La concessione edilizia non è necessaria per modeste recinzioni

Consiglio di Stato, Sezione seconda, Sentenza 31 agosto 2020, n. 5320.

La massima estrapolata:

La concessione edilizia non è necessaria per modeste recinzioni di fondi rustici senza opere murarie; e cioè per la mera recinzione con rete metallica in quanto entro tali limiti la recinzione rientra solo tra le manifestazioni del diritto di proprietà, che comprende lo jus excludendi alios.

Sentenza 31 agosto 2020, n. 5320

Data udienza 7 luglio 2020

Tag – parola chiave: Interventi edilizi – Opere di recinzione di fondi rustici – Utilizzo di rete metallica – Concessione edilizia – Non è necessaria

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6838 del 2010, proposto da Costruzione Ap. Af. Ac. Ca. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati An. Ba. e Ca. Ma. Ba., con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via (…),
contro
il Comune di (omissis), non costituito in giudizio,
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria Sezione Prima n. 734/2009, resa tra le parti, concernente rimozione recinzione.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica telematica del giorno 7 luglio 2020 tenuta ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, conv. dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, il Cons. Oreste Mario Caputo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. È appellata la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria Sezione Prima, n. 734/2009, di reiezione dei ricorsi riuniti proposti da Costruzione Ap. Af. Ac. Ca. S.r.l (d’ora in poi Costruzione Af.) avverso l’ordinanza di demolizione ed il successivo diniego di concessione edilizia in sanatoria, emessi dal Comune di (omissis), ed aventi ad oggetto la recinzione posta in opera dalla società ricorrente al confine della sua proprietà, lungo la strada comunale “di (omissis)” in Comune di (omissis).
1.1. I provvedimenti impugnati si fondano sul fatto che la recinzione, consistente in una rete metallica sostenuta da paletti di cemento e di legno, per un’altezza di circa 2 metri, è stata collocata, senza il previo conseguimento d’alcuna autorizzazione, in violazione dell’art. 16 del codice della strada e dell’art. 26, comma 5, del relativo regolamento.
2. Il Tar ha respinto i motivi d’impugnazione osservando: quanto all’ordinanza di demolizione, che le recinzioni di altezza superiore ad un metro lungo le strade pubbliche debbono obbligatoriamente rispettare la distanza – qui violata – di tre metri; quanto al diniego di sanatoria, in disparte la parte motiva del provvedimento evocante ragioni estetiche, che la violazione delle distanze regolamentari richiamate è ex se ostativa al rilascio della sanatoria.
3. Appella la sentenza Costruzione Af..
4. Alla pubblica udienza del 7 luglio 2020 la causa, su richiesta della parte, è stata trattenuta in decisione.
5. Con il primo motivo d’appello, la ricorrente si duole dell’errore di giudizio in cui sarebbero incorsi i giudici di prime cure nel respingere il motivo d’impugnazione incentrato sulla violazione o falsa applicazione dell’art. 38, comma 2, l. n. 142 del 1990: l’Amministrazione avrebbe fatto ricorso al provvedimento contingibile e urgente, preordinato a fare fronte illico et immediate ad una situazione di pericolo, per il governo e la tutela del territorio.
Sviamento palesato dal fatto – sottolinea la ricorrente – che nell’ordinanza si prospetta la denuncia penale per l’ipotesi di inottemperanza, mentre il richiamo all’abusività della recinzione resta del tutto incidentale, non essendovi alcun riferimento agli effetti tipici dell’inottemperanza agli ordini di demolizione delle opere abusive.
6. Il motivo è infondato.
Sebbene nell’ordinanza si faccia espresso riferimento al pericolo conseguente al mancato deflusso delle acque piovane determinato anche dalla presenza della recinzione de qua, nondimeno l’abusività dell’opera è indiscussa in quanto realizzata senza alcun titolo edilizio.
Per dimensioni morfologiche, modalità costruttive e materiali impiegati – la recinzione consiste in una rete metallica sostenuta da paletti di cemento e di legno, per un’altezza di circa 2 metri – le opere esulano dall’ambito delle recinzioni la cui realizzazione non è subordinata al rilascio del permesso di costruire: ossia dalle recinzioni di fondi rustici senza opere murarie, quali quelle consistenti nella mera apposizione di rete metallica sorretta da paletti di ferro o di legno senza muretto di sostegno.
Paradigmaticamente, s’afferma che la concessione edilizia non è necessaria per modeste recinzioni di fondi rustici senza opere murarie; e cioè per la mera recinzione con rete metallica in quanto entro tali limiti la recinzione rientra solo tra le manifestazioni del diritto di proprietà, che comprende lo jus excludendi alios (cfr., in termini, Cons. Stato, sez. IV, 15 dicembre 2017, n. 5908; Id., sez. VI, 19 dicembre 2019, n. 8600).
Le fotografie prodotte in giudizio attestano iconograficamente che la recinzione è posta praticamente al filo della sede stradale, ovvero della sua cunetta laterale, cagionando una situazione di pericolosità in re ipsa, che è stata recepita nel provvedimento impugnato.
In definitiva, il nucleo essenziale di quella motivazione riposa nell’eccessiva prossimità, rispetto all’asse viario della recinzione realizzata senza aver chiesto ed ottenuto alcun titolo edilizio autorizzativo.
Va quindi confermato l’orientamento giurisprudenziale, richiamato dai giudici di prime cure, e qui condiviso, a mente del quale “non costituisce vizio di legittimità il fatto che nella motivazione manchi, ovvero sia incompleta o imprecisa, l’indicazione delle fonti normative applicate, qualora sia comunque chiaro il concetto ispiratore del provvedimento”.
7. Con il secondo motivo, la ricorrente censura il capo di sentenza relativo alla reiezione dei motivi d’impugnazione proposti avverso il diniego di condono.
Le censure s’incentrano sul rilievo che il parere negativo della Commissione edilizia, ostativo al condono, si fonda esclusivamente su ragioni estetiche, affatto eterogenee rispetto alla problematica della distanza dalla fascia di rispetto stradale, su cui viceversa si fonderebbe l’ordinanza impugnata.
8. Il motivo è infondato.
Il parere della Commissione edilizia – del quale erano indicati gli estremi (cfr. seduta del 13 maggio 1998) nel diniego impugnato e quindi reso ostensibile alla parte – dà conto delle ragioni, anche di carattere estetico, ostative al rilascio del condono: la recinzione, realizzata con pali di cemento, posta in fregio e ad immediato ridosso del margine esterno della via pubblica, oltre che essere pericolosa per il transito veicolare, altera l’assetto del territorio anche sotto il profilo estetico.
Motivazione che, seppure laconica, non presta il fianco alle censure di illogicità o di travisamento dei fatti sollevate dall’appellante.
9. Conclusivamente l’appello deve essere respinto.
10. Non essendosi costituito in giudizio il Comune resistente, nulla sulle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla sulle spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso dalla Seconda Sezione del Consiglio di Stato con sede in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2020 convocata con modalità da remoto e con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:
Raffaele Greco – Presidente
Giancarlo Luttazi – Consigliere
Oreste Mario Caputo – Consigliere, Estensore
Francesco Frigida – Consigliere
Antonella Manzione – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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