Irragionevole durata del giudizio di appello della Corte dei conti

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|4 ottobre 2021| n. 26854.

In caso di irragionevole durata del giudizio di appello della Corte dei conti, la domanda di equa riparazione, ai sensi dell’art. 4 della l. n. 89 del 2001 (nel testo originario, applicabile “ratione temporis”), può essere proposta anche all’esito del giudizio di revocazione ordinaria, sempre che questo sia stato introdotto entro sei mesi dal deposito della sentenza che ha concluso il giudizio presupposto, essendo irrilevante, perché assolutamente straordinario, il termine di tre anni previsto per la revocazione dall’art. 68 del r.d. n. 1214 del 1934.

Ordinanza|4 ottobre 2021| n. 26854. Irragionevole durata del giudizio di appello della Corte dei conti

Data udienza 16 aprile 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Durata del processo – Irragionevolezza – Equa riparazione – Corte dei conti Domanda di indennizzo – Proponibile anche all’esito del giudizio di revocazione ordinaria – Termine di sei mesi dal deposito della sentenza che ha concluso il giudizio presupposto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente
Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso n. 14422 – 2019 R.G. proposto da:
(OMISSIS) – c.f. (OMISSIS) – (in proprio e quale erede di (OMISSIS)), rappresentato e difeso disgiuntamente e congiuntamente in virtu’ di procura speciale su foglio allegato in calce al ricorso dall’avvocato (OMISSIS) e dall’avvocato (OMISSIS) ed elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS).
– ricorrente –
contro
MINISTERO dell’ECONOMIA e delle FINANZE, in persona del Ministro pro tempore.
– intimato –
avverso il decreto della Corte d’Appello di Genova n. Rep. 230/2019;
udita la relazione nella camera di consiglio del 16 aprile 2021 del consigliere Dott. Luigi Abete.

Irragionevole durata del giudizio di appello della Corte dei conti

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Con ricorso ex lege n. 89/2001 alla Corte d’Appello di Genova depositato in data 21.8.2018 (OMISSIS) esponeva che suo padre, (OMISSIS), con ricorso in data 16.3.1970, aveva promosso dinanzi alla sede centrale di Roma della Corte dei Conti un giudizio pensionistico; che, trasmessi gli atti alla sezione giurisdizionale per la Regione Liguria della Corte dei Conti, nel 2003 era stata dichiarata l’interruzione del giudizio a seguito del decesso del genitore; che, riassunto il giudizio, la sezione Liguria della Corte dei Conti aveva dichiarato con sentenza n. 352 del 2009 inammissibile il ricorso; che, interposto gravame, la sezione d’appello della Corte dei Conti, con sentenza n. 448 del 2016, aveva annullato la sentenza n. 352 del 2009 e rimesso gli atti alla sezione Liguria; che, riassunto il giudizio, con sentenza depositata il 24.4.2017 la sezione giurisdizionale per la Regione Liguria della Corte dei Conti aveva rigettato l’iniziale ricorso.
(OMISSIS) si doleva dunque per l’irragionevole durata del giudizio anzidetto e chiedeva ingiungersi al Ministero dell’Economia e delle Finanze il pagamento di un equo indennizzo.
2. Con decreto del 26.11.2018 il consigliere designato dichiarava inammissibile il ricorso ex lege “Pinto”, siccome proposto allorche’ era scaduto il termine semestrale ai sensi della medesima legge, ex articolo 4, a far data dal di in cui la sentenza che aveva concluso il giudizio “presupposto”, era divenuta definitiva.
3. (OMISSIS) si opponeva alla L. n. 89 del 2001, ex articolo 5 ter. Resisteva il Ministero dell’Economia e delle Finanze.
4. Con decreto n. 230 del 2019 la Corte di Genova rigettava l’opposizione.
5. Avverso tale decreto ha proposto ricorso (OMISSIS); ne ha chiesto sulla scorta di un unico motivo la cassazione con ogni conseguente provvedimento anche in ordine alle spese.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze non ha svolto difese.
6. Il relatore ha formulato proposta di manifesta infondatezza del ricorso ex articolo 375, n. 5), c.p.c.; il presidente ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., comma 1, ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.
7. Con l’unico motivo il ricorrente denuncia la violazione della L. n. 89 del 2001, articolo 4, come modificato dal Decreto Legislativo n. 83 del 2012, articolo 55, 1 co., lettera d), convertito con modificazioni nella L. n. 134 del 2012, per intervento della decisione della Corte Cost. n. 88 del 2018.

 

Irragionevole durata del giudizio di appello della Corte dei conti

 

Deduce che l’interpretazione patrocinata dalla Corte di Genova e’ contraddetta dalla sentenza n. 88/2018, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale della L. n. 89 del 2001, articolo 4.
8. Va debitamente premesso che, nonostante la rituale notificazione del decreto presidenziale e della proposta del relatore, il ricorrente non ha provveduto al deposito di memoria ex articolo 380 bis c.p.c., comma 2.
9. In ogni caso, pur al di la’ del teste’ riferito rilievo, il collegio appieno condivide la proposta, che ben puo’ essere reiterata in questa sede.
10. Il ricorso e’ dunque da rigettare.
11. E’ ineccepibile e va ribadito il rilievo della Corte d’Appello di Genova, ancorato all’articolo 1 (“per i termini processuali, anche se sospesi o interrotti, di giudizi che siano in corso alla data di entrata in vigore del codice della giustizia contabile (…), continuano a trovare applicazione le norme previgenti”) ed all’articolo 3, comma 1 (“le disposizioni di cui alla Parte IV del codice, che disciplinano il giudizio pensionistico, si applicano ai giudizi instaurati in primo grado con ricorso depositato a decorrere dalla data di entrata in vigore del codice”), del Decreto Legislativo n. 174 del 2016, Allegato 3, dell’inapplicabilita’ del termine di un anno previsto dall’articolo 178, comma 4, del Decreto Legislativo n. 174 del 2016, Allegato 1, per l’appello e la revocazione ai giudizi pensionistici iniziati antecedentemente – quale all’evidenza quello “presupposto” nel caso di specie – all’entrata in vigore dello stesso decreto legislativo.
12. Si rappresenta, in pari tempo, che lo sviluppo contenutistico del motivo di ricorso e’ in toto incardinato sull’operativita’ nel caso de quo della sentenza della Corte costituzionale n. 88/2018, sentenza con cui, appunto, la Consulta ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale della L. n. 89 del 2001, articolo 4, come sostituito dal del Decreto Legislativo n. 83 del 2012, articolo 55, 1 co., lettera d), convertito con modificazioni nella L. n. 134 del 2012, nella parte in cui non prevede che la domanda di equa riparazione, una volta maturato il ritardo, possa essere presentata in pendenza del procedimento “presupposto”.
13. In tal guisa il motivo di ricorso difetta di specificita’ e di correlazione alla ratio decidendi dell’impugnata statuizione.
Piu’ esattamente, a riscontro del difetto di specificita’ e di correlazione alla ratio decidendi, si rimarca quanto segue.
Da un lato, il ricorrente ha assunto, col passaggio dell’esperito ricorso intitolato “oggetto della controversia”, che “la Corte di Appello di Genova ha ritenuto che non fosse possibile promuovere ricorso ex lege Pinto perche’ non era divenuta definitiva la sentenza della Corte dei Conti della Liguria e per tale motivo era da dichiarare inammissibile il ricorso” (cosi’ ricorso, pag. 8).
Dall’altro, la Corte d’Appello di Genova ha, viceversa, respinto l’opposizione, siccome ha opinato per la non applicabilita’, ratione temporis, del Decreto Legislativo n. 174 del 2016 ed ha ritenuto, condividendo sostanzialmente la valutazione del consigliere designato, che la decisione pronunciata il 24.4.2017 a conclusione del giudizio “presupposto” era divenuta definitiva il 24.10.2017, sicche’ alla data – 21.8.2018 – di deposito del ricorso per equa riparazione il termine semestrale ai sensi della L. n. 89 del 2001, ex articolo 4, era decorso sin dal 24.4.2018.
14. Ebbene, al di la’ dell’erroneo, ratione temporis, riferimento, operato dal ricorrente, ai termini di cui al Decreto Legislativo n. 174 del 2016 e dell’inconferente riferimento, parimenti operato dal ricorrente, alla sentenza della Corte Cost. n. 88 del 2018, la ratio decidendi teste’ menzionata, cui e’ ancorata la decisione della corte genovese, non e’ stata attinta da alcun altra ragione di censura o di doglianza.
D’altronde, il riferimento, in via esclusiva, alla pronuncia n. 88/2018 della Corte costituzionale e’ in ricorso, significativamente, esplicitato dall’inciso: “al di la’ dell’effettiva validita’ dell’entrata in vigore del nuovo codice di giustizia contabile e dei termini per proporre appello ivi formulati” (cosi’ ricorso, pag. 8).
15. In questo quadro vanno ovviamente ribaditi gli insegnamenti di questa Corte.
Ovvero l’insegnamento secondo cui il potere del giudice di individuare l’esatta regola di diritto applicabile alla fattispecie, deve misurarsi con le preclusioni che derivano, per l’appello, dagli articoli 329 e 346 c.p.c. e, nel ricorso per cassazione, dalla natura del giudizio di legittimita’, a critica vincolata, con oggetto delimitato dalle censure sollevate con i singoli motivi (cfr. Cass. sez. lav. 9.6.2016, n. 11868).
Ovvero l’insegnamento secondo cui la Corte di cassazione puo’ ritenere fondata la questione, sollevata dal ricorso, per una ragione giuridica diversa da quella specificamente indicata dalla parte e individuata d’ufficio, con il solo limite che tale individuazione deve avvenire sulla base dei fatti per come accertati nelle fasi di merito ed esposti nel ricorso per cassazione e nella stessa sentenza impugnata, senza cioe’ che sia necessario l’esperimento di ulteriori indagini di fatto, fermo restando, peraltro, che l’esercizio del potere di qualificazione non deve inoltre confliggere con il principio del monopolio della parte nell’esercizio della domanda e delle eccezioni in senso stretto (cfr. Cass. 22.3.2007, n. 6935).
16. Ebbene su tale scorta devesi imprescindibilmente ed ulteriormente sottolineare quanto segue.
In primo luogo, che il ricorrente non solo in questa sede ma pur innanzi alla Corte di Genova, con l’opposizione ai sensi della L. n. 89 del 2001, ex articolo 5 ter, alla stregua dei rilievi riprodotti – in ossequio al canone dell'”autosufficienza” – nel ricorso per cassazione (cfr. pagg. 6 e 7), si era limitato ad invocare il rispetto del termine semestrale di cui alla L. n. 89 del 2001, articolo 4, in dipendenza della prefigurata, in via esclusiva, applicabilita’ dei termini di cui al Decreto Legislativo n. 174 del 2016.
In secondo luogo, che l’applicabilita’ dei termini di cui al Decreto Legislativo n. 174 del 2016 risulta propriamente correlata all’esperibilita’ avverso la sentenza depositata il 24.4.2017 della sezione giurisdizionale per la Regione Liguria della Corte dei Conti della revocazione ordinaria (gia’ Regio Decreto n. 1214 del 1934, ex articolo 68, lettera a)) anziche’ dell’appello (cfr. ricorso, pag. 7).
Cosicche’, per un verso, nel segno del principio per cui l’esercizio del potere di qualificazione devoluto a questa Corte non deve confliggere con il principio del monopolio della parte nell’esercizio della domanda, non puo’ che esulare dalla cognizione di questa Corte il profilo concernente l’individuazione del termine “lungo” per la proposizione dell’impugnazione avverso la sentenza depositata il 24.4.2017 della sezione giurisdizionale per la Regione Liguria della Corte dei Conti nel regime antecedente l’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 174 del 2016.
Cosicche’, per altro verso, viene in rilievo l’insegnamento di questa Corte, secondo cui, in caso di irragionevole durata del giudizio di appello della Corte dei conti, la domanda di equa riparazione, ai sensi della L. n. 89 del 2001, articolo 4 (nel testo originario (in sostanza ripristinato dalla sentenza n. 88 del 2018 della Consulta)), puo’ essere proposta anche all’esito del giudizio di revocazione ordinaria, sempre che questo sia stato introdotto entro sei mesi dal deposito della sentenza che ha concluso il giudizio “presupposto” – introduzione entro sei mesi di cui viceversa non si e’ fornito riscontro nel caso di specie – essendo irrilevante, perche’ assolutamente straordinario, il termine di tre anni previsto per la revocazione dal Regio Decreto n. 1214 del 1934, articolo 68 (cfr. Cass. 14.12.2015, n. 25179).
17. Il Ministero non ha svolto difese. Nonostante il rigetto del ricorso nessuna statuizione in ordine alle spese va pertanto assunta.
18. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 10, non e’ soggetto a contributo unificato il giudizio di equa riparazione ex L. n. 89 del 2001; il che rende inapplicabile il medesimo D.P.R., articolo 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

 

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