In ipotesi di mancata illegittima aggiudicazione di un appalto pubblico

Consiglio di Stato, Sentenza|19 maggio 2021| n. 3892.

In ipotesi di mancata illegittima aggiudicazione di un appalto pubblico, il risarcimento del danno conseguente al lucro cessante si identifica con l’interesse cosiddetto positivo, che ricomprende sia il mancato profitto (che l’impresa avrebbe ricavato dall’esecuzione dell’appalto), sia il danno cosiddetto curricolare. Quest’ultimo identifica il pregiudizio subìto dall’impresa a causa del mancato arricchimento del curriculum e dell’immagine professionale per non poter indicare in esso l’avvenuta esecuzione dell’appalto. Trattasi del pregiudizio alla capacità competitiva dell’impresa di concorrere sul mercato e dell’attitudine ad aggiudicarsi ulteriori appalti futuri. Nell’azione di responsabilità per danni il principio dispositivo opera con pienezza non essendo temperato dal metodo acquisitivo proprio dell’azione di annullamento (articolo 64 Dlgs n. 104/2010). Il danno curriculare non è risarcibile nell’ambito della responsabilità precontrattuale in quanto non attiene all’interesse negativo, ma, più propriamente, all’interesse positivo, derivando dalla mancata esecuzione dell’appalto, non dall’inutilità della trattativa.

Sentenza|19 maggio 2021| n. 3892

Data udienza 18 febbraio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: In ipotesi di mancata illegittima aggiudicazione di un appalto pubblico – Contratti della PA – Servizi – Affidamento – Gara – Aggiudicazione illegittima – Responsabilità civile – Azione risarcitoria – Danno curriculare – Elemento soggettivo – Prova – Non è richiesta – Ragioni

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 6384 del 2020, proposto da
Ag. s.r.l., in proprio e in qualità di capogruppo della costituenda Ati con In. Pr. s.r.l.t.p., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Fr. De Ma. e Ba. Sa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Fr. De Ma. in Milano, via (…);
contro
Vi. Se. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ro. Pe., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Si. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Gi. Le., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per le Marche Sezione Prima n. 00450/2020, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Vi. Se. s.p.a. e della Si. s.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, Cod. proc. amm.;
Relatore nell’udienza del giorno 18 febbraio 2021 il Cons. Alberto Urso e preso atto delle note d’udienza depositate dagli avvocati De Ma. e Sa. ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137 del 2020, conv. in l. n. 176 del 2020, e dell’art. 4 d.l. n. 28 del 2020, conv. in l. n. 70 del 2020;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

In ipotesi di mancata illegittima aggiudicazione di un appalto pubblico

FATTO

1. A seguito di precedente sentenza del Tribunale amministrativo per le Marche n. 141 del 2019 – che aveva annullato la gara per l’affidamento del servizio di gestione, elaborazione buste paga e relativi documenti connessi indetta da Vi. Se. s.p.a. per mancata previsione fra i requisiti di gara dell’iscrizione all’albo dei consulenti del lavoro, trattandosi di servizio di elaborazione buste paga – la stessa Vi. Se. s.p.a. (società in house a totale capitale pubblico affidataria della gestione unica del Servizio idrico integrato nell’interesse di vari comuni delle province di Ancona e Macerata) bandiva analoga gara che veniva aggiudicata al Rtc capeggiato dalla Si. s.p.a.
2. Avverso il provvedimento d’aggiudicazione e gli altri atti di gara proponeva ricorso, integrato da motivi aggiunti, la unica altra concorrente Ag. s.r.l., in proprio e nella qualità di capogruppo di Ati con In. Pr. s.r.l.t.p., avanzando anche istanza d’accesso ex art. 116 Cod. proc. amm., nonché domanda di risarcimento del danno.
3. Il Tribunale amministrativo adì to, nella resistenza della Vi. Se. s.p.a. e della Si. s.p.a., respingeva il ricorso e i motivi aggiunti.
4. Ha proposto appello avverso la sentenza la Ag. s.r.l. deducendo:
I) sul secondo motivo aggiunto di primo grado, error in iudicando: erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto; violazione e falsa applicazione dell’art. 95, comma 10 e 97, comma 5, lett. d), d.lgs. n. 50 del 2016; violazione e falsa applicazione della lettera di invito; eccesso di potere per difetto di istruttoria; travisamento dei presupposti di fatto e di diritto;
II) sul primo motivo di ricorso e sul secondo motivo aggiunto di primo grado, error in iudicando: erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto; omessa statuizione su un punto decisivo della controversia; violazione e falsa applicazione dell’art. 1 e ss. l. n. 12 del 1979; artt. 1, 2, 9, 10 l. n. 183 del 2011 e artt. 2229 e 2232 Cod. civ.; violazione e falsa applicazione dell’art. 89 d.lgs. n. 50 del 2016; eccesso di potere per difetto di istruttoria; travisamento dei presupposti di fatto e di diritto.
L’appellante ripropone poi domanda di risarcimento del danno, nonché istanza istruttoria per l’ostensione di documenti ai sensi dell’art. 116 Cod. proc. amm.
5. Resistono all’appello la Vi. Se. s.p.a. e la Si. s.p.a. chiedendone la reiezione.
6. All’udienza del 18 febbraio 2021, tenuta con modalità da remoto, la causa è stata trattenuta in decisione.

 

In ipotesi di mancata illegittima aggiudicazione di un appalto pubblico

DIRITTO

1. Col primo motivo di gravame l’appellante si duole del rigetto della doglianza con cui aveva dedotto in primo grado la necessaria esclusione della Si. a fronte della mancata indicazione dei costi di manodopera, previsti in misura pari a “Euro 0,00” nell’offerta economica presentata, in violazione delle previsioni della lex specialis.
Deduce l’appellante che il richiamo alla natura intellettuale del servizio non varrebbe a derogare alla lex specialis, che prescrive espressamente l’indicazione di tali costi a pena di esclusione; in ogni caso, i servizi messi a bando non presenterebbero natura intellettuale e richiederebbero l’effettivo impiego di manodopera, almeno per l’80%, come confermato dal documento di gara recante “Foglio Patti e Condizioni”, che contiene varie indicazioni in materia di personale e suo trattamento.
1.1. Col secondo motivo l’Ag. si duole del mancato accoglimento della censura con cui aveva dedotto in primo grado che il consulente del lavoro in Rtc con la Si. nella veste di mandante non vantava in realtà il requisito dell’esperienza pregressa nei termini richiesti dalla lex specialis, atteso che aveva eseguito precedenti attività di consulenza in favore di clienti della stessa Si., titolari di contratti stipulati con quest’ultima anziché col consulente.
L’appellante lamenta inoltre l’omessa pronuncia sulla dedotta nullità dei suddetti contratti perché stipulati da una società commerciale pur avendo un oggetto coincidente con attività riservata a consulenti del lavoro.
1.2. Può procedersi direttamente all’esame del secondo motivo di gravame, la cui fondatezza ha carattere assorbente ai fini dell’accoglimento dell’appello, esimendo peraltro anche dallo scrutinio delle eccezioni preliminari sollevate dalla Si. in relazione al primo motivo, nonché delle istanze istruttorie avanzate dall’appellante.
1.2.1. La lettera d’invito prevedeva quali requisiti in capo ai concorrenti l’avere “d) […] effettuato la gestione del servizio paghe nel triennio 2016-2018 per almeno n. 1 ditta cliente con inquadramento del personale dipendente sia nella gestione I.N.P.S. che nella gestione ex I.N.P.D.A.P.”, nonché “e) avere proceduto all’espletamento del servizio paghe nel triennio 2016-2018 per almeno n. 3 ditte clienti, ognuna delle quali con un numero di dipendenti non inferiore a n. 200 unità, ovvero n. 1 ditta cliente attraverso la quale è stato espletato il servizio per almeno n. 400 unità “.
La stessa lex specialis prevedeva poi che “In caso di Raggruppamento Temporaneo di Concorrenti, i requisiti di cui ai punti […] d) ed e) […] dovranno essere posseduti da ciascun componente del Raggruppamento, in ragione della tipologia della prestazione da eseguire”.
Nella specie, il consulente del lavoro mandante del Rtc con Si. – cui era affidata, in base alla dichiarazione d’impegno fra le parti del Rtc, la prestazione secondaria di “assolvimento delle attività riservate, in via esclusiva, ai sensi dell’art. 1 della legge n. 12/1979, ai consulenti del lavoro”, pari al 20% dell’appalto – giustificava i detti requisiti spesi richiamando una dichiarazione della stessa Si., nella quale si dà atto che il professionista aveva effettuato “per questa società “, con incarico di attività libero professionale di consulente del lavoro, i servizi richiesti dalla lex specialis, e cioè la “gestione del servizio paghe” e l'”espletamento del servizio paghe” per “ditte clienti” nominativamente indicate (i.e., Gruppo C.; A. E. – R.; M. T.), aventi le caratteristiche indicate nella lettera d’invito.
Anche nella domanda di partecipazione il professionista dichiarava a tal fine di avere prestato, con incarico per attività libero professionale di consulente del lavoro, “per la Si. S.p.A” i servizi richiesti dall’invito, in favore di “ditte cliente [o “ditta cliente”] della stessa società ” (cioè della Si.), precisando che “trattasi, quindi, di consulenza professionale resa, per conto della Si. S.p.A., direttamente in favore delle aziende clienti”; al riguardo, la medesima Si. dà peraltro conto nella propria domanda di partecipazione di “avere all’interno della propria organizzazione” il suddetto professionista, già dipendente della società, e – nella citata dichiarazione a comprova dei requisiti allegata dal consulente – che quest’ultimo ha effettuato “per questa società ” la gestione ed espletamento del servizio paghe verso le suddette “ditte clienti” (o “ditta cliente”) specificamente indicate.
Emerge dunque chiaramente come l’attività spesa dal professionista ai fini della partecipazione alla gara sia stata prestata da questi nei confronti di clienti non già propri, bensì della società Si., legati da rapporto contrattuale con quest’ultima (cfr. anche la dichiarazione del professionista in cui si “elencano […] i contratti sottoscritti nel periodo citato, riguardanti i servizi di cui all’oggetto”, e nell’elenco figura il solo contratto con la Si.; è presente in atti, peraltro, anche certificato di regolare esecuzione del 5 luglio 2017 rilasciato da uno dei suddetti clienti, che fa riferimento alla regolare esecuzione della “impresa Si. S.P.A.”). Del resto, sono gli stessi contratti con la Si. a prevedere che l’incarico conferito al professionista fosse da svolgere “prevalentemente presso la sede della società e, se richiesto, anche presso nostri [i.e., di Si.] clienti che Le saranno eventualmente indicati” (cfr. i contratti allegati ai giustificativi, in specie quello del 28 dicembre 2017; i contratti prevedevano peraltro che l’attività, benché svolta in autonomia dal consulente, dovesse seguire le “istruzioni di massima […] fornite dall’Amministratore delegato”).
Per questo, la pregressa attività spesa dal professionista non è stata prestata in favore di proprie “ditte clienti”: il che vale a escludere ex se l’integrazione del requisito come definito dalla lex specialis, che richiedeva invece l’aver espletato il servizio per ditte “clienti”, e cioè in forza di un diretto e autonomo rapporto di consulenza a beneficio di queste (quali proprie “clienti”, appunto), con ciò che ne deriva, ad esempio, in punto di auto-organizzazione, responsabilità diretta, affidamento e remunerazione diretta da parte dei committenti.
Né rileva, in senso inverso, la circostanza che il consulente ricevesse in specie direttamente dalle aziende o enti assistiti la delega alla gestione della posizione contributiva INPS e di quella INAIL, atteso che ciò attiene a un profilo esecutivo e gestorio del servizio, ma non oblitera il fatto che la titolarità del rapporto contrattuale di assistenza verso i clienti fosse in capo alla Si., e che dunque il servizio non fosse prestato verso “ditte clienti” dello stesso consulente.
Per questi motivi la doglianza risulta fondata, atteso che il requisito prescritto dalla lex specialis non può ritenersi integrato nei termini in cui speso dal Rtc controinteressato in relazione alla posizione del professionista mandante.
L’accoglimento del motivo, stante l’illegittimità del provvedimento di aggiudicazione in favore della controinteressata per la suesposte ragioni, implica l’annullamento del provvedimento stesso, e il che esime peraltro dallo scrutinio delle eccezioni sollevate dalla stessa appellante sulla documentazione prodotta al riguardo dalla Si., nonché della doglianza di omessa pronuncia circa la dedotta nullità dei contratti di consulenza stipulati dalla controinteressata.
2. A fronte della fondatezza del secondo motivo l’appello va dunque accolto e, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado integrato da motivi aggiunti e annullata l’aggiudicazione gravata, salvo quanto di seguito precisato.
2.1. Quanto alla domanda di dichiarazione d’inefficacia del contratto e subentro nell’affidamento, essa va respinta.
Il contratto risulta infatti da tempo stipulato, con effetto a far data dal 1° gennaio 2020 e per la durata di 24 mesi, sicché, stante lo stato avanzato di sua esecuzione, la domanda di dichiarazione d’inefficacia ex art. 122 Cod. proc. amm. va respinta.
2.2. Va per converso accolta la domanda di risarcimento del danno per equivalente, atteso che l’appellante pacificamente riveste la posizione di seconda classificata in graduatoria e unica altra concorrente in gara, ed è stata perciò illegittimamente privata – in conseguenza del provvedimento impugnato – dell’affidamento che le sarebbe spettato.
Ricorrono nella specie tutti gli elementi per l’integrazione della responsabilità a carico dell’amministrazione: oltre all’illegittimità del provvedimento, è ravvisabile anche il consequenziale danno in capo all’appellante per non aver ricevuto l’affidamento della commessa che avrebbe altrimenti conseguito; mentre, come noto, la responsabilità per danni conseguenti all’illegittima aggiudicazione di appalti pubblici non richiede la prova dell’elemento soggettivo della colpa, giacché la responsabilità è in questo settore improntata – secondo le previsioni eurounitarie – a un modello di tipo oggettivo disancorato dall’elemento soggettivo, coerentemente con l’esigenza di assicurare l’effettività del rimedio risarcitorio (inter multis, Cons. Stato, V, 1 febbraio 2021, n. 912; IV, 15 aprile 2019, n. 2429; V, 2 gennaio 2019, n. 14, 25 febbraio 2016, n. 772; in relazione agli appalti cd. “sotto-soglia”, cfr. CGA, 7 novembre 2017, n. 478; Cons. Stato, V, 8 novembre 2012, n. 5686); colpa che peraltro nella specie è comunque ravvisabile, stante la violazione di una chiara previsione della lex specialis da parte della stazione appaltante.
Alla luce di ciò, l’amministrazione va dunque condannata al risarcimento del danno in favore dell’appellante nei termini di seguito indicati.

 

In ipotesi di mancata illegittima aggiudicazione di un appalto pubblico

Va riconosciuto all’Ag. il risarcimento del danno per lucro cessante pari all’utile che essa avrebbe conseguito in caso di affidamento del servizio.
A tal fine, dalla relazione prodotta in questa sede dall’appellante – utilizzabile giacché consistente in un mero rapporto, con annessi giustificativi, sul prevedibile andamento dell’affidamento e suoi risultati – emerge un utile complessivo pari a Euro 18.249,48 per l’intera durata dell’appalto (con utile mensile stimato in circa Euro 760,40), su cui l’amministrazione non ha offerto alcun elemento di segno contrario.
All’utile così determinato va decurtata una quota, secondo i principi affermati dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 12 maggio 2017, n. 2), per l’aliunde perceptum vel percipiendum, che – considerata la natura dell’appalto, nonché, per quanto qui di rilievo, le deduzioni della stessa appellante circa la componente di manodopera richiesta per l’attività, che può ritenersi ragionevolmente impiegata altrimenti – si determina nella misura del 50%.
Sulla somma così quantificata, pari a Euro 9.124,74, non va applicata rivalutazione né interessi legali anteriormente al deposito della sentenza, considerato da un lato che gli indici di rivalutazione hanno assunto segno negativo per buona parte del periodo interessato (cfr. Cons. Stato, V, 26 gennaio 2021, n. 786), dall’altro che comunque la somma – che surroga il mancato utile – viene liquidata per intero prima del virtuale esaurimento del rapporto, dando luogo perciò, almeno in parte, a un vantaggio per l’impresa, che vale nel complesso a bilanciare il pregiudizio per il ritardo nella corresponsione di altra quota, non essendo provato d’altra parte uno specifico nocumento in tal senso da parte dell’Ag.; sulle somme liquidate sono dovuti invece gli interessi legali con decorso a far data dal deposito della sentenza sino all’effettivo soddisfo.
Non può essere infine riconosciuto il danno cd. “curriculare” invocato dall’appellante, sul quale non viene offerto nessun (necessario) elemento dimostrativo, né alcuna specifica e circostanziata indicazione ai fini della relativa enucleazione (cfr. al riguardo, inter multis, Cons. Stato, V, 20 gennaio 2021, n. 632; 12 novembre 2020, n. 6970; III, 22 luglio 2020, n. 4685; 10 luglio 2020, n. 4462; 5 marzo 2020, n. 1607; già Ad. plen., n. 2 del 2017, cit.).

 

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3. In conclusione, per le suesposte ragioni, l’appello va accolto nei termini e limiti che precedono e, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado integrato da motivi aggiunti, con annullamento del provvedimento di aggiudicazione gravato e condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno nei termini suesposti.
3.1. La particolarità della fattispecie e la sua complessità giustificano l’integrale compensazione delle spese fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado integrato con motivi aggiunti annullando il provvedimento gravato e condannando l’amministrazione al risarcimento del danno in favore dell’appellante nei termini di cui in motivazione.
Compensa integralmente le spese fra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 18 febbraio 2021, tenuta da remoto ai sensi dell’art. 25 d.-l. n. 137 del 2020, conv. in legge n. 176 del 2020, con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella – Presidente
Federico Di Matteo – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere
Stefano Fantini – Consigliere
Alberto Urso – Consigliere, Estensore

 

 

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In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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