La concessione edilizia non è necessaria per modeste recinzioni

Consiglio di Stato, Sezione seconda, Sentenza 31 agosto 2020, n. 5321.

La massima estrapolata:

La concessione edilizia non è necessaria per modeste recinzioni di fondi rustici senza opere murarie; e cioè per la mera recinzione con rete metallica in quanto entro tali limiti la recinzione rientra solo tra le manifestazioni del diritto di proprietà, che comprende lo jus excludendi alios.

Sentenza 31 agosto 2020, n. 5321

Data udienza 7 luglio 2020

Tag – parola chiave: Interventi edilizi – Opere di recinzione di fondi rustici – Utilizzo di rete metallica – Concessione edilizia – Non è necessaria

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6823 del 2010, proposto dai signori Gi. Ga. ed altri, rappresentati e difesi dall’avvocato Li. Lo., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gi. Ma. Gr. in Roma, corso (…),
contro
il Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gu. Ba. e An. Ma., con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via (…),
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione Quarta n. 36/2010, resa tra le parti, concernente demolizione opere di recinzione in rete metallica.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica telematica del giorno 7 luglio 2020 tenuta ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, conv. dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, il Cons. Oreste Mario Caputo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. È appellata la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione Quarta n. 36/2010, di reiezione del ricorso collettivamente proposto dai sig.ri Lu. Ga. ed altri, avverso l’ordinanza di demolizione adottata dal Comune di (omissis) (n. 96 del 31.5.95), avente ad oggetto le opere di recinzione in rete metallica e i relativi cancelli di accesso alla proprietà .
Nei motivi d’impugnazione i ricorrenti deducevano che la sanzione era stata comminata senza previamente accertare gli effettivi responsabili delle opere; e che, comunque, in ragione delle opere intraprese – costituenti manifestazioni di facoltà dominicale espressamente attribuite dall’art. 841 c.c. – esse non integravano abuso edilizio assoggettabile alla sanzione reale di ripristino.
2. Il Tar ha respinto il ricorso, rilevando che, in ragione delle modalità tecniche di realizzazione della recinzione e del cancello d’accesso agli immobili di proprietà, le opere realizzate erano subordinate al rilascio del titolo edilizio con la conseguenza che la sanzione demolitoria è atto dovuto.
Quanto ai destinatari della sanzione, l’incidenza delle opere sui fondi di loro proprietà ha fatto sì, sottolineano i giudici di prime cure, che l’ordinanza è stata correttamente notificata anche ad essi.
3. Appellano la sentenza i sig.ri Gi. Ga. ed altri, in qualità di eredi dell’originario ricorrente sig. Lu. Ga. ed altri, in qualità di erede della sig.ra It. Br.. Resiste il Comune di (omissis).
4. Alla pubblica udienza del 7 luglio 2020 la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.
5. Con il primo motivo gli appellanti si dolgono dell’errore di giudizio in cui sarebbero incorsi i giudici di prime cure nel respingere il motivo di ricorso incentrato sulla violazione dell’art 6 l. n. 47/85 in quanto l’ordinanza sarebbe stata notificata indiscriminatamente a tutti i proprietari delle aree interessate dalle opere, senza alcuna verifica circa la loro concreta responsabilità .
6. Il motivo è infondato.
Al momento dell’adozione dell’ordinanza impugnata, i sig.ri Lu. Ga. e At. Br. erano proprietari del mapp. n. 2400, su cui – come ammesso dai medesimi appellanti – ricadono, seppure in parte, le opere.
In quanto proprietari del suolo su cui insiste l’abuso edilizio, i sig.ri Lu. Ga. e At. Br., a prescindere dall’accertamento di essere o meno (anche) autori materiali o committenti delle opere, erano legittimati passivi dell’ordinanza reale di ripristino (cfr., Cons. Stato, sez. VI, 7 gennaio 2020, n. 106; Id., sez. II, 12 settembre 2019, n. 6147).
La sanzione reale, finalizzata a restaurare l’ordine giuridico violato, grava infatti su coloro i quali si trovino in rapporto (di disponibilità giuridica) con il manufatto abusivo, senza che la legittimità della sanzione sia inficiata dall’omesso accertamento dell’effettiva responsabilità del proprietario dell’immobile nell’esecuzione delle opere abusive (cfr., Cons. Stato, sez. IV, 19 novembre 2018, n. 6494).
7. Con il secondo motivo d’appello, i ricorrenti lamentano l’omesso scrutinio in sentenza della natura delle opere di carattere meramente pertinenziale e precario, funzionali alla separazione della proprietà : e dunque espressione concreta dello ius excludendum alios, realizzabili senza necessità di un titolo abilitativo.
8. Il motivo è infondato.
Le opere consistono nella realizzazione di un muro in cemento con la parte soprastante in paletti e rete metallica avente lunghezza di m. 6,90 circa; e di un cancello avente larghezza di m. 3,45 circa, connesso al predetto muro in calcestruzzo con soprastanti pali in ferro.
Per dimensioni morfologiche, modalità costruttive e materiali impiegati le opere esulano dall’ambito delle recinzioni la cui realizzazione non è subordinata al rilascio del permesso di costruire: ossia dalle recinzioni di fondi rustici senza opere murarie, quali quelle consistenti nella mera apposizione di rete metallica sorretta da paletti di ferro o di legno senza muretto di sostegno.
Paradigmaticamente, s’afferma che la concessione edilizia non è necessaria per modeste recinzioni di fondi rustici senza opere murarie; e cioè per la mera recinzione con rete metallica sorretta da paletti di ferro o di legno senza muretto di sostegno, in quanto entro tali limiti la recinzione rientra solo tra le manifestazioni del diritto di proprietà, che comprende lo jus excludendi alios: viceversa, occorre, il titolo edilizio, quando la recinzione è costituita da un muretto di sostegno in calcestruzzo con sovrastante rete metallica (cfr., in termini, Cons. Stato, sez. IV, 15 dicembre 2017, n. 5908; Id., sez. VI, 19 dicembre 2019, n. 8600).
Né, per scriminare in fatto l’abuso, è consentito frazionare le opere.
Costituisce principio consolidato, da cui non sussistono giustificati motivi per qui discostarsi, che: “la valutazione dell’abuso edilizio presuppone una visione complessiva e non atomistica delle opere realizzate, sicché non è dato scomporne una parte per negare l’assoggettabilità ad una determinata sanzione demolitoria, in quanto il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio deriva non da ciascun intervento a sé stante considerato, ma dall’insieme delle opere nel loro contestuale impatto edilizio e nelle reciproche interazioni” (cfr., Cons. Stato, sez. VI, 7 novembre 2019, n. 7601).
9. Con il terzo e quarto motivo che, muovendo da un comune denominatore, possono essere trattati congiuntamente, gli appellanti censurano la comminazione della sanzione demolitoria in luogo della sanzione pecuniaria in ragione dell’irrilevanza delle opere rispetto alla destinazione urbanistica impressa alle aree dove esse ricadono.
10. I motivi sono infondati.
Le opere – come rilevato dal Comune resistente – insistono su un’area destinata a strada pubblica dall’allora vigente P.R.G.: sicché la recinzione violava la disciplina urbanistica.
In presenza di un’opera abusiva, contrastante con la disciplina urbanistica prevista dagli strumenti di pianificazione, il Comune deve, ordinariamente, disporre la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi (cfr. art. 4, comma 2, l. n. 47/1985 ratione temporis applicabile).
Disposizione che – va sottolineato – l’art. 27, comma 2, d.P.R. n. 380/2001 rafforza nel contenuto precettivo: “il dirigente o il responsabile, quando accerti l’inizio o l’esecuzione di opere eseguite senza titolo su aree assoggettate, da leggi statali, regionali o da altre norme urbanistiche vigenti o adottate, a vincolo di inedificabilità, o destinate ad opere e spazi pubblici ovvero ad interventi di edilizia residenziale pubblica (…) nonché in tutti i casi di difformità dalle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi”.
11. Conclusivamente l’appello deve essere respinto.
12. Le spese di lite del presente grado di giudizio, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna i sig.ri Gi. Ga. ed altri, in solido ed in parti uguali, al pagamento delle spese del presente grado di giudizio in favore del Comune di (omissis) che si liquidano in 2000,00 (duemila) euro, oltre diritti ed accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso dalla Seconda Sezione del Consiglio di Stato con sede in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2020 convocata con modalità da remoto e con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:
Raffaele Greco – Presidente
Giancarlo Luttazi – Consigliere
Oreste Mario Caputo – Consigliere, Estensore
Francesco Frigida – Consigliere
Antonella Manzione – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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