Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|6 maggio 2021| n. 11845.
La buona fede rilevante ai fini dell’accessione invertita di cui all’art. 938 c.c. consiste nel ragionevole convincimento del costruttore di edificare sul proprio suolo e di non commettere alcuna usurpazione. Essa, in assenza di una previsione analoga a quella dettata in materia di possesso dall’art. 1147 c.c., non è presunta, ma deve essere provata dal costruttore; ai fini probatori, è necessario avere riguardo alla ragionevolezza dell’uomo medio e al convincimento che questi poteva legittimamente formarsi circa l’esecuzione della costruzione sul proprio suolo, in base alle cognizioni possedute effettivamente o che egli avrebbe potuto acquisire con un comportamento diligente, sicché la buona fede deve escludersi qualora, in relazione alle particolari circostanze del caso concreto, il costruttore avrebbe dovuto fin dall’inizio anche solo dubitare della legittimità dell’occupazione del suolo del vicino.
Ordinanza|6 maggio 2021| n. 11845
Data udienza 4 dicembre 2020
Integrale
Tag/parola chiave: PROPRIETA’ – ACCESSIONE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere
Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 32044-2019 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 137/2019 della CORTE D’APPELLO di TRENTO, depositata il 31/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 04/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA GIANNACCARI.
RILEVATO
che:
il giudizio trae origine dalla domanda proposta, innanzi al Tribunale di Trento, da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) con la quale chiese la demolizione della parte di fabbricato realizzato sulla 13/6 di sua proprieta’; l’attore espose che il (OMISSIS) aveva chiesto la concessione edilizia includendo detta particella nella richiesta ma il Comune rilascio’ la concessione solo in relazione alle p.lle (OMISSIS), escludendo quella poi illegittimamente occupata;
– (OMISSIS) si costitui’ per resistere alla domanda; in via riconvenzionale, chiese l’accertamento del confine tra le due proprieta’ e, in caso di sconfinamento, che fosse determinato l’importo da corrispondere all’attore ex articolo 938 c.c.;
– all’esito dei giudizi di merito, la corte d’appello di Trento accolse la domanda principale e rigetto’ la domanda riconvenzionale;
la corte di merito escluse la sussistenza della buona fede, ai fini dell’applicabilita’ dell’articolo 938 c.c. in quanto, nonostante il (OMISSIS) avesse chiesto la concessione edilizia per la realizzazione di un fabbricato, includendo anche la p.lla (OMISSIS) di proprieta’ dell’ (OMISSIS), il titolo concessorio escludeva espressamente tale particella, e, cio’ nonostante, aveva ugualmente costruito sul terreno di proprieta’ dell’attore;
per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso (OMISSIS) sulla base di due motivi;
ha resistito con controricorso (OMISSIS);
in prossimita’ dell’udienza, il ricorrente ha depositato memorie illustrative;
il relatore ha formulato proposta di decisione, ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., di inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO
che:
la memoria depositata dal ricorrente e’ inammissibile perche’ tardivamente depositata in data 1.12.2020, oltre i cinque giorni prima dell’adunanza ex articolo 380 bis c.p.c., fissata in data 4.12.2020;
con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte di merito erroneamente ritenuto l’insussistenza della buona fede, ai fini dell’applicabilita’ dell’istituto dell’accessione invertita della porzione di fondo occupata, nonostante detta particella fosse stata inserita per errore dal tecnico nella relazione tecnica; sostiene il ricorrente (OMISSIS) di aver realizzato il progetto edilizio nella convinzione di non invadere la proprieta’ del confinante;
il motivo e’ inammissibile;
– la buona fede rilevante ai fini dell’accessione invertita di cui all’articolo 938 c.c. consiste nel ragionevole convincimento del costruttore di edificare sul proprio suolo e di non commettere alcuna usurpazione. Essa, in assenza di una previsione analoga a quella dettata in materia di possesso dall’articolo 1147 c.c., non e’ presunta, ma deve essere provata dal costruttore; ai fini probatori, e’ necessario avere riguardo alla ragionevolezza dell’uomo medio e al convincimento che questi poteva legittimamente formarsi circa l’esecuzione della costruzione sul proprio suolo, in base alle cognizioni possedute effettivamente o che egli avrebbe potuto acquisire con un comportamento diligente, sicche’ la buona fede deve escludersi qualora, in relazione alle particolari circostanze del caso concreto, il costruttore avrebbe dovuto fin dall’inizio anche solo dubitare della legittimita’ dell’occupazione del suolo del vicino (Sez. 2, Sentenza n. 345 del 10/01/2011;
– il ricorrente, sotto lo schermo della violazione di legge, sollecita un diverso apprezzamento delle risultanze istruttorie, al fine di valutare la buona fede, ai sensi dell’articolo 938 c.c., che e’ affidata al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimita’ (Cass. Sez. 3, 10/06/2016, n. 11892);
a tal riguardo occorre ricordare che per dedurre la violazione del paradigma dell’articolo 115, e’ necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioe’ abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma, il che significa che per realizzare la violazione deve avere giudicato o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioe’ dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioe’ giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilita’ di ricorrere al notorio, previsti dallo stesso articolo 115 c.p.c.), mentre detta violazione non si puo’ ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attivita’ consentita dal paradigma dell’articolo 116 c.p.c., che non a caso e’ rubricato alla “valutazione delle prove” (Cass. n. 11892/2016; Cass. S.U. n. 16598/2016);
nel caso di specie, la corte di merito ha escluso la sussistenza della buona fede sul rilievo che la concessione edilizia escludeva espressamente la p.lla (OMISSIS), inserita nella domanda di concessione; cio’ nonostante, il ricorrente non aveva tenuto conto del contenuto della concessione edilizia, costruendo ugualmente sul terreno di proprieta’ dell’attore e proponendogli il pagamento dell’indennita’, circostanze che, secondo l’apprezzamento del giudice di merito escludevano la buona fede;
con il secondo motivo di ricorso, si deduce la nullita’ della sentenza per carenza di motivazione e per l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 in quanto lo sconfinamento non avrebbe interessato la p.lla (OMISSIS);
– il motivo e’ inammissibile ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per la presenza di una “doppia conforme”, ai sensi del Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54 convertito nella L. n. 134 del 2012, il quale prevede l’applicabilita’ della normativa ai giudizi introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dall’11.9.2012.
– non e’ assolutamente ravvisabile la carenza motivazionale, anomalia che e’ prevista quando ricorra la “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cassazione civile sez. un., 07/04/2014, n. 8053);
il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo;
ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente di un importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis se dovuto.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente di un importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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