Ipotesi di retrocessione parziale

Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 2 settembre 2019, n. 6031.

La massima estrapolata:

Anche nell’ipotesi di retrocessione parziale (sebbene in misura meno evidente di quanto avviene per l’ipotesi di retrocessione totale) il principio generale è che il bene espropriato non può essere mai concretamente utilizzato per un fine diverso da quello per il quale fu espropriato e risultante – sostanzialmente – nella dichiarazione di pubblica utilità, solo in funzione di quest’ultima essendo lecito e legittimo sottrarre il bene stesso al suo legittimo proprietario.

Sentenza 2 settembre 2019, n. 6031

Data udienza 30 maggio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 7917 del 2009, proposto da
Comune di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Br. Cr. e Fa. Ma. Fe., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gi. Ma. Gr. in Roma, corso (…);
contro
An. Ma., rappresentata e difesa dagli avvocati Lu. To. e Si. To., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Lo. Vi. in Roma, via (…);
nei confronti
Società Sa. – Società Am. Ca. s.r.l., Regione Campania, non costituite in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania Sezione Quinta n. 3785/2009, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di An. Ma.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 maggio 2019 il Cons. Alberto Urso e uditi per le parti gli avvocati Pe. su delega di Fe., e To. Lu.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Giusta decreto n. 187 del 14 maggio 1985 del sindaco di Napoli quale commissario per la ricostruzione post sismica ai sensi della l. n. 219 del 1981, An. Ma. subiva l’espropriazione di un terreno sito nel medesimo Comune, zona (omissis), ai fini della realizzazione di un’opera viaria a cura del relativo concessionario Consorzio Co..
Con successiva comunicazione, a seguito d’interpello in tal senso rivolto dal Comune, la Ma. chiedeva la retrocessione parziale delle aree rimaste inutilizzate a seguito della suddetta espropriazione.
2. Con nota del 18 luglio 2003 il Comune di Napoli – Servizio patrimonio e demanio respingeva parzialmente la richiesta, in relazione a una frazione del terreno assegnata a un terzo privato (i.e., tal Am. Lu.) per attività di distribuzione carburanti.
3. La Ma. impugnava la nota del Comune nonché il decreto sindacale e i connessi atti con cui era stato concesso all’A. l’utilizzo della suddetta area per l’installazione di un impianto distribuzione carburanti. La ricorrente avanzava anche domanda di risarcimento danni.
4. Il Tribunale amministrativo adì to, nella resistenza del Comune di Napoli e della controinteressata Sa. – Società Am. Ca. s.r.l., dopo aver svolto istruttoria documentale sugli atti relativi alla concessione del terreno all’A., nonché sulla situazione dell’area, accoglieva il ricorso annullando la nota di diniego alla retrocessione, nonché – per quanto di ragione della ricorrente – gli altri provvedimenti gravati.
5. Ha proposto appello avverso la sentenza il Comune di Napoli con i motivi di doglianza riassumibili come segue:
I) erroneità dell’omessa dichiarazione d’inammissibilità del ricorso, difettando una dichiarazione d’inservibilità del terreno necessaria alla retrocessione parziale e non essendo stata proposta dalla Ma. istanza utile alla maturazione del relativo silenzio inadempimento;
II) erroneo accoglimento del ricorso senza aver tenuto conto che il bene è stato comunque utilizzato per fini di pubblica utilità ;
III) prescrizione del diritto alla retrocessione, essendo l’espropriazione avvenuta nell’anno 1985;
IV) erroneità dell’omessa pronuncia d’inammissibilità del ricorso avendo trascurato che, al tempo della sua proposizione, era ancora efficace la dichiarazione di pubblica utilità del terreno;
V) omessa considerazione della posizione del controinteressato titolare dell’impianto di distribuzione carburanti e della circostanza che la domanda di retrocessione di cui v’è prova è posteriore alla richiesta di trasferimento e installazione ivi del suddetto impianto;
VI) mancata considerazione della circostanza che, nell’ambito del procedimento per la retrocessione, la Ma. è stata in realtà interpellata per aree diverse da quella controversa.
6. S’è costituita in giudizio Ma. An. per resistere all’appello, del quale ha chiesto il rigetto.
7. Sulla discussione delle parti all’udienza pubblica del 30 maggio 2019, come da relativo verbale, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Può prescindersi dall’esame delle eccezioni di carattere preliminare sollevate dalla Ma. – salvo quanto segue in relazione al terzo motivo di gravame (su cui v. infra, sub § 4) – stante il rigetto dell’appello nei termini di seguito indicati.
2. Con il primo motivo il Comune si duole della mancata declaratoria d’inammissibilità del ricorso stante il difetto di dichiarazione comunale d’inservibilità del terreno, ai sensi dell’art. 61 l. n. 2359 del 1865, necessaria alla retrocessione parziale, nonché la mancata proposizione dalla Ma. di istanza utile alla maturazione del relativo silenzio inadempimento.
Con il sesto motivo, connesso al primo e perciò da esaminare congiuntamente ad esso, il Comune – oltre a sviluppare le stesse censure e sostenere la legittimità della destinazione impressa al bene a mezzo della concessione all’A. – deduce che l’interpello rivolto dall’amministrazione alla Ma. ai fini dell’eventuale retrocessione del fondo riguardava in realtà area diversa da quella oggetto del presente giudizio.
2.1. I due motivi di gravame non sono meritevoli di positiva considerazione per le ragioni di seguito esposte.
2.1.1. Risulta dagli atti, ed è pacifico fra le parti, come il decreto d’esproprio in danno della Ma. sia stato emanato nell’ambito degli interventi di edilizia straordinaria di cui al titolo VIII l. n. 219 del 1981 (recante “ulteriori interventi in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del novembre 1980 e del febbraio 1981”), in particolare per la realizzazione dell’asse viario in Napoli, località (omissis) (cfr. nota comunale prot. n. 30509 del 1997, nonché la narrativa dello stesso atto d’appello).
L’assegnazione in concessione di parte dell’area ad Am. Lu. ai fini del trasferimento ivi di un impianto distribuzione carburanti da questi gestito, nonché della concentrazione anche di altro impianto riconducibile all’A., avvenne invece in conseguenza del dissesto idrogeologico di via (omissis) risalente al 12 dicembre 1996, tanto che la domanda di trasferimento dell’impianto da parte dell’A. risale al 14 gennaio 1997 (cfr., in proposito, il decreto sindacale di assegnazione dell’area, prot. n. 219 del 1997, nonché la delibera di Giunta n. 291 del 1998 di autorizzazione al trasferimento e concentrazione degli impianti; cfr. anche la nota del Comune indirizzata all’avvocatura, prot. n. 5612 del 2003).
Risulta da ciò che l’assegnazione dell’area controversa in favore dell’A. avvenne per finalità del tutto diverse da quelle perseguite mediante il procedimento espropriativo esitato nel decreto n. 187 del 1985.
2.1.2. In proposito, l’art. 60 l. n. 2359 del 1865, ratione temporis applicabile al caso di specie, stabilisce che “dopo l’esecuzione di un’opera di pubblica utilità, se qualche fondo a tal fine acquistato non ricevette o in tutto o in parte la preveduta destinazione, gli espropriati o gli aventi ragione da essi che abbiano la proprietà dei beni da cui fu staccato quello espropriato, hanno diritto ad ottenerne la retrocessione”.
Il successivo art. 61 individua la procedura finalizzata alla retrocessione parziale, articolata nella pubblicazione di un avviso indicante “i beni che, non dovendo più servire all’eseguimento dell’opera pubblica, sono in condizione di essere rivenduti” (comma 1), nella seguente dichiarazione degli espropriati di voler riacquistare la proprietà dei fondi, nonché nella determinazione e corresponsione del prezzo di retrocessione (comma 2).
L’ultimo comma della disposizione prevede che “ove l’avviso anzidetto non venga pubblicato, potranno i proprietari o gli aventi ragione da essi rivolgersi al Prefetto, perché con suo decreto dichiari che i beni più non servono all’opera pubblica” (comma 3; cfr. oggi, per la procedura di siffatta retrocessione, l’art. 47 d.p.r. n. 327 del 2001).
Sostiene il Comune di Napoli che, essendo mancato nel caso in esame l’avviso di cui al 1° comma (cd. “dichiarazione d’inservibilità “) e non avendo la Ma. proposto alcuna iniziativa avverso il silenzio in proposito serbato dall’amministrazione, non potrebbe darsi luogo in specie ad alcuna retrocessione; di qui l’erroneità della sentenza che ha invece riconosciuto i presupposti per detta retrocessione, e la legittimità del provvedimento comunale che l’ha invece denegata.
2.1.3. L’assunto comunale è infondato.
Come correttamente posto in risalto dalla sentenza, il sistema risultante dagli art. 60 ss. l. n. 2359 del 1865 preclude l’utilizzo del bene espropriato per finalità diverse da quelle indicate nella dichiarazione di pubblica utilità e alle quali l’esproprio è finalizzato.
La giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha in proposito evidenziato che “anche nell’ipotesi di retrocessione parziale (sebbene in misura meno evidente di quanto avviene per l’ipotesi di retrocessione totale) il principio generale è che il bene espropriato non può essere mai concretamente utilizzato per un fine diverso da quello per il quale fu espropriato e risultante – sostanzialmente – nella dichiarazione di pubblica utilità, solo in funzione di quest’ultima essendo lecito e legittimo sottrarre il bene stesso al suo legittimo proprietario” (Cons. Stato, IV, 8 luglio 2003, n. 4057).
In tale contesto, e alla luce delle circostanze rilevanti nel caso di specie, il Comune non può invocare la formale omessa dichiarazione d’inservibilità – la quale assolve la peculiare funzione di rendere noto, con le prescritte forme di pubblicità, l’elenco dei beni immobili passibili di retrocessione (cfr. Cons. Stato, IV, 19 febbraio 2007, n. 874) – per sottrarsi alla retrocessione invocata dalla Ma..
Risulta infatti che lo stesso Comune, al di là dell’omessa dichiarazione d’inservibilità, abbia attivato uno specifico procedimento d’interpello volto a procurare l’eventuale retrocessione dell’area ben idoneo a surrogare detta dichiarazione (cfr., ora, l’art. 47 d.p.r. n. 327 del 2001, che prevede un modello procedimentale incentrato sul dia fra l’amministrazione e l’interessato).
In proposito, è lo stesso Comune a riconoscere – come rilevato dalla sentenza – che il detto interpello fu attivato (cfr. memoria al Tar del 14 gennaio 2008, pag. 3; v. anche ricorso in appello, pag. 3); e il medesimo Comune, in altro passaggio, pur sottolineando come l’interpello sia stato esperito successivamente alla sospensione della concessione del suolo all’A., afferma espressamente che “l’Amministrazione ha sollecitato la ricorrente a manifestare la volontà di ottenere la retrocessione dei beni” richiamando al riguardo apposita nota comunale in atti (cfr. memoria 14 gennaio 2008, pag. 5, che rimanda al “doc. 8”, costituito dalla nota prot. n. 6630 del 1999 con cui il Comune richiedeva “espressione di volontà sull’eventuale retrocessione” riportando peraltro esplicitamente, nell’oggetto, anche la particella n. 61 del foglio 116 qui controversa).
In tale contesto, non vale invocare in senso contrario la circostanza per cui detto interpello non sarebbe stato rivolto alla Ma. per l’area de qua, atteso che – anche al di là del richiamo da parte dello stesso Comune alla nota n. 6630, che ricomprendeva detta particella n. 61- l’elemento non risulta esposto né dedotto nel provvedimento di diniego della retrocessione impugnato, in cui l’unica ragione espressa per il detto diniego era che “la parte di suolo occupata allo stato dal distributore di carburante Q8 è stata definitivamente concessa (…) al sig. Am. Lu.”, non già che l’interpello e la manifestazione adesiva della Ma. (anch’essa riconosciuta dal Comune: cfr. la medesima memoria del 14 gennaio 2008; in senso ana, v. anche l’atto d’appello; la stessa sentenza, pag. 9, dà conto dell’omessa contestazione della circostanza) difettassero o riguardassero (solo) particelle differenti, né che fossero riscontrabili altre irregolarità, carenze procedurali od elementi impeditivi alla retrocessione a fronte della richiesta avanzata dalla Ma.: nessuno dei vizi di procedura qui autonomamente invocati dall’appellante veniva infatti dedotto dal provvedimento di diniego, il quale si fondava sulla sola circostanza di fatto dell’insediamento dell’attività dell’A. nell’area oggetto della richiesta di retrocessione.
Per questo, in presenza di una destinazione del bene difforme da quella prevista in sede espropriativa, nonché a fronte dell’attivato interpello, e avuto riguardo alla motivazione contenuta nel provvedimento impugnato, le doglianze comunali in esame non meritano condivisione.
3. Con il secondo, quarto e quinto motivo di doglianza – scrutinabili congiuntamente per via della loro stretta connessione – il Comune deduce che il bene è stato comunque utilizzato dal Comune per fini di pubblica utilità, rientrando la sua assegnazione all’A. nel piano regionale di razionalizzazione degli impianti di carburante; che in ogni caso al tempo del ricorso proposto dalla Ma. erano ancora vigenti i termini della dichiarazione di pubblica utilità, sicché il ricorso stesso risultava inammissibile; che la sentenza non ha adeguatamente considerato la posizione del controinteressato titolare dell’impianto di distribuzione carburanti e la circostanza che la domanda di retrocessione di cui v’è prova è posteriore alla richiesta di trasferimento e installazione ivi dell’impianto dell’A.: l’insieme di tali circostanze condurrebbe a ritenere la legittimità del provvedimento di diniego della retrocessione richiesta dalla Ma. e l’erroneità della sentenza che ha accolto il ricorso di primo grado.
3.1. Neanche tali profili di doglianza risultano condivisibili.
3.1.1. Irrilevante è anzitutto che l’assegnazione del bene all’A. rientrasse nel perseguimento di finalità pubbliche, correlate in particolare al piano regionale di razionalizzazione degli impianti di carburante: trattasi infatti di finalità in sé diverse da quelle sottostanti alla procedura espropriativa che legittimavano il provvedimento ablatorio a carico della Ma..
Per le medesime ragioni, priva di rilievo si rivela la circostanza che, al tempo della proposizione del ricorso, era ancora vigente ed efficace la dichiarazione di pubblica utilità : all’esito dell’intervenuto decreto d’esproprio si versava infatti ormai in una fase diversa, rispetto alla quale poteva pervenirsi all’attuazione delle finalità perseguite con l’espropriazione, ovvero procedere con le modalità previste per la retrocessione del bene, ma in ogni caso non distogliere tout court il bene dalle originarie finalità espropriative.
Analogamente, inidonea a condurre a una diversa conclusione in ordine all’illegittimità del diniego della retrocessione risulta la sussistenza di un contrapposto interesse in capo al soggetto titolare dell’impianto insediato nell’area: la circostanza non vale infatti a escludere la deviazione dalle finalità espropriative insita nell’assegnazione del terreno ad altro soggetto per il perseguimento d’interessi diversi da quelli sottesi all’espropriazione. Né rileva di per sé, in proposito, che la richiesta di retrocessione sia intervenuta successivamente all’assegnazione dell’area all’A., atteso che, da un lato, proprio detta assegnazione inverava l’illegittima disposizione del bene da parte dell’amministrazione al di fuori delle finalità sottostanti all’esproprio, dall’altro la richiesta della Ma. era stata avanzata in risposta ad apposito interpello del Comune finalizzato alla retrocessione del fondo nei termini suindicati (v. retro, sub § 2.1.3).
Per tali ragioni, anche il secondo, quarto e quinto motivo di doglianza risultano infondati.
4. Inammissibile è infine il terzo motivo, con il quale il Comune eccepisce la prescrizione del diritto alla retrocessione essendo intervenuto il decreto d’esproprio nell’anno 1985.
Come correttamente rilevato dalla Ma. l’eccezione è nuova e come tale inammissibile in appello per consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (su tutte, cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. n. 14 del 2004).
5. Conclusivamente l’appello va dunque respinto.
6. Le spese di lite vengono poste a carico dell’appellante, secondo criterio di soccombenza, e liquidate nella misura di cui in dispositivo in favore dell’appellata costituita.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge;
condanna l’appellante alla rifusione delle spese di lite, che liquida nella misura di Euro 3.000,00, oltre accessori di legge, in favore dell’appellata costituita.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 maggio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Fabio Franconiero – Presidente FF
Federico Di Matteo – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere
Alberto Urso – Consigliere, Estensore
Giuseppina Luciana Barreca – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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