Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|29 settembre 2022| n. 28330.

Ipotesi di contratto di lavoro nullo

Nell’ipotesi di contratto di lavoro nullo, al lavoratore non spetta l’indennità sostitutiva del preavviso che, per sua natura, presuppone la validità del rapporto e, salvo i casi eccezionali espressamente previsti dagli artt. 2118, comma 3, e 2122 c.c., la possibilità della sua continuazione oltre il periodo di recesso.

Ordinanza|29 settembre 2022| n. 28330. Ipotesi di contratto di lavoro nullo

Data udienza 12 maggio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: PUBBLICO IMPIEGO – CONCORSI

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere

Dott. CASO Francesco Giuseppe L. – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 18231-2020 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A. SOCIETA’ CON SOCIO UNICO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente
avverso la sentenza n. 1260/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 15/06/2020 R.G.N. 2253/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/05/2022 dal Consigliere Dott. CINQUE GUGLIELMO.

Ipotesi di contratto di lavoro nullo

RILEVATO IN FATTO

CHE:
1. La Corte di appello di Roma, con la sentenza n. 1260/2020, per quello che interessa in questa sede, ha confermato la pronuncia del Tribunale della stessa sede con la quale era stata respinta la domanda proposta da (OMISSIS) per ottenere la declaratoria di illegittimita’ del licenziamento intimato con nota del 18.4.2017, con ogni conseguenza di tipo reintegratorio e risarcitorio, mentre era stato accolto il gravame relativamente alla condanna disposta ex articolo 96 c.p.c., u.c., dal giudice della fase a cognizione sommaria, revocando la stessa.
2. Il recesso era stato intimato perche’ il Tribunale Penale di Roma, con una decisione del 2016, aveva condannato l’Amministratore delegato di (OMISSIS) spa (successivamente confluita in (OMISSIS) spa), qualificato come pubblico ufficiale, per il reato di abuso di ufficio in concorso, per avere proceduto all’assunzione del lavoratore anche in violazione di specifiche norme vigenti in materia, quali il Regio Decreto n. 148 del 1931, il relativo regolamento di attuazione, nonche’ L. n. 133 del 2008, articolo 18 e il Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 35. Nello specifico il Tribunale Penale aveva rilevato che il (OMISSIS) era del tutto privo delle competenze previste contrattualmente per le mansioni assegnate. Di conseguenza, in sede civile era stato ritenuto che il contratto di assunzione fosse nullo ai sensi dell’articolo 1418 c.c., ovvero annullabile per errore del consenso e, quindi, vi era una oggettiva impossibilita’ di prosecuzione del rapporto di lavoro ai sensi dell’articolo 2119 c.c..
3. La Corte territoriale, premessa l’autonomia decisionale tra il giudizio penale e quello civile con la possibilita’ per il giudice, in quest’ultimo, di formare il proprio convincimento anche su prove di altro giudizio, purche’ in assenza di divieti di legge, ha rilevato che: a) il combinato disposto del Decreto Legge n. 112 del 2008, articolo 18, comma 1 e Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 35, nel testo ratione temporis vigente, prevedevano l’assunzione dei dipendenti mediante procedure selettive che garantissero: pubblicita’, imparzialita’, economicita’, celerita’ di espletamento, adozioni di meccanismi oggettivi e trasparenti, rispetto delle pari opportunita’, decentramento del reclutamento, composizione delle commissioni con l’osservanza di particolari criteri di indipendenza; b) tale sistema si applicava anche alle societa’ che gestivano, da parte dell’Ente interessato, servizi pubblici locali, a totale partecipazione pubblica; c) la sussistenza di tali presupposti escludeva l’applicazione del Decreto Legge n. 112 del 2008, articolo 23, comma 10, nel testo vigente ratione temporis; d) i criteri stabiliti dalle suddette disposizioni non erano stati osservati per quanto riguardava la assunzione del (OMISSIS); e) essendo il contratto nullo, stante la violazione del Decreto Legge n. 112 del 2008, articolo 18, avente natura imperativa, veniva meno la necessita’ di esaminare se il licenziamento fosse legittimo o meno, giacche’ il rapporto era di mero fatto ed il lavoratore non poteva vantare altri diritti se non quelli di cui all’articolo 2116 c.c.; f) andava revocata la sanzione disposta nei confronti del (OMISSIS) ex articolo 96 c.p.c., u.c., perche’, nella fattispecie, non vi era stata condanna della parte soccombente al pagamento delle spese di lite; g) le spese di lite relative al grado di appello, considerato l’esito del giudizio, andavano compensate per un 1/5, mentre i restanti 4/5 andavano posti a carico del (OMISSIS).
4. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) affidato a otto motivi cui ha resistito con controricorso (OMISSIS) spa.
5. Il ricorrente ha depositato memoria.

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CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:
1. I motivi possono essere cosi’ sintetizzati.
2. Con il primo motivo, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione del Decreto Legge 25 giugno 2008, n. 112, articolo 18, convertito con modificazioni nella L. 6 agosto 2008, n. 133 nonche’ del Decreto Legislativo 18 giugno 2000, n. 267, articolo 113 e degli articoli 2331 e 2501 c.c.. Sostiene che erroneamente la Corte territoriale aveva qualificato (OMISSIS) spa, societa’ originaria datore di lavoro del ricorrente poi incorporata da (OMISSIS) spa il 31.12.2009, come societa’ partecipata pubblica al momento della sua assunzione, avvenuta il 14.9.2009, quando, invece, il Comune di Roma non aveva piu’ quote di partecipazione per averle cedute nel maggio del 2009 ad (OMISSIS) spa. Evidenzia l’errore di diritto della gravata sentenza li’ dove si era ritenuto applicabile l’articolo 18 citato anche al caso in cui la societa’ gestisse un servizio pubblico locale, a prescindere dalla titolarita’ pubblica del capitale sociale e alla entita’ di detta partecipazione.
3. Con il secondo motivo, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, si censura la violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto del Decreto Legge n. 112 del 2008, articolo 18, comma 1 e articolo 23 bis, comma 10, (conv. con modificazioni nella L. n. 133 del 2008) nonche’ del Decreto del Presidente della Repubblica n. 168 del 2010, articolo 7. Si deduce che la Corte distrettuale erroneamente aveva respinto la eccezione di inapplicabilita’ del D.I. n. 112 del 2008, articolo 18, comma 1, escludendo che lo stesso avesse riservato alla societa’ in house altra disposizione, l’articolo 23 bis comma 10, non ancora in vigore alla data di assunzione di esso ricorrente.
4. Con il terzo motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, della violazione e/o falsa applicazione del D.I. n. 112 del 2008, articolo 18, comma 1, (convertito con modificazioni nella L. n. 133 del 2008), del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 35 e dell’articolo 1418 c.c., nonche’ del Decreto Legislativo n. 175 del 2016, articolo 19 e del Decreto Legislativo n. 95 del 2012, articolo 4, comma 13 (conv. con modificazioni nella L. n. 156 del 2012), per avere erroneamente la Corte distrettuale affermato che, dalla violazione del D.I. n. 112 del 2008, articolo 18, comma 1, sarebbe derivata la nullita’ del contratto di lavoro stipulato in pretesa violazione delle sue previsioni, quando, invece, l’articolo 18 citato non poteva essere qualificato come norma di validita’ e il prestatore di lavoro non poteva essere considerato destinatario del comando. Obietta, altresi’, che Decreto Legislativo n. 175 del 2016, articolo 19, nel prevedere la nullita’ dei contratti di lavoro in caso di integrale mancata adozione di criteri e procedure selettive, era disposizione innovativa rispetto al citato articolo 18.

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5. Con il quarto motivo si eccepisce la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1362 e 1364 nonche’ dell’articolo 1418 c.c., per avere la Corte distrettuale ritenuto la vigenza sin dal 2007 e la imprecisata rilevanza di disposizioni interne che avrebbero anticipato il disposto del D.I. n. 112 del 2008, articolo 18.
6. Con il quinto motivo si obietta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c., relativamente alla parte della gravata sentenza in cui e’ stata accertata la pretesa irregolarita’ della procedura di assunzione di esso ricorrente.
7. Con il sesto motivo si deduce l’omesso esame, circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, sempre relativamente alla ritenuta irregolarita’ della procedura di assunzione del ricorrente.
8. Con il settimo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto degli articoli 2126 e 2118 c.c., per avere la Corte di appello erroneamente respinto la domanda subordinata di condanna al pagamento ex articolo 2126 c.c. dell’indennita’ sostitutiva del preavviso, comunque dovuta anche in ipotesi di contratto nullo.
9. Con l’ottavo motivo si eccepisce la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 92 c.p.c., comma 2, nonche’ dell’articolo 112 c.p.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 4, per avere la Corte di merito, nella statuizione sulle spese di lite, disatteso i principi statuiti dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 77/2018, respingendo la espressa domanda di compensazione delle spese di lite formulata in via gradata da esso reclamante.
10. Il primo motivo non e’ fondato.
11. La tesi di parte ricorrente, secondo cui dal 21.5.2009, la societa’ aveva perso la qualita’ di “partecipata pubblica” per avere l’Ente territoriale Roma Capitale ceduto le sue azioni ad (OMISSIS) spa, di talche’ era venuto meno uno dei requisiti che condizionavano l’operativita’ dello invocato D.I. n. 112 del 2008, articolo 18, comma 1, nella sua versione ratione temporis vigente (che richiedeva appunto per la sua applicabilita’ la gestione di un servizio pubblico e la totale partecipazione pubblica), non e’ condivisibile.
12. Come correttamente osservato dalla Corte distrettuale il presupposto della totale partecipazione pubblica va riferito alla gestione dei servizi pubblici locali e non alla struttura dell’ente gestore, nel senso che cio’ che rileva e’ la circostanza che detti servizi siano interamente gestiti con capitale pubblico e con controllo pubblico, restando irrilevante che tale gestione sia attuata, in concreto, solo in via mediata da altra societa’, a sua volta interamente partecipata dall’ente pubblico, possessore delle quote della societa’ che gestisce in via diretta il servizio.
13. Cio’ che, infatti, deve essere privilegiato, nella applicazione della disposizione di cui si discute, e’ un profilo sostanziale e non formale: in questa ottica puo’ rilevarsi che sussistevano tutti i presupposti di operativita’ dell’articolo 18 citato atteso che: (OMISSIS) spa ha continuato ad operare, nel segmento temporale dal maggio 2009 (data della cessione della quote dal Comune di Roma a (OMISSIS) spa) fino al dicembre 2009 (fusione con (OMISSIS) spa) quale gestore di un pubblico servizio; tale servizio, per Statuto, veniva gestito in via esclusiva in ragione di una concessione e non di una gara pubblica; tramite I'(OMISSIS) spa (partecipata pubblica) il Comune di Roma era l’unico reale socio; le forme di controllo, corrispondenti a quelle esercitate dagli enti pubblici cui la (OMISSIS) spa era sottoposta, non risultavano essere state mutate.

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14. Il secondo ed il terzo motivo, da trattarsi congiuntamente per la loro interferenza, non sono fondati.
15. Le problematiche di diritto, ad essi sottese sono state di recente esaminate dalla sentenza di questa Corte (n. 4571/2022) alle cui argomentazioni il Collegio ritiene di aderire, di talche’ va esclusa anche la possibilita’ di rimessione alle Sezioni Unite essendo stata svolta una ricostruzione normativa che fuga, ormai, ogni dubbio, su un potenziale contrasto giurisprudenziale.
16. In particolare, e’ stato evidenziato quanto segue, in relazione al quadro normativo vigente al settembre 2009.
17. Il Decreto Legge n. 112 del 2008, articolo 18, comma 1, convertito in L. n. 133 del 2008, nel testo applicabile ratione temporis risultante dalle modifiche apportate dalla L. n. 102 del 2009 di conversione del Decreto Legge n. 78 del 2009, ha previsto che: “A decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, le societa’ che gestiscono servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalita’ per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, articolo 35, comma 3”; l’articolo 23 bis, comma 10, lettera a) del medesimo decreto (aggiunto in sede di conversione del decreto legge) ha previsto l’emanazione di un regolamento, ai sensi della L. 23 agosto 1988, n. 400, articolo 17, comma 2, al fine di “prevedere… l’osservanza da parte delle societa’ in house e delle societa’ a partecipazione mista pubblica e privata di procedure ad evidenza pubblica per l’acquisto di beni e servizi e l’assunzione di personale”; il regolamento a cui la legge delegava e’ stato adottato con Decreto del Presidente della Repubblica n. 168 del 2010 che, all’articolo 7 (recante rubrica “Assunzione di personale da parte delle societa’ “in house” e delle societa’ miste”), ha previsto che: “Le societa’ a partecipazione pubblica che gestiscono servizi pubblici locali adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalita’ per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, articolo 35, comma 3 “.
18. Come emerge chiaramente dalla esposta ricognizione normativa, il Decreto Legge del 2018 ha innovato l’ordinamento giuridico ponendo, per le societa’ a partecipazione pubblica che gestiscono servizi pubblici locali, la regola del reclutamento secondo procedure che garantiscano adeguata pubblicita’ della selezione, imparzialita’, economicita’ e celerita’ di espletamento, meccanismi oggettivi e trasparenti idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire, rispetto delle pari opportunita’ tra lavoratrici e lavoratori, composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di provata competenza (ossia rinviando ai criteri previsti dall’art, 35, comma 3, del Testo Unico n. 165 del 2001). La fonte legislativa prevedeva, inoltre, un preciso termine entro cui le societa’ dovevano adottare i criteri e le modalita’ (conformi della L. n. 165 del 2001, articolo 35, comma 3) per il reclutamento, in specie sessanta giorni successivi alla data di entrata in vigore della legge di conversione (legge entrata in vigore il 22.8.2008). Il regolamento che doveva integrare la norma primaria prevedendo “âEuroËœl’osservanza” della adozione, da parte delle societa’, dei nuovi criteri e modalita’ di assunzione del personale si e’ limitato a richiamare pedissequamente la regola dettata dalla fonte primaria (ossia dal Decreto Legge n. 112 del 2008, articolo 18, comma 1).
19. La questione che si pone consiste, pertanto, nel verificare se la disposizione legislativa (di cui al Decreto Legge n. 112 del 2008, articolo 18, comma 1) poteva ritenersi immediatamente precettiva, anche senza le integrazioni contenute nella norma regolamentare.
20. In materia di societa’ a partecipazione pubblica, le Sezioni Unite di questa Corte, decidendo sul riparto di giurisdizione fra giudice ordinario, contabile ed amministrativo, hanno evidenziato che la partecipazione pubblica non muta la natura di soggetto privato della societa’, che resta assoggettata al regime giuridico proprio dello strumento privatistico adoperato, salve specifiche disposizioni di segno contrario o ragioni ostative di sistema che portino ad attribuire rilievo alla natura pubblica del capitale impiegato e del soggetto che possiede le azioni della persona giuridica (Cass. s.u. 1 dicembre 2016, n. 24591; Cass. s.u. 27 marzo 2017, n. 7759, le quali, richiamando la precedente ordinanza n. 28330 del 2011, hanno precisato che il Decreto Legge n. 112 del 2008, articolo 18, il quale detta regole diverse per le procedure di reclutamento del personale da parte, da un lato, delle societa’ in mano pubblica di gestione dei servizi pubblici locali, comma 1, e, dall’altro, delle altre societa’ a partecipazione pubblica totale o di controllo, comma 2, e’ una norma di diritto sostanziale, la quale non incide in alcun modo sui criteri di riparto della giurisdizione in materia di assunzione dei dipendenti, che rimane devoluta, in entrambe le fattispecie anzidette, al giudice ordinario, trattandosi ugualmente di societa’ non equiparabili alle pubbliche amministrazioni).

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21. Tale ricostruzione interpretativa ha trovato conferma normativa nel Decreto Legislativo n. 165 del 2016, articolo 1, comma 3 (Testo Unico delle societa’ a partecipazione pubblica), secondo cui: “Per tutto quanto non derogato dalle disposizioni del presente decreto, si applicano alle societa’ a partecipazione pubblica le norme sulle societa’ contenute nel codice civile e le norme generali di diritto privato”; con richiamo poi, in riferimento ai rapporti di lavoro, dall’articolo 19, comma 1, delle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile, delle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa, ivi incluse quelle in materia di ammortizzatori sociali, secondo quanto previsto dalla normativa vigente, e dai contratti collettivi.
22. In particolare, in tema di reclutamento del personale da parte di societa’ a partecipazione pubblica avente ad oggetto la gestione del servizio pubblico locale, questa Corte ha gia’ affermato che il Decreto Legge n. 112 del 2008, articolo 18 conv. in L. n. 133 del 2008, nel testo applicabile ratione temporis, ha esteso alle predette societa’, ai fini del reclutamento in questione, le procedure concorsuali e selettive delle amministrazioni pubbliche, la cui omissione determina la nullita’ del contratto di lavoro, ai sensi dell’articolo 1418 c.c., comma 1: nullita’ ora espressamente prevista dal Decreto Legislativo n. 175 del 2016, articolo 19, comma 4 (in difetto dei provvedimenti e delle procedure di cui al comma 2, che impone alle societa’ a controllo pubblico di stabilire “criteri e modalita’ per il reclutamento del personale nel rispetto dei principi, anche di derivazione Europea, di trasparenza, pubblicita’ e imparzialita’ e dei principi di cui al Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 35, comma 3”), di cui deve tuttavia essere esclusa la portata innovativa, avendo la citata disposizione reso esplicita una conseguenza gia’ desumibile dai principi in tema di nullita’ virtuali (Cass. n. 3621 del 2018; Cass. n. 21378 del 2018, Cass. n. 3662 del 2019; nello stesso senso, Cass. n. 983 del 2020).
23. E’ stato osservato che con la disposizione in commento il legislatore nazionale, pur mantenendo ferma la natura privatistica dei rapporti di lavoro, sottratti alla disciplina dettata dal Decreto Legislativo n. 165 del 2001, ha inteso estendere alle societa’ partecipate i vincoli procedurali imposti alle amministrazioni pubbliche nella fase del reclutamento del personale, perche’ l’erogazione di servizi di interesse generale pone l’esigenza di selezionare secondo criteri di merito e di trasparenza i soggetti chiamati allo svolgimento dei compiti che quell’interesse perseguono (C.d.S. – Sezione Consultiva per gli atti normativi n. 2415/2010).
24. Invero, la norma recepisce i principi affermati dalla Corte Costituzionale gia’ a partire dalla sentenza n. 466 del 1993, con la quale il Giudice delle leggi ha osservato che il solo mutamento della veste giuridica dell’ente non e’ sufficiente a giustificare la totale eliminazione dei vincoli pubblicistici, ove la privatizzazione non assuma anche “connotati sostanziali, tali da determinare l’uscita delle societa’ derivate dalla sfera della finanza pubblica”.

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25. I suddetti principi, che non hanno specificamente esaminato la questione dell’esercizio del potere regolamentare nel 2010, vanno confermati e ribaditi.
26. Invero, il Decreto Legge n. 112 del 2008, articolo 18, comma 1, non solo aveva un grado di determinazione tale da consentire l’immediato adeguamento da parte dei soggetti destinatari (posto che rinviava a criteri analiticamente elencati nell’articolo 35, comma 3 del Testo Unico n. 165 del 2008 e demandava alle singole societa’ l’adeguamento a dette regole) ma poneva altresi’ un preciso (e del tutto congruo) limite temporale (consistente nel decorso di sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione). La norma regolamentare successivamente adottata non ha, pertanto, contribuito in alcun modo a fissare il significato concreto della disposizione legislativa, ma si e’ limitata a richiamare il precetto dettato dalla fonte primaria senza aggiungere alcun contenuto sostanziale; d’altra parte, la stessa dizione letterale del Decreto Legge n. 112 del 2008, articolo 23 bis non consentiva di rinvenire una volonta’ legislativa tesa ad un rinvio recettizio alla norma secondaria, posto che si limitava a delegare a tale fonte subordinata “l’osservanza da parte delle societa’ in house… di procedure ad evidenza pubblica per… l’assunzione di personale”.
27. Non puo’, dunque, rinvenirsi alcun rapporto di specificazione tra quanto contenuto nella legge e quanto precisato nel regolamento tale da richiedere la dilazione del termine gia’ fissato dalla normativa di rango primario (sessanta giorni successivi alla data di entrata in vigore della legge di conversione, ossia il 21.10.2008) per l’adozione dei criteri e delle modalita’, ispirate all’articolo 35, comma 3, del Testo Unico n. 165 del 2008, per il reclutamento del personale delle societa’ a partecipazione pubblica. La fonte secondaria, pur espressamente richiamata dalla fonte primaria, non ha dettato alcun contenuto sostanziale che integrasse il precetto dettato dalla legge e che consentisse di rinvenire una efficacia novatrice della fonte tale da derogare all’esplicito termine previsto per i soggetti destinatari.
28. Deve, quindi, concludersi, alla luce dei principi sopra esposti, che la societa’ (OMISSIS) spa, di cui e’ stata ritenuta la qualita’ di partecipata pubblica avente la gestione di un servizio pubblico locale, ha assunto a tempo indeterminato il (OMISSIS) nel settembre 2009, ossia in epoca in cui era vigente il Decreto Legge n. 112 del 2008, articolo 18, comma 1 (convertito in L. n. 133 del 2008) senza peraltro adottare le procedure di selezione previste (in forza del richiamo espresso dell’articolo 18 citato) dall’articolo 35, comma 3, del Testo Unico n. 165 del 2001, con conseguente nullita’ del contratto di lavoro, ai sensi dell’articolo 1418 c.c., comma 1, per contrasto con norma imperativa.
29. Il quarto, il quinto ed il sesto motivo, da scrutinare congiuntamente per connessione logico-giuridica, sono in parte inammissibili ed in parte infondati.
30. Invero, le censure ivi formulate non si sostanziano in violazioni o falsa applicazione delle disposizioni denunciate, ma tendono alla sollecitazione di una rivisitazione del merito della vicenda (Cass. n. 27197/2011; Cass. n. 6288/2011, Cass. n. 16038/2013), non consentita in sede di legittimita’.

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31. Nel caso in esame, invece, la Corte territoriale ha motivato adeguatamente sulla irregolarita’ della procedura di assunzione del (OMISSIS), evidenziando che non vi era stata alcuna pubblicita’ ne’ della selezione, ne’ dei criteri che sarebbero stati adottati per la scelta dei candidati: cio’ sulla base delle stesse allegazi’oni prospettate dal lavoratore e non con riferimento all’esito del giudizio penale.
32. E’, al riguardo, opportuno ribadire che la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilita’ dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute piu’ idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale e’ libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga piu’ attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. n. 16467/2017).
33. Analogamente inammissibili sono le doglianze sulla denunciata interpretazione delle disposizioni interne della societa’ ex articolo 1362 c.c..
34. Va ribadito, infatti, che, in tema di sindacato sull’interpretazione degli atti, la parte che ha proposto una delle opzioni ermeneutiche possibili di una clausola contrattuale, non puo’ contestare in sede di giudizio di legittimita’ la scelta alternativa alla propria effettuata dal giudice del merito (Cass. 27136/2017).
35. Inoltre, e’ stato affermato che, per sottrarsi al sindacato di legittimita’, l’interpretazione data dal giudice di merito ad un atto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicche’, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o piu’ interpretazioni, non e’ consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimita’ del fatto che fosse stata privilegiata l’altra (Cass. n. 24539/2009).
36. In tema di interpretazione, poi, il sindacato di legittimita’ non puo’ investire il risultato interpretativo in se’, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicita’ della motivazione addotta, con conseguente inammissibilita’ di ogni critica alla ricostruzione della volonta’ negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (Cass. n. 2465/2015).
37. Deve, poi, ribadirsi che la violazione del precetto di cui all’articolo 2697 c.c., si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne e’ gravata secondo le regole dettate da quella norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttori’e, il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata non avesse assolto tale onere, poiche’ in questo caso vi e’ soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimita’ solo per il vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5 (Cass. n. 19064/2006; Cass. n. 2935/2006), con i relativi limiti di operativita’ ratione temporis applicabili.
38. Quanto, poi, alle dedotte violazioni ex articolo 360 c.p.c., n. 5, deve precisarsi che l’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54 conv. in L. n. 134 del 2012, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. n. 27415/2018; Cass. 19881/2014).

Ipotesi di contratto di lavoro nullo

39. Il settimo motivo e’ anche esso infondato.
40. La Corte distrettuale ha respinto la richiesta del ricorrente di corresponsione della indennita’ sostitutiva del preavviso perche’, vertendosi in una ipotesi di contratto nullo, con relativa instaurazione di un rapporto di lavoro di fatto che poteva cessare in qualsiasi momento, non erano invocabili gli articoli 2118 e 2119 c.c., che competevano solo in caso di recesso dal rapporto di lavoro.
41. L’assunto e’ conforme a quanto affermato da ultimo da questa Corte (Cass. n. 6266/2015) secondo cui dalla nullita’ del rapporto di lavoro deriva l’impossibilita’ di accordare al lavoratore l’indennita’ sostitutiva del preavviso che per sua natura presuppone la validita’ del rapporto e, salvi casi eccezionali, espressamente previsti (cfr. articolo 2118 c.c. e articolo 2122 c.c.), la possibilita’ di sua continuazione oltre il periodo di recesso.
42. Il precedente citato dal ricorrente (Cass. n. 2476/2006 che richiama a sua volta Cass. n. 3052/88) per sottolineare un contrasto giurisprudenziale tale da richiedere, per la sua composizione, un intervento delle Sezioni Unite, non e’ in realta’ significativo perche’ concerne una fattispecie del tutto peculiare ove, alla nullita’ del rapporto di attivita’ giornalistica per violazione della norma imperativa di cui alla L. n. 69 del 1963, articolo 43, era seguita una retrodatazione della iscrizione nel registro dei praticanti ex tunc, ritenuta non contestata dalle parti. La specificita’ di quel caso – che riguardava un rapporto di lavoro con effetti su tre soggetti (Ente previdenziale, datore di lavoro e giornalista) nonche’ la sopraggiunta regolarizzazione con effetti retroattivi- non consente il raffronto con il presente, che trova il suo specifico riferimento in quello da ultimo valutato da questa Corte nel 2015.
43. L’ottavo motivo e’, infine, inammissibile.
44. In tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione e’ limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunita’ di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altre ragioni (cfr. Cass. n. 24502/2017; Cass. 15317/2013; Cass. n. 8421/2017).
45. Nella fattispecie, i giudici del merito hanno ritenuto di applicare, nella determinazione delle spese di lite, il principio della soccombenza, per quanto riguarda il primo grado, non reputando sussistere i presupposti per pervenire ad una loro compensazione totale o parziale secondo i criteri di cui all’articolo 92 c.p.c., vigente ratione temporis, e quello della soccombenza prevalente, per quanto riguarda il grado di appello, compensando per un quinto le relative spese.

Ipotesi di contratto di lavoro nullo

46. Si tratta di una valutazione espressione di un potere discrezionale, adeguatamente motivata e che sfugge, pertanto, al sindacato di legittimita’ come sopra evidenziato.
47. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato.
48. Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita’ che si liquidano come da dispositivo.
49. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.

Ipotesi di contratto di lavoro nullo

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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