Corte di Cassazione, civile, Sentenza|14 luglio 2022| n. 22281.

La cartella di pagamento ed il calcolo degli interessi nel frattempo maturati

La cartella di pagamento, allorché segua l’adozione di un atto fiscale che abbia già determinato il “quantum” del debito di imposta e gli interessi relativi al tributo, è congruamente motivata – con riguardo al calcolo degli interessi nel frattempo maturati – attraverso il semplice richiamo dell’atto precedente e la quantificazione dell’importo per gli ulteriori accessori, indicazione che soddisfa l’obbligo di motivazione prescritto dall’art. 7 della l. n. 212 del 2000 e dall’art. 3 della l. n. 241 del 1990; se, invece, la cartella costituisce il primo atto riguardante la pretesa per interessi, al fine di soddisfare l’obbligo di motivazione essa deve indicare, oltre all’importo monetario richiesto, la base normativa relativa agli interessi reclamati – la quale può anche essere implicitamente desunta dall’individuazione specifica della tipologia e della natura degli interessi oggetto della pretesa ovvero del tipo di tributo a cui questi accedono – e la decorrenza dalla quale gli accessori sono dovuti, senza che sia necessaria la specificazione dei singoli saggi periodicamente applicati o delle modalità di calcolo.

Sentenza|14 luglio 2022| n. 22281. La cartella di pagamento ed il calcolo degli interessi nel frattempo maturati

Data udienza 8 marzo 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Tributi – Pagamento – Interessi per il ritardo nel pagamento dei tributi – Cartella di pagamento – Non è necessaria l’indicazione dei tassi applicati – Obbligo motivazionale – Ex artt. 7, l. 212/2000 e 3 della l. 241/1990 – Richiamo dell’atto precedente – Atto fiscale che abbia già determinato il quantum del debito di imposta e gli interessi relativi al tributo

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Primo Presidente

Dott. DI IASI Camilla – Presidente di Sezione

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente di Sezione

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 9753/2016 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende
unitamente agli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– controricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 5300/37/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di ROMA, depositata il 13/10/2015;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/03/2022 dal Consigliere ROBERTO GIOVANNI CONTI;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale STANISLAO DE MATTEIS, il quale chiede che le Sezioni Unite rigettino il ricorso, enunciando il principio di diritto nei termini evidenziati in narrativa (punti 8 e 9).

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) impugnavano innanzi alla Commissione tributaria di primo grado di Roma la cartella di pagamento n. (OMISSIS), emessa per il pagamento di Euro 55.343,22 relativa ad Euro 17.258,29 a titolo di imposta di registro e di imposte ipocatastali non pagate, oltre interessi sulle somme accertate, quantificati dall’Amministrazione in Euro 35.168,21.
Tale carico fiscale era stato iscritto a ruolo sulla base di un precedente avviso di liquidazione mediante il quale l’Ufficio del Registro di Tivoli aveva revocato le agevolazioni fiscali per la piccola proprieta’ contadina delle quali i contribuenti avevano usufruito, ai sensi della L. 6 agosto 1954, n. 604, in relazione ad un atto di compravendita immobiliare rogato dal notaio (OMISSIS) in data 11 novembre 1980 e registrato all’Ufficio di Tivoli. Il prodromico provvedimento impositivo era stato impugnato dai contribuenti con esito favorevole innanzi alle commissioni provinciali di primo e di secondo grado. Successivamente, la Commissione Tributaria Centrale, con decisione n. 5034/2009, aveva accolto il gravame dell’Ufficio e rigettato il ricorso dei contribuenti.
Questi ultimi, nell’impugnare la cartella di pagamento assumevano, per quel che qui rileva, l’incertezza assoluta circa il credito fatto valere dall’Amministrazione finanziaria in ragione del suo contenuto motivazionale carente con particolare riferimento alle modalita’ di calcolo degli interessi applicati dall’Agente della riscossione, nonche’ ai relativi tassi operati in un arco temporale di oltre trent’anni.
La C.T.P. di Roma respingeva il ricorso con sentenza impugnata innanzi alla CTR del Lazio che, con la sentenza indicata in epigrafe, confermava la pronunzia impugnata. Secondo il giudice di appello le somme indicate in cartella corrispondevano a quelle riportate nell’originario avviso di liquidazione, convertite in Euro e maggiorate degli interessi dovuti per legge, calcolati al tasso legale, nemmeno risultando che l’Ufficio avesse applicato un tasso superiore a quello di legge ne’ che la cartella fosse viziata da anatocismo.
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto ricorso per Cassazione avverso la predetta sentenza della CTR, affidato a quattro motivi.
(OMISSIS) s.p.a. non ha svolto attivita’ difensiva. L’Agenzia delle entrate non si e’ costituita con controricorso.
Con ordinanza interlocutoria depositata il 5 novembre 2021 n. 31960/2021 la quinta sezione civile di questa Corte ha rimesso gli atti al Primo Presidente della Corte per l’eventuale assegnazione della causa alle Sezioni unite.
La pubblica udienza del 7 marzo 2022 e’ stata tenuta in camera di consiglio ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8-bis, conv. con modif. dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, nonche’ del Decreto Legge 23 luglio 2021, n. 105, articolo 7, conv. con modif. dalla L. 16 settembre 2021, n. 126.
Il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso.
I ricorrenti hanno depositato memoria ex articolo 378 c.p.c.
L’Agenzia delle entrate ha depositato memoria sulla base di quanto previsto dal Protocollo d’intesa del 15.12.2016 tra la Corte di Cassazione, il CNF e l’Avvocatura generale dello stato.
La causa e’ stata posta in discussione alla pubblica udienza dell’8 marzo 2022.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va preliminarmente dichiarata l’inammissibilita’ della memoria depositata dall’Avvocatura dello Stato nell’interesse dell’Agenzia delle entrate, non costituita nel giudizio, alla stregua di quanto gia’ affermato di recente da queste Sezioni Unite, allorche’ si e’ ritenuto che in tema di udienza disciplinata dal Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8 bis,, conv., con modif., dalla L. n. 176 del 2020, la parte intimata e non costituita, che non si sia avvalsa della facolta’ di proporre istanza di discussione orale, non puo’ depositare memoria ex articolo 378 c.p.c. – cfr. Cass., S.U., 31 dicembre 2021 n. 42090 -.
1.1 I ricorrenti, con il primo motivo di ricorso prospettano -in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 5 – l’insufficiente motivazione della sentenza impugnata, stante il carattere assiomatico delle conclusioni raggiunte dalla CTR con riferimento all’invocato difetto di motivazione della cartella di pagamento circa le modalita’ di calcolo degli interessi, il tasso effettivo applicato e l’assenza di anatocismo, auspicando, pertanto, un nuovo esame nel merito.
1.2 Con il secondo motivo di ricorso i contribuenti deducono – in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 3 – la nullita’ della cartella di pagamento in ragione dell’omessa motivazione sulle basi di calcolo degli interessi legali e delle singole aliquote applicate per le varie annualita’, nonche’ del metodo seguito nella determinazione delle somme richieste e del periodo di riferimento, in violazione della L. n. 241 del 1990, articolo 3, e della L. n. 212 del 2000, articolo 7. Contrariamente a quanto sostenuto dalla CTR, dalla lettura della cartella -contenente unicamente la cifra globale degli interessi richiesti-, non sarebbe possibile comprendere le modalita’ seguite nella quantificazione degli interessi applicati all’imposta dovuta, degli interessi di mora e delle somme aggiuntive, per omessa indicazione delle relative basi di calcolo e delle percentuali applicate per ogni annualita’.
1.3 Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano -in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 3 – la violazione dell’articolo 2697 c.c., in quanto la CTR avrebbe omesso di considerare la posizione di attore dell’Amministrazione finanziaria ed il conseguente onere, sulla stessa incombente, di dimostrare l’esistenza dei fatti costituitivi del credito vantato.
1.4 Con il quarto motivo, viene denunciata, infine, la violazione del diritto di difesa del contribuente (articolo 24 Cost.). Nella cartella impugnata mancherebbe un prospetto analitico – anche sintetico – idoneo a rendere palesi e quindi contestabili i medesimi elementi afferenti alle modalita’, ai tassi e ai criteri seguiti dall’Ufficio nella determinazione degli interessi.
2. Con l’ordinanza interlocutoria n. 31960/21 la quinta sezione, esaminando congiuntamente, per quel che qui rileva, il secondo ed il quarto motivo, ha considerato che gli stessi pongono “…sia pure sotto prospettive differenti, la questione dell’obbligo di motivazione della cartella di pagamento relativamente a interessi richiesti per ritardato pagamento dei tributi”. E per tali ragioni ha ritenuto “sussistenti le condizioni per la rimessione della causa al Primo Presidente di questa Corte, affinche’ valutasse l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, stante l’esigenza di rendere effettiva ed incisiva la funzione nomofilattica della Corte di Cassazione, attraverso l’enunciazione di un principio di diritto nell’interesse della legge, rispetto a questione variamente risolta dalla Sezione, questione che e’ destinata a riproporsi in numerose controversie”.
2.1 La sezione remittente e’ partita dalla premessa che “la materia del contendere investe unicamente gli interessi applicati nella misura di Euro 35.168,21 sui tributi dovuti (imposta di registro e imposte ipocatastali), stante l’incontestabilita’ del relativo accertamento per effetto del giudicato tributario sul prodromico avviso di liquidazione, che ha revocato i benefici della piccola proprieta’ contadina, in relazione all’atto di compravendita” e rileva che la decisione impugnata aveva ritenuto la legittimita’ della cartella di pagamento in quanto il metodo seguito dall’Amministrazione finanziaria per la liquidazione degli interessi risultava agevolmente controllabile dal contribuente, essendo la misura degli interessi applicati predeterminata dalla legge, risolvendosi la liquidazione stessa in una operazione matematica, di natura tipicamente riscossiva.
2.2 Peraltro, ricorda l’ordinanza interlocutoria, la impugnata sentenza della CTR aveva rilevato che la cartella di pagamento richiamava l’avviso di liquidazione prodromico, esplicitava le ragioni della debenza dei tributi ed indicava l’atto notarile registrato, rendendo conoscibili i presupposti di fatto e di diritto delle imposte dovute e dei relativi interessi reclamati, ponendosi in linea con quanto gia’ espresso da questa Corte – Cass., 27 marzo 2019, n. 8508; Cass., 8 marzo 2019, n. 6812; Cass., 7 giugno 2017, n. 14236 -; Cass., 15 aprile 2011, n. 8613; Cass., 18 dicembre 2009, n. 26671 – anche a proposito del valore attribuito al Decreto Ministeriale determinativo degli interessi di mora ancorche’ scaduto e non sostituito dal successivo -Cass., 14 aprile 2021, n. 9764; Cass., 6 agosto 2020, n. 16778; Cass., 18 dicembre 2009, n. 26671 -.
3. A questo punto l’ordinanza interlocutoria ha dato conto di alcune pronunzie che hanno riconosciuto l’esistenza di un obbligo di motivazione sugli interessi rispetto ad ipotesi di cartella successiva a pregresso giudicato formatosi esclusivamente sul debito fiscale, ma non sugli interessi dovuti dal contribuente per il ritardato pagamento – Cass., 7 settembre 2018, n. 21851; Cass., 6 luglio 2018, n. 17767; Cass., 18 dicembre 2013, n. 28276- richiamando ulteriori precedenti che avevano valutato come carente la motivazione di una cartella in cui erano stati reclamati interessi indicati in cifra globale, senza individuazione del criterio di calcolo e senza specificazione delle singole aliquote prese a base delle varie annualita’ – Cass., 22 giugno 2017, n. 15554, Cass. 21 marzo 2012, n. 4516, Cass. 9 aprile 2009, n. 8651 -.
3.1 Indirizzi che secondo il collegio remittente richiederebbero, pur nella diversita’ delle fattispecie esaminate, una riconsiderazione complessiva del tema da parte di queste Sezioni Unite.
Il quadro normativo di riferimento.
4. Per una piu’ chiara comprensione della questione rimessa a queste Sezioni Unite e’ necessario premettere un sintetico quadro relativo alle disposizioni di legge rilevanti rispetto alla questione dell’obbligo di motivazione degli atti tributari e del relativo contenuto in relazione all’obbligazione degli interessi dovuti dal debitore fiscale.
4.1 Rilevano anzitutto, con specifico riferimento alla materia tributaria, non soltanto il Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 42, commi 2 e 3, e il Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 56, comma 5, – applicabili all’avviso di accertamento -, ma soprattutto, la L. 27 luglio 2000, n. 212, articolo 7, comma 1, applicabile alla cartella di pagamento in forza della L. n. 212 del 2000, articolo 17, anche nei confronti dei soggetti che rivestono la qualifica di concessionari e di organi indiretti dell’amministrazione finanziaria secondo il quale “Gli atti dell’amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dalla L. 7 agosto 1990, n. 241, articolo 3, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione”. Il medesimo articolo 7, comma 3, prevede poi che “Sul titolo esecutivo va riportato il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione della pretesa tributaria”.
4.2 Con specifico riferimento ai requisiti contenutistici della cartella esattoriale occorre poi tenere in considerazione tanto il Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 25, comma 2, quanto la disciplina in tema di ruolo – stesso Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 12, comma 3 – come modificato (successivamente all’entrata in vigore della I.n. 212/2000) dal Decreto Legislativo 26 gennaio 2001, n. 32, articolo 8, comma 1, lettera a) – ove si precisa che “Nel ruolo devono essere indicati (…) il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione anche sintetica della pretesa; in difetto di tali indicazioni non puo’ farsi luogo all’iscrizione”.
4.3 Per quel che invece concerne il calcolo degli interessi nella procedura di riscossione coattiva dei tributi assumono rilievo il Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articoli 20 e 30, per le imposte dirette, e per quel che riguarda l’imposta di registro, il Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, articoli 54 e 55.
4.3.1 In particolare, il Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 20, comma 1, nella versione in atto vigente, rubricato “Interessi per ritardata iscrizione a ruolo”, prevede che “Sulle imposte o sulle maggiori imposte dovute in base alla liquidazione ed al controllo formale della dichiarazione od all’accertamento d’ufficio si applicano, a partire dal giorno successivo a quello di scadenza del pagamento e fino alla data di consegna al concessionario dei ruoli nei quali tali imposte sono iscritte, gli interessi al tasso del 4% annuo” come determinato dal Decreto Ministeriale Finanze 21 maggio 2009, articolo 2, in G.U. n. 136 del 15 giugno 2009. Tale determinazione del tasso d’interesse e’ stata oggetto di periodiche modifiche adottate con provvedimenti normativi che hanno quantificato diversamente gli interessi dovuti -cfr. Decreto Legge 6 luglio 1974, n. 260, articolo 8 comma 1 conv. con modif. dalla L. 14 agosto 1974, n. 354; Decreto Legge 4 marzo 1976, n. 30, articolo 2, comma 1, conv. con modif. dalla L. 2 maggio 1976, n. 160; L. 11 marzo 1988, n. 67, articolo 7, comma 3; Decreto Legge 30 dicembre 1993, n. 557, articolo 13, comma 1, conv. con modif. dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133; L. 23 dicembre 1996, n. 662, articolo 3, comma 141; Decreto Ministeriale Finanze 27 giugno 2003, articolo 3, comma 1 in G.U. n. 149 del 30 giugno 2003, n. 149 -.
4.3.2 Per altro verso, non e’ inutile ricordare il Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 30, – pur se relativo agli interessi moratori decorrenti dalla notifica della cartella – con una modalita’ non dissimile da quella prevista dal ricordato articolo 20, prevede che “Decorso inutilmente il termine previsto dall’articolo 25, comma 2, sulle somme iscritte a ruolo, esclusi le sanzioni pecuniarie tributarie e gli interessi, si applicano, a partire dalla data della notifica della cartella e fino alla data del pagamento, gli interessi di mora al tasso determinato annualmente con decreto del Ministero delle finanze con riguardo alla media dei tassi bancari attivi”. Sicche’ anche per tali interessi si sono susseguiti numerosi provvedimenti dell’Agenzia delle entrate che hanno modificato il saggio degli interessi, in atto al 2.68% semestrale.
4.4 Quanto invece alla misura degli interessi sulle somme accertate dovuti a causa di ritardo nel versamento, scaturente da liquidazione automatica e controllo formale, trovano applicazione le disposizioni del Decreto Legislativo n. 462 del 1997, articolo 2, comma 2, e articolo 3, comma 1, per cui gli interessi sono dovuti fino all’ultimo giorno del mese antecedente a quello dell’elaborazione della comunicazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 36 bis, e Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 54-bis, nella misura del 3,5% annuo.
4.5 Giova richiamare, per quel che assume rilievo rispetto alla controversia, quanto alle imposte di registro, ipotecaria e catastale, l’articolo 54 TUR (Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986), comma 4, ove si prevede che “In mancanza del pagamento o del deposito l’ufficio procede, a norma dell’articolo 15, lettera a) e b), alla registrazione d’ufficio”. Al comma 5, la medesima norma dispone che “Quando la registrazione deve essere eseguita d’ufficio a norma dell’articolo 15, l’ufficio del registro notifica apposito avviso di liquidazione al soggetto o ad uno dei soggetti obbligati al pagamento dell’imposta, con invito ad effettuare entro il termine di sessanta giorni il pagamento dell’imposta e, se dallo stesso dovuta, della pena pecuniaria irrogata per omessa richiesta di registrazione (…)”. Il successivo articolo 55, al comma 4, dispone che, quanto alla determinazione degli interessi di mora, si applicano le disposizioni di cui alla L. 26 gennaio 1961, n. 29, L. 28 marzo 1962, n. 147 e L. 18 aprile 1978, n. 130. La L. 26 gennaio 1961, n. 29, recante “Norme per la disciplina della riscossione dei carichi in materia di tasse e di imposte indirette sugli affari”, prevede poi all’arti che “Sulle somme dovute all’Erario per tasse e imposte indirette sugli affari si applicano gli interessi moratori nella misura semestrale del tre per cento da computarsi per ogni semestre compiuto”. Importo rideterminato in forza del Decreto Ministeriale 21 maggio 2009, articolo 2, nella misura del 4%. Infine, l’articolo 2 Decreto Ministeriale cit. aggiunge che “Gli interessi si computano a decorrere dal giorno in cui il tributo e’ divenuto esigibile ai sensi delle vigenti disposizioni”. In forza dell’articolo 3 Decreto Ministeriale cit. “In caso di omissione di formalita’ o di omessa autotassazione, o di insufficiente o mancata denuncia, gli interessi si computano dal giorno in cui la tassa o l’imposta sarebbe stata dovuta se la formalita’ fosse stata eseguita o l’autotassazione effettuata o la denuncia presentata in forma completa e fedele”.
4.5.1 Da ultimo, vale segnalare, ai fini di una completa ricostruzione delle basi di calcolo degli interessi relativi alle imposte di registro, ipotecaria e catastale, oggetto delle doglianze dei ricorrenti, la disciplina dettata dell’articolo 1 della “Tariffa” – Parte Prima, allegata al Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, nel testo cosi’ come modificato dal Decreto Legislativo 14 marzo 2011, n. 23, articolo 10 dal Decreto Legge 12 settembre 2013, n. 104, articolo 26, e successivamente dalla L. 28 dicembre 2015, n. 208, con l’articolo 1, comma 905, recante l’aliquota applicabile, per quel che rileva nel caso di specie, ai trasferimenti di terreni agricoli, attualmente determinata per l’imposta di registro – in misura pari al 15% del prezzo dichiarato del terreno agricolo (con un minimo di 1.000,00 Euro) e – per le imposte ipotecaria e catastale – nella misura fissa di Euro 50 ciascuna.
L’obbligo di motivazione degli atti tributari che reclamano il pagamento di interessi sul debito fiscale.
5. Queste Sezioni Unite sono dunque chiamate a verificare quale debba essere il contenuto motivazionale della cartella di pagamento che intima al contribuente il versamento di interessi sul debito fiscale accertato e, in particolare, se vi rientri anche l’indicazione dei criteri di calcolo e delle percentuali applicate per ogni annualita’ in base ai tassi via via modificati.
6. Si tratta di individuare, sulla base della cornice normativa di riferimento, un quadro di principi idoneo a risolvere il dubbio posto dall’ordinanza interlocutoria, sostanzialmente correlato alla necessita’ di determinare in termini chiari, l’an ed il quomodo dell’obbligo motivazionale che l’emittente la cartella deve rispettare onde evitare che la cartella stessa possa essere inficiata da illegittimita’ per vizio di motivazione.
7. Per fare cio’ e’ necessario compiere una sintetica ricognizione del diritto vivente espresso – prevalentemente – dalla sezione tributaria della Corte in materia.
7.1 In un primo ambito si colloca l’indirizzo giurisprudenziale che prende le mosse dai principi espressi con riguardo agli interessi reclamati con la cartella emessa ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articoli 36 bis, e Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 54 bis, sulla base di dati ed informazioni esposti nella dichiarazione redatta dal contribuente.
7.1.1 In tali ipotesi, si e’ osservato, l’obbligo di motivazione si atteggia diversamente rispetto ai casi di rettifica dei risultati della dichiarazione, di guisa che il contribuente si trova nella condizione ottimale per poter agevolmente individuare i tassi d’interesse previsti dalla legge per il debito fiscale nascente dalla dichiarazione, senza necessita’ di ulteriori specifiche indicazioni (cfr. Cass., 11 ottobre 2017, n. 23796) essendo il criterio di liquidazione degli stessi predeterminato ex lege e risolvendosi, pertanto, la relativa applicazione in un’operazione matematica (cfr. Cass., 5 luglio 2021, n. 18893; Cass., 25 settembre 2020, n. 20310; Cass., 27 marzo 2019, n. 8508; Cass., 8 marzo 2019, n. 6812; Cass., 7 giugno 2017, n. 14236 -richiamate nell’ordinanza interlocutoria- nonche’ Cass. 28 novembre 2014, n. 25329; Cass. 23 maggio 2012, n. 8137; Cass. 18 dicembre 2009, n. 26671).
7.1.2 L’elemento che questa Corte ha ritenuto decisivo per accedere a tale ricostruzione ermeneutica e’ rappresentato dalla predeterminazione legislativa delle modalita’ di calcolo degli interessi, come enucleata dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 20, per le imposte dirette, con riguardo agli interessi sulle somme accertate, tale da escludere, alla radice, ogni forma di valutazione discrezionale da parte dell’Amministrazione finanziaria – cfr. Cass., 15 aprile 2011, n. 8613, pure richiamata dall’ordinanza interlocutoria, Cass., 8 marzo 2019, n. 6812, Cass., 27 marzo 2019, n. 8508; Cass., 25 settembre 2020, n. 20310; Cass., 24 dicembre 2020, n. 29504-.
7.1.3 Analoghi principi risultano espressi con riferimento agli interessi di mora di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 30 – cfr. Cass., 6 agosto 2020, n. 16778 -.
7.1.4 La giurisprudenza della sezione tributaria ha poi esteso i principi ora esposti alle ipotesi in cui la cartella richiami un atto impositivo divenuto definitivo in forza di sentenza passata in giudicato, svolgendo per il contribuente tale accertamento giudiziale la stessa funzione della dichiarazione redatta dal contribuente ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 36 bis, e Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 54 bis, quanto alla possibilita’ di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa fiscale, anche ai fini del controllo meramente aritmetico circa l’esattezza delle somme richieste per interessi da ritardato pagamento sulle imposte indicate in detto atto impositivo – cfr. Cass., 15 aprile 2011, n. 8613; piu’ di recente, Cass., 23 ottobre 2020, n. 23254; v. pure Cass., 31 marzo 2017, n. 8537, a proposito della motivazione di un atto di intimazione -.
7.1.5 Gli stessi principi sono stati altresi’ applicati alle ipotesi di cartella di pagamento relativa ad interessi emessa a seguito di revoca della sospensione di una precedente cartella -cfr. Cass., 14 aprile 2021, n. 9764 -.
7.1.6 Nemmeno si e’ ritenuto necessario un particolare obbligo motivazionale per le cartelle precedute da atti prodromici contenenti l’importo degli interessi e divenuti definitivi perche’ non impugnati dal contribuente nei termini di legge, non essendo piu’ contestabili, ne’ nell’an ne’ nel quantum, stante la stabilizzazione del rapporto con il fisco. Da qui la ritenuta sufficienza del riferimento contenuto in cartella all’atto impositivo presupposto in cui e’ stato accertato il credito anche in relazione al periodo di mora, non essendovi una pronuncia che abbia rivisitato il debito erariale – cfr. Cass., 11 maggio 2018, n. 11480, con riferimento ad avviso di rettifica e liquidazione del maggior valore accertato, divenuto definitivo per mancata impugnazione in appello – e, trattandosi di interessi gia’ previsti nell’originario avviso divenuto definitivo, determinabili in forza di una mera operazione matematica -cfr. Cass., 2 novembre 2021, n. 31000, con riferimento a interessi direttamente derivanti dall’avviso di accertamento cristallizzatosi per effetto dell’estinzione del giudizio-. Ne consegue, secondo questa prospettiva, che ogni eccezione relativa a tali atti prodromici rimane preclusa, in relazione alla disciplina di cui al Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 19, comma 3, (cfr. Cass., 6 agosto 2019, n. 20941, Cass., 21 ottobre 2017, n. 25995; Cass., 19 aprile 2017, n. 9799; Cass., 17 maggio 2017, n. 12244; Cass., 10 febbraio 2017, n. 3594; Cass., 10 aprile 2013, n. 8704).
7.2 Secondo altro indirizzo giurisprudenziale, improntato ad un maggiore favor verso il contribuente ed attento al rispetto del suo diritto alla difesa, la cartella di pagamento deve recare una motivazione specifica in relazione agli interessi, ove gli stessi siano stati per la prima volta con la stessa reclamati, dovendosi garantire al contribuente una conoscenza reale ed analitica di ogni pretesa fatta valere nei suoi confronti, ai fini di un effettivo esercizio del diritto di difesa da parte dello stesso -cfr. Cass., 21 ottobre 2020, n. 22900; Cass., 8 novembre 2021, n. 32488-. Esigenza che viene tuttavia considerata per le sole ipotesi in cui non vi sia un atto che abbia in precedenza richiesto nei confronti del contribuente l’adempimento dell’obbligazione concernente gli interessi sul debito d’imposta.
7.2.1 In tali casi, si sostiene, la cartella deve essere motivata “in modo congruo, sufficiente ed intellegibile, alla stregua di un atto propriamente impositivo e contenere, quindi, gli elementi indispensabili per consentire al contribuente di effettuare il necessario controllo sulla correttezza dell’imposizione relativa ad interessi, tale obbligo derivando dai principi di carattere generale indicati, per ogni provvedimento amministrativo, dalla L. n. 241 del 1990, articolo 3, e recepiti, per la materia tributaria, dalla L. n. 212 del 2000, articolo 7” (cfr. Cass., 3 maggio 2018, n. 10481, Cass., 19 aprile 2017, n. 9799; Cass., 6 dicembre 2016, n. 24933, Cass., 16 dicembre 2009, n. 26330; Cass., 21 aprile 2011, n. 9153; Cass. 12 agosto 2004, n. 15638).
7.2.2 Con specifico riferimento alla cartella di pagamento emessa in forza di un debito fiscale riconosciuto in una sentenza passata in giudicato si e’ altresi’ sostenuto che il richiamo alla pronuncia giudiziale e all’atto impositivo su cui la stessa e’ intervenuta risulta idoneo ad assolvere l’onere motivazionale solo limitatamente alla parte del credito erariale fatto valere ed interessato dall’accertamento divenuto definitivo compiuto dal giudice, ma non anche relativamente alle ulteriori voci di credito non precedentemente richieste (cfr. Cass., 15 maggio 2019, n. 12904; Cass., 18 dicembre 2013, n. 28276). Infatti, si e’ detto, relativamente agli interessi medio tempore maturati, e’ con la cartella di pagamento che, per la prima volta, viene esercitata la pretesa impositiva, con la conseguenza che “il criterio utilizzato per la loro individuazione e quantificazione deve essere ivi esplicitato e posto a conoscenza del contribuente, il quale dev’essere messo in condizione di verificare la correttezza del calcolo degli interessi medesimi, tanto piu’ che alle cartelle di pagamento notificate dopo l’entrata in vigore della L. n. 212 del 2002 deve allegarsi la sentenza” (cfr. Cass., 13 agosto 2020, n. 17047; Cass., 7 settembre 2018, n. 21851; Cass., 6 luglio 2018, n. 17765 e n. 17767; Cass., 22 giugno 2017, n. 15554; Cass., 21 marzo 2012, n. 4516; Cass. 9 aprile 2009, n. 8651).
7.2.3 Il contribuente, si e’ ancora sostenuto, non puo’ essere obbligato ad attingere aliunde le nozioni giuridiche necessarie per ricostruire il metodo di calcolo seguito dall’Ufficio nei diversi periodi d’imposta considerati, attraverso difficili indagini, specie laddove il debito fiscale da cui gli interessi traggono origine afferisca ad un periodo d’imposta risalente nel tempo -cfr. Cass., 7 settembre 2018, n. 21851 cit.; Cass., 6 luglio 2018, n. 17767 gia’ cit., con riferimento ad ipotesi di interessi reclamati con la cartella sulla base di sentenza definitiva relativa al debito fiscale nella quale erano chiesti interessi per ventotto anni-. In questa medesima prospettiva, Cass., 22 giugno 2017, n. 15554 cit., con riguardo ad avviso di accertamento relativo ad un debito maturato nell’anno 1976, notificato nell’anno 1982, annullato con sentenza divenuta definitiva nell’anno 2009 dalla Commissione Tributaria Centrale al quale era seguita la richiesta di interessi con cartella che aveva richiamato la previsione normativa (Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 20), ha escluso la legittimita’ della motivazione evidenziando che “nella cartella viene riportata solo la cifra globale degli interessi dovuti, senza essere indicato come si e’ arrivati a tale calcolo, non specificando le singole aliquote prese a base delle varie annualita’, essendo l’accertamento riferito all’anno d’imposta 1976, concernendo dunque un periodo di 35 anni”, poi ulteriormente aggiungendo che “tale ratio decidendi, secondo cui il computo degli interessi e’ criptico e non comprensibile anche in ragione del lungo periodo considerato, non e’ incisa dal mero richiamo al Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 20, venendo in rilievo non la spettanza degli interessi, ma, proprio, il modo con cui e’ stato calcolato il totale riportato nella cartella”.
7.2.4 Seguendo questa prospettiva ermeneutica, Cass., 4 dicembre 2018, n. 31270, con riferimento ad una cartella recante la sola indicazione degli estremi di provvedimenti di sospensione adottati nonche’ dell’ammontare degli interessi applicati, senza specificazione del tasso applicato e delle somme sulla cui base essi erano stati calcolati, suddivise tra imposte dirette, imposte indirette, addizionali regionali ed Irap, ha ritenuto corretta l’affermazione del giudice a quo secondo cui “la genericita’ di tali indicazioni non consente alla ricorrente di verificare la fondatezza, sia nell’an che nel quantum, della pretesa impositiva dedotta nella cartella e dunque di esercitare pienamente, rispetto ad essa, il proprio diritto di difesa”.
Considerazioni sistematiche sull’obbligo di motivazione in punto di interessi negli atti tributari
8. Cio’ posto, il tema involge una riflessione di ordine generale sulla portata dell’obbligo della motivazione dell’atto impositivo rispetto agli interessi, solo in apparenza estranea al tema devoluto dall’ordinanza interlocutoria ma, come si e’ visto, a pieno titolo rilevante allorche’ l’atto esattivo -privo di base della pretesa fiscale in forza di un atto prodromico- diventi e si consideri sostanzialmente impositivo quanto alla richiesta di interessi non reclamati in precedenza.
9. Ora, se si muove dal quadro normativo di riferimento gia’ richiamato – L. n. 212 del 2000, articolo 7, L. n. 241 del 1990, articolo 3, Decreto del Presidente della Repubblica 600/1073, articolo 12, comma 3 – e’ logico pervenire ad una prima conclusione, secondo cui e’ configurabile in capo all’Amministrazione finanziaria un preciso obbligo di motivazione dell’atto rivolto alla richiesta di pagamento di interessi sul debito fiscale.
9.1 Ed invero, quello dell’obbligo di motivazione degli atti tributari e, piu’ in generale, degli atti amministrativi costituisce un principio cardine dell’ordinamento, espressione di molteplici valori ancorati alla Carta costituzionale (articoli 3, 24, 97, 111 e 113 Cost.), completando altresi’ -insieme al diritto all’informazione e alla partecipazione al procedimento amministrativo- il coacervo di garanzie che si impongono all’interno del principio del c.d. giusto procedimento.
9.2 Si tratta di un canone che, quindi, non puo’ non riguardare anche la motivazione della cartella di pagamento, come confermato da Corte Cost., 21 aprile 2000, n. 117.
9.2.1 Con la pronunzia appena ricordata la Corte ha ritenuto la manifesta infondatezza della questione di legittimita’ costituzionale del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 25, rispetto ad un asserito difetto di previsione legislativa dell’obbligo di motivazione della cartella di pagamento, evidenziando che l’obbligo di motivazione trova un generale referente normativo nella L. n. 241 del 1990, articolo 3, ponendosi una diversa interpretazione in insanabile contrasto con gli articoli 3 e 24 Cost..
9.2.2 Conclusione, quest’ultima, alla quale queste Sezioni Unite non possono che aderire convintamente, considerando non solo l’articolo 7 – come richiamato dalla L. n. 212 del 2000, articolo 17, ma anche la ricordata disposizione in tema di motivazione del ruolo sulla quale si tornera’ nel prosieguo – stesso Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 12, comma 3, – oltreche’ la natura stessa della cartella quale atto prodromico all’esecuzione coattiva tributaria.
9.3 E’ infatti per il tramite della cartella che il contribuente deve essere in grado di apprezzare il contenuto della richiesta avanzata dall’agente della riscossione in modo da evitare, in caso di sua illegittimita’, la successiva procedura esecutiva.
9.4 Tale obbligo deve pertanto riguardare anche l’obbligazione relativa agli interessi del debito fiscale, non potendosi certo desumere dalla natura accessoria della prima rispetto all’obbligazione tributaria principale, accertata dal fisco, l’assenza di un obbligo dell’agente di individuare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche poste a base della richiesta di interessi.
9.4.1 Ed infatti, la naturale accessorieta’ dell’obbligazione degli interessi rispetto all’obbligazione fiscale si apprezza nel momento genetico – posto che il venir meno dell’obbligazione principale travolge automaticamente quella accessoria – ma non elide certo l’autonomia dell’obbligazione degli interessi tanto in punto di individuazione della base giuridica di riferimento e del contenuto, quanto in ragione della possibilita’ che il debito di interessi sia suscettibile di autonome vicende rispetto all’obbligazione tributaria configurata a carico del contribuente -v., Cass., 18 marzo 2022, n. 8892; Cass., 1 ottobre 2020, n. 20955; Cass., 26 giugno 2020, n. 12740; Cass., 27 novembre 2019, n. 30901; Cass., 16 giugno 2006, n. 14049; gia’, Cass. 2 ottobre 1975, n. 3110-.
9.5 Orbene, occorrera’ preliminarmente stabilire, muovendo dal significato da attribuire ai parametri normativi di riferimento ed alle nozioni di “presupposti di fatto” e “ragioni giuridiche” contenute nella L. n. 212 del 2000, articolo 7, cit., cosa concretamente l’amministrazione sia tenuta ad indicare nella cartella di pagamento per poter ritenere assolto l’obbligo motivazionale in punto di interessi e, per l’effetto, domandarsi se l’esternazione, al momento dell’emanazione della cartella, delle ragioni che stanno alla base della obbligazione relativa agli interessi – con riferimento alla data di decorrenza, al parametro normativo generale sulla cui base gli interessi sono stati richiesti, ai tassi via via applicabili e ai criteri di calcolo degli stessi- risulti, con riferimento a tutti o solamente a taluni di essi, funzionale a porre il contribuente in condizione di verificarne la correttezza, onde eventualmente dedurre elementi contrari, impeditivi, modificativi od estintivi della pretesa creditoria, principale e “accessoria”.
La soluzione al quesito proposto dalla Sezione quinta
10. Ad orientare l’indagine sull’interpretazione della L. n. 212 del 2000, articolo 7, comma 1, deve essere, dunque, la ricerca di un equo bilanciamento e contemperamento delle esigenze sottese al contrasto all’evasione con quelle di garanzia del diritto di difesa, che assuma i tratti dell’adeguatezza, della proporzionalita’ e della ragionevolezza rispetto agli interessi in gioco, avuto riguardo ai rispettivi oneri configurabili in capo alle due parti del rapporto tributario.
10.1 Non puo’ invero tralasciarsi, in questa indagine, il fatto che la norma di riferimento che viene in prioritario rilievo (appunto, la L. n. 212 del 2000, articolo 7, comma 1, cit.), inserita in un atto legislativo che ha dato attuazione ai canoni costituzionali in materia tributaria, riguardi una di quelle disposizioni -appunto dedicata alla motivazione dell’atto ed a cio’ che integra un suo imprescindibile requisito di legittimita’- che e’ “espressione di principi immanenti nell’ordinamento tributario, gia’ prima dell’entrata in vigore dello Statuto, e quindi di criteri guida per orientare l’interprete nell’esegesi delle norme, anche anteriormente vigenti” -Cass., S.U., 2 febbraio 2022, n. 3182-.
10.2 Ad orientare in questa direzione e’ non solo la centralita’ del ruolo della motivazione nell’atto tributario, ma anche il rinvio che l’articolo 7, comma 1, L. cit., fa a quanto prescritto in punto di obbligo motivazionale da altra disposizione parimenti fondamentale per il diritto amministrativo – L. n. 241 del 1990, articolo 3, – concernente la motivazione dei provvedimenti, riproducendone quasi pedissequamente il tessuto letterale.
10.3 Ora, al fondo della necessita’ che nell’atto tributario vi sia l’indicazione dei “presupposti di fatto” e delle “ragioni giuridiche” che lo giustificano, vi e’ l’esigenza di porre il contribuente in condizione di valutare l’opportunita’ di esperire l’impugnazione giudiziale e, in caso positivo, di contestare efficacemente l'”an” ed il “quantum” debeatur. Ne consegue che tali elementi conoscitivi devono essere forniti con quel grado di determinatezza ed intelligibilita’ che permetta all’interessato un esercizio non difficoltoso del diritto di difesa.
10.4 Il principale nodo da sciogliere e’ quello di verificare l’ubi consistam del contenuto motivatorio della cartella relativa agli interessi sul debito fiscale e se in esso rientri o meno l’indicazione dei tassi – come si e’ visto ai punti 4.3 ss. – variabili in relazione al contenuto del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articoli 20 e 30.
10.5 Ora, i diversi orientamenti sottesi alle pronunzie delle quali si e’ qui dato conto sono stati il frutto di operazioni di bilanciamento fra diversi valori fondamentali.
10.5.1 Da un lato e’ stato considerato prevalente l’interesse del contribuente – articoli 23, 24, 97, 111 e 113 Cost., ma anche articolo 41 della Carta Europea dei diritti fondamentali, che alimenta i primi secondo un criterio di mutua circolazione (v. Corte Cost. 30 aprile 2021, n. 84)- a una cognizione reale e non meramente formale degli obblighi nascenti dall’atto fiscale, e per questo favorevole all’idea di riversare sul fisco le conseguenze della mancata specificazione di elementi che potrebbero rendere piu’ difficoltosa la difesa del contribuente in ragione della non completa conoscenza delle ragioni poste a base della ripresa in punto di interessi, fra i quali rientrerebbe anche l’esplicitazione del criterio di calcolo e dei saggi d’interesse volta a volta considerati nel computo degli interessi.
10.5.2 Per altro verso, ad orientare verso soluzioni meno protettive per il contribuente e’ stata la salvaguardia degli interessi, anch’essi di rango costituzionale – articoli 2, 3, 53 e 97 Cost. – correlati al recupero delle entrate volontariamente non versate dal contribuente e da questi dovute, per effetto dell’accertato inadempimento contestato al contribuente evasore, in virtu’ dei doveri inderogabili di solidarieta’, fra cui quello di concorrere alle spese pubbliche secondo il principio di capacita’ contributiva, nonche’ del principio di buon andamento dell’amministrazione con i suoi corollari di economicita’, efficienza ed efficacia dell’azione dei pubblici uffici. Cio’ che ha indotto parte della giurisprudenza a giustificare soluzioni piu’ favorevoli al fisco, ritenendo sufficiente ai fini motivazionali il richiamo del paradigma normativo di riferimento in tema di interessi, ritenuto ex se idoneo ad offrire al contribuente, gia’ inadempiente rispetto al debito d’imposta, un bagaglio di conoscenze capace di consentirgli la piena cognizione delle ragioni poste a base della domanda di interessi e, conseguentemente, la sua piena giustiziabilita’, prescindendo dalla indicazione dei tassi di interesse e delle modalita’ di calcolo
10.6 Queste Sezioni Unite ritengono che il corretto bilanciamento fra i diversi interessi coinvolti non possa che muovere dai dati normativi di riferimento richiamati al punto 4, ai quali spetta di attuare, in via prioritaria, i valori democratici.
10.7 Cio’ al fine di “evitare che la piena tutela di un interesse finisca per tradursi in una limitazione di quello contrapposto, capace di vanificarne o ridurne il valore contenutistico” (cfr. ex multis, Cass., S.U., 9 settembre 2021, n. 24414; Cass., S.U., 12 giugno 2019, n. 15750; Cass., S.U., 21 dicembre 2018, n. 33208; con specifico riguardo al bilanciamento tra i diritti costituzionalmente garantiti del contribuente e l’utilizzo da parte dell’amministrazione finanziaria di elementi rilevanti ai fini dell’accertamento fiscale, v. Cass., 5 dicembre 2019, n. 31779 e Cass. 28 aprile 2015 n. 8605), onde garantire una “tutela sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro” secondo criteri di proporzionalita’ e di ragionevolezza, tali da non consentire un sacrificio del loro nucleo essenziale (cfr. Corte Cost., sentenze 28 novembre 2012, n. 264; 9 maggio 2013, n. 85; 11 febbraio 2015, n. 10; 24 marzo 2016, n. 63; 24 gennaio 2017, n. 20; 23 marzo 2018, n. 58).
11. Orbene, con riferimento specifico alla questione oggetto di rimessione a queste Sezioni Unite, il punto di bilanciamento va individuato attraverso l’interpretazione sistematica del quadro normativo vigente, in modo da graduare lo standard motivazionale relativo all’obbligazione di interessi reclamati con la cartella di pagamento, in relazione tanto alle modalita’ operative prescelte dall’ente che agisce per ottenere il pagamento degli interessi, quanto all’eventuale richiamo che la cartella abbia fatto ad elementi normativi e fattuali precedentemente portati a conoscenza del contribuente.
12. Questa premessa di ordine generale suggerisce un esame composito delle vicende che riguardano la pretesa di interessi sul debito d’imposta, spettando a queste Sezioni Unite il compito di individuare il contenuto minimo della motivazione richiesta al fisco al fine di ritenere adempiuto l’obbligo motivazionale di cui si e’ detto in relazione alle principali ipotesi in cui l’agente della riscossione possa trovarsi ad esercitare la ripresa a titolo di interessi.
13. Seguendo questo ordine di idee, e’ necessario considerare, anzitutto, l’ipotesi in cui la cartella richieda al contribuente interessi mai prima determinati e pretesi dall’ente accertatore.
13.1 La cartella ha in tali casi natura di atto impositivo in senso sostanziale e richiede, quanto all’individuazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche su cui si fonda la ripresa, una motivazione completa, dovendo l’agente esternare gli elementi essenziali della pretesa che consentano al contribuente di verificarne la legittimita’ e di impugnarla, anche per contestare il merito della stessa -cfr. Cass., 24 ottobre 2019, n. 27271-.
13.1.1 Tale motivazione deve dunque assumere i caratteri della congruita’, sufficienza ed intelligibilita’ (Cass., 3 maggio 2018, n. 10481; Cass., 19 aprile 2017, n. 9799). Cio’ impone di considerare, all’interno delle espressioni “presupposti di fatto” e “ragioni giuridiche” che hanno determinato la ripresa, sia la tipologia di interessi applicati attraverso l’indicazione della norma tributaria di riferimento o comunque del criterio normativo idoneo a giustificarli (Cass., 24 luglio 2014, n. 16863), che l’imposta con riferimento alla quale sono stati calcolati in percentuale gli interessi, nonche’ la data di decorrenza degli stessi, ma non anche l’indicazione dei saggi d’interesse volta per volta modificati in ragione del lasso di tempo preso in considerazione ai fini della quantificazione degli interessi.
13.1.2 In questa direzione orienta la stessa doverosa indicazione della base giuridica sulla quale viene giustificata l’obbligazione di interessi (Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 20) e che, se puntualmente esternata nella cartella, gia’ li compendia, consentendo la determinazione di quegli stessi saggi applicabili secondo le variazioni via via applicabili nel tempo, nonche’ il computo che e’ la legge stessa a determinare.
13.1.3 La specificazione dei tassi non puo’ pertanto ritenersi contemplata all’interno del sintagma ragioni giuridiche giustificative della ripresa a titolo di interessi, ne’ puo’ a tanto condurre il canone esegetico dell’interpretazione letterale (articolo 12 preleggi).
13.1.4 Operazioni interpretative di segno contrario non sono, invero, giustificabili, non potendosi certo ritenere che il testo normativo rilevante risulti oscuro con riferimento al linguaggio legislativo utilizzato ovvero abbisogni di una rilettura onde evitarne un significato anacronistico, all’evidenza dovendosi escludere tale ultima circostanza in relazione alla gia’ ricordata genesi dell’articolo 7 del c.d. Statuto dei diritti del contribuente.
13.1.5 Del resto, nemmeno un approccio interpretativo di sistema che guarda, dunque, valorizzandolo, al testo del canone normativo ma anche al c.d. co-testo, consente di giungere a risultati ermeneutici di segno contrario.
13.1.6 Ed infatti, l’approdo al quale queste Sezioni Unite sono pervenute trova la sua naturale proiezione nel contenuto motivazionale della sentenza resa dal giudice ordinario, alla stregua delle disposizioni del codice di rito, avuto riguardo al contenuto testuale dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4), e articolo 118 disp. att. c.p.c., comma 1, laddove si utilizzano formulazioni letterali in buona parte sovrapponibili a quelle espresse nella L. n. 212 del 2000, articolo 7, comma 1, – ragioni di fatto e di diritto della decisione; esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione-, le quali non risultano essere state mai interpretate nel senso di richiedere, ai fini della validita’ della motivazione della sentenza stessa, in ossequio ai requisiti del c.d. “minimo costituzionale” del sindacato di legittimita’ sulla motivazione, fissati dalle Sezioni Unite di questa Corte – cfr. Cass., S.U., nn. 8053 e 8054 del 7 aprile 2014-, l’individuazione del saggio di interesse legale modificato negli anni dal legislatore e applicato in via giudiziale al debito principale.
13.1.7 Del resto, la circostanza che i saggi d’interesse (come previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articoli 20 e 30) siano modificati periodicamente con provvedimenti adottati in ambito ministeriale – Decreto Ministeriale 21 maggio 2009 cit.- o dell’Agenzia delle entrate, ma pur sempre soggetti ad obbligo di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale ovvero con forme equipollenti, quali la pubblicazione sul sito internet dell’Agenzia delle entrate – cfr. L. 24 dicembre 2007, n. 244, articolo 1, comma 361, per gli atti dell’Agenzia delle entrate determinativi degli interessi di mora ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 30 -, non richiede che gli stessi debbano essere esplicitati nell’atto fiscale, trattandosi di atti soggetti a forme di pubblicita’ legale e dunque comunque agevolmente conoscibili dall’interessato – cfr. Cass., 19 dicembre 2014, n. 27055; piu’ di recente, v. Cass., 15 gennaio 2021, n. 593 e Cass., 1 febbraio 2022, n. 3009-ed individuabili in relazione al richiamo agli stessi operato dalla base normativa di riferimento in tema di interessi che la cartella deve necessariamente contenere.
13.1.8 Il richiamo alla disposizione che regola il “tipo” di interesse richiesto e le norme che presiedono alla sua quantificazione, ivi predeterminate, consentono dunque al contribuente di individuare gli elementi essenziali dell’obbligazione complessivamente pretesa (cfr., in generale, Cass., 7 marzo 2022, n. 7278) ed il perimetro entro il quale l’amministrazione si e’ mossa per quantificare specificamente l’obbligazione degli interessi, onde eventualmente contestarla.
13.2 Analogamente, deve escludersi che la cartella debba esplicitare le modalita’ di calcolo che hanno condotto alla quantificazione del debito da interessi del contribuente, ove queste siano ancora una volta determinabili sulla base di mere operazioni matematiche, in base a quanto previsto normativamente -si pensi alla disciplina in tema di imposta di registro per gli interessi da ritardato pagamento, gia’ ricordati in precedenza al punto 4.5-.
13.2.1 Resta semmai da osservare che la diversita’ di prospettiva, peraltro raramente emersa nella giurisprudenza di legittimita’, in ordine alla mancata individuazione delle modalita’ di calcolo dei tassi via via normativamente succedutisi e’ stata talvolta condizionata piu’ dalla specificita’ e singolarita’ delle vicende esaminate che da una reale esigenza di porre in via stabile a carico all’amministrazione un onere di esternazione dei tassi applicati e delle modalita’ di calcolo.
13.2.2 Le considerazioni appena esposte non intendono, ovviamente, incidere sulla prassi che l’amministrazione abbia eventualmente intrapreso, nell’ottica di una migliore collaborazione con il contribuente -anche alla luce dell’articolo 10 del c.d. Statuto dei diritti del contribuente- volta ad esplicitare nelle cartelle anche i tassi via via applicabili per la quantificazione degli interessi richiesti.
13.2.3 Prassi virtuosa che, tuttavia, non e’ in grado di modificare il contenuto precettivo delle disposizioni normative richiamate ne’, dunque, il contenuto dell’obbligo motivazionale dalle stesse risultante. Obbligo che, come si e’ gia’ detto, non priva in alcun modo di effettivita’ la tutela apprestata al contribuente, anzi garantendola in modo pieno ed adeguato rispetto alle diverse fattispecie sopra ricordate.
13.3 Va infine chiarito che l’individuazione degli elementi suindicati come necessari per ritenere valida la richiesta di interessi contenuta nella cartella di pagamento potra’ inferirsi dalla cartella medesima laddove essa faccia riferimento, direttamente ovvero rinviando ad uno specifico atto gia’ comunicato al contribuente, al debito di imposta ed alla base normativa dalla quale desumere il calcolo degli interessi.
13.3.1 In conclusione, con riferimento alle ipotesi nelle quali l’atto prodromico determinativo del debito fiscale non abbia reclamato gli interessi e sia l’emittente la cartella ad intimare per la prima volta il pagamento dell’obbligazione di interessi, occorre senz’altro che la pretesa per interessi sia giustificata attraverso l’individuazione dei “presupposti di fatto” e delle “ragioni giuridiche” poste a base della stessa.
13.3.2 In questo caso sara’ dunque necessario (e sufficiente) che la cartella rechi, anche per relationem, l’indicazione del debito d’imposta e del quantum di interessi richiesto, nonche’ della decorrenza degli stessi e della base normativa che consenta al contribuente di individuare la natura degli interessi reclamati, la quale puo’ variare non soltanto in funzione della tipologia dell’imposta, ma anche delle modalita’ prescelte dall’Ufficio per azionare la pretesa fiscale e del momento al quale si riferisce la ripresa.
13.4 Passando ora ad esaminare la diversa ipotesi nella quale la cartella segua un atto prodromico nel quale sono gia’ stati computati gli interessi per il ritardato pagamento, giova sottolineare che in tale evenienza la cartella di pagamento svolge la funzione di avviare la fase di riscossione coattiva dei tributi e, laddove la stessa faccia riferimento ad un atto che abbia gia’ determinato, in base alla normativa di riferimento, il quantum reclamato a titolo di interessi – atto divenuto definitivo vuoi perche’ non impugnato, vuoi perche’ definitivamente confermato quanto alla sua legittimita’ in sede giudiziale o comunque ivi rideterminato in maniera in tutto o in parte difforme rispetto all’originaria richiesta di interessi formulata dall’Ufficio-, l’accertamento formatosi con riguardo all’obbligazione relativa agli interessi dovuti dal contribuente trovera’ corrispondenza nel ruolo che la cartella ordinariamente riprodurra’. Per tali ragioni la motivazione in simili evenienze – alla stregua di quanto previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 12, comma 3 – non imporra’ alcun onere aggiuntivo al soggetto emittente la cartella, se non il riferimento – diretto e specifico -, all’atto fiscale e/o alla sentenza che lo ha reso definitivo, trovando la quantificazione degli interessi, quanto a decorrenza e modalita’ di calcolo, la sua fonte nell’atto prodromico. Siffatto obbligo motivazionale risultera’, pertanto, circoscritto all’esposizione del ruolo, del titolo costitutivo della pretesa e dell’entita’ del debito fiscale di interessi.
13.4.1 Ne consegue che, in assenza di una ulteriore specificazione di una diversa tipologia di interessi richiesti rispetto a quanto gia’ indicato a titolo di interessi nell’atto prodromico, la cartella di pagamento non dovra’ che limitarsi ad attualizzare il debito di interessi gia’ individuato in modo dettagliato e completo nell’atto genetico. Sara’ semmai onere del contribuente contestare la quantificazione degli interessi operata in cartella ove risulti incoerente rispetto all’originaria pretesa per interessi, evidenziandone in tutto o in parte la non conformita’ rispetto al contenuto dell’obbligazione degli interessi determinata nell’atto genetico e sara’, per l’effetto, compito del giudice tributario acclarare il reale contenuto dell’obbligazione azionata con la cartella.
13.4.2 Questione che, dunque, non attiene alla legittimita’ della motivazione, ma piuttosto al merito della domanda di interessi, sulla quale il giudice dotato di competenza giurisdizionale ha il compito di intervenire, nel contraddittorio delle parti, in quanto giudice del rapporto tributario.
13.5 Quanto alle ipotesi di controllo automatizzato – Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 36 bis, e Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 54 bis – e’ sufficiente evidenziare che il contribuente si trova gia’ nella condizione di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa fiscale, con l’effetto che l’onere di motivazione puo’ considerarsi assolto dall’Ufficio mediante il mero richiamo alla dichiarazione medesima, proprio con riferimento al debito per tributi vari ed interessi.
13.5.1 Tuttavia, il riferimento agli elementi della dichiarazione quadro, modulo, rigo, periodo di riferimento, data degli eventuali versamenti tardivi – esonera l’amministrazione dall’onere motivazionale in ordine all’obbligazione relativa agli interessi (Cass., 8 marzo 2019, n. 6812, piu’ volte cit.), limitatamente alla decorrenza dell’obbligazione che il contribuente puo’ agevolmente individuare, mentre lascia inalterata la necessita’ che l’emittente la cartella fornisca l’indicazione del parametro normativo in base al quale l’amministrazione ha proceduto al computo degli interessi indicati in cartella.
13.5.2 Ove invece la cartella di pagamento costituisca l’atto con cui sono stati rettificati i risultati della dichiarazione con le forme del controllo automatizzato e l’emittente abbia esercitato una vera e propria potesta’ impositiva, essa deve essere debitamente motivata, dovendosi rendere edotto il contribuente dei fatti su cui si fonda la pretesa, anche con riferimento agli interessi, essendosi in presenza di una vera e propria rettifica recante l’estrinsecazione di una pretesa ulteriore – Cass., 21 maggio 2014, n. 11176; Cass., 30 dicembre 2009, n. 28056; Cass., 16 dicembre 2009, n. 26330 -.
13.5.3 Motivazione che dovra’ anche in questo caso ineludibilmente individuare, come gia’ specificato a proposito della cartella che non segue a un atto prodromico relativo ad interessi, la decorrenza degli interessi, la disciplina positiva che ne regola il quantum, ma non anche i tassi di interesse via via determinati normativamente ne’ le modalita’ di calcolo.
13.6 Resta solo da aggiungere che l’eventuale richiesta di interessi in via contestuale rispetto al debito d’imposta determinera’, in caso di riscontrato deficit motivazionale in punto di interessi, l’invalidita’ parziale dell’atto impositivo con riferimento alla parte relativa ai soli interessi, in applicazione del generale principio di conservazione dell’atto, nella parte, autonoma, non inficiata dal difetto di motivazione – ex multis, cfr., Cass., 15 maggio 2019, n. 12904 -.
14. Alla luce delle considerazioni suesposte e in ossequio all’intervento nomofilattico richiesto con ordinanza interlocutoria in riferimento al secondo e al quarto motivo di ricorso, queste Sezioni Unite enunciano, pertanto, il seguente principio di diritto:
Allorche’ segua l’adozione di un atto fiscale che abbia gia’ determinato il quantum del debito di imposta e gli interessi relativi al tributo, la cartella che intimi al contribuente il pagamento degli ulteriori interessi nel frattempo maturati soddisfa l’obbligo di motivazione, prescritto dalla L. n. 212 del 2000, articolo 7, e dalla L. n. 241 del 1990, articolo 3, attraverso il semplice richiamo dell’atto precedente e la quantificazione dell’ulteriore importo per gli accessori. Nel caso in cui, invece, la cartella costituisca il primo atto con cui si reclama per la prima volta il pagamento degli interessi, la stessa, al fine di soddisfare l’obbligo di motivazione deve indicare, oltre all’importo monetario richiesto a tale titolo, la base normativa relativa agli interessi reclamati che puo’ anche essere desunta per implicito dall’individuazione specifica della tipologia e della natura degli interessi richiesti ovvero del tipo di tributo cui accedono, dovendo altresi’ segnalare la decorrenza dalla quale gli interessi sono dovuti e senza che in ogni caso sia necessaria la specificazione dei singoli saggi periodicamente applicati ne’ delle modalita’ di calcolo.
15. Occorre a questo punto esaminare il fondamento dei motivi di ricorso proposti dai ricorrenti.
15.1 Il primo motivo di ricorso e’ inammissibile, deducendo i ricorrenti il vizio di insufficiente motivazione della sentenza, ormai espunto dal sistema per effetto della riforma del n. 5 dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, come novellato dal Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, nemmeno risultando prospettato il vizio di motivazione apparente della sentenza impugnata (Cass., S.U., 7 aprile 2014 n. 8053).
15.2 Passando all’esame congiunto del secondo e del quarto motivo, gli stessi sono infondati.
15.2.1 Ed invero, v’e’ da dire che nel caso di specie la cartella impugnata dai ricorrenti ha preso le mosse da un avviso di liquidazione notificato il 16 maggio 1985, con il quale l’Ufficio aveva revocato i benefici fiscali per la piccola proprieta’ contadina, in relazione ad un atto di compravendita stipulato l’11 novembre 1980. Da tale data risultava la quantificazione delle imposte ordinarie dovute -secondo un prospetto analitico indicante le relative voci e percentuali applicate, tenuto conto anche delle agevolazioni fiscali spettanti-, e dei rispettivi interessi che l’avviso aveva liquidato alla data dell’11.11.1984, nonche’ la debenza degli ulteriori interessi maturandi all’11.11.1984.
15.2.2 In definitiva, l’avviso di liquidazione propedeutico aveva gia’ determinato l’importo e la tipologia degli interessi nonche’ la relativa decorrenza, sui quali si e’ formato il giudicato, sicche’ la cartella emessa successivamente ed oggetto del presente giudizio, nell’indicare in Euro 35.168,21 l’importo degli interessi, come affermato dalla CTR nella sentenza impugnata, si e’ limitata a convertire in Euro gli importi gia’ indicati in lire a titolo di interessi, computando gli interessi al tasso legale. Ne’ in alcun modo i ricorrenti hanno contestato il contenuto dispositivo dell’avviso di liquidazione concernente gli interessi e/o lo scostamento del conteggio rispetto ai criteri fissati nell’avviso stesso e successivamente confluiti nella cartella di pagamento.
15.2.3 In effetti, le censure proposte dai ricorrenti si appuntano sull’assenza di un criterio di calcolo degli interessi ma, come si e’ visto, tale censura deve ritenersi infondata proprio alla luce delle argomentazioni sopra esposte al punto 13.4, alla stregua delle quali deve escludersi che, in sede di emissione di una cartella successiva ad un atto prodromico, divenuto definitivo per effetto del giudicato, che ha provveduto a determinare gli interessi dovuti, la base normativa ed il computo complessivo, sia necessario che la cartella rechi altresi’ l’indicazione specifica delle modalita’ di calcolo degli interessi e dei saggi di interesse applicati.
15.3 Il terzo motivo e’, infine, inammissibile.
15.3.1 I ricorrenti hanno infatti prospettato la violazione del disposto di cui all’articolo 2697 c.c., ancorche’ il giudice di appello non abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata, secondo le regole di scomposizione delle fattispecie, invece ritenendo assolto l’obbligo motivazionale da parte dell’agente della riscossione.
16. Sulla base di tali considerazioni il ricorso va rigettato. Nulla sulle spese.
17. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile la memoria depositata dall’Agenzia delle entrate e rigetta il ricorso. Nulla spese.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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