La circostanza aggravante del metodo mafioso

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|14 febbraio 2022| n. 5136.

La circostanza aggravante del metodo mafioso di cui all’art. 7 d.l. 13 maggio 1991, n. 152, convertito con modificazioni nella legge 12 luglio 1991, n. 203 (ora art. 416-bis.1, comma primo, cod. pen.), in quanto riferita alle modalità di realizzazione dell’azione criminosa, ha natura oggettiva ed è valutabile a carico dei concorrenti, sempre che siano stati a conoscenza dell’impiego del metodo mafioso ovvero l’abbiano ignorato per colpa o per errore determinato da colpa.

Sentenza|14 febbraio 2022| n. 5136. La circostanza aggravante del metodo mafioso

Data udienza 2 febbraio 2022

Integrale

Tag – parola: Termini processuali – In genere – Termini processuali – In genere – Disciplina emergenziale relativa alla pandemia da Covid – 19 – Rinvio nel periodo compreso tra 9 marzo e 11 maggio 2020 – Notifica secondo modalità predeterminate dal provvedimento organizzativo del capo dell’ufficio – Nullità di ordine generale – Condizioni

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Patrizia – Presidente

Dott. FERRANTI Donatella – Consigliere

Dott. SERRAO Eugenia – rel. Consigliere

Dott. BRUNO Mariarosaria – Consigliere

Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 24/04/2020 della CORTE APPELLO di NAPOLI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere SERRAO EUGENIA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore DI NARDO MARILIA, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS); per l’inammissibilita’ degli altri ricorsi;
udito il difensore Avv. (OMISSIS) del foro di NAPOLI in sostituzione dell’avvocato (OMISSIS), come da nomina a sostituto processuale ex articolo 102 c.p.p., depositata in udienza, in difesa di (OMISSIS) che, riportandosi ai motivi del ricorso, ha concluso per l’accoglimento;
udito il difensore Avv. (OMISSIS) del foro di SANTA MARIA CAPUA VETERE in difesa di (OMISSIS) e (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento;
udito il difensore Avv. (OMISSIS) del foro di NAPOLI in difesa di (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento;
udito il difensore Avv. (OMISSIS) in sostituzione dell’avvocato (OMISSIS) del foro di SANTA MARIA CAPUA VETERE, come da nomina a sostituto processuale ex articolo 102 c.p.p., depositata in udienza, in difesa di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento;
udito il difensore Avv. (OMISSIS) del foro di SANTA MARIA CAPUA VETERE in difesa di (OMISSIS) e (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento.

La circostanza aggravante del metodo mafioso

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Napoli, con la sentenza indicata in epigrafe, ha riformato limitatamente al trattamento sanzionatorio la pronuncia di condanna emessa il 17/05/2018 dal Tribunale di Napoli nei confronti dei seguenti imputati e in ordine ai seguenti delitti:
– capo 1): delitto previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74, aggravato dal Decreto Legge 13 maggio 1991, n. 152, articolo 7, conv. con modif. dalla L. 12 luglio 1991, n. 203, poiche’ si associavano tra loro allo scopo di commettere piu’ delitti di detenzione, trasporto e cessione di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, crack, hashish e marijuana; al fine di monopolizzare il mercato delle sostanze stupefacenti in Mondragone e Comuni limitrofi, attraverso una struttura piramidale, costituendo delle vere e proprie “piazze di spaccio” distinte tra loro per ubicazione e tipologia di stupefacente ceduto a terzi, nonche’ ad agevolare e riciclare i proventi di tale attivita’, con l’aggravante di aver agito avvalendosi del metodo di intimidazione derivante dalla loro appartenenza all’associazione camorristica denominata clan (OMISSIS)- (OMISSIS), egemone in Mondragone, operando secondo i seguenti ruoli: (OMISSIS) capo promotore organizzatore, (OMISSIS) capo promotore organizzatore, (OMISSIS) capo promotore organizzatore, (OMISSIS) capo promotore organizzatore, (OMISSIS) organizzatore fornitore, (OMISSIS) organizzatore fornitore, (OMISSIS) partecipante, (OMISSIS), partecipante, (OMISSIS), partecipante, (OMISSIS) partecipante, (OMISSIS) partecipante, (OMISSIS) partecipante. Fatto commesso in (OMISSIS);
– capi 2), 3), 4), 5), 6), 7), 8), 10), 11), 12) (in (OMISSIS)); 13), 16), 17), 18), 19), 20), 21), 22), 23), 24), 25), 26), 27), 28), 29), 30), 31), 32), 33), 34), 35), 36), 39), 40), (in (OMISSIS)); 41) (in (OMISSIS)); 78), 79), 80), 81), 82), 83), 84), 85), 86), 87), 88), 89), 90), 92), 93), 95), 96), 108), 110), 111), 112), 113) (in (OMISSIS)): delitti previsti dall’articolo 81 c.p. e articolo 73 Testo Unico Stup. per aver ceduto illecitamente, in piu’ circostanze ripetute nel tempo, per conto del sodalizio, quantitativi di volta in volta specificati o non meglio quantificati, di sostanze stupefacenti del tipo cocaina e crack;
– capi 37), 38), 42), 43) (in (OMISSIS)); 91), 94), 104), 109) (in (OMISSIS)): delitti previsti dagli articoli 81 e 110 c.p. e 73 Testo Unico Stup. per aver ceduto illecitamente, in piu’ circostanze ripetute nel tempo, per conto del sodalizio e in concorso, quantitativi di volta in volta specificati o non meglio quantificati di sostanze stupefacenti del tipo cocaina e crack;
– capi 53), 54), 55), 56), 57), 58), 59) (in (OMISSIS)) delitti previsti dagli articoli 81 e 110 c.p. e 73 Testo Unico Stup. per aver rifornito il sodalizio ( (OMISSIS) e (OMISSIS)), in piu’ circostanze ripetute nel tempo, di sostanze stupefacenti del tipo cocaina e crack, per quantitativi non meglio specificati, ricevendo ( (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) la sostanza stupefacente per la cessione a terzi;
– capo 114) (in (OMISSIS)): delitto previsto dagli articoli 81 e 110 c.p. e 73 Testo Unico Stup. per aver rifornito il sodalizio, in piu’ circostanze ripetute nel tempo, di sostanze stupefacenti del tipo cocaina e crack, per quantitativi non meglio specificati, ricevendo la sostanza stupefacente da (OMISSIS), per la successiva cessione a terzi.
1.1. (OMISSIS), ritenuto responsabile del reato ascritto al capo 1) e condannato alla pena di anni otto, mesi due di reclusione (pena base in qualita’ di partecipe anni 10, aumentata per la recidiva ad anni 11 e mesi 11 nei limiti di cui all’articolo 99 c.p., comma 6, aumentata ad anni 12 e mesi 3 Decreto Legge n. 152 del 1991, ex articolo 7 e cosi’ diminuita per il rito).
1.2. (OMISSIS), ritenuto responsabile dei reati di cui ai capi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7,8, 10, 11, 12, 13, 16,17,18,19,20,21,22,23, 24, 25, 26, 27, 28, 29,30, 31, 32, 33, 37, 38, 42, 43, 53, 54, 55, 56, 57, 58, 59 e condannato alla pena di anni diciotto, mesi tre, giorni venti di reclusione (pena base per il capo 1) anni 20, aumentata Decreto Legge n. 152 del 1991, ex articolo 7 anni 27 mesi 2, ridotta ex articolo 62 bis c.p. anni 18, aumentata ex articolo 81 c.p., ad anni 27, mesi 5, 15 giorni, ossia in misura di anni 9, mesi 5 e 15 giorni, di cui mesi 2 giorni 15 per ciascuno dei reati di cui ai capi 2, 3, 4, 6, 11, 16, 17, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 30, 31, 32, 33, 37, 38, 42, 43, 54, 55, 56, 57, 58, 59, e nella misura di mesi 4 per ciascuno dei reati continuati di cui ai capi 5, 7, 8, 10, 12, 13, 18, 29, 53, ridotta per il rito).
1.3. (OMISSIS), ritenuto responsabile dei reati di cui ai capi 1, 34, 35, 36, 37, 38, 39, 40, 41, 42, 43, 54, 59, e condannato alla pena di anni nove mesi otto di reclusione (pena base anni 11 di reclusione in qualita’ di partecipe, aumentata Decreto Legge n. 152 del 1991, ex articolo 7, alla pena di anni 15, ridotta ex articolo 62 bis c.p. ad anni 11, aumentata ex articolo 81 c.p. ad anni 14 mesi 6 di reclusione, nella misura di mesi 3 per ciascuno dei reati di cui ai capi 34, 35, 36, 37, 38, 39, 40, 41, 42, 43, 54, 59, ridotta per il rito).
1.4. (OMISSIS), ritenuto responsabile dei reati di cui ai capi 1, 108, 109, 110, 111, 112. 113 e condannato alla pena di anni 20 di reclusione (pena base anni 20 di reclusione in qualita’ di capo promotore, aumentata per la recidiva specifica e reiterata ad anni 27, aumentata Decreto Legge n. 152 del 1991, ex articolo 7, ad anni 29 di reclusione, aumentata ex articolo 81 c.p. ad anni 30 e mesi 6, nella misura di mesi 3 di reclusione per ciascuno dei reati di cui ai capi 108, 109, 110, 111, 112, 113, ridotta ex articolo 78 c.p. ad anni 30, ridotta per il rito).
1.5. (OMISSIS), ritenuto responsabile dei reati di cui ai capi 1 e 114 e condannato ad anni tre e mesi sei di reclusione (pena base anni 10 di reclusione in qualita’ di partecipe, ridotta Decreto Legge n. 152 del 1991, ex articolo 8 ad anni 5, aumentata ex articolo 81 c.p., ad anni 5 mesi 3, ridotta per il rito).
1.6. (OMISSIS), ritenuto responsabile dei reati di cui ai capi 1,55, 114 e condannato alla pena di anni sette di reclusione (pena base anni 20 di reclusione in qualita’ di promotore, ridotta Decreto Legge n. 152 del 1991, ex articolo 8 ad anni 10, aumentata ex articolo 81 c.p., ad anni 10, mesi 6, nella misura di mesi 3 per ciascuno dei reati di cui ai capi 55 e 114, ridotta per il rito).
1.7. (OMISSIS), ritenuto responsabile del reato di cui al capo 114 e condannato alla pena di anni sei, mesi otto di reclusione ed Euro 33.333,00 di multa (pena base anni 6 Euro 30.000, aumentata per la recidiva ad anni 10 ed Euro 50.000 nella misura di quattro anni ed Euro 20.000 nei limiti ex articolo 99 c.p., comma 6, diminuita per il rito).
1.8. (OMISSIS), ritenuto responsabile dei reati di cui ai capi 1, 90, 91, 92, 93, 94, 95, 96, e condannato alla pena di anni sei, mesi quattro, giorni venti di reclusione (pena base anni 10 di reclusione, aumentata Decreto Legge n. 152 del 1991, ex articolo 7, anni 13, mesi 4, ridotta ex articolo 62 bis c.p. anni 8, mesi 10, aumentata ex articolo 81 c.p., ad anni 9, mesi 7, nella misura di mesi 9 di cui mesi 1 per ciascuno dei reati di cui ai capi 91, 92, 93, 94, 95, 96, e mesi 3 per le plurime condotte di cui al capo 90, ridotta per il rito).
1.9. (OMISSIS), ritenuto responsabile del reato di cui al capo 1 e condannato alla pena di anni sette di reclusione (pena base anni 20 di reclusione in qualita’ di promotore, ridotta Decreto Legge n. 152 del 1991, ex articolo 8 ad anni 10 mesi 6, ridotta per il rito).
1.10. (OMISSIS), ritenuto responsabile del reato di cui al capo 1 e condannato alla pena di anni sei di reclusione (pena base anni 10, aumentata Decreto Legge n. 152 del 1991, ex articolo 7, ad anni 13 mesi 4, ridotta ex articolo 62 bis c.p. a 9 anni, ridotta per il rito).
1.11. (OMISSIS), ritenuto responsabile del reato di cui al capo 1 e condannato alla pena di anni sette e mesi dieci di reclusione (pena base anni 11 di reclusione in qualita’ di partecipe, aumentata ai sensi del Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7, ad anni 14 e mesi 6, diminuita ex articolo 62 bis c.p. ad anni 11 e mesi 9 di reclusione, ridotta per il rito).
1.12. (OMISSIS), ritenuto responsabile dei reati di cui’ ai capi 1, 78, 79, 80, 81, 82, 83, 84, 85, 86, 87, 88, 89, 91, 94, 104 e condannato alla pena di anni dieci mesi quattro di reclusione (pena base anni 10 di reclusione in qualita’ di partecipe, aumentata ad anni 14 Decreto Legge n. 152 del 1991, ex articolo 7, ridotta ex articolo 62 bis c.p. ad anni 11 di reclusione, aumentata ex articolo 81 c.p. ad anni 15 e mesi 6 di reclusione, nella misura di mesi 3 per ciascuno dei reati di cui ai capi 85, 86, 87, 88, 89, 91, 94, 104 e nella misura di mesi 5 per le plurime condotte contestate ai capi 78,79, 81, 82, 83, 84, ridotta per il rito).
1.13. (OMISSIS), ritenuto responsabile del reato di cui ai capi 54 e 59 e condannato alla pena di anni tre mesi quattro di reclusione ed Euro 22.000 di multa (pena base anni 7 Euro 45.000 di multa, ridotta ex articolo 62 bis c.p. ad anni 4 mesi 9 ed Euro 30.000 di multa, aumentata ex articolo 81 c.p. ad anni 5 Euro 33.000 di multa, ridotta per il rito).
2. Il Tribunale di Napoli, procedendo con rito abbreviato, ha ripercorso inizialmente la storia del clan camorristico (OMISSIS), egemone sul territorio di Mondragone, acclarata giudizialmente e culminata in un evento omicidiario a seguito del quale la collaborazione di (OMISSIS) con la giustizia aveva portato a una serie di fermi, tra i quali quello di (OMISSIS), all’epoca capo del clan. All’indomani, tra il mese di agosto 2014 e il mese di maggio 2015, era stata disposta l’attivita’ di intercettazione da cui e’ scaturito il procedimento in esame. Al compendio intercettivo si era aggiunta la collaborazione con la giustizia di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) detto (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Tutti i collaboratori avevano dichiarato che uno degli obiettivi dell’organizzazione camorristica operante in Mondragone fosse la gestione dell’attivita’ di spaccio di sostanze stupefacenti, realizzatasi imponendo ai titolari delle piazze di spaccio (affiliati e non) di acquistare la droga dal capo clan (OMISSIS) ovvero di versare una quota dei proventi al clan. Esisteva nell’ambito dell’organizzazione una netta distinzione tra le piazze di spaccio di marijuana e hashish, gestite dalla sola famiglia Gagliardi, detta “dei Mangianastri”, e le piazze di spaccio di cocaina e crack. (OMISSIS) acquistava lo stupefacente a Napoli e, tramite i suoi corrieri, lo distribuiva a Mondragone e a Pescopagano, ove vi era la piazza di (OMISSIS); a Mondragone provvedeva allo spaccio al minuto di cocaina (OMISSIS) detto (OMISSIS) “lo spagnolo” unitamente al figlio, contestualmente rifornendo altri titolari di piazze tra cui (OMISSIS) e (OMISSIS). Lo spaccio di cocaina a Mondragone si svolgeva secondo un sistema di distribuzione collaudato: gli spacciatori ricevevano in consegna pacchetti di 14 pezzi del valore di 700 Euro, dei quali 500 Euro andavano a (OMISSIS) e 200 Euro al singolo spacciatore. I titolari di piazze acquistavano quantitativi maggiori e potevano acquistare anche a credito, ma dovevano versare, oltre al prezzo, una quota dei proventi, indicata dal collaboratore (OMISSIS) in 500 Euro mensili. Dopo l’arresto del (OMISSIS) si era aperta una contesa per la reggenza del gruppo di Mondragone tra (OMISSIS) e (OMISSIS), elementi di spicco del clan (OMISSIS)- (OMISSIS); i (OMISSIS) avevano iniziato a rifornirsi direttamente a Napoli senza versare piu’ la loro quota al clan; il clan aveva cercato di imporsi sul territorio bloccando le piazze di spaccio dei (OMISSIS) al fine di indurli a pagare la quota, ma successivamente era stato trovato un accordo tra (OMISSIS) e (OMISSIS) per gestire una piazza comune, mentre (OMISSIS) aveva ottenuto la gestione di una propria piazza, acquistando la droga da fornitori personali. La situazione, cosi’ delineata dalle dichiarazioni dei collaboratori, aveva evidenziato, secondo il giudice di primo grado, una pluralita’ di piazze, maggiore concorrenza fra spacciatori e maggiori contrasti fra le famiglie. Secondo quando si legge nella sentenza di primo grado, le dichiarazioni dei collaboratori avevano trovato conferma nelle intercettazioni, dalle quali era emersa l’esistenza di quattro piazze: la piazza di Pescopagano di (OMISSIS), che operava insieme al cognato (OMISSIS); la piazza di (OMISSIS), che operava a Mondragone per il tramite dei fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS) (figlio non riconosciuto del medesimo padre); la piazza di (OMISSIS), che operava sempre a Mondragone con la moglie (OMISSIS) e il figlio (OMISSIS), il cognato (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); la piazza di (OMISSIS), che operava a Mondragone con il figlio (OMISSIS) e, da ottobre 2014, in comune con (OMISSIS). Ruolo di pusher era riconosciuto a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
2.1. Il collegamento tra le piazze di spaccio gestite da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e’ stato indicato dai collaboratori di giustizia, alcuni dei quali, in particolare (OMISSIS) e (OMISSIS), erano soggetti militanti nel clan camorristico al fianco del (OMISSIS), come accertato in procedimenti paralleli (pagg.9-11 primo grado). Il sistema delineato dai collaboratori, in base al quale i titolari delle piazze di spaccio erano tenuti a versare una quota dei proventi al clan camorristico, aveva funzionato senza intoppi sino all’arresto del (OMISSIS). In concomitanza, dunque, con l’avvio delle intercettazioni telefoniche, sulla cui scorta sono state formulate le ipotesi accusatorie nel presente processo, si era aperta una contesa tra elementi di spicco del clan (OMISSIS)- (OMISSIS), ossia (OMISSIS) e (OMISSIS), sia per la gestione della cassa (in cui confluivano i proventi di tutte le attivita’ illecite per pagare gli stipendi agli affiliati), sia per la gestione diretta delle estorsioni e dei proventi delle piazze di spaccio. I collaboratori avevano specificato che i (OMISSIS) tendevano a non acquistare piu’ droga dal clan e a non versare la loro quota, (OMISSIS) cercava di imporsi sul territorio, ma si era poi accordato con (OMISSIS) per la gestione di una piazza comune, (OMISSIS) aveva ottenuto di poter gestire una propria piazza acquistando la droga da fornitori personali. In questo stesso frangente, (pag. 12) era cessata l’organizzazione delle piazze sulla base di un luogo fisso di cessione, per avviarsi sempre piu’ il meccanismo delle richieste telefoniche con appuntamenti in strada ovvero in luoghi ogni volta diversi. Tuttavia, le quattro piazze avevano continuato ad operare in sinergia (pag. 13): il giudice di primo grado ha desunto dalle intercettazioni telefoniche l’esistenza di una condivisione di interessi e il continuo interscambio di sostanze e di denaro, condivisione non intaccata dal fatto che, dopo l’arresto del (OMISSIS), i titolari delle piazze avessero iniziato a rifornirsi anche attraverso canali propri e trattassero scambi anche con altri, persistendo la regola dei limiti territoriali che ciascun capo piazza doveva rispettare (pag.36).
2.2. (OMISSIS) era considerato il gestore della piazza di spaccio di Pescopagano (frazione di Castelvolturno) con base logistica presso il bar (OMISSIS) sito in (OMISSIS), gestito dalla famiglia di tale imputato, ma con utilizzo di altri luoghi di spaccio, come il vicino bar (OMISSIS). Dichiarazioni dei collaboratori, intercettazioni telefoniche e attivita’ di videomonitoraggio avevano dimostrato che la presenza di persone presso tale bar fosse prevalentemente giustificata dall’attivita’ di spaccio ivi svolta. (OMISSIS) aveva in uso un’utenza dedicata ai contatti con i clienti, che veniva accesa nel tardo pomeriggio fino a tarda notte; taluni acquirenti, peraltro, evitavano di contattare telefonicamente il pusher recandosi direttamente presso il bar. (OMISSIS), secondo quanto dichiarato dai collaboratori di giustizia, era obbligato a rifornirsi di stupefacente dal capo clan (OMISSIS), detto “il cinese”, era autorizzato a spacciare nella sola zona di Pescopagano e doveva versare al capo clan una tangente per poter esercitare l’attivita’ (pagg.14-36). Presso l’abitazione di (OMISSIS) sita in (OMISSIS) e all’interno del bar (OMISSIS) oppure nelle immediate vicinanze di tale bar il (OMISSIS) custodiva la droga (pagg. 32-33). Contatti tra (OMISSIS) e (OMISSIS) erano stati intercettati nel mese di settembre 2014, dunque dopo l’uscita di scena del (OMISSIS) (pagg.34-35) e il monitoraggio del bar (OMISSIS) aveva consentito di accertare, almeno in due occasioni, la presenza di (OMISSIS) (esponente di spicco del clan camorristico, condannato per il reato associativo nel presente processo, non ricorrente), in una di queste accompagnato da (OMISSIS) il 14 ottobre 2014. Nonostante l’arresto di (OMISSIS) il 6 dicembre 2014 l’attivita’ era proseguita almeno fino al 14 dicembre 2014, quando (OMISSIS) era stato arrestato in flagranza di reato.
2.3. (OMISSIS) risultava ugualmente attivo nella piazza di (OMISSIS), svolgendo compiti di cessione al dettaglio di cocaina e crack; questo imputato condivideva con (OMISSIS) l’utenza dedicata ai rapporti con gli acquirenti e risultava presente nel monitoraggio video attuato con riprese dai Carabinieri davanti al bar (OMISSIS) ovvero nelle immediate vicinanze. Dalle conversazioni registrate nel mese di agosto 2014 era emerso il coordinamento dell’attivita’ di spaccio organizzata da parte di (OMISSIS) e del cognato (OMISSIS) (pagg.21-22), in concorso con (OMISSIS) (condannato per il reato associativo, non ricorrente) con compiti di tramite dell’approvvigionamento nonche’ di depositario dello stupefacente, e con altra persona non meglio identificata di nome (OMISSIS), indicato in piu’ conversazioni come deputato alla cessione ovvero all’acquisto e al trasporto della droga. Fornitori dello stupefacente del gruppo del (OMISSIS) risultavano essere (OMISSIS) e (OMISSIS) (pagg. 29-30) e intermediario negli approvvigionamenti (OMISSIS) (pagg. 54-69).
2.4. (OMISSIS) risultava gestore della piazza di (OMISSIS); si avvaleva del supporto del fratello (OMISSIS) e del fratellastro (OMISSIS) nonche’, a partire da ottobre/novembre 2014, della famiglia (OMISSIS); coinvolti in questa attivita’ erano anche (OMISSIS) detto “(OMISSIS)” e (OMISSIS) (condannato per il reato associativo nel presente processo, non ricorrente), oltre alla famiglia (OMISSIS), referente come i (OMISSIS) del clan di camorra operante in (OMISSIS). I collaboratori di giustizia (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno descritto le alterne vicende del gruppo successive all’estate del 2014, precisando come alcuni dei soggetti operanti in (OMISSIS) si fossero riforniti da (OMISSIS), poi rinunciandovi per la scadente qualita’ dello stupefacente. Dalle conversazioni telefoniche intercettate i giudici hanno desunto la natura organizzata del gruppo (OMISSIS), con valutazione di conversazioni telefoniche corroborate da dichiarazioni dei collaboratori, che hanno confermato come il metodo di spaccio di tale gruppo si basasse prevalentemente su consegne a domicilio concordate tramite un’utenza dedicata in via esclusiva ai clienti. Sede logistica del gruppo era la sala giochi denominata “(OMISSIS)”, dove gli associati trascorrevano gran parte del loro tempo e dove ci si recava abitualmente per acquistare sostanza stupefacente. La scoperta di un’unica utenza dedicata e’ stata ritenuta prova dell’esistenza in (OMISSIS) di un’organizzazione dedita in via stabile alla vendita di stupefacente (pag.37). (OMISSIS) (condannato per il reato associativo, non ricorrente) impartiva disposizioni ai subalterni (OMISSIS) e (OMISSIS) e, al contempo, era intermediario della famiglia (OMISSIS) con (OMISSIS), a capo del gruppo all’epoca ristretto in regime di arresti domiciliari. Le dichiarazioni dei collaboratori avevano descritto l’accordo intervenuto nell’ottobre/novembre 2014 tra (OMISSIS) e (OMISSIS) per una gestione comune della piazza (pagg. 38-49), con passaggio della cassa comune del clan da (OMISSIS) al (OMISSIS) (pag. 45). In ogni caso, nonostante l’accordo tra il (OMISSIS) e (OMISSIS), la famiglia (OMISSIS) aveva contestualmente proseguito lo spaccio in forma organizzata nella medesima piazza (pag.47), ove operava un nutrito numero di pusher alle dipendenze di un gruppo o dell’altro (pag. 49).
2.5. La sussistenza dell’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, nonostante l’autonomia delle tre piazze di spaccio compresenti in (OMISSIS), e’ stata desunta dal narrato dei collaboratori di giustizia, riscontrato dalle intercettazioni, indicativo del collegamento esistente fra le tre piazze; tale collegamento era desumibile dalla condivisione dei medesimi fornitori e dall’alternarsi dei pusher tra le varie piazze (pag.42,50-51), nonche’ dalla rigorosa ripartizione di zone. Concordato il passaggio della gestione della cassa del clan a (OMISSIS), i (OMISSIS) avevano rifiutato di pagargli la loro quota mensile, ma si erano comunque impegnati a pagare direttamente gli stipendi a taluni affiliati al clan di (OMISSIS) (pagg. 38-39, 41,47).
2.6. L’aggravante di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7, e’ stata desunta dalla prova che l’esercizio della piazza di spaccio fosse condizionato al fatto che il gestore accettasse di versare una quota dei proventi alla cassa del clan camorristico ovvero di acquistare da fornitori indicati dal clan, cosi’ rafforzandone il potere economico mediante un introito periodico destinato alla cassa comune. Il giudice ha ritenuto che l’aggravante avesse natura oggettiva in quanto dagli elementi probatori era emerso che la gestione delle piazze di spaccio fosse stata organizzata al fine di rimpinguare le casse del clan. I collaboratori di giustizia hanno specificamente dichiarato che anche i pusher erano ben consapevoli di prestare il servizio in strutture organizzate e autorizzate dal locale clan, ed erano pagati con modalita’ prestabilite nella medesima proporzione, indipendentemente dalla piazza di spaccio in cui operassero (pag. 51).
3. (OMISSIS) e (OMISSIS) ricorrono per cassazione, con unico atto a firma Avv. (OMISSIS), deducendo, con un primo motivo, nullita’ della sentenza di secondo grado per omesso avviso ai difensori del rinvio dell’udienza del 22/01/2020 a data diversa da quella indicata nel verbale (18/03/2020) in piena sospensione dei termini processuali per emergenza pandemica.
3.1. Con un secondo motivo deducono violazione dell’articolo 74 Testo Unico Stup. e dell’articolo 522 c.p.p., illogicita’ manifesta della motivazione e travisamento della prova in relazione all’affermazione di responsabilita’ per il capo 1). La difesa contesta il ruolo di capo e promotore attribuito al (OMISSIS) lamentando che la responsabilita’ nel presente processo non puo’ desumersi dall’aver partecipato a un’associazione finalizzata allo spaccio di stupefacenti ubicata in (OMISSIS) con la finalita’ di favorire il clan dei (OMISSIS) o con l’utilizzo di metodi mafiosi e che con l’atto di appello si era evidenziato come il (OMISSIS) non fosse un esponente del clan (OMISSIS), neppure indicato come tale dai collaboratori di giustizia, mentre le intercettazioni telefoniche provavano esclusivamente i singoli reati di cui all’articolo 73 Testo Unico Stup. ma non la partecipazione del (OMISSIS) all’associazione, non essendovi telefonate con affiliati al clan (OMISSIS) ne’ riferimenti da cui si potesse desumere la descritta struttura piramidale che monopolizzava il mercato delle sostanze stupefacenti in (OMISSIS) e Comuni limitrofi, ne’ telefonate da cui emergesse un metodo intimidatorio o anche solo riferimenti al clan (OMISSIS). Da quanto indicato dai collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS), dopo l’arresto del (OMISSIS) il (OMISSIS) aveva pagato la quota per poter spacciare ai (OMISSIS); e lo stesso (OMISSIS) aveva dichiarato di non rifornirsi dal (OMISSIS) perche’ quest’ultimo aveva stupefacente di cattiva qualita’; (OMISSIS) aveva dichiarato che il (OMISSIS) si rifornisse da fornitori di Arzano e non dal clan (OMISSIS).
3.2 Con un terzo motivo deducono violazione di legge e illogicita’ della motivazione con riferimento alla qualifica di capo e promotore. La difesa evidenzia come la piazza di (OMISSIS) fosse del tutto autonoma nella gestione, nell’organizzazione, nella struttura e nei ricavi dal gruppo di (OMISSIS), conseguentemente non potendosi ascrivere a (OMISSIS) la qualita’ di promotore capo organizzatore, da riferire all’associazione descritta nel capo di imputazione con sede in (OMISSIS). La motivazione offerta dalla sentenza di appello, si assume, e’ illogica e apodittica posto che la qualifica di organizzatore spetta a chi coordina l’attivita’ degli associati e assicura la funzionalita’ delle strutture del sodalizio, potendo risultare sufficiente il coordinamento di un’articolazione territoriale. Non e’ condivisibile l’assunto per cui l’aggravante contestata si estenda a tutti i concorrenti, inclusi coloro che non appartenessero al clan camorristico, posto che nella contestazione si e’ richiamata proprio l’appartenenza al clan e considerato che nessuno dei fatti di spaccio o di acquisto ascritti al (OMISSIS) e a (OMISSIS) e’ stato aggravato dal metodo o dalle finalita’ mafiose. L’aggravante di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7, e’ una aggravante soggettiva che deve essere sostenuta dal dolo specifico e non si estende automaticamente a tutti i concorrenti nel reato.
3.3. Con un quarto motivo deducono violazione degli articoli 546 e 192 c.p.p. e Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7, nonche’ illogicita’ manifesta della motivazione sul punto. Nessuno dei reati fine contestati ai ricorrenti prevede l’aggravante, ne’ sotto il profilo dell’agevolazione, ne’ sotto quello del metodo mafioso e la stessa contestazione di cui al capo 1) omette di far riferimento all’agevolazione dell’associazione mafiosa quale fine dell’attivita’ di spaccio; tuttavia, il giudice di appello, ritenendo di poter modificare la motivazione, ha individuato nel metodo mafioso il particolare aspetto aggravativo della condotta associativa, cosi’ facendo riferimento a un elemento che esclude la partecipazione del (OMISSIS) e del (OMISSIS) all’associazione descritta al capo 1).
3.4. Con un quinto motivo, e con particolare riferimento a (OMISSIS), deducono violazione degli articoli 546 e 192 c.p.p., 74 Testo Unico Stup. e articolo 110 c.p. nonche’ vizio di motivazione per contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ con riguardo all’affermazione di responsabilita’ di tale ricorrente quale partecipe all’associazione di cui al capo 1). Il concorso nei reati di spaccio di stupefacenti descritti nei capi di imputazione non comporta automaticamente la partecipazione al reato associativo. L’ampiezza, l’organizzazione, i vantaggi economici, la struttura dell’associazione di cui al capo 1) non hanno alcuna attinenza con la modesta attivita’ di spaccio posta in essere dal (OMISSIS), cosi’ come le interlocuzioni telefoniche che avvengono con i singoli acquirenti o il livello economico modesto al quale egli aveva accesso. Non vi e’ nesso causale tra queste piccole, separate dazioni e la piu’ ampia e diversa attivita’ dell’associazione; il rapporto di parentela con (OMISSIS) fornisce giustificazione della contiguita’ personale con quest’ultimo e, d’altro canto, nessun collaboratore di giustizia mostra di conoscere o di aver avuto contatti con il (OMISSIS), mancando la prova dell’adesione al contesto associativo, che non puo’ essere ravvisata nella ripetitivita’ della condotta di spaccio ne’ nei rapporti con (OMISSIS), non univoci perche’ essenzialmente familiari.
3.5. Con un sesto motivo deducono violazione degli articoli 546 e 192 c.p.p. e articolo 74, comma 6, Testo Unico Stup. nonche’ vizio di motivazione sul punto, non essendosi il giudice di appello misurato con quanto osservato nell’atto di impugnazione a proposito dell’esiguita’ delle cessioni svolte dal (OMISSIS).
3.6. Con un settimo motivo deducono violazione dell’articolo 133 c.p. e vizio di motivazione quanto al trattamento sanzionatorio riservato a (OMISSIS). Il giudice di primo grado si era discostato dal minimo della pena immotivatamente senza tenere in alcuna considerazione quanto dallo stesso giudice affermato in merito alla marginalita’ della condotta del (OMISSIS), al contesto familiare in cui si svolgeva la sua attivita’ concorsuale e all’assoluta mancanza di significato della sua attivita’. E’ immotivata la differente quantificazione della pena per il reato ascritto a (OMISSIS) e a (OMISSIS) nella medesima, se non piu’ grave, situazione processuale. L’aumento per l’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 e’ immotivatamente esagerato e le attenuanti generiche sono calcolate in misura immotivata.
4. (OMISSIS), con altro ricorso a firma Avv. (OMISSIS), deduce violazione di legge e difetto di motivazione in relazione all’articolo 74, comma 6, Testo Unico Stup. Il difensore ritiene contraddittorio accertare che i reati-fine attengono a quantitativi minimi di sostanza stupefacente e poi ritenere che dal compendio probatorio e dalle intercettazioni sia emersa un’attivita’ di narcotraffico di ben maggiore rilievo, avente ad oggetto forniture per ingenti quantitativi. L’asserita sinergia tra le piazze, si assume, non esclude la sussistenza dell’ipotesi di cui all’articolo 74, comma 6, Testo Unico Stup. Si lamenta anche l’errore di valutazione circa l’effettivo ruolo del (OMISSIS) nell’associazione, dovendosi ritenere che la sua condotta sia configurabile di minima offensivita’ ai sensi dell’articolo 74, comma 6, Testo Unico Stup. Nel percorso argomentativo della sentenza di appello, si assume, sono assenti i riferimenti alla reiterazione dello smercio con particolare intensita’ e frequenza, all’indeterminata estensione della clientela in un territorio, alla disponibilita’ di numerosi canali di approvvigionamento o contatti con organismi criminali piu’ ampi, mentre viene omessa la valutazione del modesto quantitativo delle singole dosi di volta in volta cedute.
4.1. Con un secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7. La Corte territoriale ha rigettato il relativo motivo di gravame ritenendo che vi fossero tutti gli elementi per considerare di rilevanza mafiosa le metodologie usate nelle piazze di spaccio; il collegio ha qualificato la contestazione sotto il profilo del cosiddetto “metodo mafioso” valorizzando il dato militare di alcune operazioni effettuate al fine di imporre il controllo di alcune piazze di spaccio, senza tuttavia indicare gli elementi specifici da cui desumere l’esistenza di tale metodo in relazione all’agire di (OMISSIS). Si sarebbe dovuta analizzare la condotta tenuta dal soggetto agente, non essendo sufficiente per la configurabilita’ dell’aggravante il mero collegamento con contesti di criminalita’ organizzata o la caratura mafiosa dell’agente; la Corte di appello, facendo riferimento alla metodologia militare, ossia all’utilizzo di armi, sembra aver desunto il metodo mafioso a prescindere dalla volonta’ dei partecipi di fare parte dell’associazione o di agevolarla. I requisiti della forza di intimidazione, dell’assoggettamento e dell’omerta’ devono presentare il carattere della diffusivita’, ma la Corte territoriale ha desunto la sussistenza dell’aggravante da un solo intervento militarizzato raccontato dai collaboratori di giustizia ed espresso da un unico soggetto, quale appunto il (OMISSIS). Si tratta di motivazione apparente in cui e’ omessa la valutazione della condotta del (OMISSIS), che si e’ espressa in una pluralita’ di azioni che non integrano il metodo mafioso. I giudici di merito hanno ritenuto sussistente l’aggravante sulla scorta di un automatismo logico, ovvero sulla scorta della mera consapevolezza dell’ausilio prestato al sodalizio.
4.2. Con un terzo motivo deduce violazione dell’articolo 62 bis c.p., in quanto e’ stato negato, senza giustificato motivo, il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche nella massima estensione, che avrebbe consentito di irrogare una pena piu’ adeguata alla non particolare gravita’ dei fatti ascrivibili al ricorrente, alla sua personalita’ e soprattutto al ruolo marginale assunto.
5. (OMISSIS) propone ricorso per cassazione censurando la sentenza impugnata, con un primo motivo per violazione e falsa applicazione dell’articolo 192 c.p.p., comma 3 e articolo 605 c.p.p. e dell’articolo 74 Testo Unico Stup. nonche’ vizio di motivazione con riferimento all’asserita intraneita’ del ricorrente al consorzio di cui al capo 1); in particolare, il ricorrente ritiene che la totale liberta’ operativa delle quattro piazze di spaccio facenti capo a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali non condividevano canali di rifornimento ne’ sostrato organizzativo o pusher, e tantomeno la gestione delle spese e la soluzione di fisiologici intoppi operativi, fosse indice dell’assenza di un gruppo unitario. L’assenza di un centro di imputazione unitario e di un legame tra le piazze che consentisse di trascenderne l’autonomia decisionale era stata evidenziata nei motivi di appello, in cui si era evidenziato il silenzio dei collaboratori con riguardo alla partecipazione dell’ (OMISSIS) a una gestione unificata degli affari illeciti nel territorio di (OMISSIS), ma la corte di appello ha ritenuto che tale assunto difensivo fosse frutto di una ricostruzione e interpretazione frazionata e parziale del materiale probatorio, che non teneva conto del fatto che quello in esame fosse un contesto associativo che rappresentava l’evoluzione di un contesto preesistente. La corte territoriale non ha spiegato le ragioni per le quali il fatto descritto nell’imputazione potesse essere sussunto nel paradigma normativo di cui all’articolo 74 Testo Unico Stup., nonostante i quattro soggetti indicati come apicali dell’unico consorzio fossero a capo di piazze di spaccio dotate di totale autonomia. In particolare, a pag. 13 della sentenza di appello, si menziona un episodio in cui l’ (OMISSIS) si rivolge a (OMISSIS) e a (OMISSIS) chiedendo loro aiuto in relazione a un debito insoddisfatto da parte di (OMISSIS), sebbene tale episodio confermi l’assenza di affectio societatis, non essendo l’aiuto occasionale, fornito in qualita’ di terzi, sintomo di paradigma associativo. Sebbene il mutuo soccorso sia considerato un forte indicatore dell’esistenza di una struttura associata, nel caso in esame esso era legato a logiche individuali e non prestato in un’ottica solidaristica. Il giudice di appello ha omesso di confrontarsi con due anomalie segnalate con i motivi di appello: il fatto che i contatti fossero stati presi in prima persona da (OMISSIS) e non dal (OMISSIS); il fatto che il (OMISSIS) avesse chiesto proprio all’ (OMISSIS) di essere messo in contatto con i fornitori di Arzano. Il giudice di appello ha omesso di confrontarsi con specifiche censure sollevate dalla difesa in merito al fatto che le dichiarazioni accusatorie non fossero affatto reciprocamente riscontrate con riguardo alla serialita’ delle condotte ascrivibili ad (OMISSIS): le divergenze narrative cadevano proprio sul nucleo essenziale della fattispecie, ossia sul ruolo specifico della persona funzionale all’associazione e alle sue dinamiche operative e di crescita criminale, come emergente dalle dichiarazioni di (OMISSIS) rese nell’interrogatorio del 22 aprile 2015. Tali dichiarazioni non erano state, sul punto, confermate dal figlio (OMISSIS) nelle dichiarazioni dell’11 maggio 2015, ne’ dalle dichiarazioni di (OMISSIS), che aveva riferito di un solo episodio riferibile al ricorrente, ne’ dalle dichiarazioni di (OMISSIS) nell’interrogatorio 19 maggio 2015, che aveva descritto il ricorrente come un soggetto estraneo a qualunque logica associativa.
5.1. Con un secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 521, 522 e 605 c.p.p. e del L. n. 203 del 1991, articolo 7, nonche’ vizio di motivazione in ordine al difetto di correlazione tra accusa e sentenza. Nel ricorso si sostiene che il giudice di primo grado ha argomentato la sussistenza dell’aggravante valorizzando elementi strutturali dell’agevolazione mafiosa e non del metodo. La violazione del principio di correlazione tra imputazione, circoscritta al metodo mafioso, e sentenza era stata dedotta in appello ma la corte ha ritenuto di potervi ovviare mediante integrazione della motivazione. Tale modo di procedere e’ considerato lesivo delle prerogative difensive in quanto il riconoscimento solo in appello degli elementi di fatto giustificanti il metodo mafioso ha privato l’imputato del diritto al doppio grado di giurisdizione di merito.
5.2. Con il terzo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 192 e 615 c.p.p., nonche’ del L. n. 203 del 1991, articolo 7, in relazione al delitto di cui al capo 1) e vizio di motivazione con riferimento all’asserita sussistenza del metodo mafioso. Le argomentazioni svolte dalla corte di appello in merito all’aggravante del metodo mafioso sono intrinsecamente illogiche, essendo desunte da interventi attuati manu militare dai membri del consorzio contro altri associati con la sottoposizione delle piazze al versamento di una parte dei proventi nelle casse del clan e previa autorizzazione all’attivita’, sebbene nella sentenza di primo grado questa modalita’ gestoria fosse considerata propria del periodo antecedente, mentre successivamente all’arresto del capo clan (OMISSIS) vi si legge quali difficolta’ fossero sorte nella gestione del traffico di stupefacenti. La difesa critica il riferimento all’irragionevole assunto che ha identificato il metodo mafioso in una serie di condotte violente tenute dagli associati verso altri associati, non potendosi ipotizzare la sussistenza dell’aggravante in quelle ipotesi in cui i panni della vittima siano vestiti da altri membri dell’unico consorzio associativo, anziche’ da soggetti esterni ad esso.
5.3. Con un quarto motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 605 c.p.p. e dell’articolo 99 c.p., comma 4, nonche’ vizio di motivazione con riferimento all’asserita sussistenza della recidiva reiterata e specifica. Nel primo giudizio si era trascurato di valutare le ragioni per le quali il nuovo delitto dovesse considerarsi indicativo di un’inclinazione a delinquere; con motivazione apparente e illogica il giudice di appello si e’ limitato ad affermare che la condotta ascritta all’ (OMISSIS) fosse all’evidenza indicativa di una progressione criminosa rispetto al passato delinquenziale, sebbene l’imputato, condannato negli anni 2010 e 2011 per episodi di spaccio strettamente connessi al suo stato di tossicodipendente, fosse ricaduto nel reato associativo per il reperimento delle risorse necessarie a procurarsi lo stupefacente.
5.4. Con un quinto motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 605 c.p.p. dell’articolo 62 bis c.p., nonche’ vizio di motivazione con riferimento alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Il giudice di appello ha fondato la pronuncia di diniego sui precedenti penali specifici e sulla mancanza di ogni altro elemento di positiva valutazione, sebbene i delitti per i quali l’ (OMISSIS) ha riportato condanna fossero ipotesi attenuate ex articolo 73, comma 7, Testo Unico Stup. e sebbene il ruolo marginale della condotta emersa in giudizio potesse essere utilizzato a tal fine.
6. (OMISSIS) ricorre per cassazione deducendo, con un primo motivo, violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’articolo 193 c.p.p., comma 3, lamentando l’omessa e illogica valutazione delle chiamate in correita’ da parte dei collaboratori di giustizia, sia sotto il profilo della credibilita’ dei collaboratori, che avevano interessi personali e motivi di astio e rivalsa nei suoi confronti, sia sotto il profilo dell’attendibilita’ intrinseca, sia sotto il profilo dell’assenza di riscontri esterni.
6.1. Con un secondo motivo, deduce violazione di legge e vizio di motivazione contestando la valenza probatoria delle intercettazioni sia quali riscontri esterni alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia sia quale prova del ruolo associativo ascrivibile al ricorrente, al quale e’ stata attribuita una determinata utenza telefonica riconducendo poi alla sua persona intercettazioni telefoniche eseguite su altra utenza, con travisamento della prova.
6.2. Con un terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla qualifica di capo e promotore dell’associazione, sebbene tutte le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia fossero riferibili al figlio (OMISSIS) (OMISSIS).
6.3. Con un quarto motivo deduce illogicita’ della motivazione in relazione alla mancata rinnovazione istruttoria mediante acquisizione di copia del verbale dell’udienza del 28 maggio 2018, relativo ad un procedimento stralcio definito dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, ove nuove dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS) non facevano alcun riferimento a (OMISSIS).
6.4. Con il quinto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento agli articoli 73, comma 5, e 74, comma 6, Testo Unico Stup. lamentando che la corte territoriale non ha esaminato specificamente la posizione del (OMISSIS) con riferimento al quantitativo delle cessioni accertate, attribuendogli rifornimenti per importi mai inferiori a 100 grammi senza indicare quali fossero i collaboratori che avevano fatto tale affermazione.
6.5. Con un sesto motivo deduce violazione di legge in relazione all’articolo 597 c.p.p., lamentando la violazione del divieto di reformatio in peius da parte della corte territoriale che, pur correggendo la mancanza di correlazione tra l’accusa e la sentenza di primo grado, anziche’ escludere l’aggravante la ha riqualificata sotto il profilo del metodo mafioso, nonostante il giudice di primo grado avesse escluso tale profilo.
6.6. Con un settimo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla L. n. 203 del 1991, articolo 7, per avere il giudice di appello riconosciuto l’aggravante del metodo mafioso illogicamente ravvisandola nell’esercizio della forza di intimidazione tipica dei contesti mafiosi su altri associati anziche’ sulle vittime del reato.
6.7. Con un ottavo motivo deduce violazione di legge e mancanza di motivazione con riferimento all’articolo 99 c.p., comma 4, per avere il giudice tralasciato di considerare l’ampio lasso temporale tra le pregresse fattispecie e quella in esame e per aver fondato il giudizio esclusivamente sulla presenza di precedenti condanne.
6.8. Con un nono motivo deduce violazione di legge e mancanza di motivazione con riguardo all’articolo 62 bis c.p., posto che la corte ha accolto il relativo motivo di gravame limitatamente alla posizione di coloro che hanno rinunciato ai motivi assolutori, poi contraddittoriamente negando rilevanza alla confessione parziale resa dal (OMISSIS) e alla condotta che tale imputato aveva tenuto durante gli arresti domiciliari in altro procedimento.
7. (OMISSIS) e (OMISSIS) propongono ricorso mediante distinti atti, contenenti identiche doglianze.
7.1. Con un primo motivo deducono violazione di legge in relazione agli articoli 81 e 133 c.p. sul presupposto che l’aumento di pena in caso di continuazione interna deve essere operato valutando la condotta nella sua globalita’, per cui il singolo aumento di pena e’ sproporzionato rispetto alla pena per la violazione ritenuta piu’ grave.
7.2. Con un secondo motivo deducono violazione di legge in relazione all’articolo 74, comma 7, Testo Unico Stup. La difesa aveva chiesto che fosse concessa l’attenuante della collaborazione, ingiustamente negata in quanto secondo i giudici della corte di appello la sua applicazione avrebbe comportato una pena deteriore, non comportando l’elisione dell’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7. La corte non ha svolto alcuna motivazione in ordine alla differenza di cui al comma 7 dell’articolo 74 Testo Unico Stup. rispetto alla L. n. 203 del 1991, articolo 8, quanto all’impossibilita’ di bilanciare tale attenuante con l’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 o di considerarla prevalente. Secondo la pronuncia delle Sezioni Unite n. 10713/10 l’attenuante della L. n. 203 del 1991, articolo 8, non e’ soggetta al giudizio di bilanciamento tra circostanze, manifestando il legislatore interesse preferenziale allo scompaginamento dei sodalizi mafiosi rispetto alla severita’ della risposta sanzionatoria nei confronti di coloro che abbiano collaborato. A identica ratio risponde l’attenuante di cui all’articolo 74, comma 7, Testo Unico Stup. La possibilita’ di ritenere prevalente l’attenuante in parola sulla recidiva comporta la possibilita’ di estendere tale scelta anche alle altre aggravanti ad effetto speciale, in modo da non pregiudicare l’effetto premiale voluto dal legislatore.
7.3. Con il terzo motivo deducono violazione di legge in relazione all’articolo 62 bis c.p.. La corte ha applicato le circostanze attenuanti generiche ai computati che hanno rinunciato ai motivi di gravame ma le ha negate ai (OMISSIS) tralasciando di valutare che questi ultimi, in quanto collaboratori di giustizia, non avrebbero potuto rinunciare ai motivi inerenti alla responsabilita’ in quanto avevano proposto appello per motivi esclusivamente inerenti al trattamento sanzionatorio. La corte ha ignorato i molteplici elementi sui quali avrebbe potuto fondare il giudizio positivo, quali il corretto comportamento processuale, la confessione, la dissociazione dal sodalizio criminale, il reale cambiamento di vita, la resipiscenza, la condotta post delictum. Se tali elementi non dovessero avere rilievo preminente, ai collaboratori di giustizia, che generalmente hanno numerosi precedenti penali e carichi pendenti per gravi fatti, non potrebbero mai essere concesse le attenuanti generiche. Sono del tutto diversi i presupposti di applicazione della norma che si assume violata e quelli dell’attenuante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 8, fondandosi il riconoscimento delle prime su una globale valutazione della gravita’ del fatto e della capacita’ a delinquere del colpevole, fondandosi il riconoscimento della seconda su una utilita’ obiettiva consistente nel proficuo contributo fornito alle indagini.
8. (OMISSIS) ricorre per cassazione deducendo vizio di motivazione in ordine al rigetto della domanda di proscioglimento per essere lo stupefacente detenuto ad esclusivo fine di uso personale.
9. (OMISSIS) ricorre per cassazione deducendo, con un primo motivo, inosservanza o erronea applicazione di legge penale e mancanza di motivazione in relazione alla possibilita’ di ricondurre l’associazione nell’ambito dell’ipotesi di cui all’articolo 74, comma 6, Testo Unico Stup.. La difesa lamenta che la corte napoletana ha omesso di valutare il ridotto numero di persone componenti l’associazione, l’attivita’ improvvisata posta in essere senza accorgimenti, l’unicita’ del canale di approvvigionamento, la terminologia non criptica utilizzata dai sodali, i ridotti quantitativi di sostanza, il breve intervallo di tempo di operativita’ della compagine, l’aver rifornito un numero limitato di assuntori, l’avere realizzato la condotta delittuosa su di un territorio non vasto sul quale operavano anche altri gruppi, l’essere tutti i membri dell’associazione anche assuntori della medesima sostanza stupefacente. Si tratterebbe di “droga parlata”, il quantitativo di sostanza e’ riferito a un immaginario peso lordo, e’ periodica l’assunzione di sostanza da parte dei sodali, mentre d’altro canto la reiterazione delle condotte nel tempo non e’, secondo la giurisprudenza di legittimita’, ostativa al riconoscimento della lieve entita’ del fatto.
Con un secondo motivo deduce inosservanza o erronea applicazione della legge penale e manifesta illogicita’ della motivazione in relazione alla L. n. 203 del 1991, articolo 7. Le motivazioni svolte nella sentenza impugnata sono assolutamente illogiche in quanto, ai fini della configurabilita’ dell’aggravante, non basta il mero collegamento dei soggetti accusati con contesti di criminalita’ organizzata, ne’ la loro caratura mafiosa, essendo necessario invece l’effettivo utilizzo del metodo mafioso, ovvero che l’agente ostenti, in maniera evidente e provocatoria, una condotta idonea a esercitare sui soggetti passivi quella particolare coartazione e quella conseguente intimidazione che sono proprie dell’organizzazione di tipo mafioso. La condotta del ricorrente mai si e’ concretizzata in un comportamento oggettivamente idoneo a esercitare una coartazione psicologica sugli acquirenti, ne’ la corte ha motivato su tale punto. Gli imputati si sono limitati a cedere sostanza nello svolgimento di rapporti commerciali, senza minaccia di ritorsioni. Non vi e’ traccia nella sentenza di condotte connotate da intensita’ e forza atte a ingenerare nella vittima il timore richiamato dalla norma; tanto piu’ quando si tratti di soggetti non inseriti in associazioni mafiose, e’ necessario che il ricorso al metodo mafioso sia accertato con rigore.
10. (OMISSIS) deduce, con unico motivo, manifesta illogicita’ della motivazione nella determinazione della pena. Il ricorrente ha iniziato dal mese di marzo 2016 un percorso collaborativo con la Procura di Napoli rendendo dichiarazioni che hanno fornito molti elementi utili alle indagini, anche nell’ambito di altri procedimenti; egli ha deciso di recidere totalmente ogni legame con l’ambiente criminale e iniziare un nuovo percorso di vita. La corte non ha ritenuto di concedere le attenuanti generiche, condividendo la decisione del primo giudice di escluderle per gli imputati che hanno collaborato con la giustizia in quanto gli elementi dedotti sarebbero stati gia’ oggetto di valutazione sottesa al riconoscimento dell’attenuante speciale. Tale motivazione, si assume, e’ assolutamente illogica in quanto trascura elementi fondamentali per il giudizio di valutazione della personalita’ dell’imputato. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 183 del 10 giugno 2011, ha ritenuto fondata la questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 62 bis c.p., comma 2, nella parte in cui prevedeva il divieto di riconoscere all’imputato le attenuanti generiche per la condotta tenuta dopo la commissione del reato e, nel caso in esame, i comportamenti tenuti dall’imputato sono sintomatici del processo di rieducazione dal medesimo intrapreso.
11. (OMISSIS) propone ricorso per cassazione deducendo, con un primo motivo, violazione di legge e manifesta illogicita’ della motivazione con riferimento all’articolo 416 bis.1 c.p.. Il giudice di appello ha rilevato l’errore in cui era incorso il giudice di primo grado fornendo una motivazione dell’aggravante in termini di agevolazione mafiosa, ma ha poi giustificato la sussistenza dell’aggravante del metodo mafioso con riferimento a quanto emerso dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, secondo le quali la spartizione e l’assegnazione delle piazze di spaccio erano regolate dai referenti del clan camorristico. Il clan, per mantenere tale sistema, ricorreva ad azioni di forza come, ad esempio, quando (OMISSIS) avrebbe “fermato” la piazza di spaccio gestita dal (OMISSIS) minacciando di morte i pusher di quest’ultimo. Tale motivazione, si assume, si basa su dichiarazioni di collaboratori di giustizia prive del necessario elemento di riscontro; inoltre, non contempla condotte specificamente evocative di forza intimidatrice derivante dal vincolo associativo.
Per altro verso, la motivazione e’ manifestamente illogica in quanto, analizzando il capo di imputazione, il periodo al quale e’ riferita la condotta intimidatrice di (OMISSIS) coincide con il periodo in cui quest’ultimo e (OMISSIS) sono capi della medesima associazione. L’utilizzo del metodo mafioso non puo’ essere ritenuto rilevante allorquando venga utilizzato nei confronti di soggetti aderenti alla medesima consorteria anziche’ nei confronti di soggetti terzi che, per qualsiasi ragione, si trovino in rapporti di conflitto con l’associazione.
Con un secondo motivo deduce inosservanza di legge penale processuale con riferimento all’articolo 671 c.p.p.. La difesa aveva avanzato in sede di discussione istanza per l’applicazione della disciplina del reato continuato tra i fatti del presente procedimento e quelli giudicati con la sentenza n. 10604/2017 emessa dalla Corte di appello di Napoli, irrevocabile il 2 aprile 2018. La corte di appello ha ritenuto che la eterogeneita’ dei reati escludesse l’unicita’ del disegno criminoso, omettendo di considerare gli altri indici che dimostrano l’ideazione unitaria dei fatti-reato. In particolare, la rapina di cui al procedimento gia’ definito e’ stata commessa il (OMISSIS) in concorso con (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (rectius (OMISSIS), n.d.e.), ossia in un periodo inglobato in quello inerente alla condotta associativa e in concorso con alcuni tra coloro che sono imputati nel presente procedimento. Inoltre, (OMISSIS) aveva dichiarato, nell’interrogatorio reso in data 11 maggio 2015, che (OMISSIS), per pagare il pacchetto da 700 Euro, fosse stato costretto a commettere una rapina, andando a tal fine a chiedere il permesso al padre insieme con (OMISSIS), cosi’ evidenziando la strumentalita’ della rapina al pagamento di un approvvigionamento di sostanza stupefacente in favore del capo dell’associazione. La spinta criminale era, dunque, proprio la posizione debitoria nei confronti del capo dell’associazione.
12. (OMISSIS) ricorre per cassazione deducendo, con un primo motivo, violazione di legge e manifesta illogicita’ della motivazione con riferimento agli articoli 62 bis e 132 c.p., articolo 597 c.p.p., comma 5. La corte di appello ha concesso le circostanze attenuanti generiche nella massima estensione a tutti gli appellanti che in primo grado ne erano stati ritenuti meritevoli e ha quantificato la pena base in misura pari al minimo edittale per tutti gli imputati con ruolo di semplice pusher. Da tale giudizio e’ stato escluso il ricorrente in ragione della mancata deduzione, con i motivi di appello, di richieste specifiche circa il trattamento sanzionatorio. La corte di appello ha motivato la concessione delle attenuanti generiche in virtu’ di un comportamento processuale, ossia la rinuncia ai motivi assolutori, riferibile anche al ricorrente, per cui il giudice avrebbe dovuto d’ufficio, ai sensi dell’articolo 597 c.p.p., comma 5, procedere alla valutazione di tale elemento anche in favore di chi non aveva espressamente impugnato sul punto la decisione di primo grado.
12.1. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e manifesta illogicita’ della motivazione con riferimento all’articolo 416 bis.1 c.p. Per l’illustrazione di tale censura si richiama il par. 11.
12.2. Con il terzo motivo deduce inosservanza di legge penale processuale con riferimento all’articolo 671 c.p.p.. La difesa aveva avanzato in sede di discussione istanza per l’applicazione della disciplina del reato continuato tra i fatti del presente procedimento e quelli giudicati con la sentenza n. 10604/2017 emessa dalla Corte di appello di Napoli, irrevocabile il 2 aprile 2018. La corte di appello ha ritenuto che la eterogeneita’ dei reati escludesse l’unicita’ del disegno criminoso omettendo di considerare gli altri indici che dimostrano l’ideazione unitaria dei fatti-reato. In particolare, la rapina di cui al procedimento gia’ definito e’ stata commessa il (OMISSIS) in concorso con (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ossia in un periodo inglobato in quello inerente alla condotta associativa e in concorso con alcuni tra coloro che sono imputati nel presente procedimento. Inoltre, (OMISSIS) aveva dichiarato, nell’interrogatorio reso in data 11 maggio 2015, che (OMISSIS), per pagare il pacchetto da 700 Euro, fosse stato costretto a commettere una rapina, andando a tal fine a chiedere il permesso al padre insieme con (OMISSIS), cosi’ evidenziando la strumentalita’ della rapina al pagamento di un approvvigionamento di sostanza stupefacente in favore del capo dell’associazione. La spinta criminale era, dunque, proprio la posizione debitoria nei confronti del capo dell’associazione.
13. (OMISSIS) ricorre per cassazione deducendo, con un primo motivo, violazione di legge e difetto di motivazione in relazione all’articolo 74, comma 6, Testo Unico Stup.. Per l’illustrazione di tale motivo si richiama il par. 4.
13.1. Con un secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7. La Corte territoriale ha qualificato la contestazione sotto il profilo del cosiddetto “metodo mafioso” valorizzando il dato militare delle operazioni effettuate al fine di imporre il controllo su alcune piazze di spaccio, senza tuttavia indicare gli elementi specifici da cui desumere l’esistenza di tale metodo. Si sarebbe dovuta analizzare la condotta tenuta dal (OMISSIS), essendo emerso dalle dichiarazioni dei collaboratori che il (OMISSIS) agisse per agevolare il fratello (OMISSIS), peraltro senza alcuna metodologia mafiosa. Inoltre, difetta nella motivazione l’accertamento concreto di quelli che la giurisprudenza di legittimita’ ha indicato quali elementi validi ad attestare l’utilizzo del metodo mafioso, ossia il contenuto nella minaccia, la condotta dell’agente e le peculiarita’ del contesto. E anche la riferibilita’ del metodo al (OMISSIS), essendovi un mero richiamo ai rapporti di parentela quale fondamento del legame con il clan mafioso.
13.2. Con un terzo motivo deduce violazione dell’articolo 62 bis c.p. in quanto e’ stato negato, senza giustificato motivo, il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche nella massima estensione, che avrebbe consentito di irrogare una pena piu’ adeguata alla non particolare gravita’ dei fatti ascrivibili al ricorrente, alla sua personalita’ e soprattutto al ruolo marginale assunto.
14. (OMISSIS) ricorre per cassazione deducendo violazione dell’articolo 125 c.p.p., comma 3 e articolo 73, commi 4 e 5, Testo Unico Stup. La difesa ritiene che le argomentazioni poste dalla corte territoriale a fondamento del diniego della piu’ favorevole qualificazione ex articolo 73, commi 4 e 5, Testo Unico Stup. delle condotte ascritte al ricorrente ai capi 54) e 59) siano elusive di criteri logici e giuridici in quanto non e’ stata mai in concreto determinata la qualita’ e la quantita’ dello stupefacente ceduto al (OMISSIS). L’episodicita’ delle condotte e la circostanza che la piazza di spaccio del (OMISSIS) si occupasse anche di droghe leggere, avrebbero dovuto essere valutate a favore del ricorrente, non essendo sufficiente il generico riferimento al complessivo compendio probatorio o all’inserimento delle condotte in un “piu’ ampio sistema di spaccio”.

 

La circostanza aggravante del metodo mafioso

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. In via preliminare va esaminata l’eccezione sollevata dall’Avv. (OMISSIS), difensore di (OMISSIS) e (OMISSIS), in relazione alla violazione del diritto dei difensori di partecipare all’udienza dibattimentale della fase di appello del 24 aprile 2020, deputata alla pronuncia della decisione di appello. Si tratta di eccezione che non supera il vaglio di ammissibilita’.
1.1. Dall’esame degli atti, consentito dalla natura della censura, si evince che in data 22 gennaio 2020 erano presenti i difensori, i quali avevano tutti formulato le rispettive conclusioni, il Collegio aveva rinviato l’udienza “per eventuali repliche e comunque per la deliberazione” all’udienza del 18 marzo 2020. Il successivo verbale di udienza, che attesta l’assenza dei difensori ma la presenza di entrambi gli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS) in videoconferenza, nonche’ l’assenza di repliche, risulta redatto il 24 aprile 2020; in tale data il Collegio di appello ha dato lettura del dispositivo di sentenza. Il rinvio d’ufficio dell’udienza dal 18 marzo 2020 al 24 aprile 2020 risulta comunicato collettivamente dalla cancelleria della Corte di appello di Napoli il 18 marzo 2020 a mezzo pec all’indirizzo (OMISSIS) del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Napoli, nel rispetto delle misure organizzative adottate ai sensi del Decreto Legge 8 marzo 2020, n. 11, articolo 2, con decreto del Presidente della medesima Corte di appello, par. 8, datato 10 marzo 2020.
1.2. Il difensore lamenta, genericamente, di non aver ricevuto avviso del rinvio dell’udienza, desumendone la nullita’ della sentenza emessa nel giudizio di appello. Trascura il difensore di specificare se l’udienza del 24 aprile 2020 sia stata tenuta su richiesta di parte ovvero in quanto era imminente la scadenza dei termini di cui all’articolo 304 c.p.p.; ulteriore profilo di aspecificita’ della censura concerne le attivita’ difensive che sarebbero state conculcate e le ragioni di inidoneita’ del mezzo tecnico adottato.
2. E’ utile, onde chiarire il rilievo di aspecificita’, ricostruire la disciplina dettata nel periodo emergenziale.
2.1. In data 8 marzo 2020, era entrato in vigore il Decreto Legge n. 11, contenente “Misure straordinarie ed urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attivita’ giudiziaria”, il cui articolo 1, comma 1, cosi’ aveva disposto: “A decorrere dal giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto e sino al 22 marzo 2020 le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari, con le eccezioni indicate all’articolo 2, comma 2, lettera g), sono rinviate d’ufficio a data successiva al 22 marzo 2020”; al contempo, l’articolo 2 del medesimo decreto disponeva che i capi degli uffici prevedessero misure organizzative, anche relative alla trattazione degli affari giudiziari, come il rinvio delle udienze a data successiva al 31 maggio 2020, contemplando alcune eccezioni, tra le quali il medesimo articolo 2, comma 2, lettera g) n. 2 lettera a) includeva le “udienze nei procedimenti a carico di persone detenute” che, dunque, si sarebbero dovute trattare una volta decorso il termine di rinvio ex lege fissato dal comma 1, a condizione che i detenuti o i loro difensori ne avessero fatto richiesta.
2.2. Ferma restando la conoscibilita’ del rinvio dell’udienza del 18 marzo 2020 in quanto disposta ex lege, con le forme di pubblicita’ previste per gli atti normativi dello Stato, si poneva, dunque, la questione della necessita’ per gli uffici giudiziari di comunicare alle parti diverse dai richiedenti l’immediata trattazione la data della nuova udienza, compresa tra il 9 marzo 2020 e il 31 maggio 2020, disposta dal capo dell’ufficio in ossequio alla previsione del citato Decreto Legge n. 11 del 2020, articolo 2, comma 2, lettera g), n. 2, lettera a).
2.3. In data 17 marzo 2020 era stato, pero’, emanato il Decreto Legge n. 18, il cui articolo 83, comma 22, aveva abrogato il Decreto Legge n. 11 del 2020, articoli 1 e 2, rinviando tutte le udienze a data successiva al 15 aprile 2020 (termine prorogato all’11 maggio 2020 con Decreto Legge 8 aprile 2020, n. 23), consentendo la trattazione in data anteriore a detto termine delle udienze relative a procedimenti a carico imputati detenuti “quando i detenuti, gli imputati, i proposti o i loro difensori espressamente richiedono che si proceda” (Decreto Legge n. 18 del 2020, articolo 83, comma 3, lettera b), n. 1), con disposizione dai contenuti analoghi a quelli del Decreto n. 11. Tuttavia, Decreto Legge n. 23 del 2020, articolo 36, comma 2, modificando una delle ipotesi derogatorie gia’ previste dal testo originario del Decreto Legge n. 18 del 2020, articolo 83, comma 3, aveva escluso comunque il rinvio ex lege dei “procedimenti nei quali nel periodo di sospensione scadono i termini di cui all’articolo 304 c.p.p.”.
2.4. L’articolo 83, commi 13 e 14, prevedeva, poi, che:
“13. Le comunicazioni e le notificazioni relative agli avvisi e ai provvedimenti adottati nei procedimenti penali ai sensi del presente articolo, nonche’ del Decreto Legge 2 marzo 2020, n. 9, articolo 10, sono effettuate attraverso il Sistema di notificazioni e comunicazioni telematiche penali ai sensi del Decreto Legge 18 ottobre 2012, n. 179, articolo 16, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221, o attraverso sistemi telematici individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia.
14. Le comunicazioni e le notificazioni degli avvisi e dei provvedimenti indicati al comma 13 agli imputati e alle altre parti sono eseguite mediante invio all’indirizzo di posta elettronica certificata di sistema del difensore di fiducia, ferme restando le notifiche che per legge si effettuano presso il difensore d’ufficio”.
2.5. La disciplina eccezionale, derogatoria delle disposizioni di cui all’articolo 148 c.p.p., giustificata dall’emergenza pandemica Covid-19, ha comportato un’evidente semplificazione degli adempimenti, rivolta a ridurre tutte le attivita’ processuali, non solo di giudici e avvocati, ma anche del personale amministrativo che deve assicurare materialmente le attivita’ necessarie per la celebrazione del processo. Il legislatore, nondimeno, nel bilanciamento degli interessi in gioco – da un lato le garanzie della piena difesa dell’imputato e delle parti private, dall’altro, il diritto alla salute di tutti coloro che partecipano o assicurano la celebrazione del giudizio – ha compiuto la scelta di limitare gli adempimenti al solo invio della comunicazione o della notificazione, a mezzo di posta elettronica certificata, al difensore, anziche’ anche all’imputato, allorquando si tratti di difensore di fiducia, espressamente prevedendo il mantenimento delle modalita’ ordinarie nelle ipotesi in cui l’imputato fosse difeso da difensore nominato di ufficio. In questo senso, infatti, va inteso il limite posto dall’ultima parte della disposizione di cui all’articolo 83, comma 14, appena richiamato (“ferme restando le notifiche che per legge si effettuano presso il difensore d’ufficio”). Si e’ ritenuto che l’opzione normativa trovasse la sua ragion d’essere proprio nel rapporto fiduciario che lega l’imputato al difensore dal medesimo nominato, che consente di limitare, in una situazione straordinaria come quella pandemica, l’informazione processuale, nelle forme della comunicazione o della notificazione, consentendone l’invio a un indirizzo certo ed elettronico, qual e’ quello di posta elettronica certificata e ad un soggetto tecnico che rappresenta fiduciariamente l’imputato (o un’altra parte privata) e che per il medesimo puo’ ricevere notizie, trovando, a sua volta, le forme piu’ congrue per comunicarle. L’imputato, infatti, non puo’ essere rintracciato per le comunicazioni o notificazioni attraverso un indirizzo di posta elettronica certificata, non essendo tenuto ad averla (Sez. 4, n. 45605 del 24/11/2021, Gallinaro, n. m.)
2.6. Sebbene sia ripetutamente affermato nella giurisprudenza della Corte di legittimita’ il principio secondo il quale l’omesso avviso al difensore dell’udienza in cui il procedimento e’ stato trattato integra gli estremi di una nullita’ di ordine generale, ai sensi dell’articolo 178 c.p.p., lettera c), che vizia gli atti processuali conseguenti e l’adozione del provvedimento conclusivo del giudizio all’esito di tale udienza assunto (Sez.3, n. 43936 del 14/10/2021, Esposito, n. m.; Sez. 4, n. 29954 del 14/10/2020, Zheng Zi, Rv. 279715; Sez. 1, n. 43854 del 18/09/2019, Sozzi Adriano, Rv. 277327; Sez. 1, n. 36734 del 19/12/2014, dep. 2015, Caliendo, Rv. 264689), cionondimeno occorre in ogni caso concreto confrontare tale principio con il suindicato bilanciamento di interessi.
2.7. Con specifico riguardo al caso in esame, occorre ritenere che l’esigenza di bilanciare il diritto del difensore di ricevere comunicazione del rinvio dell’udienza con il diritto alla salute di tutti coloro che collaborano ad assicurarne la partecipazione all’udienza, consenta di annoverare tra i “mezzi tecnici idonei” previsti dall’articolo 148 c.p.p., comma 2-bis, la comunicazione del rinvio delle udienze eseguita, nel periodo 9 marzo 2020/11 maggio 2020, mediante invio degli elenchi delle cause rinviate e delle nuove date di udienza al locale Consiglio dell’ordine; si tratta, infatti, di modalita’ comunicativa indicata in un provvedimento organizzativo precedentemente adottato, in ossequio al disposto del Decreto Legge n. 11 del 2020, articolo 2, dal Presidente della Corte di appello. La censura svolta, in quando fondata sull’omessa comunicazione della data della nuova udienza a seguito di rinvio ex lege, trascura di esaminare le modalita’ comunicative effettivamente seguite dall’ufficio giudiziario, risultando priva di argomenti inerenti all’inidoneita’ del mezzo tecnico adottato nel contesto emergenziale; il motivo di ricorso e’, anche per tale profilo, aspecifico.
Giova, poi, sottolineare che il difensore degli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS) ha avuto la possibilita’ di rassegnare le conclusioni all’udienza del 22 gennaio 2020, esercitando dunque le prerogative difensive inerenti alla fase conclusiva del giudizio di appello; la giurisprudenza di legittimita’ ha, per converso, ritenuto sussistente, secondo un criterio ermeneutico applicabile anche al giudizio di appello, la nullita’ generale ai sensi dell’articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c), nei casi nei quali, nel giudizio di cassazione, il mancato rispetto dei termini previsti dal Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8, conv. con modif. dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176 abbia comportato per le parti l’impossibilita’ di concludere (Sez. 6, n. 28032 del 30/04/2021, Simbari, Rv. 28169402; Sez. 5, n. 6207 del 17/11/2020, dep. 2021, P., Rv. 280412).
2.8. Il Collegio ritiene, pertanto, di dover affermare il presente principio:
“La comunicazione ai difensori del rinvio dell’udienza fissata per la discussione in periodo compreso tra il 9 marzo 2020 e l’11 maggio 2020, effettuata collettivamente con strumenti tecnici e con modalita’ predeterminati in un provvedimento organizzativo del capo d’ufficio ai sensi del Decreto Legge n. 11 del 2020, articolo 2, non integra un’ipotesi di nullita’ generale ai sensi dell’articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera b) e c), ad eccezione del caso in cui sia dimostrata l’inidoneita’ del mezzo prescelto ai sensi dell’articolo 148 c.p.p., comma 2-bis”.
3. Si esaminano, ora, le censure attinenti a profili di responsabilita’ penale che non superano il vaglio di ammissibilita’.
3.1. Si richiama, in primo luogo, il principio per cui il motivo del ricorso, a pena di inammissibilita’ (articoli 581 e 591 c.p.p.), deve indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione e’, pertanto, innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (cioe’ con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta, si’ da condurre a decisione differente. In altre parole, se il motivo di ricorso si confronta solo genericamente o parzialmente con la motivazione della sentenza impugnata e con la motivazione di primo grado ad essa conforme (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 27721801), o contiene censure non attinenti al contenuto del provvedimento impugnato, per cio’ solo si destina all’inammissibilita’, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale e’ previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento), posto che con tale riproduzione il provvedimento ora formalmente impugnato, lungi dall’essere destinatario di specifica critica argomentata, e’ di fatto del tutto ignorato (Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, Cariolo, Rv. 26060801).
3.2. Ulteriore ipotesi di motivo di ricorso inammissibile, in quanto aspecifico, si verifica quando venga pedissequamente reiterato un motivo di appello gia’ esaminato e puntualmente disatteso dalla corte di merito, tanto piu’ ove si osservi che e’ del pari inammissibile la censura che si limiti a lamentare l’omessa valutazione di una tesi alternativa a quella accolta dalla sentenza di condanna impugnata, senza indicare precise carenze od omissioni argomentative ovvero manifeste illogicita’ della motivazione di questa, idonee ad incidere negativamente sulla capacita’ dimostrativa del compendio indiziario a fondamento della decisione di merito (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 27771001; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, Arnone, Rv. 24383801).
3.3. I seguenti motivi di ricorso risultano, pertanto, inammissibili perche’ aspecifici:
– secondo e terzo motivo del ricorso di (OMISSIS) a firma Avv. (OMISSIS): si tratta di censure che omettono di confrontarsi con la dettagliata replica fornita ad analoghe censure dal giudice di appello (pagg.17-19), peraltro a conferma di un’altrettanto dettagliata valutazione delle emergenze istruttorie presente nella sentenza di primo grado (pagg.14-36). Si richiama, in merito al punto nodale della censura, Sez. 2, n. 20098 del 03/06/2020, Buono, Rv. 27947602, che ha ribadito il principio per cui la qualifica di organizzatore spetta a chi coordina l’attivita’ degli associati e assicura la funzionalita’ delle strutture del sodalizio, non essendo, peraltro, necessario che tale ruolo sia svolto con riferimento all’associazione nella sua interezza, potendo risultare sufficiente la gestione di una sua rilevante articolazione territoriale;
– quinto motivo del ricorso di (OMISSIS) a firma Avv. (OMISSIS): la censura omette di confrontarsi con l’ampia motivazione fornita alle pagg. 164 segg. della sentenza di primo grado e con la motivazione fornita dalla corte di appello alle pagg. 22-24 e rappresenta la mera reiterazione di analogo motivo di appello;
– sesto motivo del ricorso di (OMISSIS) a firma Avv. (OMISSIS), primo motivo del ricorso di (OMISSIS) a firma Avv. (OMISSIS), quinto motivo del ricorso di (OMISSIS), primo motivo del ricorso di (OMISSIS) e primo motivo del ricorso di (OMISSIS): si tratta di censure che non si confrontano con la motivazione espressa dal giudice di primo grado a pag.290 ne’ con la motivazione espressa dalla corte di appello a pag.40-41 in merito alla rilevanza, oltre al dato ponderale, di altri indici negativi tra i quali il carattere non episodico delle cessioni. Difetta, con riferimento al (OMISSIS), specifico motivo di appello inerente alla qualificazione dei singoli reati-fine; in ogni caso, i motivi di ricorso non si confrontano con la motivazione espressa a pag. 24 dal giudice di appello in merito all’importanza del contributo del (OMISSIS) nell’alimentazione della piazza di spaccio di (OMISSIS) ne’ con le argomentazioni svolte alle pagg. 25-32 in merito al ruolo svolto dal (OMISSIS) e alle pagg. 37-38 in merito al ruolo svolto dal (OMISSIS) nelle piazze di spaccio di (OMISSIS). In linea di principio va, in proposito, precisato che la qualificazione del fatto secondo la fattispecie prevista dall’articolo 74, comma 6, Testo Unico Stup., concernendo il reato associativo come figura autonoma di reato necessariamente plurisoggettiva, non puo’ riguardare la posizione del singolo affiliato e che sin dalla pronuncia a Sezioni Unite Valastro (Sez. U, n. 34475 del 23/06/2011 Valastro Rv. 250352), si e’ ritenuto che il legislatore, tenendo conto del minore allarme sociale suscitato dalla condotta incriminata e della minore pericolosita’ degli autori dei fatti previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, avesse inteso riqualificare l’associazione dedita allo spaccio per tali fatti di lieve entita’ come una semplice ipotesi di associazione per delinquere ex articolo 416 c.p.; per tale ragione essa costituisce una fattispecie autonoma di reato. Da cio’ consegue che requisito imprescindibile per la qualificazione della condotta associativa come ipotesi sussumibile nella previsione dell’articolo 74, comma 6, Testo Unico Stup. e’ che si accerti, con riguardo al momento genetico, che l’accordo avesse ad oggetto la realizzazione di delitti sussumibili nella previsione dell’articolo 73, comma 5, Testo Unico Stup. Il discorso porta, dunque, a identificare i criteri che consentono al giudice di accedere a tale qualificazione. Il primo e piu’ evidente criterio e’ che, ove siano contestati e accertati uno o piu’ reati-fine, nessuno di essi sia sussumibile nelle ipotesi delittuose previste dall’articolo 73, commi 1 e 4, Testo Unico Stup., giacche’ la realizzazione di reati-scopo non caratterizzati dalla lieve entita’ puo’ essere assunta, a posteriori, come segno indicativo di un programma delittuoso aperto ad ipotesi di maggiore pericolosita’. Tale elemento, con rilievo dirimente, difetta nel caso in esame;
– secondo e terzo motivo del ricorso di (OMISSIS), essendo omesso il puntuale confronto con la motivazione offerta, con argomenti non manifestamente illogici ne’ contraddittori, alle pagg.31-32 della sentenza di appello;
– unico motivo del ricorso di (OMISSIS), che omette di confrontarsi con la motivazione offerta a pag.45 della sentenza di appello e con il dirimente rilievo per cui la condotta contestatagli non si sostanzia nella detenzione ma nella cessione di sostanza stupefacente a (OMISSIS).
4. Vanno, quindi, esaminate le censure proposte da (OMISSIS) con il primo e il quarto motivo. Si tratta di censure inammissibili.
4.1. In primo luogo, si richiama la giurisprudenza della Corte di legittimita’ che ammette la piena validita’ della prova di reati in materia di stupefacenti qualora gli indizi a carico di un soggetto consistano in mere dichiarazioni captate nel corso di operazioni di intercettazione senza che sia operato il sequestro della sostanza stupefacente. Certamente, nei casi di c.d. “droga parlata” la valutazione indiziaria richiede particolare attenzione e rigore da parte del giudice di merito nella motivazione che esponga le ragioni del suo convincimento. E va anche ricordato che l’articolo 192 c.p.p., comma 2, consente di desumere un fatto da indizi alla condizione che questi siano gravi, precisi e concordanti: questa disposizione, finalizzata a “circondare di cautele la valutazione di una prova ritenuta infida”, deve essere necessariamente letta unitamente al principio contenuto nell’articolo 533 c.p.p., comma 1, secondo cui la colpevolezza dell’imputato deve risultare “al di la’ di ogni ragionevole dubbio”. Cio’ comporta che, soprattutto in presenza di prove indiziarie derivanti da intercettazioni telefoniche, il giudice di merito possa pronunciare condanna a condizione che il dato probatorio acquisito lasci fuori soltanto remote interpretazioni alternative dei colloqui, pur astrattamente formulabili e prospettabili, ma la cui effettiva realizzazione, nella fattispecie concreta, risulti priva del benche’ minimo riscontro nelle emergenze processuali, ponendosi al di fuori dell’ordine naturale delle cose e della normale razionalita’ umana. Si e’ gia’ rilevata l’inammissibilita’ del secondo motivo di ricorso inerente al giudizio espresso nelle conformi sentenze di merito a proposito della valenza indiziaria degli esiti delle intercettazioni telefoniche attribuite o riferibili alla condotta di (OMISSIS), dovendosi conseguentemente tralasciare ogni assunto fondato sull’assenza di riscontri esterni alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia.
4.2. Il ricorrente, con riguardo al tema dell’esatta applicazione dei criteri legali dettati dall’articolo 192 c.p.p., comma 3, contesta anche la valutazione delle chiamate in correita’ sotto il profilo dell’intrinseca inattendibilita’ e della non credibilita’ dei propalanti. In particolare, il ricorrente assume che le propalazioni a carico del (OMISSIS) ascrivibili a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sarebbero viziate dal forte interesse personale ad accedere ai benefici di legge e da motivi di astio e rivalsa. Nel corso della censura, tuttavia, la difesa riesamina nel merito il significato delle dichiarazioni ponendo l’accento sul rifiuto del (OMISSIS) di pagare le quote al clan camorristico, sullo stato di detenzione del (OMISSIS) sino al 2013 quale indice di inattendibilita’ delle altre dichiarazioni rese dai (OMISSIS), nonche’ su altri elementi dai quali si sarebbe dovuta inferire la non credibilita’ di quanto dichiarato. La corte territoriale, secondo il ricorrente, avrebbe fornito motivazione incongrua per non avere replicato pedissequamente alle doglianze dell’appellante e per aver illogicamente affermato la genuinita’ del dichiarato e al contempo la circolarita’ delle notizie all’interno del contesto criminale, trascurando il requisito dell’indipendenza delle chiamate in correita’. La corte avrebbe, inoltre, trascurato di esaminare la censura concernente l’intrinseca inattendibilita’ delle dichiarazioni rese dai componenti della famiglia (OMISSIS) in quanto tra loro contrastanti, e ritenuto convergenti dichiarazioni di segno opposto le une rispetto alle altre.
4.3. Va, in primo luogo, evidenziato come il diniego di rinnovazione istruttoria mediante acquisizione di copia del verbale dell’udienza del 28 maggio 2018 relativo al procedimento n. 29156/16 RGNR, stralcio del presente, oggetto di motivo di ricorso, sia stato motivato dalla corte territoriale (pagg. 26-27) sul rilievo della pluralita’ di elementi che depongono a favore della genuinita’ delle dichiarazioni dei collaboratori, dunque con implicita affermazione di ultroneita’ di tale acquisizione istruttoria. Si richiama in proposito la costante giurisprudenza della corte di legittimita’ circa l’onere motivazionale in tema di diniego dell’istanza di rinnovazione istruttoria (Sez. 6, n. 2972 del 04/12/2020, dep. 2021, G., Rv. 280589; Sez. 6, n. 30774 del 16/07/2013, Trecca, Rv. 257741).
4.4. Esaminando, dunque, la censura inerente alla valutazione delle chiamate in correita’, l’assunto secondo il quale la corte di appello avrebbe omesso di esaminare le doglianze dell’appellante e’ in evidente contrasto con l’esame della sentenza impugnata, che contiene ampia disamina di tali censure, confermando il giudizio espresso dal tribunale in merito all’attendibilita’ delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Tali dichiarazioni sono state ritenute tra loro concordi in merito ad elementi nodali comprovanti la posizione di (OMISSIS) nel sistema attraverso il quale il clan camorristico aveva il controllo di tutte le piazze di spaccio. E’ sufficiente richiamare, in proposito, la concordanza di esse in merito alla richiesta avanzata dal (OMISSIS) di ottenere una riduzione della quota settimanale da versare al clan dopo l’arresto del (OMISSIS), in merito al violento contrasto sorto allorche’ il (OMISSIS) si era sottratto al versamento della quota, in merito al conflitto tra il (OMISSIS) e (OMISSIS), poi composto ad opera di (OMISSIS) e successivamente definito con l’esonero del (OMISSIS) dal versamento della quota al clan a condizione che questi continuasse a pagare direttamente gli stipendi ad alcuni affiliati, in merito all’accordo intercorso con (OMISSIS) per la suddivisione della piazza di spaccio del crack e della cocaina in (OMISSIS). Sotto il profilo della credibilita’ soggettiva e della circolarita’ delle informazioni fornite dai collaboratori, nonche’ delle finalita’ utilitaristiche, perseguite dai propalanti, la corte di appello ha richiamato il ruolo apicale svolto – da ciascuno dei collaboratori di giustizia all’interno del contesto criminale descritto, ritenendo che quanto da ciascuno riferito fosse per tale ragione espressione di un vissuto personale e valutando, non illogicamente, la circolarita’ delle notizie all’interno del contesto criminale di appartenenza non quale indice di non genuinita’ delle stesse ma piuttosto quale conseguenza della necessita’ per ciascun associato di conoscere le dinamiche interne al sodalizio. Completezza e approfondimento del narrato di ciascun collaboratore hanno fugato, secondo la corte, ogni dubbio circa l’incidenza di sentimenti di astio e rivalsa sulla genuinita’ delle dichiarazioni dei collaboratori. Sul tema dello stato detentivo del (OMISSIS), la censura e’ stata ritenuta generica, tanto da non poter essere oggetto di ulteriore approfondimento, e comunque smentita dai precedenti penali risalenti nel tempo a carico del medesimo. La censura, in definitiva, risulta aspecifica a fronte delle analitiche repliche fornite al relativo motivo di appello, anche con riferimento all’attendibilita’ intrinseca delle chiamate in correita’, alle pagg. 28-31 della sentenza impugnata.
5. Si esamina, ora, per ordine logico, la censura mediante la quale il ricorrente (OMISSIS) contesta la decisione sia nella parte in cui ha ritenuto provata l’esistenza del reato associativo, sia nella parte in cui ha confermato la sua posizione di intraneo alla compagine. Si tratta di censura inammissibile.
5.1. Il ricorrente fa riferimento alla totale liberta’ operativa delle quattro piazze di spaccio facenti capo a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali non condividevano canali di rifornimento ne’ sostrato organizzativo o pusher, e tantomeno la gestione delle spese e la soluzione di fisiologici intoppi operativi; evidenzia, inoltre, l’assenza di un centro di imputazione unitario e di un legame tra le piazze che consentisse di trascenderne l’autonomia decisionale; classifica il mutuo soccorso come legato a logiche individuali e non prestato in un’ottica solidaristica. Lamenta il mancato esame di quei rilievi in cui si era messo in evidenza che le dichiarazioni accusatorie dei collaboratori non fossero affatto reciprocamente riscontrate con riguardo alla serialita’ delle condotte ascrivibili ad (OMISSIS) e con riguardo al suo contributo agevolatore rispetto all’associazione e alle sue dinamiche operative e di crescita criminale.
5.2. Muovendo da questi elementi, la critica concernente la mancata risposta ai motivi di appello riguarda aspetti privi di decisivita’; si tratta, in particolare, di aspetti che, a fronte degli elementi evidenziati nelle conformi sentenze di merito, assumono un significato di contorno. Dall’altro, le critiche in questione, piu’ che evidenziare vizi logici del discorso argomentativo della sentenza impugnata, si traducono in una richiesta di diversa interpretazione del significato delle risultanze istruttorie. Meramente assertive, inoltre, e prive di specificita’ a norma dell’articolo 581 c.p.p., comma 1, lettera c), sono le critiche relative alla mancata individuazione di un’unica centrale operativa del sodalizio, all’arbitrarieta’ della ricostruzione dello stesso come articolato in quattro piazze di spaccio, e all’omessa indicazione di circostanze da cui desumere la consapevolezza degli imputati di partecipare ad una struttura organizzata. Invero, queste censure non si confrontano con il discorso giustificativo esposto nella sentenza impugnata, la quale, come si e’ detto, ha ricostruito analiticamente le quattro piazze di spaccio e la loro operativita’, nonche’ il loro coordinamento, specie ai fini della reciproca delimitazione territoriale, e la comune consapevolezza dell’unitarieta’ di fondo dell’organizzazione.
5.3. La motivazione e’ conforme al principio secondo il quale la norma dell’articolo 74 Testo Unico Stup. deve interpretarsi attribuendo valenza di elemento di snodo della fattispecie associativa al comune obiettivo di immettere sostanza stupefacente nel mercato; tale elemento non e’, peraltro, escluso dalla diversita’ di scopo personale, ne’ dalla diversita’ dell’utile, ovvero dal contrasto tra gli interessi economici che i singoli partecipi si propongono di ottenere dallo svolgimento dell’intera attivita’ criminale (Sez. 3, n. 2039 del 02/02/2018, dep. 2019, Papini, Rv. 27481602; Sez. 3, n. 6871 del 08/07/2016, dep. 2017, Bandera, Rv. 269150; Sez. 4, n. 4497 del 16/12/2015, dep. 2016, Addio, Rv. 265945; Sez. 6, n. 3509 del 10/01/2012, Ambrosio, Rv. 251574).
5.4. Per la prova della partecipazione a tale figura di associazione, inoltre, si e’ in piu’ occasioni chiarito che e’ necessario dimostrare la costante disponibilita’ a fornire le sostanze oggetto del traffico del sodalizio, tale da determinare un durevole rapporto tra fornitore e spacciatori che immettono la droga nel consumo al minuto (Sez. 4, n. 19272 del 12/06/2020, Bellissima, Rv. 279249) e accertare la coscienza e volonta’ di far parte dell’associazione, di contribuire al suo mantenimento e di favorire la realizzazione del fine comune di trarre profitto dal commercio di droga; ma anche che si tratta di reato a forma libera, la cui condotta costitutiva puo’ realizzarsi in forme diverse, purche’ si traduca in un apprezzabile contributo alla realizzazione degli scopi dell’organismo (Sez. 3, n. 35975 del 26/05/2021, Caterino, Rv. 282139).
5.5. La Corte territoriale ha sottolineato, in linea con tale impostazione di principio, su quali punti le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia fossero convergenti, segnatamente a proposito del fatto che (OMISSIS) operasse in stretto collegamento sia con (OMISSIS), per il quale faceva da intermediario con i fornitori di stupefacente e da corriere della cocaina, sia con (OMISSIS) e (OMISSIS), per i quali agiva da intermediario con i fornitori di cocaina, spesso comuni a quelli del (OMISSIS), e anche da corriere della droga. I giudici di appello hanno ritenuto sussistente la prova della partecipazione sulla base dei contatti tenuti dal ricorrente con vari esponenti del sodalizio in dialoghi concernenti la gestione della piazza di spaccio di cui era titolare (OMISSIS) e hanno elencato i numerosi contatti descritti dai collaboratori di giustizia, peraltro confermati da ancor piu’ numerose intercettazioni telefoniche, con le quali la censura in esame omette di confrontarsi, chiaramente indicative dell’attivita’ di intermediario svolta da (OMISSIS) nell’approvvigionamento di stupefacente destinato ai gestori delle piazze di spaccio di (OMISSIS) e (OMISSIS) (pag. 14).
6. Seguendo l’ordine logico delle questioni sottoposte all’esame di questa Corte di legittimita’, vanno ora trattate le censure inerenti alle condanne intervenute per il delitto associativo aggravato a norma del Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7, conv., con mod., dalla L. n. 203 del 1991 (aggravante ora contemplata, a seguito della riforma introdotta dal Decreto Legislativo 1 marzo 2018, n. 21, dall’articolo 416 bis 1, c.p.), in relazione all’imputazione “di aver agito avvalendosi del metodo di intimidazione derivante dalla loro appartenenza all’associazione camorristica denominata clan (OMISSIS)- (OMISSIS)”. Si tratta di censure infondate.
6.1. Riassumendo tali censure: (OMISSIS) e (OMISSIS) contestano la possibilita’ di ricondurre ai loro comportamenti la circostanza aggravante del metodo mafioso. (OMISSIS) e (OMISSIS), nei rispettivi atti sottoscritti dall’avv. (OMISSIS), hanno specificato la necessita’ di esaminare gli elementi costitutivi dell’aggravante e la riferibilita’ degli stessi alla condotta del singolo imputato sulla base di elementi diversi dalla mera consapevolezza dell’ausilio prestato al sodalizio. (OMISSIS) ha dedotto che il difetto di correlazione tra accusa e sentenza di primo grado non avrebbe potuto essere ovviato dalla corte di appello mediante integrazione della motivazione, cosi’ ledendosi le prerogative difensive. Con altro motivo, l’ (OMISSIS) ha contestato la correttezza delle argomentazioni svolte dal giudice di appello in merito alla sussistenza del metodo mafioso sulla base del riferimento a condotte violente tenute da associati verso altri associati, anziche’ verso soggetti esterni al sodalizio. (OMISSIS) ha dedotto violazione dell’articolo 597 del codice di rito penale per violazione del divieto di reformatio in peius, sostenendo che il giudice di primo grado aveva escluso il metodo mafioso e, in ogni caso, l’illegittima qualificazione dell’aggravante sulla base dell’esercizio di forza di intimidazione su altri associati piuttosto che sulle vittime del reato associativo. (OMISSIS) censura la sentenza con riferimento all’aggravante di cui si tratta ritenendo che, ai fini della configurabilita’ di tale circostanza, non sia sufficiente il mero collegamento dei soggetti accusati con contesti di criminalita’ organizzata ne’ la loro caratura mafiosa, essendo necessario che l’agente ostenti in maniera evidente e provocatoria una condotta idonea ad esercitare sui soggetti passivi quella particolare intimidazione propria dell’organizzazione di tipo mafioso; la condotta del ricorrente non si e’ mai concretizzata in un comportamento oggettivamente idoneo a esercitare una coartazione psicologica sugli acquirenti ne’ vi e’ traccia nella sentenza di condotte connotate da intensita’ e forza atte a ingenerare nella vittima il timore richiamato dalla norma. (OMISSIS) e (OMISSIS) sottolineano l’assenza di elementi di riscontro alle dichiarazioni dei collaboratori sul punto e, in ogni caso, l’assenza di condotte specificamente evocative di forza intimidatrice derivante dal vincolo associativo, escludendo che l’utilizzo del metodo mafioso possa essere ritenuto penalmente rilevante qualora venga utilizzato nei confronti di soggetti aderenti alla medesima consorteria.
6.2. La fattispecie disciplinata dal Decreto Legge n. 152 del 1991 cit., articolo 7, contempla due distinte ipotesi in cui si sostanzia la circostanza aggravante; l’aver commesso il fatto avvalendosi del metodo mafioso descrive una condotta diversa da quella di aver agito al fine di agevolare l’attivita’ dell’associazione di stampo mafioso, cosicche’ viola il principio di correlazione tra accusa e sentenza il giudice che, in presenza della contestazione dell’aggravante sub specie del metodo mafioso, la ritenga, invece, sussistente con riferimento all’agevolazione dell’associazione mafiosa (per il caso inverso, Sez. 6, n. 45203 del 22/10/2013, Paparo, Rv. 256870). Nel caso concreto, la contestazione riguardava chiaramente l’aver agito con metodo mafioso ma il giudice di primo grado ha incentrato la motivazione sul dato accertato che l’attivita’ di spaccio gestita nelle quattro piazze fosse organizzata al fine di fornire un introito periodico alle casse del clan camorristico. Tale motivazione, non correlata all’accusa, non implicava tuttavia un giudizio negativo in merito alla diversa ipotesi del metodo mafioso, non ravvisandosi alcun passo della motivazione in tal senso. Pertanto, accertata la mancanza di motivazione sul punto inerente al c.d. metodo mafioso, il giudice di appello correttamente ha verificato se sussistessero prove congruenti con la diversa condotta in cui si sostanzia la circostanza aggravante effettivamente contestata.
6.3. Sotto altro profilo, va considerato che le difese hanno contestato negli atti di appello tanto la mancanza di correlazione tra accusa e sentenza quanto la carenza dei presupposti normativi sia del cosiddetto metodo mafioso sia della agevolazione mafiosa. Da cio’ consegue che nessuna violazione del contraddittorio e, in generale, del diritto di difesa puo’ qui lamentarsi, secondo quanto gia’ ampiamente affermato dalla Corte di legittimita’ persino in relazione all’ipotesi in cui in grado appello o in fase di legittimita’ il giudice proceda a una diversa qualificazione del fatto (Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, Lucci, Rv. 264438; Sez. 6, n. 422 del 19/11/2019, dep. 2020, Pettinoni, Rv. 278093; Sez. 4, n. 18793 del 28/03/2019, Macaluso, Rv. 275762; Sez. 5, n. 19380 del 12/02/2018, Adinolfi, Rv. 273204).
6.4. Secondo quanto si legge nella sentenza di primo grado, i collaboratori di giustizia avevano riferito delle misure adottate quando (OMISSIS) “lo spagnolo” ( (OMISSIS)) si era rifiutato di versare una quota dei proventi dello spaccio in favore delle casse del clan; dell’obbedienza dei pusher, che avevano paura di (OMISSIS); di ulteriori interventi del (OMISSIS) “con un fucile a canne mozze”; del successivo accordo tra (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) per la gestione delle piazze di spaccio.
6.5. La corte di appello ha ritenuto sussistente il metodo mafioso in considerazione del dato fattuale delle modalita’ con cui veniva attuata l’attivita’ di spaccio sotto il controllo del clan (OMISSIS); la spartizione e l’assegnazione delle piazze di spaccio passava per la volonta’ dei referenti del clan camorristico, che concedeva l’autorizzazione all’attivazione della piazza di spaccio ma imponeva il versamento di una parte dei proventi nelle casse del clan o attraverso il pagamento di stipendi ad alcuni affiliati, ricorrendo il clan anche ad azioni di forza per mantenere tale sistema, come confermato dagli interventi attuati da (OMISSIS) per fermare la piazza di spaccio dei (OMISSIS) nel luglio 2014 e una seconda volta nel settembre-ottobre 2014. In entrambi i casi, si legge nella sentenza, (OMISSIS) aveva effettuato una irruzione armata con i propri uomini intimando ai pusher di non spacciare piu’ per il (OMISSIS), pena la morte. Il diretto referente del clan camorristico controllava la gestione dell’attivita’ di tutte le piazze di spaccio operative sul territorio e a tale modalita’ soggiacevano tutti i partecipi della parallela organizzazione che gestiva il settore della droga, al tempo stesso beneficiando di tale modalita’ perche’ vedevano garantito il proprio spazio all’interno del sistema. Secondo la corte “le intimidazioni volte ad attuare il controllo dell’attivita’ di spaccio intanto trovavano breccia in quanto promanavano dai referenti del clan camorristico che pretendeva di controllare quell’attivita’ illecita nel proprio territorio”. Secondo i giudici di appello il metodo mafioso e’ dimostrato dal fatto che i referenti del clan camorristico addetti al controllo del settore della droga, (OMISSIS) e (OMISSIS), cercavano di assicurare l’integrita’ del sistema organizzato in tale settore avvalendosi dell’intimidazione derivante dalla loro appartenenza al clan. La corte territoriale ha, dunque, accolto la censura riesaminando il compendio istruttorio in conformita’ alla contestazione, pervenendo ad affermare la sussistenza dell’aggravante con specifico riguardo al profilo del metodo mafioso (pag. 42), escludendo ogni ulteriore sviluppo del tema della aggravante dell’agevolazione mafiosa in quanto estraneo alla contestazione. I giudici di secondo grado hanno, in sostanza, rilevato il deficit motivazionale della sentenza di primo grado, provvedendo a fornire sostegno motivazionale sul punto concernente la circostanza aggravante contestata. Trattandosi di aggravante di carattere oggettivo, essa e’ stata ritenuta applicabile anche nei confronti di coloro che non appartenevano al clan camorristico ma che agivano all’interno del sistema.
6.6. Tanto premesso, va osservato che la disposizione che prevede la circostanza aggravante in esame postula solo che la condotta sia stata commessa con modalita’ di tipo mafioso, ossia utilizzando la forza intimidatrice derivante dall’appartenenza all’associazione mafiosa, non richiedendo, invece, che sia accertata la sussistenza di una compagine mafiosa o camorristica di riferimento (Sez. 1, n. 4088 del 06/02/2018, dep. 2019, Poerio, Rv. 275131; Sez. 1, n. 18019 del 11/10/2017, dep. 23/04/2018, Calabria, Rv. 273302). La circostanza aggravante dell’utilizzo del metodo mafioso non presuppone, dunque, necessariamente l’esistenza di un’associazione ex articolo 416 bis c.p., essendo sufficiente, ai fini della sua configurazione, il ricorso a modalita’ della condotta che evochino la forza intimidatrice tipica dell’agire mafioso; essa e’ pertanto configurabile anche con riferimento ai reati-fine commessi nell’ambito di un’associazione criminale comune, e anche nel caso di reati posti in essere da soggetti estranei al reato associativo (Sez. 5, n. 21530 del 08/02/2018, Spada, Rv. 273025; Sez. 6, n. 41772 del 13/06/2017, Vicidomini, Rv. 271103). Inoltre, la circostanza in parola puo’ riferirsi tanto ai singoli reati-fine, diversi da quello associativo (Sez. 2, n. 30942 del 24/05/2012, De Cristofaro, Rv. 253523; Sez. 5, n. 6929 del 22/12/2000 dep.2001, Cangialosi Rv. 219246), quanto al reato previsto dall’articolo 74 Testo Unico Stup. (Sez. 6, n. 9956 del 17/06/2016, dep.2017, Accurso, Rv. 269715) quando i membri dell’associazione acquisiscano piazze di spaccio e si operino per controllare in un determinato territorio la gestione del traffico della droga.
6.7. Il metodo mafioso puo’ essere desunto dalla complessiva condotta tenuta dagli imputati anche qualora, nell’ambito di un conflitto interno al sodalizio di appartenenza, taluni di essi compiano, con l’avvallo di una delle fazioni in lotta, un’azione ritorsiva eclatante, come quella descritta nella sentenza ad opera del (OMISSIS), finalizzata ad esercitare nei confronti delle persone offese, oltre che sodali, nello stesso tempo la forza di intimidazione del gruppo ed il potere sanzionatorio esercitabile verso gli associati infedeli, nella certezza che i destinatari comprenderanno la peculiare finalita’ dell’azione, subendone la maggiore pressione. La circostanza aggravante in esame ha, infatti, la funzione di reprimere il “metodo delinquenziale mafioso” ed e’ connessa non alla struttura e alla natura del delitto rispetto al quale e’ contestata, quanto, piuttosto, alle modalita’ della condotta, che devono evocare la forza intimidatrice tipica dell’agire mafioso. Essa, pertanto, ricorre ogniqualvolta gli agenti, per la consumazione del reato, pongano in essere comportamenti, a prescindere dalla loro natura e dalle loro caratteristiche, che siano comunque espressione del “metodo mafioso”, nel senso che la violenza con cui essi sono compiuti risulti concretamente collegata alla forza intimidatrice del vincolo associativo. E’ configurabile, quindi, l’aggravante nel caso, come quello in esame, in cui la condotta delittuosa sia stata oggettivamente funzionale a creare nella vittima la peculiare condizione di assoggettamento derivante dal prospettato pericolo di trovarsi a fronteggiare le istanze prevaricatrici promananti non da un singolo ma dall’intero gruppo mafioso, per di piu’ nell’esercizio dei poteri di coercizione nei confronti degli affiliati resisi responsabili di condotte ritenute trasgressive del patto sociale (ex plurimis, Sez. 2, n. 39424 del 09/09/2019, Pagnotta, Rv. 277222; Sez. 5, n. 22554 del 09/03/2018, Marando, Rv. 273190; Sez. 6, n. 30246 del 17/05/2002, Giampa’, Rv. 222427).
6.8. E’ consolidata nella giurisprudenza della corte di legittimita’ la massima secondo la quale la circostanza aggravante in parola, a differenza della diversa circostanza dell’agevolazione mafiosa (Sez. U, n. 8545 del 19/12/2019, dep. 2020, Chioccini, Rv. 278734), derivando dalle modalita’ di realizzazione dell’azione criminosa, si connota per il carattere oggettivo (Sez. 6, n. 29816 del 29/03/2017 Gioffre’, in motiv.; Sez. 2, n. 3428 del 20/12/2012, dep.2013 Buonanno, in motiv.), cosicche’ si applica ai concorrenti nel reato secondo il disposto di cui all’articolo 59 c.p.. Anche nella diversa ipotesi in cui non si tratti di reato concorsuale ma di reato associativo, si e’ in presenza di un’aggravante che va riferita al modo di operare dell’associazione e, in quanto tale, non necessariamente alla condotta del singolo partecipe, cosicche’ essa si puo’ valutare a carico di tutti i componenti del sodalizio purche’ sussistano i presupposti di cui all’articolo 59 c.p., comma 2, ossia che i partecipi conoscano l’utilizzo del metodo ovvero lo ignorino per colpa o per errore determinato da colpa (per il medesimo principio affermato con riferimento alla circostanza aggravante di cui all’articolo 416 bis c.p., comma 6, Sez. U, n. 25191 del 27/02/2014, Iavarazzo, Rv. 259589).
6.9. Sulla base di tali premesse, infondate si rivelano sia le censure che si incentrano sulla riconducibilita’ dei comportamenti concretanti il metodo mafioso al singolo partecipe sia le censure che pretendono per la sussistenza del metodo mafioso che le condotte intimidatrici siano rivolte all’esterno del sodalizio, dovendosi al contrario ritenere che l’aggravante sia integrata anche nel caso in cui la forza intimidatrice sia rivolta verso i sodali. Inammissibili, in quanto tendenti a una rivalutazione in fatto, le censure secondo le quali non sarebbe stata accertata da parte dell’agente l’ostentazione della condotta intimidatoria propria dell’organizzazione mafiosa.
7. A sostegno del giudizio di infondatezza dell’unica censura svolta da (OMISSIS) si osserva quanto segue.
7.1. Al ricorrente sono ascritte ai sensi degli articoli 81 e 110 c.p. e articolo 73 Testo Unico Stup. due condotte delittuose: la condotta descritta al capo 54), ove e’ contestata la fornitura di stupefacenti del tipo cocaina e crack a (OMISSIS), e la condotta descritta al capo 59) per avere fornito sostanza stupefacente del tipo cocaina e crack a (OMISSIS) e (OMISSIS). Entrambi i capi d’imputazione lo vedono quale fornitore di cocaina e crack destinati alla piazza di spaccio gestita da (OMISSIS) in (OMISSIS) e pertanto, in tale veste, quale concorrente nella cessione continuata di tali sostanze.
7.2. Le prove a sostegno della pronuncia di condanna in primo grado sono state desunte dalle intercettazioni telefoniche eseguite su due utenze intestate all’imputato ma anche sulle utenze in uso a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), riscontrate dal monitoraggio video presso il bar (OMISSIS) e dal controllo eseguito dai carabinieri di (OMISSIS). Gli inquirenti hanno potuto accertare, da plurimi riscontri tra le captazioni telefoniche e il monitoraggio video, che (OMISSIS) si identifica nella persona chiamata con il diminutivo “(OMISSIS)”. Dalle intercettazioni telefoniche richiamate a pag. 29 e analiticamente esaminate alle pagg. 283-285 della sentenza di primo grado il giudice ha desunto, con motivazione congrua, che lo stesso avesse fornito sostanza stupefacente al gruppo del (OMISSIS) in due occasioni. Trattando della posizione di quest’ultimo, il giudice di primo grado ha indicato (pagg.138 ss.) le intercettazioni telefoniche indicative del fatto che (OMISSIS), su mandato di (OMISSIS), si fosse recato da (OMISSIS) per estinguere un vecchio debito per l’acquisto di stupefacente e per ricevere una nuova fornitura definita di “scarpe nuove”, e che in un’altra occasione, corrispondente al capo 59), (OMISSIS) e (OMISSIS) si fossero recati in Napoli dopo essersi procurati una somma di Euro 800 per il pagamento di una fornitura, incontrando in quell’occasione (OMISSIS).
7.3. La corte territoriale, nell’esaminare analoga censura, ha sottolineato come il solo dato qualitativo e quantitativo della sostanza non fosse nel caso in esame significativo, rilevando piuttosto le modalita’ e i mezzi dell’azione in quanto la cessione di stupefacente, da qualificarsi come cocaina e crack per la terminologia esplicita utilizzata in diverse conversazioni, fosse inserita in attivita’ concatenate che andavano ad alimentare plurime piazze di spaccio e, con particolare riguardo alla piazza di spaccio di (OMISSIS) gestita da (OMISSIS), mediante forniture per importi mai inferiori ai 100 grammi, come indicate dai collaboratori di giustizia e riscontrato, in particolare con riferimento al capo 59), dal pagamento dell’importo di 800 Euro per una fornitura.
7.4. In entrambi i casi si tratta di condotte contestate in concorso con altri e qualificate per tutti i concorrenti ai sensi dell’articolo 73, comma 1, Testo Unico Stup. sulla base del piu’ ampio compendio istruttorio afferente alla gestione della piazza di spaccio di (OMISSIS) e dell’acclarata natura di droga pesante dello stupefacente spacciato dal gruppo capeggiato da (OMISSIS). Il ricorso e’, pertanto, infondato.
8. Si esaminano, in conclusione, le censure svolte con riguardo al trattamento sanzionatorio, premesso un richiamo ad alcuni principi interpretativi consolidati nella giurisprudenza della Corte di Cassazione sul tema.
8.1. Con riguardo al giudizio discrezionale di determinazione del trattamento sanzionatorio, va ricordato che una specifica e dettagliata motivazione in merito ai criteri seguiti dal giudice si richiede quante volte la sanzione sia determinata in misura prossima al massimo edittale o comunque superiore alla media, risultando insindacabile, in quanto riservata al giudice di merito, la sola scelta implicitamente basata sui criteri di cui all’articolo 133 c.p. di irrogare una pena in misura media o prossima al minimo edittale (Sez. 4, n. 27959 del 18/06/2013, Pasquali, Rv.25835601; Sez. 2, n. 28852 del 8/05/2013, Taurasi, Rv. 25646401; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, Serratore, Rv. 25619701). Si richiama, quanto all’onere motivazionale del giudice in punto determinazione della pena, il costante orientamento della Corte di legittimita’ (Sez. U. n. 10713 del 25/02/2010, Contaldo, Rv. 24593101; Sez. 3 n. 35570 del 30/05/2017, Di Luca, Rv. 27069401; Sez. 4 n. 48391 del 05/11/2015, Armuzzi, Rv. 26533201).
8.2. La ratio della disposizione di cui all’articolo 62 bis c.p. non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l’indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti. In tema di reati di criminalita’ organizzata, la concessione delle attenuanti generiche e dell’attenuante di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 8, si fondano su distinti e diversi presupposti, sicche’ le prime non escludono, ma nemmeno necessariamente implicano, l’applicazione della seconda, poiche’ l’articolo 62 bis c.p., attribuisce al giudice la facolta’ di cogliere, sulla base di numerosi e diversificati dati sintomatici, gli elementi che possono condurre ad attenuare la pena edittale, mentre l’attenuante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 8, e’ conseguenza del valido contributo fornito dall’imputato allo sviluppo delle indagini allo scopo di evitare le ulteriori conseguenze della attivita’ delittuosa, non potendosi valutare i medesimi elementi a sostegno dell’una e dell’altra attenuante (Sez. 2, n. 27808 del 14/03/2019, Furnari, Rv. 27611102; Sez. 5, n. 1703 del 24/10/2013, dep.2014, Sapienza, Rv. 258958; Sez. 6, n. 49820 del 05/12/2013, Billizzi, Rv. 258136).
8.3. In tema di recidiva facoltativa, la Corte di legittimita’ richiede al giudice una specifica motivazione sia che egli affermi sia che escluda la sussistenza della stessa, considerando adempiuto tale dovere nel caso in cui, con argomentazione succinta, si dia conto del fatto che la condotta costituisce significativa prosecuzione di un processo delinquenziale gia’ avviato (Sez. U, n. 5859 del 27/10/2011, dep. 2012, Marciano’, Rv. 251690; Sez.6, n. 56972 del 20/06/2018, Franco, Rv. 274782; Sez. 6, n. 16244 del 27/02/2013, Nicotra, Rv. 256183).
8.4. La circostanza attenuante speciale prevista per i collaboratori di giustizia dal Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 8 si applica solo ai delitti di cui all’articolo 416 bis c.p. e a quelli aggravati ai sensi dell’articolo 7 del medesimo testo normativo, e non concorre con l’attenuante di cui all’articolo 74, comma 7, Testo Unico Stup., che si applica solo a colui che si sia efficacemente adoperato per assicurare le prove del reato previsto dall’articolo 74 stesso D.P.R., o per sottrarre al traffico illecito di sostanze stupefacenti risorse decisive per la commissione dei delitti, poiche’ entrambe le circostanze costituiscono previsioni premiali aventi diversi ambiti di operativita’, in quanto dirette a evitare, attraverso una sorta di ravvedimento post delictum, che il reato associativo, cui rispettivamente si riferiscono, sia portato a ulteriori conseguenze (Sez. 6, n. 27784 del 05/04/2017, Abbinante, Rv. 270399; Sez. 6, n. 1395 del 14/10/2014, dep. 2015, Valentino, Rv. 261797).
8.5. Il mancato esercizio del potere-dovere del giudice di appello di applicare di ufficio i benefici di legge e una o piu’ circostanze attenuanti, non accompagnato da alcuna motivazione, non puo’ costituire motivo di ricorso per cassazione per violazione di legge o difetto di motivazione, se l’effettivo espletamento del medesimo potere-dovere non sia stato sollecitato dalla parte, almeno in sede di conclusioni nel giudizio di appello (Sez. 4, n. 29538 del 28/05/2019, Calcinoni, Rv. 27659602).
8.6. Risultano inammissibili, alla luce di tali principi, le seguenti censure:
– settimo motivo del ricorso di (OMISSIS) a firma Avv. (OMISSIS) e terzo motivo del ricorso di (OMISSIS) a firma Avv. (OMISSIS). Occorre evidenziare che la Corte di appello ha confermato la decisione di primo grado di irrogare la pena base di anni 11 di reclusione per il reato associativo. Si tratta, quanto alla pena base, di misura prossima al minimo edittale. Ne consegue la pertinenza del principio per il quale ricorre un onere attenuato di motivazione, che puo’ essere soddisfatto anche solo attraverso il richiamo al canone dell’adeguatezza della pena inflitta, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’articolo 133 c.p. (ex multis, Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, Taurasi, Rv. 256464; Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, Scaramozzino, Rv. 265283). Nel caso in esame, peraltro, la Corte di appello e’ andata ben oltre la mera evocazione del criterio dell’adeguatezza della pena, esplicitando le ragioni per le quali ci si dovesse discostare dal minimo edittale (pag.58). Con il che il collegio territoriale ha dato prova di aver approfonditamente valutato il tema del trattamento sanzionatorio, dando conto delle ragioni poste a base della commisurazione della pena;
– quinto motivo del ricorso di (OMISSIS) e nono motivo del ricorso di (OMISSIS), posto che la corte territoriale (pag. 50) ha congruamente attribuito rilievo preponderante alla vita anteatta di tali imputati, quale sintomo di personalita’ “decisamente negativa” a sostegno del diniego di concessione delle circostanze attenuanti generiche, peraltro fornendo specifica replica alle doglianze difensive;
– terzo motivo del ricorso di (OMISSIS), che ripropone la censura svolta in appello e non accolta con espressa motivazione dalla corte territoriale, che ha peraltro evidenziato come tale imputato avesse gia’ ottenuto la determinazione della pena in misura pari al minimo edittale (pag. 58);
– quarto motivo del ricorso di (OMISSIS) e ottavo motivo del ricorso di (OMISSIS), che non si confrontano con la motivazione espressa dalla corte territoriale a pag.48, in piena coerenza con i principi espressi dalla giurisprudenza di legittimita’ a proposito dell’obbligo motivazionale del giudice di merito in tema di recidiva facoltativa;
– primo motivo dei ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS), che censura genericamente la misura dell’aumento della pena ai sensi dell’articolo 81 c.p., comma 2, peraltro determinato in mesi tre di reclusione per ciascun reato satellite su pena base rispettivamente di anni 20 e di anni 10 di reclusione, pari al minimo edittale;
– secondo motivo dei ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS), che reitera analogo motivo di appello omettendo di confrontarsi con l’ampia motivazione espressa dalla corte territoriale alle pagg. 46-48 sia in merito ai presupposti applicativi delle due circostanze attenuanti sia in merito alle conseguenze della loro applicazione sul trattamento sanzionatorio. Giova precisare, in ogni caso, che la scelta in merito all’applicazione della circostanza attenuante speciale prevista dal Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 8, per i collaboratori di giustizia, e’ imposta dalla lettera della legge, qualora sia accertata la sussistenza della circostanza aggravante ai sensi dell’articolo 7 del medesimo testo normativo, e che la circostanza attenuante ad effetto speciale della collaborazione prevista dall’articolo 73, comma 7, Testo Unico Stup. e’ soggetta all’ordinario giudizio di comparazione tra circostanze eterogenee di cui all’articolo 69 c.p., non potendo essere ad essa applicato lo speciale regime previsto per i reati di stampo mafioso in quanto tale regime, derogatorio della disciplina ordinaria in tema di bilanciamento delle circostanze, e’ da considerarsi di stretta interpretazione (Sez. 3, n. 38015 del 12/06/2013, Gasi, Rv. 256432);
– terzo motivo dei ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS) e unico motivo del ricorso di (OMISSIS); la corte territoriale, con motivazione pienamente satisfattiva, ha ritenuto che gli elementi dedotti, in quanto gia’ valutati per il riconoscimento dell’attenuante della collaborazione, non potessero essere doppiamente valutati e che non fossero sussistenti ulteriori elementi di segno positivo, adeguando comunque la pena al concreto disvalore del fatto e alla personalita’ di tali imputati attraverso la rideterminazione in senso piu’ favorevole dell’attenuante speciale gia’ riconosciuta;
– primo motivo del ricorso di (OMISSIS) che non ha svolto motivi di appello inerenti al trattamento sanzionatorio, ne’ risulta aver sollecitato l’esercizio del potere-dovere del giudice di appello di applicare di ufficio le circostanze attenuanti generiche.
9. Si esaminano, ora, il secondo motivo del ricorso di (OMISSIS) e il terzo motivo del ricorso di (OMISSIS), che censurano il diniego della continuazione tra il reato contestato al capo 1), per il quale sono imputati nel presente procedimento, e il reato giudicato con sentenza della Corte di appello di Napoli del 16 novembre 2017 n. 10604/17, irrevocabile 2 aprile 2018, con la quale i predetti sono stati condannati, in concorso con (OMISSIS) e (OMISSIS), per il reato di cui all’articolo 628 c.p., commesso il (OMISSIS).
9.1. In tema di applicazione della disciplina di favore dettata dall’articolo 81 c.p., comma 2, per il reato continuato, i criteri interpretativi elaborati dalla giurisprudenza di legittimita’ indicano la necessita’ di distinguere la mera reiterazione del reato dalla pluralita’ di reati unificati dal vincolo della continuazione, onde evitare di rendere evanescente la linea di demarcazione tra continuazione e abitualita’ a delinquere. Il tracciato segnato dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite nel 2017 fa, inoltre, riferimento a concreti indicatori, quali l’omogeneita’ delle violazioni e del bene protetto, la contiguita’ spazio-temporale, le singole causali, le modalita’ della condotta, la sistematicita’ e le abitudini programmate di vita, ma anche alla necessita’ di accertare se, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074).
9.2. I motivi di censura sono fondati su alcuni indici che la corte territoriale avrebbe trascurato e, in particolare: sul fatto che l’aggravante dell’agevolazione mafiosa, alla quale fa riferimento la sentenza impugnata assumendola come indice ostativo, inizialmente contestata in relazione alla rapina sia stata esclusa in primo grado; sul dato cronologico; sulla coincidenza delle persone concorrenti nella rapina con alcuni coimputati nel presente processo; sul nesso teleologico tra i due reati desumibile dalla sentenza di primo grado nella trascrizione delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) nell’interrogatorio dell’11 maggio 2015.
9.3. Va precisato che e’ errato in diritto l’assunto difensivo secondo il quale la connessione teleologica tra il reato associativo e la rapina posta in essere il (OMISSIS) e’ indice di unicita’ del disegno criminoso; secondo quanto desumibile dal raffronto tra l’istituto della continuazione delineato dall’articolo 81 c.p., comma 2 e il fenomeno della connessione teleologica tra reati, previsto quale circostanza aggravante all’articolo 61 c.p., n. 2, si tratta di situazioni fattuali da tenere ben distinte, giacche’ il primo si riferisce alla riconducibilita’ di piu’ reati a un comune programma criminoso, che determina un giudizio di minor disvalore, mentre la seconda attiene al distinto piano di valutazione relativo alla strumentalita’ di un reato rispetto a un altro, considerata dal legislatore come indice di maggior disvalore della condotta.
9.4. Il Collegio ritiene, tuttavia, che si tratti di censure fondatamente proposte. La corte di appello ha, infatti, negato la continuazione con motivazione incentrata sulla totale eterogeneita’ dei reati e sul diverso profilo dell’aggravante Decreto Legge n. 152 del 1991, ex articolo 7, contestata nei due procedimenti. Ma quest’ultima ragione confligge con l’esito del giudizio conclusosi con sentenza irrevocabile, in cui la circostanza aggravante dell’agevolazione mafiosa e’ stata esclusa; il primo argomento, inoltre, nella sua apoditticita’, non e’ conforme all’orientamento interpretativo consolidato nella giurisprudenza della corte di legittimita’, secondo il quale l’unicita’ del disegno criminoso puo’ essere riconosciuta anche tra reati eterogenei, purche’ capaci di essere sussunti in un’unica programmazione criminosa (Sez. U, n. 6300 del 26/05/1984 Falato Rv. 165179; Sez. 1, n. 17868 del 25/01/2017, Seferi, Rv. 270196; Sez. 1, n. 12357 del 17/03/2006, Fazzioli, Rv. 234018).
9.5. La sentenza merita, dunque, di essere annullata limitatamente al punto concernente la denegata continuazione, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Napoli affinche’ riesamini l’istanza alla luce dei suindicati criteri e di tutti gli indici dedotti dalle difese. Attesa l’infondatezza delle censure inerenti a profili di responsabilita’, ai sensi dell’articolo 624 c.p.p., deve essere dichiarata irrevocabile l’affermazione di responsabilita’ di tali ricorrenti.
10. Conclusivamente:
– la sentenza deve essere annullata nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) limitatamente al punto concernente la continuazione con il reato giudicato con sentenza irrevocabile n. 10604/2018 della Corte di appello di Napoli, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Napoli e dichiarazione d’irrevocabilita’ dell’affermazione di responsabilita’ di tali imputati;
– i ricorsi proposti da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) devono essere rigettati, con condanna di tali ricorrenti al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’articolo 616 c.p.p.;
– i ricorsi proposti da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sono inammissibili. Alla declaratoria d’inammissibilita’ segue la condanna di tali ricorrenti al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, i ricorrenti vanno condannati al pagamento di una somma che si stima equo determinare in Euro 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), limitatamente al punto concernente la continuazione tra il reato ascritto al capo 1) e il reato giudicato con sentenza irrevocabile della Corte di appello di Napoli n. 10604/2018, con rinvio alla Corte di appello di Napoli, altra sezione, per nuovo giudizio sul punto.
Visto l’articolo 624 c.p.p., dichiara irrevocabile l’affermazione di responsabilita’ degli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS).
Rigetta i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali.
Dichiara inammissibili, i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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