoma ed indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilita’ aggravata ex articolo 96 c.p.c., commi 1 e 2 e con queste cumulabile, volta alla repressione dell’abuso dello strumento processuale; la sua applicazione, pertanto, richiede, quale elemento costitutivo della fattispecie, il riscontro non dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensi’ di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di “abuso del processo”, quale l’avere agito o resistito pretestuosamente, senza nulla aggiungere rispetto ad argomentazioni gia’ esaminate dal giudice di legittimita’ e in evidente contrasto con consolidati precedenti inerenti alla medesima fattispecie, il che pone in evidenza il mancato impiego della doverosa diligenza ed accuratezza nel reiterare utilmente l’impugnazione. In tali ipotesi, infatti, si determina uno sviamento del sistema giurisdizionale dai suoi fini istituzionali ed un ingiustificato aumento del contenzioso che ostacolano la ragionevole durata dei processi pendenti e il corretto impiego delle risorse necessarie per il buon andamento della giurisdizione. (Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 20018 del 24/09/2020 (Rv. 659226 – 01); Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 18512 del 04/09/2020 (Rv. 658997 – 01); Cass. Sez. 6 3, Ordinanza n. 29812 del 18/11/2019 (Rv. 656160 – 01); Sez. 3 -, Ordinanza n. 5725 del 27/02/2019 (Rv. 652838 – 02)). A tal fine la condanna viene quantificata in proporzione alla condanna alle spese e in proporzione al valore della causa, potendo essere calibrata su una frazione o un multiplo delle spese di lite con l’unico limite della ragionevolezza (Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 17902 del 04/07/2019 (Rv. 654437 – 01)). In ogni caso, stante l’unicita’ delle difese, la condanna va posta a carico solidale delle parti ricorrenti e a favore dei controricorrenti.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti, in via tra loro solidale, alle spese in favore della controricorrente, liquidate in Euro 6000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, 15% di spese forfetarie e oneri di legge, in favore dei controricorrenti costituitisi con unico difensore; condanna altresi’ i ricorrenti, in via tra loro solidale, al pagamento dell’importo di Euro 4000,00 in favore di controricorrenti, ex articolo 96 c.p.c., comma 3.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1- bis, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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