Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|10 maggio 2021| n. 12337.
La condanna ex articolo 96, comma 3, del codice di procedura civile, applicabile d’ufficio in tutti i casi di soccombenza, configura una sanzione di carattere pubblicistico, autonoma ed indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilità aggravata ex articolo 96, commi 1 e 2, del codice di procedura civile, e con queste cumulabile, volta alla repressione dell’abuso dello strumento processuale; la sua applicazione, pertanto, richiede, quale elemento costitutivo della fattispecie, il riscontro non dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensì di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di “abuso del processo”, quale l’avere agito o resistito pretestuosamente e cioè nell’evidenza di non poter vantare alcuna plausibile ragione (Nel caso di specie, relativo ad un’impugnazione per revocazione dichiarata inammissibile, la Suprema Corte ha disatteso l’istanza del controricorrente volta ad ottenere la condanna della società ricorrente, ai sensi dell’articolo 96, comma 3, del codice di procedura civile, al risarcimento dei danni da liquidarsi in via equitativa, in quanto le argomentazioni complessivamente svolte da quest’ultima, benché inidonee all’accoglimento del ricorso, non lasciavano trasparire alcun intento abusivo nella sua proposizione).
Ordinanza|10 maggio 2021| n. 12337
Data udienza 23 febbraio 2021
Integrale
Tag/parola chiave: Fallimento – Insinuazione al passivo – Articolo 2467 cc – Ipotesi di finanziamento – Postergazione – Articoli 391 bis e 395 cpc – Criteri – Sentenza della corte di cassazione a sezioni unite 31032 del 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria – Presidente
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere
Dott. CAMPESE Eduardo – Rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22632-2019 proposto da:
(OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SRL, e per essa quale mandataria (OMISSIS) SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso da se stesso;
– controricorrente –
e contro
FALLIMENTO (OMISSIS) SRL;
– intimato –
avverso l’ordinanza n. 3017/2019 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 31/01/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di Consiglio non partecipata del 23/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CAMPESE EDUARDO.
FATTI DI CAUSA
1. Con decreto del 28 giugno 2013, il Tribunale di Tortona accolse il ricorso L. fall. ex articolo 98, comma 3, di (OMISSIS) s.p.a. (e, per essa, la s.p.a. (OMISSIS)), creditrice chirografaria ammessa al passivo del Fallimento (OMISSIS) s.r.l., contro l’avvenuta insinuazione ivi della (OMISSIS) s.r.l. (d’ora in avanti, piu’ semplicemente, (OMISSIS) s.r.l.), socia della fallita: in particolare, ritenne che il credito di quest’ultima rappresentasse un’ipotesi di finanziamento di cui all’articolo 2467 c.c., comma 2, e ne dispose la postergazione rispetto al soddisfacimento degli altri creditori.
2. Il successivo ricorso per cassazione della (OMISSIS) s.r.l. avverso quel decreto e’ stato respinto da questa Corte con ordinanza del 31 gennaio 2019, n. 3017, oggetto dell’odierna impugnazione per revocazione, ex articolo 391-bis c.p.c. e articolo 395 c.p.c., n. 4, promossa dalla medesima societa’. Resistono, con distinti controricorsi, (OMISSIS) e la (OMISSIS) s.r.l. (tramite la mandataria (OMISSIS) s.p.a.), quale cessionaria di (OMISSIS) s.p.a.. Il fallimento (OMISSIS) s.r.l. e’ rimasto solo intimato. Risulta depositata memoria ex articolo 380-bis c.p.c. dalla sola (OMISSIS) s.r.l..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. In via pregiudiziale, va accolta l’istanza del 6 novembre 2019 con cui l’ (OMISSIS) ha invocato la rimessione in termini in relazione all’avvenuto deposito del suo controricorso.
1.1. Infatti, il ritardo di questo adempimento, effettuato solo il 29 ottobre 2019 (oltre, dunque, il termine di cui all’articolo 370 c.p.c., comma 3, rispetto al giorno – 7 ottobre 2019 – di notificazione dell’atto alle altre parti), non e’ imputabile al controricorrente suddetto, come agevolmente emerge dall’attestazione rilasciatagli, in pari data, dal Direttore dell’Ufficio Relazioni con il Pubblico di questa Corte.
2. Venendo alla presente impugnazione, (OMISSIS) s.r.l. chiede, ai sensi dell’articolo 395 c.p.c., n. 4, la revocazione dell’ordinanza n. 3017/2019 di questa Corte assumendo che in essa sarebbe stato erroneamente supposto che: a) per l’intera durata del rapporto di distribuzione tra loro intercorso, (OMISSIS) s.r.l. mai avesse pagato a (OMISSIS) s.r.l. il canone di concessione contrattualmente pattuito; b) l’accertamento di questa circostanza fattuale fosse contenuto nel decreto del Tribunale di Tortona del 28 giugno 2013, oggetto del ricorso per cassazione deciso da quella ordinanza.
2.1. A suo dire, infatti, dal solo esame visivo di detto decreto, senza necessita’ di attivita’ ermeneutica e ragionamenti induttivi, emergerebbe il contrasto delle descritte supposizioni: i) con la circostanza – risultante in atti ed incontroversa – che la morosita’ della concessionaria (OMISSIS) s.r.l. (e, dunque, il credito della ricorrente insinuato al passivo fallimentare) avesse ad oggetto fatture scadute negli anni 2011 e 2012; ii) con il tenore letterale del menzionato ricorso per cassazione della (OMISSIS) s.r.l., nel quale, da un lato, non e’ contenuta l’enunciazione di tale circostanza fattuale erroneamente attribuita al tribunale piemontese dall’estensore dell’ordinanza; dall’altro, e’ contestata l’enunciazione, ad opera del medesimo tribunale, del principio della irrilevanza di ogni indagine sull’elemento causale del rapporto obbligatorio.
2.1.1. Sulla base di questa errata percezione del contenuto del decreto innanzi ad essa impugnato, dunque, la Suprema Corte ne ha ritenuto la correttezza ed esaustivita’ della motivazione nella parte in cui aveva riqualificato il credito commerciale di (OMISSIS) s.r.l., nei confronti della (OMISSIS) s.r.l. in bonis, alla stregua di “finanziamento indiretto” ex articolo 2467 c.c., comma 2, e, come tale, da postergarsi rispetto al soddisfacimento degli altri creditori.
3. Orbene, giova premettere che, come ancora recentemente ribadito da questa Corte (cfr. Cass. n. 24395 del 2020; Cass. n. 4344 del 2020, in motivazione; Cass. n. 16138 del 2019; Cass. n. 27570 del 2018; Cass. n. 442 del 2018), l’istanza di revocazione di una decisione della Corte di cassazione, proponibile ai sensi dell’articolo 391-bis c.p.c., implica, ai fini della sua ammissibilita’, un errore di fatto riconducibile all’articolo 395 c.p.c., comma 1, n. 4, e consistente in un errore di percezione, o in una mera svista materiale, che abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza (o l’inesistenza) di un fatto decisivo, che risulti, invece, in modo incontestabile, escluso (o accertato) in base agli atti ed ai documenti di causa, sempre che tale fatto non abbia costituito oggetto di un punto controverso su cui il giudice si sia pronunciato. L’errore in questione presuppone, quindi, il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, delle quali una emerge dalla sentenza, l’altra dagli atti e documenti processuali (cfr. Cass., SU, n. 31032 del 2019), sempreche’ la realta’ desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione e non di giudizio (cfr., ex plurimis, Cass. n. 13915 del 2005; Cass. n. 2425 del 2006; Cass. n. 22171 del 2010; Cass., SU, n. 9882 del 2001; Cass., SU, n. 23856 del 2008; Cass., SU, n. 4413 del 2016; Cass. n. 16138 del 2019). Il vizio revocatorio, invece, non ricorre ove la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata valutazione od interpretazione delle risultanze processuali, essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilita’ di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione (cfr. Cass. n. 20635 del 2017, menzionata, in motivazione, anche dalla piu’ recente Cass. n. 16138 del 2019). Un siffatto errore, poi, deve: i) essere essenziale e decisivo Cass. n. 8051 del 2020; Cass. n. 11200 del 2018, in motivazione; Cass. n. 25871 del 2017; Cass. 24334 del 2014), nel senso che tra la percezione asseritamente erronea da parte del giudice e la statuizione da lui emessa deve esistere un nesso causale tale che, senza l’errore, la pronuncia sarebbe stata diversa (cfr., tra le ultime, Cass. n. 16138 del 2019; Cass. n. 14656 del 2017); ii) rivestire i caratteri dell’assoluta evidenza e della rilevabilita’ sulla scorta del mero raffronto tra la decisione impugnata e gli atti o documenti del giudizio, senza che si debba, percio’, ricorrere all’utilizzazione di argomentazioni induttive o a particolari indagini che impongano una ricostruzione interpretativa degli atti medesimi.
4. Fermi, allora, i principi tutti finora esposti, ad avviso di questo Collegio non e’ configurabile, nell’ordinanza oggi impugnata, l’asserito duplice errore di fatto, ex articolo 391-bis c.p.c. e articolo 395 c.p.c., n. 4, come innanzi denunciato.
4.1. La Corte, infatti, nell’esporre ivi i “Fatti di causa”, ha riferito che “il Tribunale ha in specie rilevato” che: i) “” (OMISSIS) e’ socia di (OMISSIS)””; ii) “prima della dichiarazione di fallimento, (OMISSIS) era unica fornitrice dei prodotti informatici venduti da (OMISSIS) sul mercato, e cio’ in esclusiva dal 2008”; iii) “il patrimonio netto di (OMISSIS) era pari a Euro 108.000,00, come da ultimo bilancio approvata”; iv) il “credito di (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) si e’ incrementato negli anni fino a Euro 441.038,44 al 31.12.2008, a Euro 707.124,42 al 31.12.2009, a Euro 594.617,38 al 31.12.2010, a Euro 1.308.041,00 al 31.12.2011 e a Euro 1.543.750,17 al 31.12.2012”; “in tale modo (OMISSIS) ha continuato a vedere crescere la misura del proprio credito, “nonostante la sproporzione notevole tra il valore dell’insoluto e il patrimonio netto della societa’” debitrice”; v) “sulla base di questi elementi, il Tribunale ha ritenuto che il comportamento di (OMISSIS) abbia “dato luogo a un vero e proprio finanziamento nei confronti di (OMISSIS)” ai sensi della norma dell’articolo 2467 c.c.. Ai fini di questa disposizione – si e’ cosi’ rilevato – per “finanziamento” “deve intendersi non solo la messa a disposizione di una somma di danaro, ma qualunque forma di agevolazione finanziaria”; “tra le condotte agevolatorie” cosi’ prese in considerazione – si e’ poi aggiunto – “rientra anche una fornitura quando, per le condizioni contrattuali in cui versa la societa’ debitrice, e’ probabile il mancato pagamento del corrispettivo, secondo il disposto dell’articolo 2467 c.c., comma 2; vi) nessuna importanza aveva la circostanza che la partecipazione di (OMISSIS) s.r.l. al capitale di (OMISSIS) s.r.l. avesse raggiunto soltanto il 4% del capitale sociale: “la ratio della disposizione e’ quella di evitare il concorso tra soci finanziatori e creditori a fronte di una evidente asimmetria informativa” tra gli uni e gli altri, e tale ratio – (“per i maggiori diritti informativi facenti capo ai soci” della s.r.l. “a prescindere dall’entita’ della partecipazione societaria”) – “sussiste senza differenziazioni tra soci di maggioranza e soci di minoranza”; vii) neppure aveva pregio l’assunto che, a un certo punto, fosse emersa la volonta’ di (OMISSIS) di “recuperare il proprio credito”: “la valutazione di cui all’articolo 2467 c.c., deve essere svolta sul piano oggettivo (come sproporzione tra l’ammontare del credito del socio e il patrimonio netto della societa’”. “Questo tipo di valutazione, di natura oggettiva, nulla ha a che vedere con l’analisi del fondamento causale dell’attribuzione o la ricostruzione della volonta’ delle parti”: “secondo quanto sottolineato dalla sentenza di Cass., 24 luglio 2007, n. 16393, la norma dell’articolo 2467 c.c. ha un introdotto, “per le imprese che siano entrate o stiano per entrare in una situazione di crisi, un principio di corretto finanziamento”, la cui violazione determina una “riqualificazione imperativa” dell’operazione in termini di “prestito postergato””.
4.1.1. Successivamente, ha proceduto allo scrutinio del primo motivo di ricorso della (OMISSIS) s.r.l. (recante violazione dell’articolo 2467 c.c., comma 2, con riferimento alla definizione del perimetro oggettivo delle fattispecie che vi vengono a ricadere), e lo ha disatteso rimarcando, “prima di tutto”, la non condivisibilita’, per le ragioni esposte (cfr. amplius, pag. 8-9 dell’ordinanza in esame) della “impostazione fatta propria dalla ricorrente, come intesa a limitare l’applicazione della regola di postergazione di cui all’articolo 2467 c.c. alla categoria dei contratti di credito (tali appunto essendo le figure di mutuo, apertura di credito e anticipazione bancaria, cui la ricorrente fa’ esplicito richiamo), con il conseguente esaurimento delle ipotesi rilevanti di cd. finanziamento indiretto a casi di dissimulazione – ovvero occultamento – di simili figure”.
4.1.2. La Corte ha poi giustificato il perche’, a suo dire, “neppure puo’ essere seguita l’altra affermazione portante della tesi della ricorrente, per cui in punto di riconduzione della fattispecie concreta alla figura di finanziamento postergato ex articolo 2467 c.c. – il Tribunale di Tortona si sarebbe comunque basato solamente sulla sproporzione corrente tra la misura del credito della Wolten Kluver e quella del patrimonio della societa’ di poi fallita”.
4.1.3. In particolare (cfr. amplius, pag. 8-12 dell’ordinanza in esame), ha premesso che la censura proposta dalla ricorrente, piuttosto che integrare gli estremi del cd. vizio di sussunzione, riconducibile alla violazione di legge, “tende piuttosto a rimettere in discussione la ricostruzione del fatto materiale che e’ stata effettuata dal giudice: che e’ attivita’ riservata esclusivamente al potere del giudice di merito ed e’ percio’ sindacabile unicamente sotto il profilo del vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5 (nelle specie non dedotto)”.
4.1.4. Ha poi negato anche l’esistenza di un vizio motivazionale, cosi’ argomentando (per quanto qui di specifico interesse): “Nel rilevare la sproporzione tra montante del debito e patrimonio del debitore, il Tribunale ha anche sottolineato, e in modo particolare, la sussistenza di un rapporto contrattuale “in esclusiva”, che per concorde volonta’ delle parti e’ proseguito per anni e anni; e che e’ stato caratterizzato, inoltre, dalla circostanza che alla fornitura dei prodotti non faceva riscontro il pagamento del relativo corrispettivo, con conseguente accumulo progressivo e lievitazione del debito: neppure fatto oggetto, peraltro, di atti di rigore da parte del creditore. In buona sostanza, dunque, l’agevolazione finanziaria e’ consistita, nella specie, in un servizio di fornitura in esclusiva effettuato da un socio a favore della societa’ e significativamente protrattosi nel tempo, senza che a fronte della sua continuativa esecuzione abbia fatto riscontro una qualche attivita’ di pagamento da parte del soggetto societario che dei beni, via via cosi’ forniti, si e’ avvantaggiato. Rispetto a questo tipo di situazione si nota, in dottrina, come si debba “rimproverare al socio di non aver immediatamente percepito la somma dovutagli, per metterla eventualmente a disposizione della societa’ come conferimento, e aver preferito invece, nonostante la situazione di crisi, lasciarla a disposizione della societa’ come finanziamento”: secondo la valutazione compiuta dal Tribunale, questa situazione si e’ nella specie reiterata per anni. Cio’ posto, rimane ancora da rilevare come non vengano ad incrinare la correttezza della soluzione adottata dal Tribunale di Tortona le circostanze indicate dalla ricorrente (…) come fattori ostativi dell’applicazione della regola di postergazione stabilita dalla norma dell’articolo 2467 c.c.. Non vale a escludere l’applicazione di questa disposizione, in particolare, la modestia della misura della partecipazione sociale di (OMISSIS) nella (OMISSIS). La norma, infatti, non distingue tra soci e soci; in coerenza con cio’, la ratio della previsione non si lega – ha rilevato la giurisprudenza di questa Corte – al peso delle quote possedute dal socio, quanto piuttosto al potere di informarsi degli “affari sociali” di cui istituzionalmente dispone, ex articolo 2476 c.c., il socio delle s.r.l. (Cass., 20 giugno 2018, n. 16291) e che di regola non ha, invece, il comune creditore (fuor dalla ravvisata presenza di patti e situazioni particolari). A ben vedere, del resto, la previsione dell’articolo 2467 c.c. ha come suo termine di riferimento ultimo il divieto fissato dalla norma della L. fall., articolo 218, tendendo per l’appunto a impedire, come si e’ rilevato in dottrina, che la societa’ “prosegua la sua attivita’ quando ormai”, posta l’entita’ della crisi che l’attraversa, “il relativo rischio verrebbe trasferito a carico dei creditori”. Nemmeno puo’ essere ritenuto fattore di esonero dall’applicazione della regola di postergazione la circostanza che il creditore abbia, a un certo punto, deciso di interrompere il rapporto di fornitura e anche promosso azioni recuperatorie. L’azione postuma non leva, evidentemente, il rilievo quantitativo e qualitativo del pregresso. (..) d’altra parte, la “longevita’” del rapporto di fornitura lungi dall’ergersi a scriminante dell’applicazione della regola di postergazione, secondo quanto afferma il ricorrente si pone invece come fattore di reiterazione e incremento del meccanismo di agevolazione che la norma dell’articolo 2467 c.c. intende propriamente colpire”.
4.2. Orbene, la lettura dei brani, estratti dall’ordinanza impugnata, solo parzialmente richiamati e riprodotti dalla (OMISSIS) s.r.l. nel suo odierno ricorso, dimostra, ad avviso di questo Collegio, che ne’ il Tribunale di Tortona (per quanto qui possa valere), ne’, poi, la Cassazione, hanno disatteso la doglianza della prima basandosi esclusivamente sull’assunto per cui, a fronte del rapporto sinallagmatico tra la (OMISSIS) s.r.l. in bonis e la (OMISSIS) s.r.l., quest’ultima avesse sistematicamente omesso di percepire il pagamento per le prestazioni rese.
4.2.1. Cio’ che e’ stato ivi sostanzialmente sottolineato e’, piuttosto, la notevole morosita’ della (OMISSIS) s.r.l. in bonis accumulatasi nel corso del rapporto predetto, caratterizzata pure, secondo i giudici di legittimita’, da un’anomala ed inspiegabile indulgenza della creditrice, nonche’ socia, (OMISSIS) s.r.l., nei confronti della propria privilegiata debitrice.
4.2.2. Non merita condivisione, dunque, l’assunto della odierna ricorrente volto ad attribuire decisiva rilevanza ad un’asserita circostanza (la valorizzazione della morosita’ ab origine, invece che solo a decorrere da un determinato periodo), desunta attraverso un’operazione esegetica parziale dell’ordinanza oggi impugnata e, comunque – seppure, in thesi, veritiera – da sola non decisiva rispetto alla motivazione complessivamente adottata da quest’ultima a sostegno della qualificazione dei crediti vantati da (OMISSIS) s.r.l. verso la (OMISSIS) s.r.l. in bonis come “finanziamento soci” ex articolo 2467 c.c., comma 2.
4.2.3. Invero, l’intero tessuto motivazionale del provvedimento suddetto ruota intorno al rilievo che il Tribunale di Tortona aveva valutato coerentemente e correttamente la posizione soggettiva della creditrice (OMISSIS) s.r.l. rispetto alla propria debitrice (OMISSIS) s.r.l. in bonis (di cui era anche socia): in particolare, la “indulgenza” della prima sarebbe stato un comportamento anomalo e non giustificabile, anche con riferimento alla grave ed instabile situazione patrimoniale della seconda, ove non si fosse ritenuto che l’ingente credito inesatto indipendentemente da asseriti pagamenti parziali risalenti all’inizio del rapporto sinallagmatico – dovesse qualificarsi alla stregua di una finanziamento soci, giusta l’ampia formulazione di cui all’articolo 2467 c.c., comma 2, e, per l’effetto, doverosamente da postergarsi rispetto ai creditori sociali.
4.3. Le odierne argomentazioni della ricorrente si rivelano, dunque, inammissibilmente volte ad ottenere un nuovo giudizio su circostanze risultate essere gia’ state oggetto di valutazione del giudice di merito (a cio’ esclusivamente competente), il cui esito l’ordinanza oggi impugnata ha considerato inadeguatamente censurato con il primo motivo all’epoca formulati innanzi ad essa.
5. In definitiva, il presente ricorso va dichiarato inammissibile, restando le spese di questo giudizio di legittimita’, liquidate come in dispositivo, regolate dal principio di soccombenza.
5.1. Non puo’ trovare accoglimento, invece, l’istanza del controricorrente Ardi7zone volta ad ottenere la condanna di (OMISSIS) s.r.l., ai sensi dell’articolo 96 c.p.c., comma 3, al risarcimento dei danni da liquidarsi in via equitativa (cfr. conclusioni del controricorso).
5.1.1. Questa Corte, invero, ha recentemente riesaminato la questione relativa alla funzione sanzionatoria della condanna per lite temeraria prevista da tale norma, in relazione sia alla necessita’ di contenere il fenomeno dell’abuso del processo, sia all’evoluzione della fattispecie dei “danni punitivi” che ha progressivamente fatto ingresso nel nostro ordinamento. Al riguardo, e’ stato affermato che “la condanna ex articolo 96 c.p.c., comma 3, applicabile d’ufficio in tutti i casi di soccombenza, configura una sanzione di carattere pubblicistico, autonoma ed indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilita’ aggravata ex articolo 96 c.p.c., commi 1 e 2, e con queste cumulabile, volta al contenimento dell’abuso dello strumento processuale; la sua applicazione, pertanto, non richiede, quale elemento costitutivo della fattispecie, il riscontro dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensi’ di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di “abuso del processo”, quale l’aver agito o resistito pretestuosamente e cioe’ nell’evidenza di non poter vantare alcuna plausibile ragione” (cfr. Cass. n. 29812 del 2019; Cass. n. 27623 del 2017). Tali pronunce sono state precedute da un altro fondamentale arresto secondo il quale “nel vigente ordinamento, alla responsabilita’ civile non e’ assegnato solo il compito di restaurare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subito la lesione, poiche’ sono interne al sistema la funzione di deterrenza e quella sanzionatoria del responsabile civile, sicche’ non e’ ontologicamente incompatibile con l’ordinamento italiano l’istituto, di origine statunitense, dei “risarcimenti punitivi”” (cfr. Cass., SU, n. 16601 del 2017).
5.1.2. Nel caso in esame, le argomentazioni complessivamente svolte dalla (OMISSIS) s.r.l., sebbene inidonee all’accoglimento del ricorso, non lasciano trasparire un intento abusivo nella sua proposizione.
5.2. Infine, va dato atto – in assenza di ogni discrezionalita’ al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto, mentre “spettera’ all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento”.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, e condanna la (OMISSIS) s.r.l. al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida: i) in favore della (OMISSIS) s.r.l., e per essa quale mandataria (OMISSIS) s.p.a., in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge; ii) in favore dell’ (OMISSIS), in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge.
Rigetta la domanda dell’ (OMISSIS) ex articolo 96 c.p.c., comma 3.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della (OMISSIS) s.r.l., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta lo stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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