Istanza di accesso ai documenti amministrativi

Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 29 luglio 2019, n. 5345.

La massima estrapolata:

In sede di istanza di accesso ai documenti amministrativi, l’Amministrazione è tenuta unicamente a produrre documenti già esistenti e individuati e non anche a compiere attività di ricerca ed elaborazione degli stessi e ciò al fine di coniugare il diritto alla trasparenza con l’esigenza di non pregiudicare, attraverso l’esercizio del diritto di accesso, il buon andamento dell’Amministrazione, riversando sulla stessa l’onere di reperire, o addirittura di formare, documentazione inerente un determinato segmento di attività.

Sentenza 29 luglio 2019, n. 5345

Data udienza 13 giugno 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 9868 del 2018, proposto dalla signora -OMISSIS-, rappresentata e difesa dall’avvocato Sh. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
l’Agenzia delle Entrate, Direzione Regionale Lombardia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
nei confronti
Il signor -OMISSIS-, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sede di Milano, Sezione prima, n. -OMISSIS- del 27 agosto 2018, resa tra le parti, concernente il diniego all’accesso agli atti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Agenzia delle Entrate, Direzione regionale della Lombardia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 giugno 2019 il consigliere Nicola D’Angelo e uditi, per l’appellante, l’avvocato Co. Mo., su delega dell’avvocato Sh. Ca., e, per l’Agenzia delle Entrate, l’avvocato dello Stato Gi. Pa.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. L’appellante ha chiesto il 12 settembre 2017 all’Agenzia delle Entrate, Direzione regionale della Lombardia, l’accesso agli atti relativi ai rapporti e alle operazioni di natura economico-finanziaria del proprio coniuge ed in particolare a tutti i suoi documenti contenuti nell’Anagrafe dei conti correnti e nell’Archivio dei rapporti finanziari, nonché l’elenco degli istituti di credito e degli altri intermediari finanziari con i quali lo stesso ha intrattenuto rapporti.
2. La richiesta di accesso è stata presentata in relazione ad un procedimento giudiziale di separazione personale, nell’ambito del quale l’appellante ha avuto l’esigenza di evidenziare le reali condizioni reddituali del coniuge, anche a seguito del mancato accoglimento da parte del giudice delle sue istanze istruttorie.
3. Con provvedimento trasmesso in data 13 settembre 2017, l’Agenzia delle Entrate ha negato l’accesso.
4. L’interessata ha quindi chiesto il riesame del diniego, ai sensi dell’art. 25, comma 4, della legge n. 241/1990, alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi.
La Commissione, con decisione n. 87 del 15 novembre 2017, ha invitato l’Amministrazione “a riesaminare la questione”.
5. La Direzione regionale della Lombardia, riesaminata la richiesta, ha tuttavia adottato in data 19 dicembre 2017 un provvedimento confermativo dell’originario diniego, reputando che i documenti oggetto della richiesta dovessero essere esibiti nelle forme e nei modi contemplati dal codice di procedura civile e nel rispetto del diritto di difesa di ambedue le parti e del contraddittorio.
6. Contro quest’ultimo provvedimento di diniego, l’interessata ha quindi proposto ricorso, prospettando, in particolare, la violazione delle norme della legge n. 241/1990 in tema di accesso ai documenti anche in relazione all’art. 155 sexies delle disposizioni di attuazione al c.p.c., all’art. 492 bis dello stesso codice e al diritto alla difesa di cui all’art. 24 della Costituzione.
7. Il Tar per la Lombardia, sede di Milano, dopo un incombente istruttorio (ordinanza n. -OMISSIS-) con il quale ha acquisito le determinazioni del giudizio di separazione pendente dinanzi al Tribunale civile, con la sentenza indicata in epigrafe ha respinto il ricorso, ritenendo fondato il diniego impugnato.
7.1. Pur prendendo atto che nella materia esistessero pronunce giurisprudenziali favorevoli all’accesso anche nel caso prospettato dalla ricorrente (es. Tar Lazio, Sez. II ter, 8 febbraio 2017, n. 2161), il giudice di prime cure ha ritenuto di condividere la posizione di altra parte della giurisprudenza (es. Cons. Stato, Sez. IV, 13 luglio 2017, n. 3461) secondo cui l’interesse ostensivo azionato a fini difensivi, ai sensi della legge n. 241/1990, non poteva superare quello alla riservatezza di cui è titolare il coniuge al quale fanno riferimento i dati patrimoniali e finanziari richiesti.
7.2. In sostanza, secondo il Tar i documenti oggetto di accesso all’Agenzia si sarebbero potuti essere acquisire esclusivamente nel giudizio civile, con gli specifici strumenti processuali previsti da quell’ordinamento (in particolare, ai sensi dell’art. 155 sexies delle disposizioni di attuazione al c.p.c. e dell’art. 492 bis del c.p.c., nonché con gli ordinari strumenti “ad exhibendum” contemplati dagli artt. 211 e 213 c.p.c. in materia di esibizione delle prove e dei documenti).
7.3. Il giudice di prime cure ha inoltre evidenziato che l’istanza di accesso sarebbe stata priva dei necessari requisiti di concretezza e attualità previsti dall’art. 22, comma 1, lett. b), della legge n. 241/90), essendo riferita ad una congerie di documenti necessari ai fini di future ed eventuali iniziative in sede giurisdizionale.
8. Contro la predetta sentenza ha proposto appello la originaria ricorrente, formulando i seguenti motivi di censura.
8.1. Error in iudicando: violazione e falsa rappresentazione degli artt. 22, 24 e 25 della legge n. 241 del 1990, anche in rapporto alle disposizioni di cui agli artt. 155 sexies delle disposizioni di attuazione al c.p.c. e 492 bis c.p.c.. Omessa motivazione e contraddittorietà del provvedimento impugnato.
8.1.1. Secondo l’appellante, il Tar avrebbe erroneamente condiviso la tesi dell’Amministrazione in ordine al venire meno, di fronte alle esigenze di riservatezza dell’altro coniuge, del diritto di accesso a scopi difensionali ai suoi dati finanziari. Per il giudice di primo grado, nell’ambito del giudizio di separazione, non sarebbe stata sussistente l’ipotesi residuale contemplata dall’art. 24, comma 7, della legge n. 241/1990 sulla necessità ed indispensabilità dell’accesso derivante dall’impossibilità di soddisfare l’interesse alla conoscenza di determinati documenti in ragione della presenza di ordinari strumenti, sostanziali e processuali, approntati dall’ordinamento del processo civile.
8.1.2. In realtà, per l’appellante non vi sarebbe alcun ostacolo all’acquisizione della documentazione richiesta mediante gli strumenti dell’accesso di cui all’art. 22 e seguenti della legge n. 241/1990 anche in sede di giudizio di separazione. Le norme relative al diritto di accesso disciplinerebbero, infatti, un istituto che, come chiarito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 7 del 24 aprile 2012, ha una portata generale, essendo esercitabile ogniqualvolta vi sia un interesse strumentale, serio e non emulativo, personale e connesso ad una situazione di cui l’istante è portatore, qualificato dall’ordinamento come meritevole di tutela.
8.1.3. Tali caratteristiche sarebbero sicuramente rinvenibili anche nel cosiddetto accesso difensivo, ossia funzionale alla tutela di interessi giuridici, che non può essere ostacolato sulla base del contrapposto diritto alla riservatezza di cui all’art. 24 della legge n. 241/1990. Non vi sarebbe quindi una equivalenza, se non per gli effetti, tra i mezzi istruttori del processo civile e lo strumento approntato in linea generale dagli art. 22 e seguenti della legge 241/1990.
8.1.4. Inoltre, nel caso di specie sarebbe ancor più rilevante l’interesse all’accesso, in ragione della circostanza che l’appellante non agisce solo per sostenere la propria posizione, ma anche per garantire l’interesse delle proprie figlie nell’ambito della separazione personale.
8.1.5. Ed anche l’ampliamento delle prerogative del giudice civile nell’acquisizione delle informazioni e dei documenti patrimoniali e finanziari nel giudizio di separazione, introdotte dal combinato disposto degli artt. 155 sexies delle disposizioni di attuazione al c.p.c. e dell’art. 492 bis c.p.c., non potrebbe costituire un ostacolo all’accesso difensivo, soprattutto laddove le istanze istruttorie proposte nel giudizio non siano state accolte (secondo il Tar invece “solo ed esclusivamente dietro la autorizzazione del Giudice del procedimento” l’acquisizione dei documenti richiesti era possibile, in quanto “il bilanciamento dei contrapposti interessi” della tutela delle ragioni nel processo e dell’interesse alla protezione dei dati personali sarebbe demandato dal codice di rito esclusivamente a quel giudice).
8.2. Error in iudicando: eccesso di potere per travisamento del diritto alla riservatezza e di difesa del controinteressato. Disparità di trattamento e violazione artt. 3 e 97 della Costituzione.
8.2.1. La sentenza del Tar, secondo l’appellante, non ha tenuto conto che nel giudizio di separazione non sono presenti solo gli interessi confliggenti dei coniugi, ma anche e soprattutto gli interessi dei figli minori.
Sul punto, l’interessata richiama l’art. 5 del Settimo Protocollo Addizionale della CEDU che tutela, tra l’altro, l’interesse dei figli nel caso di scioglimento del matrimonio e gli artt. 29 e 30 della Costituzione sul mantenimento dei figli da parte dei coniugi in ragione delle loro sostanze. Nel giudizio di separazione non vi sarebbe, inoltre, un’assoluta “parità di armi”, come evidenziano anche le scelte normative sull’ampliamento dei poteri del giudice a tutela della parte debole che non ha accesso alle informazioni.
8.2.2. In questo quadro, secondo l’appellante, non avrebbe fondamento il richiamo della sentenza impugnata alla possibilità che i documenti richiesti possano “anche essere, in tutto o in parte, non prodotti in giudizio ovvero, in ogni caso, utilizzati ad altri fini”.
8.3. Error in iudicando: eccesso di potere, travisamento e falsa applicazione dell’art. 24 Cost. in relazione al diritto di difesa dell’appellante e delle figlie. Ingiustizia manifesta.
8.3.1. Nel giudizio di separazione l’istruttoria non è stata adeguatamente svolta sul tema delle condizioni finanziarie dell’altro coniuge.
8.3.2. Sussisterebbe quindi un interesse concreto ed attuale dell’appellante a conoscere la reale consistenza del patrimonio del coniuge, anche al fine di eventuali procedure esecutive a fronte, peraltro, di un asserito non corretto adempimento degli obblighi di mantenimento.
8.3.3. Infine, secondo parte appellante, l’interesse all’accesso ai documenti richiesti permarrebbe, anche se è stata emessa una sentenza non definitiva di separazione, in relazione alla ormai prossima quantificazione dell’assegno divorzile e comunque ai fini di un’eventuale richiesta di modifica delle condizioni della separazione.
9. L’Agenzia delle Entrate, Direzione regionale della Lombardia, si è costituita in giudizio il 27 dicembre 2018, chiedendo il rigetto dell’appello, ed ha depositato ulteriori memorie, per ultimo il 15 gennaio 2019.
10. Anche l’appellante ha depositato ulteriori scritti difensivi e documentazione, per ultimo una memoria il 28 maggio 2019.
11. Con comunicazione depositata il 28 febbraio 2019 gli avvocati Gianluca Grossi e Ermanno Vaglio hanno rinunciato alla difesa della appellante, permanendo invece il mandato per l’avvocato Sharmine Carluccio.
12. La causa è stata trattenuta in decisione alla camera di consiglio del 13 giugno 2019.
13. Preliminarmente, va rilevato che l’appellante ha prodotto in giudizio la sentenza del Tribunale di Lecco n. 261/2019, pubblicata il 10 aprile 2019, relativa al giudizio di separazione personale di cui è causa. Nella sentenza, in ordine alla determinazione del quantum dell’assegno di mantenimento, lo stesso Tribunale ha ritenuto che la valutazione delle condizioni economiche delle parti non richiedesse necessariamente l’accertamento dei redditi nel loro esatto ammontare, essendo sufficiente ciò che agli atti risultava ai fini di una attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali.
13.1. Con riferimento alle conclusioni del Tribunale, l’appellante evidenzia tuttavia il permanere dell’interesse all’accesso ai documenti amministrativi richiesti, anche al fine di articolare ulteriormente le proprie ragioni difensive.
14. Ciò premesso, se in astratto può ritenersi condivisibile quanto prospettato dall’appellante in ordine all’attualità del suo interesse, posto che la sentenza sopra richiamata ha definito una prima fase della separazione giudiziale anche in assenza di ulteriori accertamenti sul reddito, va rilevato che l’oggetto dell’istanza di accesso è comunque costituito da una serie di atti e documenti di natura diversa ed ampia tale da rendere la stessa richiesta priva del necessario requisito della specificità .
14.1. In particolare, la richiesta di accesso della appellante ha riguardato l’ostensione dell’elenco degli istituti di credito e degli altri intermediari finanziari con i quali il coniuge ha intrattenuto rapporti e tutti i documenti contenuti nell’Anagrafe dei conti correnti, nonché tutte le comunicazioni relative allo stesso inviate dagli operatori finanziari all’Anagrafe tributaria.
14.2. Una richiesta di queste proporzioni, oltre ad essere in parte indeterminata, imporrebbe all’Amministrazione un onere di ricerca e di individuazione dei documenti tale da essere suscettibile di incidere sulla stessa funzionalità del plesso finanziario (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 12 gennaio 2016, n. 68).
15. Nel caso di specie, a prescindere dalla fondatezza della pretesa relativa all’esperibilità del diritto di accesso di cui alla legge n. 241/1990 nel processo di separazione personale, manca dunque il requisito della indicazione circostanziata e non generica della documentazione di cui si chiede l’esibizione, con effetti inevitabili anche sul piano della concretezza dell’interesse all’accesso.
16. Costituisce regola generale quella secondo cui, in sede di istanza di accesso ai documenti amministrativi, l’Amministrazione è tenuta unicamente a produrre documenti già esistenti e individuati e non anche a compiere attività di ricerca ed elaborazione degli stessi e ciò al fine di coniugare il diritto alla trasparenza con l’esigenza di non pregiudicare, attraverso l’esercizio del diritto di accesso, il buon andamento dell’Amministrazione, riversando sulla stessa l’onere di reperire, o addirittura di formare, documentazione inerente un determinato segmento di attività .
17. In sostanza, non si può costringere l’Amministrazione ad una attività di ricerca e di elaborazione di dati, per cui la richiesta di accesso non può essere generica, eccessivamente estesa, riferita ad atti non specificamente individuati ovvero tale da impegnare a formare nuovi documenti amministrativi, potendosi il rimedio di cui all’art. 25 della legge n. 241/1990 impiegare esclusivamente al fine di ottenere il rilascio di copie di documenti già formati e in possesso della stessa Amministrazione (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 4 maggio 2018, n. 2665 e Sez. V, 30 maggio 2016, n. 2271).
18. Per le ragioni sopra esposte, l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza impugnata.
19. Sussistono giuste ragioni, tenuto conto delle peculiarità della controversia, per compensare integralmente tra le parti costituite le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 9868 del 2018, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate del secondo grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità delle parti interessate, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità, nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le parti private.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 13 giugno 2019, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Luca Lamberti – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere
Nicola D’Angelo – Consigliere, Estensore
Silvia Martino – Consigliere

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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