Corte di Cassazione, civile, Sentenza|11 aprile 2023| n. 9612.
La clausola contenuta in un contratto di mediazione che preveda la maturazione del diritto alla provvigione in una fase non corrispondente alla conclusione
Deve considerarsi come non apposta per nullità parziale di protezione, ex art. 36, comma 1, del d.lgs. n. 206 del 2005, la clausola contenuta in un contratto di mediazione che preveda la maturazione del diritto alla provvigione in una fase non corrispondente alla conclusione dell’affare, nell’interpretazione datane dalla giurisprudenza di legittimità, poiché determina un significativo squilibrio normativo ex art. 33, comma 1, del citato d.lgs., così stravolgendo il fondamento causale dell’operazione economica posta in essere dalle parti.
Sentenza|11 aprile 2023| n. 9612. La clausola contenuta in un contratto di mediazione che preveda la maturazione del diritto alla provvigione in una fase non corrispondente alla conclusione
Data udienza 22 marzo 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Mediazione – Provvigione – Articolo 1755 c.c. – Conclusione dell’affare – Rilevanza causale – Limiti
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIUSTI Alberto – Presidente
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere
Dott. AMATO Cristina – rel. Consigliere
Dott. CAPONI Remo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 12584-2018 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), domiciliati presso lo studio dall’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) SRL, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2081-2017 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 10/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22.03.2023 dal Consigliere CRISTINA AMATO;
lette le conclusioni scritte del sostituto Procuratore Generale nella persona del Dott. ALESSANDRO PEPE, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
La clausola contenuta in un contratto di mediazione che preveda la maturazione del diritto alla provvigione in una fase non corrispondente alla conclusione
FATTI DI CAUSA
1. Il Tribunale di Chieti accoglieva l’opposizione a decreto ingiuntivo n. 731-08 elevata dai coniugi (OMISSIS) ed (OMISSIS), con il quale gli opponenti erano stati condannati a versare ad (OMISSIS) s.r.l. la somma di Euro 4.800,00 a titolo di compenso per l’attivita’ di intermediazione immobiliare da essa svolta in loro favore. Reputava il giudice dell’opposizione non concluso l’affare che avrebbe fatto sorgere il diritto alla provvigione in capo alla societa’ mediatrice, posto che i promittenti opponenti si erano rifiutati di sottoscrivere il contratto preliminare, predisposto dalla stessa opposta, in quanto contenente evidenti variazioni nelle condizioni di pagamento del saldo del prezzo rispetto a quanto concordato nel corso delle trattative.
2. Impugnava la pronuncia (OMISSIS) s.r.l. innanzi alla Corte d’Appello di l’Aquila, la quale, con sentenza n. 2081-2017, accoglieva il gravame confermando il decreto ingiuntivo. A sostegno della sua decisione affermava la Corte che:
– deve considerarsi fondamentale l’esame delle clausole contenute nel contratto di mediazione immobiliare stipulato in data 03.08.2007, e in particolare della clausola n. 4, che individua il momento di maturazione del diritto alle provvigioni nell’avvenuta accettazione della proposta d’acquisto, nella percentuale ivi indicata (2,5% + I.V.A. del prezzo di vendita);
– tale diritto alla provvigione diventa esigibile al momento della sottoscrizione della scrittura ripetitiva del contratto mediato o, in mancanza di questa, trascorsi trenta giorni dall’accettazione della proposta irrevocabile;
– nel caso di specie, la proposta irrevocabile di acquisto – benche’ non contenente ne’ le modalita’ di pagamento del prezzo ne’ il termine per la stipula del contratto definitivo – e’ stata sottoscritta dagli appellati in data 06.11.2007: tanto basta a considerare maturato, in capo alla societa’ mediatrice, il diritto alla provvigione nella percentuale concordata.
3. Avverso la sentenza proponevano ricorso per cassazione (OMISSIS) ed (OMISSIS), affidandolo a tre motivi.
Si difendeva (OMISSIS) s.r.l. con controricorso.
Fissata la pubblica udienza, la causa e’ stata trattata in camera di consiglio, ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8-bis, convertito nella L. n. 176 del 2020, non avendo nessuna delle parti ne’ il Pubblico Ministero chiesto la discussione orale.
Il PG si pronunciava per l’accoglimento del primo motivo e l’assorbimento dei restanti.
In prossimita’ dell’udienza entrambe le parti depositavano memoria.
In data 09.02.2023 perveniva comparsa di costituzione del nuovo difensore dei sigg.ri (OMISSIS) e (OMISSIS), avvocato (OMISSIS).
La clausola contenuta in un contratto di mediazione che preveda la maturazione del diritto alla provvigione in una fase non corrispondente alla conclusione
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione degli articoli 1754 e 1755 c.c. (articolo 369, comma 1, n. 3), c.p.c.): la Corte d’Appello, elevando la mera accettazione della proposta irrevocabile trasmessa dai promissari acquirenti ad elemento cardine del diritto alla provvigione, ha violato le norme teste’ citate con un vizio che attiene alla nozione di conclusione dell’affare. Secondo la giurisprudenza di legittimita’, infatti, nel rapporto di mediazione ai fini della maturazione della provvigione occorre verificare – oltre al nesso di causalita’ tra la conclusione dell’affare e l’opera del mediatore, nonche’ l’identita’ dell’affare proposto con quello concluso (Cass. 22.01.2015, n. 1120) – il compimento di un’operazione generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti che dia diritto di agire per l’adempimento o per il risarcimento dei danni (Cass. 3.11.2005, n. 24399). Orbene, la proposta irrevocabile d’acquisto sottoscritta dagli esponenti in data 06.11.2007 non puo’ integrare un contratto preliminare, ma deve ritenersi una puntuazione di contratto destinata a fissare, senza alcun effetto vincolante, il contenuto del successivo negozio, che avrebbe dovuto assumere natura di vero e proprio contratto preliminare.
1.1. Il motivo e’ fondato.
Nel contratto di mediazione, il pagamento della provvigione ai sensi dell’articolo 1755 c.c. e’ strettamente connesso alla conclusione dell’affare. La rilevanza causale della conclusione dell’affare, quale fondamento delle pretese di carattere patrimoniale del mediatore, del resto, emerge indirettamente anche dall’articolo 1756 c.c., ai sensi del quale, salvo patti o usi contrari, il mediatore avra’ diritto al rimborso delle spese nei confronti della persona per incarico della quale sono state eseguite, anche se l’affare non e’ stato concluso (Cass. Sez. 2, n. 26682 del 24.22.2020). Dall’articolo 1755 c.c. deriva, allora, che i soggetti intermediati, aderendo al contratto di mediazione, non assumono alcun obbligo di pagare la provvigione quale diretto corrispettivo dell’attivita’ posta in essere dal mediatore a loro vantaggio, se non al momento della conclusione dell’affare (ex plurimis: Cass. Sez. 2, n. 28879 del 05.10.2022 – Rv. 665970-01; Cass. Sez. 2, n. 30083 del 19.11.2019 – Rv. 656202-01).
1.2. Nel caso di specie, la proposta irrevocabile proveniente dal promissario acquirente ed accettata dai promittenti venditori assume la veste di accordo preparatorio destinato ad inserirsi nell’iter formativo del futuro negozio traslativo della proprieta’ che mai ha avuto luogo, stante la difformita’ della bozza del contratto preliminare (predisposto da (OMISSIS) s.r.l.) rispetto alle concordate modalita’ di pagamento del prezzo al saldo, ritenute rischiose dall’odierno ricorrente. E’, dunque, dal momento della stipulazione del contratto preliminare ovvero del contratto definitivo, se avessero avuto luogo, che sarebbe potuto maturare il diritto alla provvigione di (OMISSIS) s.r.l. nei confronti degli odierni ricorrenti.
2. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione di regole ermeneutiche contrattuali, dell’articolo 1341 c.c. e dell’articolo 1362 c.c. (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3)), nonche’ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5)). I ricorrenti lamentano la mancata operazione ermeneutica che la Corte d’Appello avrebbe, invece, dovuto compiere per interpretare la volonta’ delle parti, non limitandosi al dato letterale del contratto di mediazione, omettendo di esaminare un documento cardine, ossia la sottoscrizione da parte degli odierni ricorrenti di una clausola negoziale inserita su una pagina recante intestazione dell’agenzia nella quale il pagamento della provvigione veniva riconosciuto al momento della stipulazione del contratto definitivo di compravendita immobiliare. Nella ricostruzione dei ricorrenti si e’ in presenza di una clausola concordata tra le parti – sebbene sottoscritta dal solo sig. (OMISSIS) – il cui mancato esame intanto rende inadeguata la motivazione ex articolo 360, comma 1, nn. 3 e 5) c.p.c., ma contribuisce a dimostrare che si era in presenza di una formazione progressiva del contratto di compravendita, rispetto alla quale e’ configurabile la liberta’ di recesso delle parti dalle trattative nei limiti di cui all’articolo 1337 c.c..
3. Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 1337, dell’articolo 1469-bis e dell’articolo 1469-quinquies c.c. (oggi Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206 – Codice del consumo), nonche’ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5)). I ricorrenti sollecitano la declaratoria di inefficacia della clausola n. 4) del contratto di mediazione in quanto vessatoria, poiche’ determina tra le parti un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto. L’attuale articolo 34, comma 3, del Codice del consumo consente, infatti, al giudice di sindacare la vessatorieta’ di una pattuizione attinente alla determinazione del prezzo ove i suoi elementi non siano individuati in modo chiaro e comprensibile; oltre al fatto che essa potrebbe essere considerata come penale manifestamente eccessiva. Ne’ la vessatorieta’ di tale pattuizione puo’ dirsi sanata dal fatto che sia stata oggetto di specifica sottoscrizione ex articolo 1341, comma 2, c.c., o che sia stata oggetto di contrattazione individuale.
4. Il secondo e terzo motivo possono essere trattati congiuntamente, in quanto logicamente collegati, e sono fondati per quanto di ragione.
4.1. In disparte l’errato riferimento alle norme gia’ inserite nel codice civile in applicazione della Dir. 93/13/CEE sulla disciplina delle clausole vessatorie, ora rifusa nel Codice del consumo applicabile ratione temporis al caso che ci occupa, concluso tra professionista e consumatore ai sensi dell’articolo 3, comma 1, Codice del consumo. Tanto premesso, la clausola n. 4) contenuta nel contratto di mediazione deve essere considerata nulla (e quindi non apposta, per nullita’ parziale di protezione ex articolo 36, comma 1, Codice del consumo) in quanto determina un significativo “squilibrio normativo” (ex articolo 33, comma 1, Codice del consumo) laddove prevede la maturazione del diritto alla provvigione in una fase non corrispondente alla conclusione dell’affare (nell’interpretazione della giurisprudenza ricordata al punto 1.1.), cosi’ stravolgendo il fondamento causale dell’operazione economico-giuridica posta in essere dalle parti. E’ stato gia’ stabilito da questa Corte che la clausola che attribuisca al mediatore il diritto alla provvigione anche nel caso di mancata conclusione dell’affare per fatto imputabile al venditore puo’ presumersi vessatoria, e quindi inefficace a norma dell’articolo 1469-bis c.c. (norma applicabile ratione temporis al caso ivi esaminato), se le parti non abbiano espressamente pattuito un meccanismo di adeguamento di tale importo all’attivita’ sino a quel momento concretamente espletata dal mediatore: Cass. Sez. 3, n. 22357 del 03.11.2010, n. 22357. Tale pronuncia ha introdotto un “principio di gradualita’” la cui ratio va ravvisata nell’esigenza di garantire, nei contratti a prestazioni corrispettive come il contratto di mediazione “atipica” in esame, il rispetto del sinallagma contrattuale, dovendo trovare la prestazione di una parte il proprio fondamento nella controprestazione dell’altra parte, al fine di evitare il ricorrere di situazioni di indebito arricchimento ai danni del contraente debole del negozio perfezionato. Come argomentato nella citata sentenza, il compenso del mediatore, in caso di mancata conclusione dell’affare, trova giustificazione nello svolgimento di una concreta attivita’ di ricerca di terzi interessati, attraverso la predisposizione dei propri mezzi e della propria organizzazione (Cass. n. 19656 dell’08.09.2020). L’accertamento relativo all’abusivita’ della clausola va svolto anche nell’ipotesi in cui sia prevista l’anticipazione della maturazione del diritto alla provvigione, al fine di evitare che il diritto al compenso possa essere fissato in misura indipendente dal tempo e dall’attivita’ da questi svolta. Cio’ in conformita’ con quanto stabilito dalla Corte di Giustizia Europea secondo la quale l’articolo 3, par. 1, della direttiva 93/13/CEE (corrispondente al nostro articolo 33, comma 1, Codice del consumo) deve essere interpretato nel senso che la nozione di “significativo squilibrio” a danno del consumatore deve essere valutata mediante un’analisi delle disposizioni nazionali applicabili in mancanza di un accordo tra le parti, onde appurare se, ed eventualmente in che misura, il contratto collochi il consumatore in una situazione giuridica meno favorevole rispetto a quella prevista dal vigente diritto nazionale (Corte di Giustizia Europea, C – 415/11, Mohammed Aziz). Nel nostro caso, soccorre l’articolo 1755 c.c. laddove fa coincidere la maturazione del diritto alla provvigione con la “conclusione dell’affare”, da interpretarsi nei termini e limiti sopra precisati. D’altra parte, aggiunge la Corte di Giustizia, per accertare se lo squilibrio sia creato “malgrado il requisito della buona fede”, occorre verificare d’ufficio se il professionista, qualora avesse trattato in modo leale ed equo con il consumatore, avrebbe potuto ragionevolmente aspettarsi che quest’ultimo avrebbe aderito alla clausola in oggetto in seguito a negoziato individuale.
La Corte d’appello avrebbe dovuto altresi’ considerare la scrittura del 06.11.2007 (sottoscritta da uno degli odierni ricorrenti contestualmente alla sottoscrizione del contratto di mediazione) con la quale il proponente sig. (OMISSIS) riconosce a (OMISSIS) s.r.l. il diritto alla corresponsione della provvigione solo al momento della stipulazione del contratto definitivo, in linea con la piu’ volte menzionata disposizione di cui all’articolo 1755 c.c.; e cio’, considerata la collocazione della firma del (OMISSIS) su carta intestata dell’ (OMISSIS) s.r.l..
5. – La sentenza impugnata e’ cassata.
La causa deve essere rinviata alla Corte d’appello di L’Aquila, che la decidera’ in diversa composizione.
Il Giudice del rinvio provvedera’ anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione accoglie il ricorso;
cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di L’Aquila in diversa composizione.
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